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Chi l'ha visto - casi irrisolti

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2023 09:26
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15/10/2010 09:22
 
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Sarah/ I misteri veri e i misteri falsi

Dalla trascrizione della deposizione di Michele Misseri: “Poi l’ho messa di nuovo in macchina, abbiamo parcheggiato giusto vicino alle canne. Mi sono ricordato che avevo lavorato lì con mio padre e che c’era questo pozzo nascosto”.
‘Abbiamo’? Perchè Misseri usa il plurale? Un lapsus, un errore del giornalista o non era solo?


Gazzettadelmezzogiorno.it- Se gli investigatori ci hanno messo 42 giorni per venire a capo del giallo, «Saetta» conosceva la verità da subito. Il cagnolino che Sarah accudiva in strada, e che per ricambiare l’affetto la seguiva ovunque, per giorni è rimasto accucciato davanti al garage dell’orrore: attendeva invano che uscisse la padroncina, evidentemente dopo avercela vista entrare. Qualche vicino di casa notandolo gli aveva portato da mangiare, ma l’animale rifiutava il cibo: «Soffre anche lui per la scomparsa di Sarah», dicevano in tanti.Se si fosse prestata maggiore attenzione all’insistenza con la quale quella bestiola restava in via Grazia Deledda, forse il luogo del crimine si sarebbe scoperto prima.Nei manuali del buon investigatore probabilmente non è spiegato che anche i cani a volte possono parlare, ma in quello della logica è certamente scritto che il primo luogo da controllare debba essere lo stesso in cui la persona scompare. E invece, sorprendentemente, si viene a sapere che il garage, e la casa di Michele Misseri verso la quale Sarah era diretta, non sono mai stati perquisiti. Almeno non prima che l’uomo confessasse il crimine.

Lo avevamo scritto ma speravamo di sbagliarci, e invece fatalmente per Sarah Scazzi si è ripetuto lo stesso identico copione già visto per Elisa Claps e per Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina: cercati ovunque tranne che nel posto più ovvio, cioè l’ultimo nel quale erano stati.

Nelle indagini sulla tragica fine della ragazzina di Avetrana si continua a parlare di punti oscuri, ma nella confusione che sin dal primo giorno caratterizza questa storia finiscono per confondersi anche i misteri, ignorando quelli veri e coltivandone altri fasulli.

La mancata perquisizione nel garage dello zio di Sarah è certamente un’anomalia, e lo sarebbe stata anche se Saetta, il cagnolino che seguiva la ragazza scomparsa, non lo avesse indicato dormendoci davanti. In quello che si è scoperto essere poi il luogo del delitto, non potevano non trovarsi tracce di Sarah, e se la procura ne avesse ordinato un controllo sin dal primo giorno il giallo sarebbe ormai bello e chiarito. E invece le esitazioni (e i ritardi) accumulati all’inizio dell’indagine continuano a mostrare i danni provocati.

La sparizione di Sarah Scazzi venne rubricata per la prima settimana come «sottrazione consensuale di minore», insomma una fuga volontaria al seguito di qualche adulto, e questo aveva impedito nei giorni più caldi dell’indagine di ordinare intercettazioni telefoniche e ambientali. Eppure, registrare i discorsi tra Michele Misseri, la moglie e la figlia a poche ore dalla scomparsa di Sarah servirebbe oggi ad allontanare dalla cugina l’orribile dubbio di sapere ma di aver taciuto. Allo strazio provocato dalla morte della migliore amica, e all’orrore di scoprire che ad ucciderla è stato il padre, per questa giovane donna si aggiunge ora il supplizio del sospetto collettivo. Molto più difficile da sconfiggere proprio perché basato sul nulla.

Nella ricostruzione del delitto fornita da Michele Misseri ci sono ancora molti punti da chiarire e tante contraddizioni, probabilmente su alcuni aspetti mente, eppure nulla di tutto questo consente al momento di mettere in dubbio la sua personale colpevolezza, né lascia aperti spazi per collocare Sabrina e sua madre (che si trovavano insieme) sulla scena del delitto. Basterebbe ricordare che la tragedia si è consumata in appena 12 minuti (proprio grazie al tempestivo allarme lanciato da Sabrina) e che mentre Sarah veniva strangolata Sabrina la chiamava al cellulare, e non si è mai visto che la testimone di un omicidio provi a telefonare alla vittima. Nei 42 giorni precedenti al suo arresto, molti in famiglia hanno potuto sospettare di Michele Misseri, e forse persino Concetta, la mamma di Sarah, alludeva a suo cognato quando implorava gli investigatori di indagare tra i parenti. Ma sospettare è cosa completamente diversa dal sapere, e soprattutto è penalmente irrilevante.

E allora invece che concentrarsi nello sforzo di verificare se Sabrina abbia dubitato oppure no di suo papà, bisognerebbe chiarire altri aspetti di questo giallo. A cominciare dalla batteria del telefonino di Sarah, dall’asciugamano e dal suo zainetto: dove sono finiti? Misseri avrebbe detto di averli bruciati. Ma la plastica di uno zaino non scompare nel fuoco, al massimo si trasforma. E un telo da mare per quanto carbonizzato non si dissolve nel nulla, proprio come il costume da bagno o i sandali infradito che la ragazzina indossava al momento della sua scomparsa. Dove sono finiti questi brandelli di verità? E dove è finita la corda con la quale Michele Misseri ha detto di aver strangolato la nipote? E dove il cartone con il quale ne ha coperto il cadavere?

In questa vicenda non è stato individuato ancora neppure il luogo esatto nel quale lo zio ha riferito di aver compiuto quell’orrendo atto sessuale sul corpo senza vita della ragazza: lui ha descritto un «grande albero di fico», ma di piante simili nella zona intorno alla località «Mosca» pare ce ne siano così tante da aver reso impossibile riconoscere quella giusta. Un fico che a scoprirlo non soltanto contribuirebbe a fornire un riscontro (e invece finora l’unico vero riscontro alla confessione dell’omicida è il ritrovamento del cadavere), ma potrebbe offrire agli psicologi – se non agli investigatori – materia di ulteriore indagine. Giacché proprio sotto quell’albero, e nel casolare che vi sorge accanto, Michele Misseri trascorreva la sua infanzia con i genitori, e proprio all’ombra di quel fico era solito dormire suo padre. Fra tutte le coincidenze forse la più agghiacciante.

Più che di misteri, in questa fase ci sembra più corretto parlare quindi di indagini incomplete. I prossimi giorni serviranno probabilmente a compiere nuovi controlli, magari mettendo finalmente i sigilli al garage che è stato teatro del delitto e chiedendo a Michele Misseri di scortare gli investigatori sui luoghi dell’orrore, affinché si trovino uno ad uno tutti i riscontri che mancano. Finora gli unici oggetti appartenuti a Sarah e recuperati dagli investigatori sono il telefonino (privo della batteria) consegnato dall’omicida, e un suo braccialetto. Si trovava in fondo alla cisterna nella quale era stato gettato il cadavere, ed è stato visto per caso mentre si lavorava con le pale: perché ad appena 48 ore dalla scoperta del corpo, il pozzo dell’orrore è già stato chiuso e completamente interrato.

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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