Concerti, recensioni, nuovi album e.. playlist

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Sound72
00martedì 10 maggio 2011 16:22
il 30 maggio Interpol all'Atlantico..
Sound72
00mercoledì 11 maggio 2011 15:10
“Ukulele Songs”, nell’ultimo disco di Eddie Vedder lo spirito romantico del rock

L'ultimo album da solista di Eddie Vedder, storico leader dei Pearl Jam, in uscita il prossimo 31 maggio

Si cambia, si cresce, si matura: “I tempi sono cambiati”, per dirla alla Dylan, e se ci si aspettava da Eddie Vedder un disco dal tono potente, dal sound grezzo ed energico in stile Pearl Jam c’è da rimanerci delusi. Ma, attenzione, il problema non è che l’ultimo album di Eddie Vedder in uscita il prossimo 31 maggio per la Monkeywrench Records, etichetta di proprietà della stessa band di Seattle – il secondo da solista del leader dei Pearl Jam – sia deludente. Tutt’altro. Già il titolo “Ukulele Songs” non tradisce: 16 canzoni voce e ukulele, con l’eccezione, in qualcuna, dell’accompagnamento col violoncello.

C’è un chiaro riferimento a qualcosa che è caratteristico dei Pearl Jam e di Vedder. Le radici folk rock americane, un filo che passa da Elvis a Neil Young e arriva, appunto, fino a Vedder. E i segni caratteristici sonori e culturali che li lega in questo album hanno assunto una forma dolce e romantica, da ninna nanna, in un rapporto intimo fra una voce e uno strumento. Ed è questo il suo fascino. C’è in “Ukulele Songs” tutto lo spirito romantico del rock ‘n roll, di chi per la prima volta ne faceva uno stile di vita, e Eddie Vedder suonando l’hukulele porta allo scoperto proprio quello spirito, lo mostra con i suoi gesti mentre lo suona.

E chi penserà a un “rimbambimento” magari dovuto all’esser diventato padre, o a un invecchiamento precoce, si sbaglia di grosso. “Ukulele Songs” è il degno contributo che un artista può dare alla sua terra e alla sua cultura. Abbandonato lo spirito nichilista che l’aveva aiutato a comporre “Into the Wild”, Vedder incide un album che racchiude tutto il romanticismo dei primi performer del rock ‘n’roll. Come nel primo album da solista in cui fece un’analisi profonda e sensibile del confronto tra società e natura, in “Ukulele Songs” grazie alla stessa capacità di analisi Vedder riesce a cogliere le sfumature e le tracce di un pezzo della storia della musica. Nelle canzoni c’è il segno indelebile di ciò che ha alimentato l’American Dream e con questo disco il mito può tornare a risplendere. Già in “BackSpacer” – l’ultimo album in studio dei Pearl Jam – si era lasciata disvelare la speranza riaffiorata in seguito all’elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti, dopo gli anni dell’amministrazione Bush e di canzoni arrabbiate.

Una speranza finalmente ritrovata da Eddie Vedder, autore – ieri – di testi fra i più strazianti del Grunge, oggi in “Ukulele songs” lanciato con il singolo “Longing to belong” dove nel video Eddie canta in riva all’oceano ed è accompagnato oltre che dall’ukulele dal rumore delle onde, dà spazio all’ottimismo. E la partecipazione di Glen Hansard che duetta con Vedder in “Sleepless Nights” e quella di Cat Power in “Tonight You Belong To Me” danno conferma a quel che Vedder aveva affermato qualche tempo fa: “Il mondo del rock è assai meno romantico di un tempo”, il furore del Grunge fa ormai parte di un’esperienza remota e la migliore occasione per ridare smalto alla musica è proprio questo album.
ilfattoquotidiano.it

Sound72
00mercoledì 18 maggio 2011 09:08
Francia, il fallimento del protezionismo rock
Per legge musica nazionale in radio, ma non basta

Il Daily Telegraph ne parla senza nascondere una qualche ironia. Le radio francesi, dice, sono alle corde per via della legge che nel 1994, tentando di arginare l’invasione (barbarica) della musica anglofona, ha obbligato le emittenti nazionali a mandare in onda dalle 6,30 alle 22,30 il 40 % del repertorio locale, metà del quale di nuovi talenti. Allora la grandeur nazionale si fece norma contro le sirene del rock e del pop internazionali, inevitabilmente gorgheggianti in inglese. La formula aveva in verità attirato l’interesse della (scarsa) discografia autenticamente Made in Italy e non sotto l’egida delle major; ma un’idea simile da noi non è mai passata.

Adesso, il Daily ci racconta l’altra faccia della medaglia del protezionismo french. Le radio dei nostri cugini d’Oltralpe cercano, spiega l’autorevole quotidiano britannico, di arginare la marea delle canzoni in inglese, ma giurano di non poter più riempire la quota del 40 % di legge con il repertorio nazionale, perché diminuiscono i testi che nascono in francese, visto che gli artisti ansiosi di varcare i confini cantano in inglese: per dire, quest’anno alla Victoire de la Musique - premio nazionale tipo Grammy che noi non abbiamo in Italia, e l’esempio di Sanremo non è calzante - è arrivata vincitrice Yael Naim, nota anche da noi, francoisraeliana, il cui repertorio è per la maggior parte in inglese.
E’ da gennaio, al Midem, che in Francia si discute. Anche perché il problema è tristemente strutturale: nel 2003 gli album usciti in francese sono stati 718, nel 2010 solo 138. Non sono più nati Brassens o Greco ad allargare l’immaginario musicale oltreconfine (e Carlà è italiana). Il capo di due emittenti, Fun e RTL2, è sbottato: «Non si può andare avanti così, la faccenda delle quote deve cambiare», ma subito si sono fatti avanti gli avversari, e David El Sayegh (poco francese anche lui, con quel cognome) responsabile dello Snep che protegge gli interessi discografici nazionali, gli ha risposto: «Le radio FM usano solo 15 singoli per coprire il 90 % della loro quota. E’ segno che sono terrorizzati dal nuovo materiale». Il Csa, una specie di Autorità francese per le Comunicazioni, per ora nicchia, ma c’è aria di conservazione. L’unica risposta arrivata finora salva la legge, stabilendo che se un francese canta in inglese, non rientra nella quota riservata ai prodotti nazionali. Come finirà?
---------

qualche legge [SM=g6112] ce l'hanno pure in Francia..
lucolas999
00mercoledì 18 maggio 2011 09:19
tutti i concerti di Rockinroma

www.rockinroma.com/concerti.html
Sound72
00martedì 24 maggio 2011 10:19
segnalo dalle mie parti un paio di concerti gratuiti nel fine settimana..

venerdì in pineta a Guidonia il Muro del Canto in concerto..
domenica sera a Sant'Angelo Romano live in piazza del Banco del Mutuo Soccorso..
Sound72
00mercoledì 1 giugno 2011 09:54
Bello il concerto degli Interpol l'altra sera..scaletta equilibrata, pezzi coinvolgenti, boun sound, acustica decente..Tra le mie preferite nn hanno fatto Roland e Public pervert, però esecuzione quasi integrale di Antics e degna chiusura con Obstacle1...
l'unica grossa controindicazione dell'Atlantico è il caldo ..praticamente un forno e piu' che il sudare la vera sofferenza è che si respira aria morta dopo 10 minuti..
Ai Primus il 27 giugno andatece in costume...


Questa la scaletta...




01. SUCCESS
02. SAY HELLO TO THE ANGELS
03. NARC
04. HANDS AWAY
05. BARRICADE
06. REST MY CHEMISTRY
07. THE NEW
08. C'MERE
09. LIGHTS
10. SUMMER WELL
11. NYC
12. THE HEINRICH MANUVEUR
13. MEMORY SERVES
14. SLOW HANDS
15. SPECIALIST
16. EVIL
17. NOT EVEN JAIL
18. OBSTACLE 1
Sound72
00sabato 2 luglio 2011 13:10
Jim, la leggenda che non vuole morire


Ventisette anni di vita,quaranta di enigmi:la fine del cantante dei Doors è un caso ancora apertoPIERO NEGRI

Da quarant’anni Jim Morrison non riposa in pace al cimitero del Père Lachaise, a Parigi. Lo piangono in tanti, in troppi, in pubblico, scrivendo libri e girando film, avverando così l’epigrafe che i suoi genitori hanno aggiunto pochi anni fa sulla sua tomba: «Nel segno del suo demone».

James Douglas Morrison, per tutti Jim, cantante dei Doors, autore di tutti i testi del gruppo, morì il 3 luglio del 1971 a Parigi. A 27 anni. E qui finiscono le certezze. I documenti parlano di arresto cardiaco, ma che cosa o chi abbia fermato il suo cuore, nessuno lo sa con certezza.

La fidanzata di sempre, Pamela Courson, disse di averlo ritrovato senza vita nella vasca da bagno dell’appartamento che condividevano in Rue de Beautreillis, al Marais. Poi ereditò tutti i suoi averi, e cioè i diritti d’autore delle canzoni dei Doors, litigò con i superstiti del gruppo e con il resto del mondo, visse in isolamento altri tre anni e finì per morire di overdose sul divano di casa, a Los Angeles. A 27 anni. Un vicino di casa raccontò di averle sentito dire, negli ultimi giorni, che presto avrebbe visto Jim, e pensò che stesse delirando.

Bisogna allora credere a Sam Bernett, che in quel 1971 aveva appena abbandonato il mestiere di giornalista per aprire un locale a Saint-Germain-des-Prés, il Rock And Roll Circus, e che a ricordare (e a raccontare) i dettagli della morte di Morrison ha impiegato esattamente 36 anni?

Solo nel 2007 la versione di Bernett finì in un libro, lanciato da un’intervista al giornale inglese «Mail On Sunday» in cui diceva di aver visto Jim Morrison anche la notte tra il 2 e il 3 luglio, seduto al bar con due tipi che «facevano gli spacciatori, e che tutti conoscevano. Jim era venuto al Rock And Roll Circus a comprare eroina per la sua fidanzata Pamela».

Dovette esserci un cambio di programma, quella sera, perché alcune ore dopo Bernett sarebbe stato chiamato ad abbattere la porta di una toilette, bloccata dall’interno. Fu quello il luogo della fine di Jim Morrison, secondo lui: «Lo riconobbi subito per la giacca militare e gli stivali comprati in Camargue da cui non si separava mai. Era lui, la testa tra le ginocchia, le braccia lungo il corpo. Era morto, decisamente. Doveva essersi sniffato l’eroina, perché dalla bocca uscivano schiuma e sangue».

Sarebbero stati i due spacciatori a trasportare il corpo del cantante all’appartamento di Rue de Beautreillis e a immergerlo nella vasca da bagno, dopo aver minacciato tutti i possibili testimoni. Un dettaglio, un’inezia? In fondo, che importanza ha, sapere dove è morto per davvero Jim Morrison? Ma allora perché nessuno pensò di fargli un’autopsia? Perché fu sepolto al Père Lachaise in tutta fretta, e al funerale parteciparono meno di dieci persone e nessun parente, alimentando così le immancabili voci su una morte finta, una messa in scena e una fuga alle Seychelles, dove tre anni dopo l’avrebbe raggiunto Pamela?

Le risposte, come sempre, vanno cercate nella vita, più che nella morte. Jim Morrison era arrivato a Parigi nel marzo del 1971, tre mesi dopo l’ultimo concerto con i Doors. Il 12 dicembre 1970, quattro giorni dopo aver compiuto 27 anni, a New Orleans aveva avuto un crollo nervoso, dal vivo, in pubblico. A metà concerto aveva preso a sbattere il microfono sulle assi del palcoscenico fino a distruggerlo e si era rifiutato di continuare a cantare.

«Sapevo che la vita pubblica della band era finita. Vedevo un vecchio, triste cantante di blues che un tempo era stato formidabile ma che ora non era più in grado di farcela», scriverà poi John Densmore, il batterista dei Doors, ricordando quella sera nel suo libro di ricordi «Riders On The Storm», appena uscito in Italia.

I Doors ebbero appena il tempo di finire «L.A. Woman», il loro sesto album, prima che Morrison se ne partisse per Parigi, dove già viveva Pamela e dove avrebbe provato a cambiare vita. Ingrassato, imbolsito, con la barba lunga e gli occhi spenti, nelle foto di quei mesi sembrava invecchiato, improvvisamente, di anni.

Non ci voleva uno psicologo per capire che non ce la faceva più a reggere la parte che la storia e il talentogli avevano assegnato, quella della rockstar tormentata e maledetta, l’artista della parola che vive ed espone al pubblico ogni suo tormento, ogni desiderio, l’agnello di Dio che assume su di sé i peccati del mondo e li redime incidendoli nei dischi e nella propria carne.

Jim Morrison voleva scomparire, scrivere poesie e nascondersi al mondo, quando, nel marzo del 1971, se ne andò a Parigi. Dove nessuno lo riconosceva per strada e nessuno gli chiedeva di essere il portavoce di una generazione. Dove avrebbe potuto inseguire il sogno dell’adolescenza e trasformarsi nell’Arthur Rimbaud del XX secolo, il poeta della sregolatezza dei sensi, il veggente, il viaggiatore. «Non ha fatto altro che viaggiare terribilmente e morire giovanissimo», aveva scritto di lui Paul Verlaine.

lastmapa.it
Sound72
00mercoledì 6 luglio 2011 14:56

torna a Guidonia [SM=g27995] il festival di musica celtica dal 14 al 17 luglio..

il programma è qui..

fairylandsfestival.org/programma.html
lucolas999
00mercoledì 6 luglio 2011 15:59
Re:
Sound72, 06/07/2011 14.56:


torna a Guidonia [SM=g27995] il festival di musica celtica dal 14 al 17 luglio..

il programma è qui..

fairylandsfestival.org/programma.html




ci sono venuto qualche anno fa, c'era il mio fisioterapista che stava in fissa co sta musica e me faceva 'na capa tanta e mi parlò di questo festival....
poi a me le cornamuse mi piacciono un sacco , fanno tanto highlander [SM=g11491]
Sound72
00lunedì 18 luglio 2011 19:06
il festival è stato molto piacevole, ben organizzato, e con notevole afflusso di gente..da considerare che era come in passato totalmente gratuito e da quanto mi è stato detto -perchè nn sono un intenditore di musica celtica e irlandese- pure stavolta con presenza internazionale di artisti molto famosi.
Quello che continuo a capire poco è il pregiudizio o condizionamento politico su questo genere di musica...da un lato viene visto come espressione di estrema destra quando si tratta di esibizioni di artisti irlandesi o scozzesi che tutto sono meno che fascisti e allora c'è gente che si professa di sinistra che per principio " schifa " questo genere di eventi..dall'altro lato invece si fa leva su una simbologia ben precisa e su determinati miti e leggende celtiche per vedere in un evento musicale una sorta di celebrazione politica..e a qualcuno fa gioco perchè nelle bancarelle trovi pure i libri di Ezra Pound e allo stesso tempo vedi ragazzi di 16 anni farsi la foto vicino al totem con la celtica...
Una strumentalizzazione che nn a caso ha una paternità a livello di amministrazione comunale visto che questo festival a Guidonia negli anni è stato organizzato solo con la giunta di centro destra ( ed il relativo ok al finanziamento.. )..
lucolas999
00martedì 19 luglio 2011 09:31
che idioti!! da una parte e dall'altra
lucolas999
00martedì 19 luglio 2011 09:33
Re:
Sound72, 11/05/2011 15.10:

“Ukulele Songs”, nell’ultimo disco di Eddie Vedder lo spirito romantico del rock

L'ultimo album da solista di Eddie Vedder, storico leader dei Pearl Jam, in uscita il prossimo 31 maggio

..........




2 palle infinite sto disco, magari un brano lo puoi ascoltare ma già se ne senti 2 di fila ti viene il latte alle ginocchia
giove(R)
00martedì 19 luglio 2011 15:56
io i Pearl Jam l'ho sempre visti come gli "imbucati" del Grunge. [SM=g8269]
però sulla sua voce poco da dire.
Sound72
00venerdì 29 luglio 2011 11:24
Amy Winehouse: addio a 27 anni come Hendrix, Cobain e Morrison



E' sicuramente una coincidenza. Però di quelle che colpiscono. Che colpiscono duro, e fanno male. Amy Winehouse se ne è andata a 27 anni, e dunque entra in quello che è stato soprannominato "Club 27". Un "club" del quale sinceramente nessuno sentirebbe la mancanza se non esistesse, visto che così avremmo ancora con noi sia degli autentici geni musicali, sia dei bravissimi musicisti e cantanti, sia anche dei mattatori. Amy, purtroppo per lei e per noi, si affianca a Brian Jones dei Rolling Stones, a Jimi Hendrix, a Janis Joplin, a Kurt Cobain dei Nirvana, a Jim Morrison dei Doors, al pioniere del blues Robert Johnson. Tutti morti a 27 anni. "E' una cosa di una tristezza infinita, non c'è altro da dire", ha affermato Lily Allen. "Sono sconvolta. Ho passato dei momenti straordinari con Amy. Una volta ha cantato per me per ore, una cosa commovente e bellissima. E' una perdita enorme", ha detto Dita Von Teese. "Provo dolore e rabbia. Riposa in pace, bella ragazza", ha riferito Ricky Martin. Recentissima l'ultima apparizione pubblica di Amy; dopo i "boo" rimediati a Belgrado, dove le sue condizioni psicofisiche erano sembrate pericolosamente al limite, la diva soul-jazz era apparsa inaspettatamente lo scorso 20 luglio all'iTunes festival alla Roundhouse di Londra, a poche decine di metri dall'abitazione in cui oggi è stata trovata. Nessuno si attendeva di vederla sul palco dopo l'annullamento del tour europeo, invece Amy, che non era in cartellone, aveva dato una mano all'adorata
figlioccia Dionne Bromfield. Pochi giorni fa un tabloid aveva riportato che l'artista nell'ultimo periodo si era così legata alla vodka che, nel giro di una sola settimana, si era ubriacata tre volte così selvaggiamente da svenire. Poche ore fa Nick Buckley, responsabile delle notizie presso il "Sunday Mirror" di Londra, aveva confermato la morte della cantante: "Le autorità hanno confermato che Amy Winehouse è stata trovata cadavere nel suo appartamento a nord di Londra, alle 15.45. Le cause della morte sono da ricercarsi in una presunta overdose di alcool e droga". Mitch, il padre dell'artista, era in volo verso New York e sta tornando a Londra.


lucolas999
00sabato 30 luglio 2011 12:15
www.alcyoneguidonia.altervista.org/guidoniasummerfest.html

domani sera suonano dei miei amici ( kingcrow) , ci sei Ennio ?
Sound72
00sabato 30 luglio 2011 12:23
forse faccio un salto perchè canta anche un mio amico !suonano sotto la Chiesa..spazio ristretto all'aperto..
lucolas999
00sabato 30 luglio 2011 12:28
allora il gruppo gothic metal davanti alla chiesa non me lo voglio perdere [SM=x2478856]
Allora ci vediamo lì [SM=g7554]
Sound72
00lunedì 1 agosto 2011 10:36
hola..c'eri ieri? io sono passato verso mezzanotte e mi sa che stavano suonando i tuoi amici.....
c'era un pò di gente ai tavoli e due gruppetti sotto il palco..ma che stavi nello staff Alcyone con maglie arancioni? [SM=x2478856]
lucolas999
00lunedì 1 agosto 2011 11:10
me ne sono andato intorno a quell'ora che è stata una giornata pregna ed ero cotto
Sound72
00martedì 6 settembre 2011 16:56

Red Hot Chili Peppers: il nuovo album I’m With You raccontato da Flea


Dopo l'abbandono, definitivo, di Jack Frusciante, i peperoncini tornano col nuovo disco, col quale il 10 e 11 dicembre a Torino e Milano per due concerti già sold out. Il bassista Flea ha spiegato come, in questi anni, il progetto ha preso vita. Problemi di droga, cambi di formazioni, variazioni di genere musicale. Questo e altro sono stati i Red Hot Chili Peppers negli ultimi trent’anni. Oggi la band californiana scrive un altro capitolo della propria storia col nuovo disco I’m With You. E a scegliere il titolo per è stata proprio la new-entry, Josh Klinghoffer, che ha definitivamente sostituito John Frusciante alla chitarra. “Se rappresentasse il gruppo sarebbe un acido” afferma il bassista Flea a proposito del nuovo membro della band – completata dal batterista Chad Smith e dal cantante Anthony Kiedis -, “Josh non si è inserito ma si é perfettamente integrato nella band”. Ad ogni modo ora il suo scopo è “trovare la sua strada”. Per questo spiega di cercare “di non pensare troppo a John”.

I’m with you, a differenza di Stadium arcadium (2006) e soprattutto di By The Way (2002), è maggiormente incentrato sui ritmi rock, soul, funk e hip-hop, oltre che essere ispirato ai romanzi di Anton Checov. Tra le tracce, la ballata “Brendan’s Death Song,” dedicata (come s’intuisce dal titolo stesso) a Brendan Mullen, collaboratore del gruppo, scomparso il primo giorno di registrazione dell’album. Il suo ricordo non può che rimandare agli anni in cui “io e Anthony eravamo due teste di legno, spesso strafatti di droga. Devono essere stati i nostri angeli custodi a portarci a questa cosa che ci ha permesso di crescere, di migliorare come esseri umani. Nessun guru o psichiatra potrebbe dare una spiegazione migliore di come siamo arrivati fin qui”.

Michael Peter Balzary (questo il vero nome del musicista) spiega che il contributo maggiore dato personalmente per questa nuova uscita discografica è stata lo studio di nuovi generi musicali e l’utilizzo del piano “In questi anni di stop – racconta Flea – ho studiato molta musica classica e in particolare Bach. Per analizzare meglio ciò che stavo imparando, mi sono messo a suonare il pianoforte. Anche se tendo a dimenticare ogni cosa nuova che faccio, credo che questi studi siano stati importanti da parte mia per il nuovo lp”.

I Red Hot hanno da poco concluso le prove della tournèe che li porterà in giro per l’Europa e giungerà nel nostro Paese a dicembre. Il gruppo si esibirà il 10 a Torino e l’11 a Milano.
music.fanpage.it
lucolas999
00martedì 6 settembre 2011 17:18
ammazza in 5 anni di lavoro so riusciti a fare solo un'imitazione di se stessi.
No grazie
chiefjoseph
00martedì 6 settembre 2011 18:08
manca un po' di fantasia...frusciante, oltre al chitarrista che è, era anche il motore del gruppo, la principale fonte d'ispirazione nel comporre le melodie(e infatti i suoi lavori da solista sono a mio avviso eccezionali).
molte b-side di californication e by the way danno una pista al 50% del nuovo album...

4-5 pezzi molto bene comunque("annie wants a baby" su tutte), il resto non mi è piaciuto...
sbagliato il singolo d'apertura(come per stadium arcadium, spero non sbaglino il resto dei singoli in uscita)...
klinghoffer è il discepolo di frusciante e nell'album si nota molto...

comunque frusciante di nome fa john, non jack...ma chi mettono a scrivere sti pezzi? [SM=x2478843]

lucaDM82
00mercoledì 7 settembre 2011 15:45
jack frusciante(è uscito dal gruppo) è il nome del libro di brizzi [SM=x2478856]
che forti 'sti giornalisti.
giove(R)
00giovedì 8 settembre 2011 11:23
Flea che si mette a studiare Bach fa ride ma fino a un certo punto.
Bach era un Hard Rocker.

piazzate un attimo ad esempio un pezzo suo e poi passate a un Solo di Jon Lord dei Deep Purple... c'è del feeling...

mi racconta un mio amico ex cameramen (quello dell'aneddoto della contestazione a trogoria post eliminazione in coppa con l'atalanta e pre-scudetto che vi ho raccontato varie volte di Totti che va per calmare la folla e...) che in un'intervista con i Red Hot John Frusicante stava così "sotto" che aveva il secchio accanto. e ogni due per tre dovevano fermarsi perchè lui collassava.

lo scambio John-Jack è proprio da regazzini... ancora così stiamo?
lucolas999
00giovedì 22 settembre 2011 09:19
PEARL JAM TWENTY – ONE NIGHT ONLY – WORLDWIDE THEATRICAL EVENT
In onore del ventesimo anniversario dei Pearl Jam, il pluripremiato giornalista musicale Cameron Crowe crea un ritratto definitivo della grandissima band, ricavato da oltre 1.200 ore di immagini rare e inedite, e 24 ore di riprese di concerti e interviste recenti. PEARL JAM TWENTY è la cronaca degli anni che precedono e portano alla formazione della band, il caos che deriva dalla loro ascesa alla celebrità, la loro fuga dalla popolarità, e la creazione di una cultura che li sostenga.

Parte concerto, parte racconto dall’interno e parte lode al potere della musica e degli artisti che non scendono a compromessi, il film celebra la libertà che ha permesso ai Pearl Jam di trovare un modo per fare musica senza perdere di vista quello che importava loro più di ogni altra cosa – i loro fan e i fan della musica come loro. PEARL JAM TWENTY include interviste ai membri originali della band, Jeff Ament, Stone Gossard, Mike McCready, e Eddie Vedder, al batterista Matt Cameron, e all’amico, nonché voce e chitarra dei Soundgarden, Chris Cornell. Tra i contenuti, inoltre, ci sono immagini di archivio di interviste e concerti di Mother Love Bone, Pearl Jam, Temple of the Dog, Kurt Cobain e Neil Young.

....

martedì sono andato a vedere questo film . Sala gremita e posti finiti da giorni prima .
Non sono un grande fan della band , anche se TEN lo considero un disco che tutti dovrebbero avere nella propria discoteca, ma è stato un film piacevolissimo mi ha fatto conoscere tanti volti del gruppo e dei suoi componenti che ignoravo.
Non è assolutamente autocelebrativo fa un bel ritratto della carriera dei PJ nell'arco degli ultimi 20 anni , anzi prima dato che inizia quando si chiamavano Mother Love Bone ed il frontman era un altro ,morto di overdose ma rimasto nel cuore della band fini ad oggi.
Interessante il ritratto di Eddie Vedder (che non è di Seattle contrariamente a quanto pensassi) nasce come un ragazzo timido quasi estraneo al gruppo ma che si integrerà e diventa leader sotto tutti gli aspetti.
Non sapevo della grande amicizia tra i PJ e Chris Cornell.
Pensavo che sarei andato a vedere un mega-spot ed invece sono rimasto coinvolto e sorpreso [SM=x2478842]
Sound72
00lunedì 26 settembre 2011 16:29
Da re del funk a senzatetto:
la triste parabola di Sly Stone
Con la Family cambiò la storia della musica negli anni'70: ora vive in un camper



Sly, in uno dei suoi ultimi concerti, al festival
MILANO - Da star multimilionaria a senzatetto che vive in un furgone. Sono lontani i tempi in cui organizzava sontuose feste nella sua splendida villa di Bel Air Road, a Beverly Hills e tra gli invitati non mancavano celebri personaggi come Stevie Wonder, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Miles Davis. Oggi Sly Stone, al secolo Sylvester Stewart, il mitico frontman dei Sly & the Family Stone, uno dei gruppi più importanti della musica soul e funk negli Usa, non se la passa bene. Come racconta il New York Post La leggenda della black music, oggi sessantottenne, non ha più un domicilio e passa le sue notti a Crenshaw, un quartiere residenziale di Los Angeles, dormendo in un camper bianco su cui campeggia la scritta, amaramente ironica, "Via del piacere".

FORTUNA DISSIPATA - Sly Stone ha dissipato in pochi decenni una fortuna immensa a causa di cattivi investimenti finanzieri e soprattutto per i suoi innumerevoli problemi con la droga. Oggi una coppia di pensionati di Los Angeles lo assiste premurosamente: gli offre ogni giorno un pasto caldo e gli permette di farsi la doccia nella propria casa. Il figlio dei due pensionati, invece, gli fa da segretario e autista. Nonostante le enormi difficoltà Sly Stone non ha perso la passione per la musica. All'interno del furgone continua a registrare nuovi pezzi con l'aiuto di un computer. Il musicista del rivoluzionario gruppo di San Francisco ( Sly & the Family Stone fu una delle prime band americane multirazziali) con singoli del calibro di Dance to the Musice Everyday People segnò per sempre la storia della musica soul e funk degli anni 60' e '70. In mezzo, la memorabile performance nell'estate del 1969 a Woodstock quando fu uno dei cantanti più acclamato dal pubblico. Oggi appare raramente in pubblico e dichiara di amare la vita da vagabondo: «Mi piace il mio piccolo camper - assicura al New York Post - Non voglio ritornare a vivere in una casa normale. Non sopporto di restare chiuso in un unico posto. Devo muovermi in continuazione»

LA DROGA E IL DECLINO - I primi seri problemi con la droga all'inizio degli anni '70 e poi i dissapori con gli altri membri gruppo (la band originale si sciolse nel 1975) cambiarono radicalmente la vita del musicista. Sly Stone ricorda con rammarico un Natale di quegli anni quando uscito per comprare i regali per suo figlio Sylvester e sua moglie Kathy Silva, una modella sposata nel 1974 al Madison Square Garden, tornò a casa a mani vuote: «Avevo 2500 dollari da spendere - racconta il musicista - Li usai tutti per comprare droga. Si l'ho fatto. E quando più tardi m'incamminai verso casa pensai: Non avrei mai dovuto farlo. Quando vidi il mio bambino, gli disse: Ho speso tutti i soldi in droga. Sì, li ho sprecati tutti per la roba». Da allora iniziò l'inesorabile declino. Nonostante continui a incidere dischi, il funk di Sly Stone non ha più lo stesso mordente del passato. Ain’t but the one way ultimo album della nuova band, pubblicato nel 1983, è completamente ignorato dal pubblico e dal 1987 Sly scompare del tutto dalle scene musicali. Si rivede di tanto in tanto sui giornali, perché finisce in carcere per possesso di droga. Nel 1984 porta a termine il suo investimento più sbagliato: vende per "solo" 1 milione di dollari i diritti della sua musica a Michael Jackson. La situazione finanziaria di Sly Stone diventa tragica nel 2009. Da allora - dichiara al tabloid americano - non riceve più le royalty dal suo ex manager Jerry Goldstein a cui ha fatto causa chiedendo 50 milioni di dollari. Secondo l'artista, Goldstein «si sarebbe indebitamente impossessato di ingenti somme di denaro per due decenni». Adesso il leggendario musicista desidera uscire da questa condizione di povertà e chiede solo un'altra chance musicale: «Voglio un lavoro - dichiara sconsolato l'artista - Voglio suonare la mia musica. Sono stanco di tutto questo»

corriere.it
giove(R)
00giovedì 3 novembre 2011 15:44
domani al Sinister Noise (sti ragazzi sò diventati prima musicisti in un periodo dove il mio gruppetto, epoca Grunge, primi 90 faceva una caciara ovunque, una volta sfasciammo il palco di Emergenza Rock e una serie di pischelli fu folgorato da sti 4 pazzi che si buttavano per terra, si buttavano tra loro, si buttavano uno sull'altro..:))))... nacquero un sacco di gruppetti, il più dei quali senza fortuna, ma ci fu anche chi poi è diventato musicista vero - non sto parlando di me -. questi due del Sinister Noise poi hanno trasformato quella passione aprendo sto locale).

vabbè, a parte la sboronata perchè mi piace pensarmi come "scintilla che ha cambiato i ...destini di qualcuno", domani al Sinisteer Noise per il trentennale di carriera ci sono i:

Fuzztones
[SM=x2478842]

mi sono perso i Lacuna Coil (anche sti cazzi comunuque) lunedì al Circolo.
avevo visto la loro locandina la settimana scorsa andando a vedere un trio di pazze capeggiate dalla Icona del "No Wave" Lydia Lunch...

di punk non c'era niente, era una cosa "atmosferica" con una sassofionista (pazza) tedesca e una polistrumentista italiana .

e comuqnue dove passo io c'è sempre qualcosa di Doors...

vai a immaginare che PURE queste me tiravano fòri i DOORS! come pezzo iniziale hanno fatto The Spy...

incredibile è proprio l'anima di Jim che mi aleggia continuamente intorno... [SM=g27988]
Sound72
00giovedì 3 novembre 2011 16:35
io invece dovevo andare a vedere gli Hawkwind ma nel frattempo hanno chiuso l'Init perchè avevano fatto entrà troppa gente..
E tra l'altro ancora nn lo riaprono tanto che c'è un bel giro di proteste sul web..:

www.radiobombay.it/bombay/?p=3114
giove(R)
00giovedì 10 novembre 2011 21:49
mah.. quasi quasi sabato me vado a vede sta EMA al CIrcolo...
chitarrista "distorta" .. ma solo a tratti... ne ho sentite 5-6 è tutt'altro che pesante.
non mi ha convinto-convinto ("ma di una convinzione convinzione" cit.) però ha fatto una cover dei Nirvana nel progetto del ventennale dell'uscita di Nevermind.. ha scelto Endless, Nameless...na cacaiara [SM=x2478856] [SM=x2478856]
oh ce sò dei pezzi che con quei capelli pare davero Kurt!



e quindi cò sta cosa la devo annà a vedè quasi per forza...
Sound72
00venerdì 18 novembre 2011 10:07
da calamarinchiostronero.blogspot.com/2011/11/radio-rock-emilio-pappagallo-pri...


Radio Rock, Emilio Pappagallo, Prince Faster e i Fascisti


La scorsa settimana Radio Rock, una tra le più popolari, innovative e peculiari radio del panorama FM romano si è quasi sfasciata. Dico "quasi" perchè sicuramente la radio sopravvivrà anche a questa crisi, però sicuramente ne uscirà molto cambiata.
Tutto nasce da un intervista di Emilio Pappagallo (il conduttore del "morning show" di RR) a Gianluca Iannone esponente neofascista (si può definire così? credo di si) di CASAPOUND una sorta di centro sociale di estrema destra. Dico subito che non ho ascoltato l'intervista (sto cercando il podcast). L'intervista ha causato un putiferio e molti degli ascoltatori della radio si sono scagliati contro Pappagallo e all'interno della radio stessa la vecchia guardia non l'ha presa bene; Prince Faster e DJ Armandino in particolare hanno deciso di lasciare la radio in segno di protesta. Scrive Prince Faster sulla sua bachca di Facebook:
“In merito all’intervista: Tutta la redazione ne era all’oscuro fino a ieri pomeriggio, e certe scelte dovrebbero essere discussa con tutti quanti come facciamo per ogni cosa tutte le settimane da un anno a questa parte. La decisione è stata presa autonomamente da Emilio Pappagallo, scelta che ha messo in difficoltà la radio tutta. Naturalmente non condivido ne il modo ne il metodo di tali scelte editoriali.”
e il 10 novembre annuncia " Con la morte nel cuore, dalle ore 15.00 di ieri non faccio più parte di Radio Rock."


Ora io non sto qui a giudicare un'intervista che non sono riuscito a sentire. Certo che invitare un personaggio come Iannone (tra l'altro a pochi giorni da un pestaggio fascista di un esponente PD a Roma) non è una scelta facile. Diciamo anche che una radio libera, se è libera veramente (come diceva il buon Finardi) dovrebbe essere in grado di ospitare anche Goebbels (a meno che non si dica di essere tolleranti con tutti tranne che con gli intolleranti), senza paura. Tuttavia ospitando Goebbels il buon conduttore dovrebbe essere in grado (se di buon conduttore si tratta) di marcare stretto l'interlocutore e in caso dica delle stronzate (e sono certo che Goebbels ne direbbe) attaccarlo duramente. Io non so se Pappagallo sia stato un buon conduttore in questo caso, se riesco a trovare il podcast dell'intervista potrò giudicare meglio. Certo che si tratta di un conduttore che ha cercato di portare RADIO ROCK su territori un po' diversi rispetto agli spazi culturali che la radio era solita frequentare. Anche musicalmente. Emilio Pappagallo tempo fa portò nel suo spazio mattutino Tiziano Ferro che certo ha poco a che fare con la musica che solitamente si ascolta sulle frequenze 106,600. Anche la lettura mattutina di alcune pagine di INFINITE JEST di David Foster Wallace rientra in un modo di far radio diverso dal solito, una modalità spesso spiazzante per gli ascoltatori storici della radio.

Ma ritornando alla spaccatura nella "redazione" di Radio Rock, io credo che l'intervista sia solo un pretesto e che invece il problema sia più profondo e probabilmente nasce dalla morte del padre/padrone/fondatore di Radio Rock Paolo Mazzullo di cui avevo scritto qualche tempo fa. In seguito a quella scomparsa la Radio si è trovata a fronteggiare la necessità di un riequilibrio di forze interne all'organizzazione e quindi ai conflitti tra vecchia guardia e nuovi. Non a caso nel suo comunicato Faster fa riferimento alle riunioni dove da circa un anno (dalla scomparsa di Mazzullo) si discutono le scelte della radio.

Come proseguirà? Si ricomporrà la frattura? Spero di si, credo di no.
Personalmente continuerò ad ascoltare Radio Rock, conscio però che la partenza di Prince Faster (dopo che negli anni già molti altri storici Dj della radio se ne erano andati ) renderà la radio un po' meno "Radio Rock".

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