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Chi l'ha visto - casi irrisolti

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2023 09:26
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15/10/2010 10:07
 
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Re:
gianpaolo77, 15/10/2010 9.51:

certo che l'Italia è veramente un paese incredibile(incredibile che sia così de merda...),
non solo ci sono 56000000 CT, direttori sportivi e presidenti di calcio,
è stra-pieno anche di investigatori, poliziotti, procuratori e PM...
e soprattutto de "tutti boni a parla' dopo"... [SM=g28001]

pace all'anima della povera sarah...
[SM=g27998]




L. S. D.
"Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore." Bertolt Brecht
"Ubriacatevi. Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro, ma ubriacatevi." Charles Baudelaire
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15/10/2010 10:14
 
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tranne l'ultima riga sul resto nn sono molto d'accordo..
Anche perchè allora chiudiamo i forum e i blog e nn parlamo de niente Giampà eh..

Sui casi di cronaca spesso e volentieri prima e durante non puoi parlare perchè tanti elementi nn li puoi venire a sapere perchè c'è il segreto istruttorio.
Poi in questo caso parliamoci chiaro ma non bisogna sentirsi sherlock holmes per chiedersi come cavolo sia possibile che quel garage nn sia stato messo ancora sotto sequestro.
E' come chiedersi come mai Ivan entra con le cesoie a Marassi e a me controllano pure le scarpe prima di entrare.
E siccome di Procure delle nebbie in Italia ce ne sono state a palate storicamente farsi 2 domande è quasi naturale..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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15/10/2010 12:00
 
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Sabrina portata via incappucciata
insulti e grida contro Misseri



Mattina di tensione ad Avetrana. Di buon'ora i Ris dei carabinieri si sono presentati nella villetta di Michele Misseri, lo zio che ha confessato l'omicidio della nipote Sarah Scazzi. I militari sono scesi nel garage del delitto accompagni da Misseri. All'uscita insulti e grida verso l'uomo. Poi dalla villetta è uscita un'altra persona, protetta da un cappuccio. Si tratta della cugina Sabrina che sarà interrogata dai carabinieri come persona informata sui fatti
Michele Misseri
La cugina di Sarah, Sabrina Misseri è la persona portata via dai carabinieri dalla villetta di Avetrana subito dopo che il padre ha lasciato la sua casa dove era stato effettuato un sopralluogo. La persona protetta dai carabinieri era incappucciata ed è stata portata via dalla villetta di via Deledda. Al momento non si conoscono né l'identità né altri particolari.

Gli insulti
Un gruppo di persone gli ha inveito contro Michele Misseri, l'uomo che si è autoaccusato di aver ucciso la nipote SarahScazzi, ha lasciato intorno alle 11 l'abitazione di via Deledda dove era stato accompagnato intorno alle 7 di questa mattina per un sopralluogo. Alcune decine di persone che si trovavano in attesa fuori dall'abitazione dell'uomo hanno rincorso la macchina dove il presunto assassino era rinchiuso, gridandogli contro frasi offensive.Con tutta probabilità insieme agli investigatori, guidati dal sostituto procuratore della Repubblica di Taranto Mariano Buccolieri, gli inquirenti si stanno recando sul luogo dove è stato trovato il corpo di Sarah

Il sopralluogo
E' in corso un sopralluogo effettuato dai militari dell'arma dei carabinieri nella cantina-garage di Michele Misseri, il luogo in cui l'uomo ha confessato di aver ucciso la nipotina quindicenne Sarah Scazzi. Gli inquirenti cercano tracce importanti per chiudere definitivamente il cerchio su questa tragica vicenda.

Sul posto oltre ai Ris di Roma che stanno effettuando rilievi di impronte e tracce anche con l'ausilio di strumenti particolari, ci sono il capitano Luigi Mazzotta, comandante dei carabinieri di Manduria, e il colonnello Giovanni Russo, comandante del reparto operativo di Taranto.

Il sopralluogo nella casa dove Sarah è stata uccisa è iniziato alle 7 e non si esclude che gli inquirenti all'interno cerchino qualcosa di particolare. Probabilmente i vestiti di Sarah, che Misseri ha detto di aver bruciato dichiarando l'intenzione di indicare il luogo dove avrebbe effettuato l'operazione.

Michele Misseri si trova assieme al suo avvocato d'ufficio Daniele Galoppa nella sua abitazione di via Deledda. L'uomo è stato prelevato questa mattina dalla sua cella. Misseri è accompagnato dal legale e dagli agenti della polizia penitenziaria, e sul luogo è presente anche il sostituto procuratore Mariano Buccoliero, che coordina le indagini su questa triste vicenda.

Non è escluso che una volta terminati i sopralluoghi, gli inquirenti decidano di sentire Sabrina, la figlia dell'uomo, e l'amica Mariangela Spagnoletti, l'amica che con la stessa Sabrina e con Sarah quel pomeriggio di agosto avrebbe dovuto andare al mare.

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ecco dico solo questo..ce l'hanno fatta finalmente a portare i RIS in quell'abitazione..

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16/10/2010 12:33
 
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aggiorniamo..sarà finita qui?

Delitto Sarah, movente intrafamiliare
«Ora il quadro delle indagini è chiuso»


La cugina Sabrina è accusata di omicidio e sequestro
in concorso con il padre. «Nessun altro coinvolto»

Corriere.it- MILANO - «Movente intrafamiliare»: così il procuratore della Repubblica Franco Sebastio ha definito le ragioni che avrebbero spinto Michele Misseri e la figlia Sabrina all'omicidio di Sarah, la quindicenne di Avetrana scomparsa il 26 agosto e rinvenuta cadavere una quarantina di giorni dopo. In una conferenza stampa svoltasi sabato mattina al Comando provinciale dei carabinieri a Taranto, il procuratore ha confermato che Sabrina, che ha trascorso la sua prima notte in carcere, è accusata di concorso con il padre in omicidio e sequestro di persona, mentre non è coinvolta nell'occultamento del cadavere. «Nelle stesse ore abbiamo avviato richiesta al gip - ha spiegato Sebastio - la richiesta di convalida del fermo nei confronti di Sabrina e di incidente probatorio con l'altro coimputato, Michele Misseri, affinché siano cristallizzate le sue dichiarazioni». Allo stato non si ritiene, da parte di investigatori e inquirenti, che altre persone possano essere coinvolte nell'uccisione della quindicenne: «Crediamo che a questo punto l’indagine possa ritenersi quasi conclusa», ha detto Sebastio.

La morte di Sarah


IL MOVENTE - Secondo quanto ha detto il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, il movente dell’omicidio di Sarah Scazzi è da ricercare nell’ambito familiare. Secondo lo stesso magistrato, infatti, non ci sono altre ipotesi al momento per quanto riguarda il motivo per cui Sabrina e il padre hanno deciso di uccidere Sarah. Tra le righe - ma senza fare dichiarazioni - gli inquirenti hanno lasciato intuire che sono state le avance sessuali dell'uomo su Sarah il vero motivo della sua eliminazione. Proprio per questo le due cugine avrebbero litigato la sera prima del delitto. Quindi l’accusa di sequestro di persona e concorso in omicidio è stata attribuita a Sabrina per il ruolo attivo che ha avuto nella sparizione e uccisione di Sarah. Il procuratore della Repubblica Franco Sebastio ha dichiarato di non poter rivelare altri particolari «per ragioni investigative», e di non poter quindi neanche rispondere alla domanda se l'omicidio avesse a che fare con le molestie sessuali di Michele Misseri nei confronti di Sarah. Ad un giornalista che ha chiesto se il movente dell'uccisione di Sarah potesse avere a che fare con la gelosia scoppiata tra le due cugine (Sarah e Sabrina) per l'attrazione nutrita da entrambe per un loro amico più grande, Ivano Russo, il procuratore ha risposto che questo sarebbe «un movente extrafamiliare». «Il movente - ha ribadito - è intrafamiliare».

LA BATTERIA E LE CUFFIETTE - Il comandante provinciale di Taranto dei carabinieri, colonnello De Blasio, e il Procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio hanno anche chiarito, nel corso della conferenza stampa, che nel posto dove Michele Misseri ha bruciato lo zainetto e gli abiti di Sarah sono stati «rinvenuti frammenti delle cuffiette del cellulare della ragazza», mentre sul ciglio della strada, «in un terzo luogo distante sia dal luogo dove il cadavere è stato nascosto, sia da dove sono stati bruciati gli abiti della quindicenne», è stata rinvenuta la batteria del cellulare di Sarah, che lo stesso Misseri aveva lanciato dalla propria auto in corsa.

«COSTRETTA CON LA FORZA» - Intanto, secondo quanto si apprende da fonti investigative, gli inquirenti sarebbero arrivati alla conclusione che Sarah è stata costretta con la forza a scendere nella rimessa dove è stata uccisa. Sabrina Misseri non avrebbe dunque indotto la cugina a scendere con qualche scusa, ma avrebbe collaborato con il padre a trascinarla giù con la violenza. Sempre secondo l'accusa, il ruolo di Sabrina Misseri nell'omicidio sarebbe stato attivo: avrebbe tenuto ferma la cugina mentre l'uomo la strangolava con la corda. Il movente sarebbero state le molestie sessuali che Michele Misseri aveva compiuto nei confronti di Sarah: Sabrina ne era venuta a conoscenza dalla stessa cugina.

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18/10/2010 09:35
 
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Il caso di Avetrana ricorda per certi aspetti questa storia..


Il diabolico omicidio dei coniugi Bebawi

E’ un lunedì. Lunedì 18 gennaio 1964. Sono da poco passate le 9.00 quando Karin, segretaria negli uffici romani di via Veneto della Tricotex - società che commercia in lana, stabilimenti a Latina – scopre, riverso a terra nel suo studio, il cadavere di Faruk Chourbagi, 27 anni, egiziano di nascita, nazionalità libanese, ricchissimo industriale, figlio di un ex ministro del Tesoro del re d’Egitto.
Chourbagi, la cui morte risale al sabato precedente, è stato assassinato con un intero caricatore di pistola cal. 7,65 ed il suo volto è stato sfregiato con un’intera boccetta di vetriolo.
Le indagini puntano subito dentro la cerchia di amicizie del giovane industriale, conosciuto nella capitale come ricco playboy e si soffermano su una coppia, i coniugi Bebawi: proprio pochi giorni prima di essere ucciso – racconta la segretaria – Faruk ha ricevuto una telefonata che lo ha turbato ed innervosito: quella di Gabrielle Bebawi, detta Claire, egiziana molto avvenente con la quale aveva avuto una relazione sentimentale che, proprio il sabato precedente al delitto era partita dalla Svizzera diretta a Roma, assieme al marito, anche lui ricco industriale.
Il soggiorno romano dei Bebawi era stato brevissimo: arrivati nella capitale attorno alle 17, avevano preso alloggio in una piccola pensione vicina agli uffici di Chourbagi, per poi partire alla volta di Napoli con il treno delle 19.20, destinazione Brindisi e da lì, con il traghetto, per Atene, in attesa di un volo per Beirut.
Un soggiorno troppo lampo per non destare la curiosità degli investigatori che fermano la coppia nella capitale greca: hanno già scoperto che Claire è stata l’amante di Faruk e che il marito, Youssef, pur avendola ripudiata secondo la legge coranica, aveva deciso di continuare a vivere con lei ed i loro tre figli.
E’ a partire dall’arresto dei Bebawi che comincia a dipanarsi una trama sottile ed ambigua che sembra essere stata studiata nei minimi particolari: lei accusa lui. Lui accusa lei. Entrambi diventano personaggi: lui freddo, schivo, ma sempre cortese. Lei aggressiva, bellissima, sempre seducente.


Quello dei coniugi Bebawi sembra proprio un piano diabolico che due anni dopo, nel 1966, farà del loro processo (lunghissimo, 142 udienze, 120 testimoni) un dibattimento che appassionerà l’opinione pubblica con continui colpi di scena, lacrime, svenimenti, feroci litigate coniugali, accuse e controaccuse, fino alla sentenza, dopo 30 lunghissime ore di camera di consiglio: entrambi assolti per insufficienza di prove.
I giudici, pur sicuri che ad uccidere Faruk Chourbagi, sia stato uno dei due o forse tutte e due insieme, nel dubbio assolvono.
Quando nel ’68, in Appello, i due saranno entrambi condannati a 22 anni di reclusione – sentenza confermata nel ’74 in Cassazione - le loro esistenze saranno troppo lontane per la giustizia italiana: ormai divorziati, lei vive al Cairo dove fa la guida turistica; lui in Svizzera, con i figli, industriale di prodotti dietetici.

( www.misteriditalia.it )



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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
18/10/2010 10:32
 
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Re:
Sound72, 18/10/2010 9.35:

Il caso di Avetrana ricorda per certi aspetti questa storia..


Il diabolico omicidio dei coniugi Bebawi

E’ un lunedì. Lunedì 18 gennaio 1964. Sono da poco passate le 9.00 quando Karin, segretaria negli uffici romani di via Veneto della Tricotex - società che commercia in lana, stabilimenti a Latina – scopre, riverso a terra nel suo studio, il cadavere di Faruk Chourbagi, 27 anni, egiziano di nascita, nazionalità libanese, ricchissimo industriale, figlio di un ex ministro del Tesoro del re d’Egitto.
Chourbagi, la cui morte risale al sabato precedente, è stato assassinato con un intero caricatore di pistola cal. 7,65 ed il suo volto è stato sfregiato con un’intera boccetta di vetriolo.
Le indagini puntano subito dentro la cerchia di amicizie del giovane industriale, conosciuto nella capitale come ricco playboy e si soffermano su una coppia, i coniugi Bebawi: proprio pochi giorni prima di essere ucciso – racconta la segretaria – Faruk ha ricevuto una telefonata che lo ha turbato ed innervosito: quella di Gabrielle Bebawi, detta Claire, egiziana molto avvenente con la quale aveva avuto una relazione sentimentale che, proprio il sabato precedente al delitto era partita dalla Svizzera diretta a Roma, assieme al marito, anche lui ricco industriale.
Il soggiorno romano dei Bebawi era stato brevissimo: arrivati nella capitale attorno alle 17, avevano preso alloggio in una piccola pensione vicina agli uffici di Chourbagi, per poi partire alla volta di Napoli con il treno delle 19.20, destinazione Brindisi e da lì, con il traghetto, per Atene, in attesa di un volo per Beirut.
Un soggiorno troppo lampo per non destare la curiosità degli investigatori che fermano la coppia nella capitale greca: hanno già scoperto che Claire è stata l’amante di Faruk e che il marito, Youssef, pur avendola ripudiata secondo la legge coranica, aveva deciso di continuare a vivere con lei ed i loro tre figli.
E’ a partire dall’arresto dei Bebawi che comincia a dipanarsi una trama sottile ed ambigua che sembra essere stata studiata nei minimi particolari: lei accusa lui. Lui accusa lei. Entrambi diventano personaggi: lui freddo, schivo, ma sempre cortese. Lei aggressiva, bellissima, sempre seducente.


Quello dei coniugi Bebawi sembra proprio un piano diabolico che due anni dopo, nel 1966, farà del loro processo (lunghissimo, 142 udienze, 120 testimoni) un dibattimento che appassionerà l’opinione pubblica con continui colpi di scena, lacrime, svenimenti, feroci litigate coniugali, accuse e controaccuse, fino alla sentenza, dopo 30 lunghissime ore di camera di consiglio: entrambi assolti per insufficienza di prove.
I giudici, pur sicuri che ad uccidere Faruk Chourbagi, sia stato uno dei due o forse tutte e due insieme, nel dubbio assolvono.
Quando nel ’68, in Appello, i due saranno entrambi condannati a 22 anni di reclusione – sentenza confermata nel ’74 in Cassazione - le loro esistenze saranno troppo lontane per la giustizia italiana: ormai divorziati, lei vive al Cairo dove fa la guida turistica; lui in Svizzera, con i figli, industriale di prodotti dietetici.

( www.misteriditalia.it )







Mi ricordo di una trasmissione della storia siamo noi....in cui si ricostruiva questa storia.....c'è anche un capitolo dei Grandi Enigmi ( di Arrigo Petacco) che se ne è occupato.
19/10/2010 14:58
 
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MESSICO Mistero ad Acapulco, 20 uomini spariti
Partiti dal Michoacan per la celebre località,
sono scomparsi nel nulla. Possibile un sequestro di massa

HOUSTON (Texas) - Qualche studente, un dottore, alcuni meccanici, un paio di commercianti, un contabile, un fattorino. In tutto 20 persone, di età compresa tra i 17 e i 58 anni. Partiti dallo stato messicano di Michoacan volevano passare qualche giorno ad Acapulco. Ma di loro non si sa più nulla: sono spariti il 30 settembre dopo una sosta in un locale. Le autorità, per ora, non si sono preoccupate più di tanto. Per la semplice ragione che ritengono che i 20 siano stati sequestrati perché legati al crimine o ai narcos.

I DUBBI DELLA POLIZIA - Un alto ufficiale ha osservato: «Strano questo gruppo di soli uomini. Perché non si sono portati le famiglie? E in quale hotel dovevano andare?». Quindi ha rimarcato, quasi che fosse un crimine, che la comitiva proveniva da Michoacan, uno degli stati insanguinati dalla narco-guerra. Moglie e madri degli scomparsi, ovviamente, non sono della stessa idea. Per loro non vi è alcun rapporto con i trafficanti: i loro cari – affermano – sono persone normali, vittime di un’aggressione. Non avevano precedenti penali – insistono - e sulle auto ritrovate dalla polizia c’erano solo cibo, valigie e qualche birra. Se davvero è così non si capisce quale sia il movente del rapimento, anche se in Messico i sequestri colpiscono non solo i ricchi.

NESSUNA RICHIESTA - Fino ad oggi, però, non è giunta alcuna richiesta di riscatto. Un particolare che induce gli investigatori a insistere con la teoria della faida. Acapulco non è certo immune dalla violenza che si è impadronita del Messico. Agguati, decapitazioni, scontri a fuoco, esibizione macabra di cadaveri smembrati deturpano quella che una volta era una perla del turismo. Una conseguenza della rivalità tra i cartelli della droga che si contendono il territorio cercando di eliminare gli avversari. E non hanno alcuna remora a sparare tra la folla o a coinvolgere chiunque si trovi a passare. In questa situazione di tutti contro tutti non si può escludere che i 20 siano rimasti coinvolti in un regolamento di conti: per caso oppure per motivi che restano da scoprire. I responsabili della città, preoccupati delle conseguenze per il turismo, hanno assicurato che le indagini procedono: «Abbiamo tre o quattro piste interessanti, presto potremmo dire qualcosa». I familiari dei desaparecidos paiono meno convinti. Per attirare l’attenzione sul caso hanno organizzato a Morelia una marcia silenziosa alla quale hanno partecipato oltre 500 persone. A loro non resta che pregare.

Guido Olimpio
19 ottobre 2010



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20/10/2010 00:13
 
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mi sembrava strano che Vespa nn avesse ancora sfoggiato il plastico di casa Misseri..
Manca solo il cane davanti al cancello..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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20/10/2010 00:38
 
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Non sto seguendo nessuna delle varie vicende di cronaca nera.Non trovo normale la sovraesposizione mediatica di questi delitti.Va bene informare ma tutto il carrozzone dei Vespa,Matrix e compagnia mi infastidisce.
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25/10/2010 14:25
 
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26/10/2010 10:40
 
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Delitto Claps, bottone forse di abito cardinalizio
Perizia: "Elisa aggredita anche dopo la morte"



Secondo le analisi svolte da Eva Sacchi, il colore del bottone fa pensare che fosse di un abito da cardinale, ma è incompatibile con l'abito talare di don Mimì Sabia. L'aggressore tagliò gli abiti dopo il decesso
SALERNO - Può essere appartenuto all'abito di un cardinale il bottone rosso trovato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, "in prossimità del cadavere" di Elisa Claps. Lo rivela la perizia merceologica di Eva Sacchi, depositata nei giorni scorsi alla Procura di Salerno, nell'ambito del primo incidente probatorio sull'omicidio della ragazza. Il bottone non è compatibile con quelli dell'abito talare di don Mimì Sabia, lo storico parroco di Potenza deceduto nel 2008. Ma questo non fa che rendere ancora più complessa la soluzione del giallo, dato che proprio quell'abito fa supporre, infatti, a chi lo ha analizzato, che i bottoni siano stati sostituiti.

Ma le novità sul bottone non sono le uniche emerse dalle indagini. La perizia della Sacchi, infatti, ha evidenziato che chi uccise Elisa Claps si accanì sul suo corpo dopo la morte. "Il taglio di tutti i vestiti e lo spostamento di alcuni di questi - scrive il perito - (operazioni svolte probabilmente anche rivoltando il corpo) necessitano che l'aggressore abbia continuato ad agire sul corpo stesso per un tempo relativamente lungo dopo la morte, o comunque dopo che la vittima non era più in grado di opporre qualsiasi resistenza".

Elisa colpita con forbice e lama tagliente. L'assassino infierì sul corpo di Elisa colpendola con un paio di forbici di "medie dimensioni" e una lama "molto tagliente". Questo è scritto nella perizia della Sacchi: "Sulla scena del crimine (il sottotetto della chiesa santissima trinità di potenza, ndr) erano presenti almeno due tipologie differenti di armi: una forbice e una lama".

Il mistero del bottone. "Ammettendo l'appartenenza del bottone a un abito talare, dato il particolare tipo di rosso, rosso ponsò - scrive il perito -, ammettendo che il colore, (cosa verosimile data la composizione della fibra), non abbia subito una variazione, il bottone potrebbe essere appartenuto ad un abito cardinalizio".
"I bottoni dell'abito talare cardinalizio trovati in un armadio dei locali della chiesa della Santissima Trinità non sono compatibili da un punto di vista strutturale con il bottone trovato nel sottotetto", sottolinea poi il perito, che aveva appunto il compito di analizzare l'abito del parroco, per fugare i dubbi su un eventuale coinvolgimento dell'anziano sacerdote nell'occultamento del cadavere. A questo punto la Sacchi conclude: "Le condizioni dell'abito, usurato e più volte riparato, e l'ottima condizione dei bottoni fanno ritenere possibile che i bottoni siano stati sostituiti".

I risultati della perizia dattiloscopica. Tra oggi e domani sarà depositata la perizia dattiloscopica effettuata sui reperti prelevati nel sottotetto della chiesa Santissima Trinità. I magistrati della procura di Salerno, titolari delle indagini sull'omicidio della ragazza potentina, hanno chiesto ai periti di comparare le impronte digitali trovate sugli oggetti repertati con quelle di Danilo Restivo, l'unico indagato per il delitto. In particolare sono 12 gli elementi analizzati dagli specialisti, tra cui: un paio di occhiali da vista, un pennello da imbianchino, un orologio di plastica, un asse di legno, un foglio di cellophane, un laccio girocollo, una candela, frammenti di vetro di una lampadina rotta e un bottone rosso. Gli investigatori sperano che tra le impronte digitali rilevate sugli oggetti possa esserci anche quella dell'assassino.

Esaminati anche i sassolini nei tacchi. Anche i clasti (sassolini) inseriti nel solco del tacco di Elisa Claps sono stati analizzati da Eva Sacchi, e la perizia merceologica è in grado di restituire il fotogramma di uno degli ultimissimi momenti della vita della ragazza di Potenza, dimostrando che Elisa nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza ci arrivò viva, e che qui fu uccisa. ''La posizione dei clasti profondamente inseriti nei solchi del tacco fanno presumere che tale collocazione possa essere stata raggiunta durante la normale locomozione, e fanno ritenere che essi avrebbero causato un sensibile fastidio nella normale deambulazione - scrive il perito -. Si ritiene quindi altrettanto probabile che l'inserimento del clasto nel tacco sia avvenuto nel sottotetto durante l'ultimo intervallo di vita della vittima''. Per la Sacchi, ''l'inserimento dei clasti nel tacco dovrebbe essere avvenuto in un momento poco o immediatamente precedente il momento del delitto''. Al perito il gip aveva chiesto di procedere ad accertamenti tecnici anche sulle travi segate proprio sopra il 'giaciglio' in cui è stato riposto il cadavere: quella feritoia ricavata nel sottotetto, servita a far disperdere i miasmi. La Sacchi scrive in proposito che la apertura sarebbe stata praticata con un ''cacciavite spaccato di piccole dimensioni''. ''Il numero elevato delle tracce, la presenza anche in corrispondenza delle tavole su cui poggiano le tegole fanno pensare a operazioni condotte frettolosamente e senza metodo'', conclude il perito.


( repubblica.it )
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27/10/2010 13:52
 
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La mamma di Ivano: gli hanno offerto di entrare nella casa del Grande Fratello


AVETRANA - Sulla scena della tragedia di Sarah ora irrompe anche il Grande Fratello, simbolo della tv che trasfigura realtà e virtualità. «Sì, è vero, ad Ivano quelli del Grande Fratello hanno fatto la proposta. Ci sono anche i testimoni, ma Ivano ha detto no. Non se la sente». È la madre di Ivano Russo a rispondere al citofono. Ivano, per sottrarsi alla pressione mediatica, si è allontanato da Avetrana e si è rifugiato dal fratello, in provincia di Foggia. Un tempo, fino a pochi anni fa, grandi ascolti accompagnavano le storie televisive dove dominavano erotismo e sesso.

Ora sembra che l’opinione pubblica, almeno una sua larga fascia, sia attirata dalle storie e dai personaggi del dolore e delle tragedie. Da due mesi si parla in tv di Sarah. Si è dato grande spazio ai personaggi che compaiono sulla scena. Concetta, madre di Sarah, volto della sofferenza, e Sabrina, la cugina prediletta della ragazzina, insieme sono apparse in decine di trasmissioni di tutte le reti. Ma grandi ascolti hanno fatto anche le trasmissioni dove milioni di italiani hanno conosciuto la faccia di Michele Misseri, il contadino assassino reo confesso e di Cosima, sua moglie.

Ivano Russo ha tentato di mantenersi defilato, senza riuscirci del tutto. Giovane, di bell’aspetto, desiderato da Sabrina e forse al centro delle prime pulsioni adolescenziali di Sarah, il 27enne componente del gruppo che ogni sera s’incontrava in birreria potrebbe rivelarsi come lo snodo inconsapevole della bufera tragica che ha inghiottito Michele e Sabrina. Una figura non coinvolta nell’inchiesta giudiziaria e però decisiva per tentare di capire le motivazioni che hanno messo in subbuglio la testa di Michele Misseri e di Sabrina. Ivano risponde quindi a una doppia esigenza di trasmissioni come il Grande Fratello: quella di presentare il volto di una persona scelta da una storia vera , nel cui sfondo appaiono sesso e sentimenti, e insieme di evocare, attraverso uno dei protagonisti, un romanzo del dolore che ha particolarmente colpito gli italiani.

La signora Elena Baldari, madre di Ivano, vedova da tre anni, è una donna semplice e sincera. Forse a lei, cuore di mamma meridionale, quel figlio in tv non sarebbe dispiaciuto. Ma la signora Elena è anche donna saggia. Non va bene andare in televisione perché la propria faccia è apparsa in una tragedia finita con la morte di una ragazzina. Meglio che Ivano abbia rifiutato. Forse ha perduto un’occasione, ma con la sua decisione Ivano rafforza il legame con la propria comunità. Meglio realizzare un progetto per l’autolavaggio che inseguire il sogno televisivo.

La carovana delle troupe televisive non accenna a smobilitare. Via Deledda e le stradine che si snodano in direzione di via Kennedy sono occupate da tir, studi mobili e gruppi elettrogeni piazzati su carrelli. Decine di operatori presidiano la zona. Ieri il sindaco Mario De Marco ha tentato di mettere un po’ di ordine. «Ci sono proteste delle famiglie del quartiere – ha detto -, molti hanno denunciato la difficoltà a muoversi liberamente». La prima idea di un’ordinanza per allontanare gli automezzi da via Deledda è stata abbandonata. Il sindaco ha scelto la strada più morbida di un invito pressante a giornalisti e operatori a organizzarsi diversamente, allontanandosi dalla villetta rosa dei Misseri, divenuta l’obiettivo primario dopo la confessione di Misseri e l’arresto di Sabrina.


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27/10/2010 13:58
 
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mi sembra il minimo il rifiuto...io li avrei mandati a fare in culo quelli del GF...
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20/11/2010 10:13
 
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botta e risposta ieri tra l'Avv.Conte ( quella che difende Sabrina Misseri ) e Barbara Palombelli a Quarto grado..
Avv.Conte : Sig.ra Palombelli colgo l'occasione per complimentarmi con lei, è sempre molto preparata, condivido ogni volta le sue osservazioni [SM=g27993]
Palombelli: la ringrazio, sono lusingata, Michele Misseri ha fatto tante affermazioni contraddittorie, a questo punto come pensa di pensa di impostare la difesa di Sabrina? [SM=g27993]

Sono andate avanti cosi per un quarto d'ora..Una si faceva pubblicità a retequattro dopo 10 ore di incidente probatorio, l'altra continuava a farle domande idiote..Alla fine video di Sarah con sottofondo della sua canzone preferita.. [SM=g27996]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Su facebook anche il fan club di Gian Loreto Carbone [SM=g27989]

www.facebook.com/group.php?gid=49467957549&v=wall&viewas=0

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Inquietante il caso del vicino di casa di Ciampino..un folle!
[Modificato da Sound72 24/11/2010 23:12]
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ahahahhahahahahaha

idolo gianloreto [SM=g27989]

secondo me il meglio lo ha dato con il caso claps e la ricostruzione al pc del cammino di restivo fino al sottotetto della chiesa...

da cagarsi in mano [SM=g27989]
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Cassibile,preso mostro accusato di 5 omicidi
Il serial killer sarebbe un pensionato incensurato


SIRACUSA - L'uomo arrestato stamane con l'accusa di essere il presunto "mostro di Cassibile" si chiama Giuseppe Raeli ed è un pensionato incensurato di 69 anni . L'uomo ha già lasciato sotto scorta e nel massimo riserbo la caserma del comando provinciale dei carabinieri di Siracusa per essere condotto nel carcere siracusano di contrada Cavadonna dove verrà rinchiuso in isolamento. Le accuse a suo carico sono di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione di arma in relazione ai diversi episodi che gli vengono contestati.

Gli investigatori attendono adesso di valutare quel che emergerà dalle perquisizioni in corso sia nella sua abitazione che in alcuni fondi nella sua disponibilità per verificare se possono essere ricondotti o meno al pensionato anche altri episodi sui quali le indagini sono ancora aperte. Il blitz che ha portato all'arresto del presunto serial killer di Cassibile e stato condotto con il supporto di una trentina di carabinieri. In questo momento sono in corso, anche da parte dei tecnici Ris di Messina, le perquisizioni sia nell'abitazione del pensionato arrestato che in alcuni fondi nella sua disponibilità che si trovano in prossimità della sua abitazione. Tutte operazioni queste che si protrarranno ancora a lungo.

Quanto agli episodi che vengono contestati al pensionato sembra, sempre secondo le primissime indiscrezioni, che possano fare riferimento ad un arco temporale più ristretto rispetto a quello compreso tra il 1996 ed il 2009 sul quale gli investigatori hanno indagato per le diverse vicende che a vario titolo sono state ricondotte alle azioni del cosidetto "mostro di Cassibile".

ACCUSATO 5 OMICIDI E 4 TENTATIVI - Sono cinque omicidi, quattro tentati omicidi ed un episodio di minaccia a mano armata, tutti avvenuti tra il 1998 ed il 2009, gli episodi contestati a Giuseppe Raeli, 69 anni, il pensionato arrestato questa mattina dai carabineri con l'accusa di essere il presunto "mostro di Cassibile". Gli agguati sarebbero avvenuti sempre nella stessa zona, tra Cassibile, Noto, Avola e Fontane Bianche, e con la stessa arma, un fucile calibro 12 caricato a pallettoni.+ L'episodio più lontano nel tempo, e per altro già coperto dalla prescrizione, è quello di una minaccia a mano armata avvenuto a Cassibile il 28 novembre 1998. Tra gli agguati contestati al pensionato, che erano già stati attribuiti nelle diverse indagini all'azione di un unico serial killer figurano il duplice omicidio dei coniugi Sebastiano Tiné e Giuseppa Spadaro ed il ferimento nella stessa circostanza di una figlia della coppia, Katia Tiné, avvenuto in una villetta di Fontane Banche il 31 luglio 2003; l'omicidio di Giuseppe Spada (Cassibile, 18 agosto 2004) ed i tentati omicidi di Aurora Fracone (Cassibile, 12 febbraio 2004) e Giuseppe Leone (Cassibile, 15 marzo 2009, l'ultimo degli episodi contestati). Al presunto "mostro" vengono contestati anche il tentato omicidio di Antonio Bruni (Avola, 21 novembre 1998), e le uccisioni di Rosario Rizza Timponello (Noto, 28 gennaio 1999) e di Giuseppe Calvo (Avola, 9 ottobre 2002). Per diversi altri episodi, compreso alcuni omicidi già ritenuti opera del "mostro di Cassibile" come, ad esempio, quello di Maria Callari avvenuto nel dicembre del 2000 a Cassibile, non è stato sin qui formalizzato alcun provvedimento pur esistendo per gli inquirenti e gli investigatori fortissimi sospetti.

AGGUATI MESSI A SEGNO CON LA STESSA TECNICA
La svolta nell'indagine della Procura della Repubblica di Siracusa che ha portato all'arresto del presunto "mostro di Cassibile" arriva nei primi mesi dello scorso anno, quando il 15 marzo scatta l'agguato a Giuseppe Leone, un imprenditore agricolo ferito in modo non grave in un agguato tesogli mentre stava uscendo, di sera, dal suo podere nelle campagne di Cassibile. Le modalità operative fanno ritenere agli investigatori che possa trattarsi del "mostro" che tuttavia non era più entrato in azione da cinque anni (l'omicidio Spada). Da quell'agguato viene avviato un certosino lavoro investigativo che ripercorre a ritroso, caso dopo caso, i fatti di sangue attribuiti al "mostro" e rimasti sino a quel momento rimasti insoluti. Vengono fissati alcuni punti fermi che mettono in collegamento gran parte degli episodi analizzati. Il primo é, appunto, l'identico modus operandi. Il killer prima di sparare e uccidere tendeva alle sue vittime delle trappole che le costringeva a venire allo scoperto per diventare dei comodi bersagli: tronchi o grossi massi lungo la strada per fermare le auto, cancelli chiusi con del filo di nylon in modo tale da obbligare la vittima designata ad uscire dall'abitacolo ed esporsi ai colpi, incendi appiccati ai mezzi o colpi di fucile contro finestre e facciate per far venir fuori i proprietari da casa. Inoltre gli agguati venivano tesi rimanendo al riparo dietro muretti o fitte sterpaglie in zone che comunque consentivano al presunto assassino sempre delle comode vie di fuga, attraverso quelle campagne che l'uomo conosceva assai bene per via del suo lavoro di "palista": puliva infatti i terreni con la pala meccanica e poi rivendeva la legna da ardere.

DIETRO CATENA DELITTI UN MOVENTE ECONOMICO - Nella ricostruzione dei diversi episodi attribuiti a Giuseppe Raeli, 69 anni, il pensionato accusato di essere il cosidetto "mostro di Cassibile", gli investigatori hanno enucleato un unico movente: quello economico. In tutte le occasioni, secondo carabinieri e Procura, l'uomo avrebbe sparato per motivi di interesse, a volte anche per crediti di poche centinaia di euro che le sue vittime non avrebbero saldato per delle fornitura di legna (attività svolta dall'arrestato ndr) o per delle contestazioni sull'effettivo quantitativo di materiale consegnato. Gli interessi economici sono stati dunque individuati dagli inquirenti come "il nodo centrale di tutti i casi". In relazione agli episodi contestati, ma anche in rapporto ad altri non compresi nel provvedimento restrittivo eseguito stamane, c'era alla base un rapporto lavorativo - diretto o indiretto - tra il presunto autore degli agguati e le vittime. La ricostruzione investigativa aveva mostrato una possibile crepa con l'uccisione di Giuseppe Spada, un ambulante indicato dagli investigatori come personaggio in vista nella criminalità di Cassibile. Ma Spada, ha spiegato il procuratore capo Ugo Rossi, è stato ucciso in quanto aveva avviato una propria "indagine" su una serie di intimidazioni compiute nei confronti di Aurora Franzone, amica d'infanzia dell'ambulante che si era rivolta a lui per venire a capo di alcuni inquietanti episodi dei quali era stata fatta oggetto: colpi di arma da fuoco contro la sua abitazione e l'incendio di una sua auto. Due episodi che, hanno spiegato gli investigatori, sarebbero state altrettante "trappole" tese alla donna che con Raeli aveva avuto vivaci diverbi in relazione a della fornitura di legna. La donna sarebbe però scampata ai due agguati perché avrebbe evitato di uscire di casa, esponendosi ai colpi di fucile dell'uomo (ansa.it )


Il Killer " palista " [SM=g27993]
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07/01/2011 15:41
 
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Via Poma, pm chiede ergastolo per Busco
L'uomo è accusato dell'omicidio della fidanzata, Simonetta Cesaroni, uccisa a Roma il 7 agosto 1990 con 29 coltellate


ROMA - Ergastolo per Raniero Busco. Lo ha chiesto il pm Ilaria Calò per l'omicidio di Simonetta Cesaroni avvenuto il 7 agosto del 1990 in un appartamento di via Poma a Roma. Busco era il fidanzato di Simonetta Cesaroni.

Simonetta Cesaroni fu uccisa nell'agosto 1990 negli uffici romani dell'Associazione degli Ostelli della gioventù in via Poma, nel quartiere Prati a Roma. Il corpo straziato da 29 coltellate. Davanti alla terza corte d'assise di Roma, presieduta da Evelina Canale, unico imputato Raniero Busco, l'ex fidanzato di Simonetta, accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Contro Busco sono agli atti del processo i risultati di diverse consulenze, l'ultima delle quali ha indicato come compatibile con la sua arcata dentaria il segno di un morso sul seno di Simonetta e con il suo Dna una traccia di saliva sul corpetto che indossava la Cesaroni al momento in cui fu uccisa. A suo favore, i risultati di una consulenza di parte che escluderebbe la sua responsabilità nell'omicidio e che vorrebbe il segno del morso sul seno come compatibile anche con i 'denti' di un fermacapelli trovato rotto vicino al corpo della ragazza.

NESSUN DUBBIO SU RESPONSABILITA' BUSCO - "Nessun dubbio sulla responsabilità di Raniero Busco per la morte di Simonetta Cesaroni; ma nessun dubbio anche sull'esistenza dell'aggravante della crudeltà". Sono le conclusioni in virtù delle quali il pm Ilaria Calò ha chiesto alla III Corte d'assise di Roma di condannare all'ergastolo Busco per l'omicidio dell'ex fidanzata. Il giovane non era oggi presente in aula; uno stato influenzale con febbre alta gli ha impedito di sentire dalla voce del pm le conclusioni della pubblica accusa. In aula invece, come ad ogni udienza, era presente Roberta Milletarì, la moglie di Raniero. Con riferimento all'esistenza dell'aggravante della crudeltà (cosa che ha portato alla richiesta della condanna al carcere a vita), il pm Calò è stata chiara: "Per uccidere Simonetta - ha detto - bastavano tre delle lesioni che sono state provocate, quelle al cuore, al polmone e all'aorta; tutte le altre, nel resto del corpo, sono crudeltà".

PM, SU CORPO SIMONETTA SOLO TRACCE DNA DI BUSCO - Il gruppo sanguigno individuato era comune a Simonetta Cesaroni e Raniero Busco e con le vecchie metodiche di analisi era impossibile distinguere i due Dna; la certezza è che "in corrispondenza di entrambi i capezzoli della ragazza e sul suo reggiseno sono state trovate tracce di Dna riconducibili a Busco al di là di ogni ragionevole dubbio". E' stata incentrata tutta sull'esame delle prove scientifiche lo spaccato di requisitoria del pm Ilaria Calò al processo per la morte di Simonetta Cesaroni. "Dai calcoli statistici che sono quelli che si fanno in casi di questo genere - ha detto il pm - l'ipotesi accusatoria è supportabile milioni di miliardi di volte in più rispetto a quella difensiva. Il Dna su corpetto, reggiseno e morso sul seno sinistro di Simonetta ne ha escluso la compatibilità con altre persone che non siano Busco". Chiara la dinamica dell'omicidio. "Ci sono state 29 lesioni da punta e taglio, tutte prodotte in un brevissimo lasso di tempo mentre l'aggressore stava a cavalcioni sulla vittima. Ma anche una trentesima: un taglio sulla clavicola di Simonetta con una crosticina ematica uguale a quella sul morso al seno". Schematicamente, le conclusioni dei consulenti del pm hanno indicato che: "l'aggressione mortale non è stata successiva a una colluttazione; il materiale biologico trovato indica un approccio orale dell'aggressore; il profilo del materiale biologico è quello di un uomo ed è compatibile con quello di Busco". E su quel 'morso' al seno, le altre certezze: "La dentatura di Busco - ha detto il pm - ha caratteristiche che la rendono unica; la morfologia del morso di Busco corrisponde alla morfologia del morso sul seno di Simonetta. E dai dati scientifici è emerso che quel morso è stato dato contestualmente alle altre lesioni; quindi, è contestuale all'omicidio".

PM, NO IPOTESI ALTERNATIVE A RESPONSABILITA' BUSCO - "Non ci sono ipotesi alternative alla responsabilità di Busco per l'omicidio di Simonetta Cesaroni". Lo ha detto il pm Ilaria Calò nella parte finale del suo intervento. "Non ci sono spiegazioni alternative né alla presenza del Dna di Busco sulla porta degli Ostelli dove fu trovata morta Simonetta - ha detto il pm - né alla presenza del suo Dna parziale mischiato al sangue della ragazza. E non bisogna dimenticare che Busco ha sempre detto di non essere mai andato in quegli uffici". Per il rappresentante della pubblica accusa é da escludere anche l'ipotesi che a commettere l'omicidio possa essere stata un'altra persona. "Non c'é alcuna traccia di Dna diverso da quello di Busco. E' impossibile che qualche altra persona sia stata in quella stanza senza lasciare alcuna traccia biologica seppure microscopica". E infine, non ci sono ipotesi alternative ("né logiche né lecite", ha detto il pm) che giustifichino "la presenza di un morso di Busco sul seno di Simonetta e la presenza di saliva in corrispondenza del morso stesso". Alla fine, il pm ha anche confutato le tesi dei consulenti della difesa dell'imputato, ritenute frutto di una "lacunosa conoscenza degli atti" e i cui risultati "non appaiono idonei a invalidare quanto raccolto". Prossima udienza il 14 gennaio per l'inizio degli interventi delle parti civili.

PARTE CIVILE, RICOSTRUZIONE PM NON E' FANTASIOSA - "La ricostruzione fatta dal pm non è assolutamente fantasiosa, ma è suffragata da elementi tecnici inconfutabili". Lo ha detto l'avvocato Massimo Lauro che nel processo per la morte di Simonetta Cesaroni è costituito parte civile per la sorella della ragazza trovata morta il 7 agosto 1990 negli uffici romani degli Ostelli della Gioventù di via Poma, a Roma. Per il penalista, "non è facile il compito che avrà la Corte. Per assolvere Busco dovrà disattendere le risultanze tecniche dell'accusa che sono state precise e puntuali. Certo, dal punto di vista umano si possono fare tanti discorsi, ma noi dobbiamo guardare ad altro e valutare anche tutto ciò che abbiamo".

( ansa.it )
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16/01/2011 12:55
 
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Napoli, Cristofer Oliva è stato ucciso
Arrestati due amici. La madre: traditori
La telefonata choc: «E' morto»




NAPOLI (15 gennaio) - Gli agenti della Questura di Napoli hanno arrestato due giovani napoletani, ritenuti responsabili della scomparsa di Cristofer Oliva ( la telefonata-choc era arrivata durante la trasmissione 'Chi l'ha visto?') avvenuta nel novembre 2009. Su richiesta della Procura della Repubblica e della Procura dei Minorenni è stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio, sequestro di persona ed occultamento di cadavere.
Il delitto, secondo la Questura sarebbe maturato per litigi relativi alla gestione di un'attività di coltivazione e traffico di sostanza stupefacente del tipo canapa.
E sono due amici di Cristoforo, uno dei quali molto stretto, gli accusati dell'omicidio del ragazzo.
Gli arrestati sono Karim Sadek, 18 anni, di origine egiziana, e Fabio Furlan, 20 anni. Proprio quest'ultimo, secondo quanto si è appreso, era particolarmente legato a Cristoforo.
Di Oliva non si avevano più notizie dal 17 novembre 2009, da quando lasciò la sua casa di Napoli dopo aver ricevuto la telefonata di un amico. Da allora la mamma, Fiorella Mormone, non ha mai smesso di mobilitare parenti e conoscenti nella speranza di poter ritrovare il giovane studente universitario, diciannovenne al momento della scomparsa.
L'ultimo sit-in era stato organizzato il 17 novembre scorso. Secondo la ricostruzione fornita dalla madre, il ragazzo, nel pomeriggio della scomparsa, avrebbe ricevuto una telefonata da un amico che gli diceva che da lì a mezz'ora sarebbe passato a prenderlo sotto casa. «Quel giorno - aveva spiegato la signora Fiorella - non ero in casa ma sono sicura che quella telefonata sia stato un complotto per tirare Cristofer fuori di casa e di questo sono certa perchè mio figlio non aveva l'abitudine di uscire fuori dal viale nemmeno per aspettare qualcuno».
Da lì a una settimana, Cristoforo sarebbe dovuto partire per il Brasile insieme con il padre. Del suo caso si era occupata anche la trasmissione 'Chi l'ha visto?'.
Amaro e drammatico il primo commento della madre: «È stato tradito dai suoi amici, in particolare da un giovane che abbiamo anche ospitato per un mese e mezzo a casa nostra. Che amarezza, un dolore infinito che si aggiunge alla notizia dell'uccisione di Cristoforo».
La donna si riferisce in particolare a Fabio Furlan, il ventenne arrestato insieme con Karim Sadeh, oggi dalla polizia. «L'abbiamo trattato come un figlio, l'abbiamo fatto vivere con noi dopo che aveva combinato un brutto tiro al padre. Lui ci ha ripagato così, ha ripagato così Cristoforo. Ha detto che ci avrebbe aiutato a ritrovare nostro figlio, invece dal momento della scomparsa non si è mai più visto».
Fiorella Mormone aveva promosso una serie di iniziative affinchè non cessassero le ricerche del figlio. «Fin dal primo momento avevo detto - sottolinea - che non si era trattato di un allontanamento volontario e che la telefonata che aveva ricevuto da Fabio era una trappola».
Ora ai due giovani, la donna chiede di «dire tutta la verità, spiegare quello che hanno fatto. Questa storia insegna che non si può avere fiducia in nessuna e che si è pronti a uccidere chiunque. La vita non vale niente. Ora andrò avanti solo nella speranza che sia fatta giustizia».
Infine, dalla Mormone, un «grazie alla polizia che mi è stata molto vicina, è stata cordiale e ha fatto il suo lavoro. Se qualche volta mi hanno tenuto all'oscuro era solo per esigenze investigative».
( ilmattino.it )


si intuiva questa fine ..però proprio perchè sembrava troppo scontata come soluzione nn pensavo potesse essere stato l'amico del filmino in giro per Amsterdam [SM=g27993]
[Modificato da Sound72 16/01/2011 13:00]
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26/01/2011 16:33
 
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Via Poma, Busco condannato a 24 anni !


(ANSA) - ROMA, 26 GEN - Raniero Busco e' stato condannato a 24 anni dalla Corte d'assise di Roma per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto nel 1990, in via Poma. Il Pubblico ministero aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato, che all'epoca dei fatti era fidanzato con la vittima. La lettura della sentenza e' stata accompagnata dalle grida di disapprovazione dei parenti di Busco, che e' intanto e' stato portato fuori dall'aula dal fratello.

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