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Politica internazionale

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2024 17:50
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01/07/2011 10:02
 
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Il Partito Comunista Cinese
compie novant'anni


Mentre censura e repressione impediscono una riflessione indipendente, si scatena la propaganda


Il Partito Comunista Cinese compie novant'anni, e la propaganda si scatena. In tutto il Paese il rosso è il colore di ordinanza, che sia in televisione, per le strade decorate di bandiere, o nei rally negli stadi e nelle piazze che celebrano il grande, il glorioso, l'unico salvatore della Cina: il Partito Comunista Cinese e i suoi leader.
Il 1 luglio, quest'anno, oltre ad essere una cifra tonda – dettaglio fondamentale per tutti gli anniversari – cade nel mezzo di una campagna “rossa” intensa, volta a preparare, già da mesi, il terreno per il 18esimo Plenum del Partito, che si terrà nell'ottobre del 2012. L'anno prossimo, il Partito organizzerà le nuove nomine del Politburo, comprese quelle del Premier e del Presidente, per sostituire Wen Jiabao e Hu Jintao, attualmente in carica. Si tratta di una successione che non ha precedenti: i nuovi leader (che dovrebbero essere Xi Jinpin e Li Keqiang, a scanso di imprevisti dell'ultim'ora) infatti non sono né stati attivi negli anni rivoluzionari che vengono ora ricelebrati tramite le commemorazioni per l'anniversario, né tantomeno designati da un leader rivoluzionario – come avvenne per l'attuale dirigenza, scelta da Deng Xiaoping ancora negli anni Novanta. Il problema della legittimità dunque si pone, eccome, e la propaganda martellante vorrebbe essere il miglior antidoto contro i dubbi.

Così, il venerando Partito si mobilita per favorire una transizione senza intoppi, e gli ultimi mesi dimostrano che, nei periodi di incertezza, essere conservatori è ancora la scelta più sicura: Bo Xilai, il governatore di Chongqing, ha lanciato da due anni la “campagna rossa” per eccellenza, imponendo il canto delle “canzoni rosse”, facendo inviare ogni giorno agli abbonati alla telefonia mobile della sua municipalità (17 milioni) un SMS con una frase di Mao o di Deng Xiaoping, promuovendo il “raccontare storie rivoluzionarie” fra i ragazzini delle scuole, e via dicendo. La televisione locale ha bandito tutta la pubblicità, ed è un susseguirsi di canzoni rivoluzionarie vecchie e nuove, e di alti sentimenti della pomposa, melensa, e prevedibile “etica rivoluzionaria” voluta (ma non necessariamente osservata) dal Partito. All'inizio, molti risero delle iniziative di Bo Xilai, aspirante membro del Politburo, ma da quando la “campagna rossa” è stata promossa con entusiasmo in tutta la Cina, se ne ride un po' meno, e si aspetta che la follia propagandistica abbia presto termine.

Il Partito del resto è in pieno boom: ha superato gli 80 milioni di membri, secondo le statistiche ufficiali, ed ha fatto nuove reclute in particolare fra i giovani – i quali, vuoi per calcolo politico, vuoi per vero idealismo, hanno fatto domanda a centinaia per essere ammessi nei ranghi dell'organizzazione politica che governa il Paese. Prima, era un'organizzazione clandestina e rivoluzionaria. Oggi, è la più potente organizzazione politica ed economica del pianeta, restia ad ogni riforma ed apertura politica ma lanciatissima sul piano della finanza, degli investimenti anche all'estero, e della diplomazia internazionale.

Fra gli eventi per la celebrazione, diversi megafilm fatti con budget hollywoodiani, che quante più persone possibile devono vedere – anche a costo di essere portate con gli autobus aziendali in giorni lavorativi. Il primo fra questi “blockbuster” un po' forzati è “L'inizio della grande rinascita”, dove si ripercorrono i primi passi clandestini, la guerriglia, la guerra civile e poi il trionfo delle truppe maoiste, ripercorrendo dunque delle tappe rivoluzionarie che oggi colpiscono gli spettatori in particolare per come inneggino ad azioni rese attualmente tutte illegali: come le proteste contro i corrotti, le manifestazioni, i pamphlet politici, le assemblee. L'umorismo del web cinese è tale che i più importanti siti web di film e critica cinematografica hanno ricevuto l'ordine di disabilitare i commenti dell'utenza, lasciando dunque solo recensioni entusiastiche d'ordinanza.

Pochissime le riflessioni autorizzate sui 90 anni del Partito: chi ha provato, in tempi recenti, ad aprire in pubblico il dibattito sui disastri avvenuti in Cina sotto la guida del Partito, dal Grande Balzo in Avanti (che causò una violenta carestia che portò alla morte di milioni di persone) alla Rivoluzione Culturale, all'attuale stato di corruzione endemica, viene immediatamente messo a tacere.

Alcuni, ugualmente, ci provano, come ha fatto ieri il professor Zhao Shilin, delll'Università Minzu di Pechino, che in una lettera pubblica ha denunciato il modo selettivo con cui il Partito organizza il suo compleanno, impedendo di rivedere in modo aperto “i terribili errori” fatti. “Non deifichiamo e glorifichiamo il Partito”, ha vanamente implorato Zhao, rara voce coraggiosa in un crescendo rivoluzionario che non conosce limiti del kitsch.

Non che il Partito non ci tenga a “rivedere la sua storia”: anzi. Nuove storiografie ufficiali sono state approvate, documentari e speciali sui giornali. Ma un'unica versione dei fatti è ammessa, e gli ultimi mesi hanno ampiamente mostrato che la tolleranza nei confronti del dissenso, o anche solo di opinioni diverse, è oggi a livelli bassissimi.

A 90 anni, il Partito sembra oscillare fra l'orrore per ogni critica, l'ossessione per il controllo, e l'orgoglio per la crescita economica della Cina e per la sua riconquistata dignità internazionale. Un compleanno che mostra come, sotto ai canti patriottici e alle bandiere rosse, ci sia anche il timore di ammettere ogni, seppur minima, debolezza.

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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