le verità nascoste

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Sound72
00martedì 15 marzo 2011 12:12
Aiazzone a fondo con tredicimila truffe
I clienti pagano le rate ma non ricevono i mobili. Senza stipendio gli 800 dipendenti di Aiazzone ed Emmelunga


TORINO - «Provare per credere» è lo slogan che ha reso famoso il marchio Aiazzone. Negli anni Ottanta non c'era tv locale che non proponesse a tambur battente gli spot del mobilificio biellese, affidati al «sorriso durban's» del televenditore Guido Angeli. Vent'anni dopo, Renato Semeraro, un finanziere torinese, ci ha riprovato. Con Gian Mauro Borsano, l'ex presidente del Torino calcio ed ex deputato psi, coinvolto in Tangentopoli, che ha rilevato il marchio dalla vedova Aiazzone (il fondatore del mobilificio, Giorgio Aiazzone, è morto in un incidente aereo nel 1986) e si è presentato in tv per ripetere, ancora una volta, l'invito a comprare.
Le cose, però, sono andate male. Ora c'è un esercito di 13 mila persone che lamenta d'essere stato truffato. «Abbiamo comprato i mobili, abbiamo chiesto un prestito, ma non ci sono mai stati consegnati e noi le rate siamo obbligati a pagarle ugualmente». Non solo, tutti i punti vendita sono stati chiusi e ci sono 800 persone a spasso, dipendenti e venditori di Aiazzone ed Emmelunga (una seconda catena di mobilifici acquisiti due anni fa da Borsano e Semeraro con la loro spa B&S) rimasti senza stipendio per quasi dieci mesi.



Sui cancelli dei magazzini c'è un cartello che parla chiaro e invita «chiunque ne avesse bisogno, a rivolgersi ai nuovi proprietari», cioè alla società Panmedia di Torino, una concessionaria di pubblicità specializzata in tv locali, che fa capo a Giuseppe Gallo. Già, perché il marchio Aiazzone e la stessa società B&S sono state oggetto di una sospetta e quanto mai rapida cessione a costo zero, perfezionata prima dell'estate ma che non ha portato a nulla: Gallo ha solo chiuso definitivamente i battenti.
Intanto le denunce non si contano più, la Procura di Torino ha aperto un'inchiesta e le indagini sono affidate ai carabinieri della compagnia Mirafiori ma i fascicoli sono pronti a partire per Roma dove già a settembre, dopo un'indagine della Guardia di finanza, i sostituti procuratori Francesca Ciardi e Maria Francesca Loi avevano iscritto nel registro degli indagati Borsano, i suoi due figli Giovanni e Margherita, Semeraro e il loro socio Giuseppe Palenzona, fratello del più noto Fabrizio, banchiere, presidente di Gemina e di Aeroporti di Roma.

Le accuse sono gravi: bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, riciclaggio, truffa. Sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti le società B&S, Aiazzone Network, Emmelunga, Emmedue, Emmecinque, per un totale di 200 punti vendita in tutto il Paese.
Intanto le proteste dei 13 mila beffati si manifestano non solo con la carta bollata ma anche con continui appelli sui social network: «chiediamo, almeno, che non ci facciano pagare le rate dei finanziamenti per mobili che non abbiamo mai visto». E mentre i due protagonisti principali della vicenda tacciono, uno spiraglio si apre. Dario De Cartis, responsabile servizio clienti di Fiditalia, finanziaria di proprietà della francese Société Générale, con la quale Aiazzone era convenzionata per la cessione dei crediti, dice: «Inizialmente pensavamo si trattasse solo di qualche caso isolato di inadempienza, purtroppo non è così. Ora siamo disponibili a trattare con le associazioni consumatori, le istituzioni e con tutti i clienti di Aiazzone che si sentono truffati. Con loro cercheremo di trovare una soluzione soddisfacente».

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La pubblicità di Aiazzone sulle tv private era un tormentone..se la giocava coi Mobili Petretti...
Sound72
00sabato 19 marzo 2011 12:53
Autovelox taroccati in mezza Italia
Migliaia di multe sono contestabili


Maxi-operazione della Finanza:
146 amministrazioni coinvolte


BRESCIA
Un giro d’affari milionario sfruttando autovelox non a norma, una truffa colossale che ha interessato mezza Italia, sfociata nella denuncia di 558 persone, di cui 367 dipendenti comunali o funzionari pubblici compiacenti, ora nei guai per truffa aggravata, turbativa d’asta e corruzione. È quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Brescia (tenenza di Desenzano) in cinque anni di indagini.

A tirare le fila di un sistema capillare e articolato che ha coinvolto mille comuni italiani - 146 quelli in cui sono state riscontrate anomalie - è un sessantenne di Desenzano del Garda, Diego Barosi. L’uomo, titolare della ’Garda segnalè e di numerose altre società aperte e chiuse secondo gli inquirenti per poter catalizzare gli appalti delle amministrazioni per la gestione degli autovelox, era già noto alle forze dell’ordine e alle cronache per vicende simili. Il bresciano è finito nel mirino di numerose Procure italiane, tra cui quella di Sala Consilina (Salerno) dove un automobilista fece ricorso per disconoscere una multa per eccesso di velocità.

In parallelo i riscontri degli inquirenti di Brescia hanno permesso di appurare che Barosi attraverso una cinquantina di autovelox di cui soltanto due omologati è riuscito in molti casi a ottenere gli appalti attraverso finte gare cui partecipavano solo ditte a lui riconducibili, in molti casi con la compiacenza della Polizia locale o di funzionari comunali ripagati con una congrua percentuale. Il sistema avrebbe fruttato 11 milioni e mezzo di sanzioni irregolari - gli autovelox erano tarati al rialzo per truccare la velocità rilevata del 15-17% in più rispetto al reale - delle quali l’interessato intascava fino al 40%. Un imponente flusso in denaro confluito in un impero immobiliare. Sono 245 secondo le Fiamme gialle gli immobili riconducibili a Barosi, di cui 51 sono già stati confiscati.

L’uomo con 4 complici delle province di Roma, Vicenza a Verona - ai cinque è contestata anche l’associazione a delinquere, la frode fiscale, la bancarotta fraudolenta - avrebbe costituito una fitta rete di società che hanno sottratto a tassazione 18 milioni e evaso imposte per 13. Il gruppo acquistava ingenti proprietà immobiliari - cinema, alberghi, villaggi turistici individuati tra Vicenza, Verona, Foggia - senza pagarle, anzi, provvedendo a rivenderle. Le violazioni del codice illecitamente contestate sarebbero 82mila con indebite richieste di sanzioni per circa 11,5 milioni di euro. Il Codacons chiede un intervento del governo «tramite i ministeri competenti». «Molti consumatori, infatti, non sapendo che le multe erano illegali e le apparecchiature truccate hanno pagato le multe e ora non possono più presentare ricorso né al Prefetto né al Giudice di pace, sia perché sono passati i 60 giorni dalla notifica sia perché gli articoli 203 e 204 bis del Codice della Strada stabiliscono che si possa impugnare la multa "qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta"». Per questo il governo, nel caso siano già trascorsi i 60 giorni per presentare ricorso, «deve intervenire affinché siano restituiti sia i punti della patente ingiustamente decurtati sia i proventi delle sanzioni indebitamente incassati dagli enti coinvolti nell'inchiesta», chiede il Codacons.

Questo l’elenco dei Comuni coinvolti nell’inchiesta della Gdf di Brescia sugli autovelox taroccati: Abbadia S. Salvatore (Si), Acquasanta Terme (Ap), Airole (Im), Aisone (Cn), Albuzzano (Pv), Alleghe (Bl), Altavilla Milicia (Pa), Altofonte (Pa), Altomonte (Cz), Anversa Degli Abruzzi (Aq), Aragona (Ag), Ardore (Rc), Arquata Del Tronto (Ap), Arsoli (Rm), Artena (Rm), Badolato (Cz), Balsorano (Aq), Basciano (Te), Binetto (Ba), Bitritto (Ba), Bonate Sotto (Bg), Brezzo Di Bedero (Va), Brienza (Pz), Brolo (Me), Brugnato (To), Brusasco (Sp), Brusnengo (Bi), Buccinasco (Mi), Budoni (Nu), Bugnara (Aq), Cadeo (Pc, Canepina (Vt), Canosa Sannita (Ch), Casei Gerola (Pv), Castellabate (Sa), Castiglione D’orcia (Si), Chiaramonte Gulfi (Rg) Chiusa Di Pesio (Cn), Cicciano (Na), Civitella D’agliano (Vt), Cogorno (Ge), Collarmele (Aq), Colledara (Te) Corbara (Sa), Cupello (Cn), Fabrica Di Roma (Rm), Ficarazzi (Pa), Filandari (Vv), Fluminimaggiore (Ca), Forza D’agro (Me), Francofonte (Sr), Fratta Todina (Pg), Gagliole (Mc), Gallicchio (Pz), Gargnano (Bs), Gizzeria (Cz), Greggio (Vc), Grottolella (Av), Isola Delle Femmine (Pa), Issiglio (To), Itala (Me), Leggiuno (Va), Leporano (Ta), Letojanni (Me), Licenza (Rm), Licodia Eubea (Ct), Loiri Porto San Paolo (Ss), Maiori (Sa), Maissana (Sp), Malvito (Cs), Mandatoriccio (Cs), Manta (Cn), Maruggio (Ta), Melicucco (Rc), Montefalco (Pg), Montefortino (Ap), Montelanico (Rm), Montemurro (Pz), Monteroni Di Lecce (Le), Monterosi (Le), Monterubbiano (Ap), Morciano Di Romagna (Fo), Moresco (Ap), Morlupo (Le), Morolo (Fr), Mottalciata (Bi), Nazzano (Rm), Noepoli (Pz), Oria (Br), Ospedaletto Lodigiano (Lo), Palermiti (Cz), Palestro (Pv), Palmi (Rc), Palosco (Bg), Paterno (Pz), Patrica (Fr), Pedrengo (Bg), Piancastagnaio (Si), Pietravairano (Ce), Pieve Albignola (Pv), Pincara (Ro), Podenzana (Ms), Poggiorsini (Ba), Pollina (Pa), Portopalo Di Capo Passero (Sr), Pray Biellese (Vc), Pratella (Ce), Radicofani (Si), Ripe (An), Rivodutri (Ri), Rocca D’evandro (Ce), Roccafluvione (Ap), Roccagorga (Lt), Roggiano Gravina (Cs), San Giovanni Lipioni (Ch), San Gregorio Magno (Sa), San Michele Di Ganzaria (Ct), San Salvatore Telesino (Bn), San Sostene (Cz), Sant’angelo D’alife (Ce), Santa Maria Imbaro (Ch), Santa Maria Nuova (An), Santo Stefano Di Camastra (Me), Saviano (Na), Sermoneta (Lt), Serralunga Di Crea (Al), Serre (Sa), Sizzano (No), Stigliano (Mt), Stimigliano (Ri), Torrenova (Me), Torrice (Fr), Torricella (Ta), Tossiccia (Te), Tramonti (Sa), Tramutola (Pz), Trappeto (Pa), Trecchina (Pz), Treglio (Ch), Unione Dei Comuni Santi Sanniti (Bn), Urago D’oglio (Bs), Vejano (Vt), Vico Nel Lazio (Vt), Villa Del Bosco (Bi), Villar Perosa (To),iverone (Bi).

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MALEDETTI [SM=g27996] queste sono truffe che fanno veramente incazzare
lucaDM82
00domenica 20 marzo 2011 19:57
Perchè,quando li piazzano su una strada in discesa? [SM=g27996] O invisibili,dietro una macchina?
Sound72
00mercoledì 30 marzo 2011 17:14
Morte Raciti, 77 anni a 15 ultras
per gli scontri durante Catania-Palermo
Condanne da 5 anni e due mesi a 3 anni e 6 mesi. Due assoluzioni. La sentenza a quattro giorni dal nuovo derby




CATANIA - Settantasette anni di reclusione complessivi per 15 ultras catanesi e due assoluzioni: è la sentenza della terza sezione del Tribunale di Catania nel processo per gli scontri alla stadio Massimino del 2 febbraio del 2007 durante il derby con il Palermo. Quel giorno morì l'ispettore di polizia Filippo Raciti per le ferite riportate. Violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale le accuse agli ultras.

Le condanne sono comprese fra 3 anni e sei mesi e 5 anni e due mesi di reclusione e prevedono anche l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e un risarcimento di 55mila euro per ciascuna parte civile. Diversi imputati farebbero parte del gruppo Anr (Associazione non riconosciuta), ai cui vertici ci sarebbe Giovanni Calvagna, noto come Koala, condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Tutti gli imputati sono in stato di libertà.

La sentenza arriva quattro giorni prima che si giochi a Catania il derby siciliano, con il ritorno, per la prima volta dal 2007, dei tifosi del Palermo allo stadio Massimino.

I giudici hanno sostanzialmente recepito le richieste dei pubblici ministeri Alessandro Sorrentino e Andrea Bonomo, e hanno assolto, per non avere commesso il fatto, Alain Richard Di Stefano e Vincenzo Travaglia.

Sound72
00giovedì 31 marzo 2011 11:13
L'ho ucciso per 17 mila euro"
Il raptus di un giornalista


Il volto di "Diario di famiglia": Alessandro Cozzi, 53 anni, giornalista ed ex conduttore del programma "Diario di famiglia" di Rai International insieme a Maria Rita Parsi. Ultimamente gestiva l'agenzia "Milano per la donna"

MILANO
«L'ho implorato di concedermi una dilazione... mi chiamava ladro, approfittatore. Ho cercato di rintuzzare gli insulti. A un certo punto Ettore si è arrabbiato, è diventato rosso in viso. Se non paghi ti ammazzo ha detto e ha preso un coltello da cucina con il manico di legno e con una lama di venti centimetri. Quelli come te li tratto così o mi paghi o ti ammazzo». Poi la lotta: «Ho il ricordo di averlo colpito al petto. Eravamo vicini. È stata una cosa velocissima». E ancora il buio. «Non ricordo di averlo colpito alla schiena, di aver infierito. Ricordo la mia mano sporca di sangue, l’ho messa in tasca». Infine la fuga, gli abiti e la lama gettati nel fiume Lambro, la resa e la confessione, l’arresto: «L’ho colpito una, due volte al torace... Poi non ricordo...Sono andato in via Conte Rosso, mi sono pulito con un fazzoletto».

Il racconto al pm di Milano Maurizio Ascione di Alessandro Cozzi, 53 anni, una laurea in lettere, una vocazione nel settore dell’orientamento famigliare che lo aveva portato alla conduzione del programma Rai «Diario di Famiglia», è il film di una rabbia che esplode e un’altra più grande che uccide. Ettore è Ettore Vitiello, 58 anni, napoletano, titolare dell’agenzia di formazione lavoro di via Antonelli nel quartiere Corvetto di Milano, che martedì sera voleva a ogni costo i 17 mila euro che Cozzi, che aveva una sua società, gli doveva per un progetto di formazione finanziato dalla Regione e su cui avevano lavorato insieme. Vitiello gli aveva scritto sms, mail, gli aveva telefonato. Durava da un mese. Cozzi è andato lì per ottenere tempo, chiedere di rateizzare il debito; era in una posizione di debolezza, supplicava. Ma l’ira del creditore ha scatenato la furia dell’altro: «Ero arrabbiato, non terrorizzato».

La sua coscienza si è oscurata come avrebbe sostenuto Luigi Pirandello: «Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così - scriveva lo scrittore siciliano - che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell’io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell’io». Il formatore, il padre di famiglia, il marito che porta la fede al dito, il giornalista sociale, il pacificatore che si scinde e diventa killer. Un assassino che ha colpito venti, forse trenta volte: «C’era più sangue che carne» dice chi è stato su quel pianerottolo dove Vitiello è caduto massacrato.

Gli investigatori della sezione Omicidi della Squadra Mobile di Milano a cinque ore dall'omicidio lo hanno identificato: hanno trovato i messaggi tra vittima e carnefice. In Questura Cozzi ha cercato di dire che era rimasto nel suo ufficio fino alle 19, ha tentato di spiegare che i tagli che aveva sulle mani e il buco nello stomaco, ricucito con due punti di sutura prima di essere portato a San Vittore, se li era fatti da solo. Ma no, non era così.

All'alba era stanco, la maschera di normalità ha cominciato a frantumarsi, alle 10 per un’ora e mezza ha scansionato gli eventi con precisione, proprietà di linguaggio, quasi dettando il verbale del suo fermo. I poliziotti e il pm hanno avuto di fronte il volto dell’assassino e la storia di due destini e due famiglie che si incrociano e deflagrano. Per Cozzi ora la contestazione è di omicidio volontario; dopo l'autopsia, dopo gli esami del Dna, l’analisi delle immagini di un sistema di videosorveglianza, la ricostruzione dell’intera vicenda, l’audizione di tutti i testimoni, la Procura avrà tempo di contestare aggravanti o anche riconoscere attenuanti.

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mi sa che l'ho pure visto qualche volta in televisione
faberhood
00lunedì 11 aprile 2011 12:46
Nelle carte Fbi nuova luce sugli Ufo

Corpi umanoidi in New Mexico nel 1950 e un avvistamento nello Utah nel 1949


MILANO - Chi crede all'esistenza degli Ufo ha ora qualche ragione in più: negli anni Quaranta ci credeva anche l'Fbi, come risulta senza ombra di dubbio dalle carte riservate , in pieno stile X-Files, appena pubblicate sul sito del Bureau, (The Vault). I documenti, scovati dal giornale Salt Lake Tribune ma accessibili a tutti, danno conto di almeno due avvistamenti, uno nello Utah e uno nel New Mexico (il famoso incidente di Roswell). Cominciamo dal secondo, di cui si parla da tempo ma adesso reso un po' più credibile appunto dai nuovi documenti. Il rapporto dell'Fbi, firmato dall' agente Guy Hottel e datato 22 marzo 1950, cita una fonte dell'aviazione militare americana e afferma che tre dischi volanti, ciascuno del diametro di circa 16 metri e con una parte sopraelevata al centro, sono stati ritrovati in New Mexico. «Ogni disco - si legge ancora nel rapporto - era occupato da tre corpi di forma umanoide alti meno di un metro, vestiti con un tessuto metallico a trama molto fitta. Ogni corpo era avvolto in una specie di bendaggio simile alle tute anti gravità usate dai piloti collaudatori». Il rapporto conclude sostenendo che i dischi potrebbero essere precipitati a causa delle interferenze elettroniche provocate dai radar militari di grande potenza presenti nella zona del ritrovamento»

IL CABLOGRAMMA - Quanto al secondo avvistamento, i documenti sostengono che il 4 aprile del 1949, agenti dell'Fbi nello Utah inviarono un cablogramma con la dicitura «urgente» al mitico direttore del Bureau, J. Edgar Hoover, nel quale si diceva che una guardia armata di un negozio, un poliziotto della cittadina di Logan e un agente della polizia stradale dello Utah avevano avvistato un Ufo che poi era esploso. Con il titolo «Dischi volanti», nel cablogramma si legge che i tre videro «un oggetto di colore argenteo che si stava avvicinando alle montagne del Sardine Canyon» che «è sembrato esplodere in un'eruzione di fuoco. Diversi cittadini di Trenton dissero di aver visto quello che sembrò essere una doppia esplosione aerea seguita da oggetti cadenti». Il cablogramma, insieme ad altri documenti, rivelano che l'Fbi stava cercando di capire se gli Ufo fossero reali.
lucaDM82
00lunedì 11 aprile 2011 13:58
Io ho "gli ufo e la cia" di lissoni sull'argomento.E' interessante,specialmente il pezzo dove c'è l'intervista a bob lazar,che diceva di aver lavorato nell'area 51.
Sound72
00giovedì 28 aprile 2011 22:07
Oggi Giornata Mondiale delle vittime amianto

Sono passati 18 anni da quando nel 1992, con la legge 257, l’amianto è stato bandito dal nostro Paese. Eppure a distanza di anni l’asbesto è ancora presente in Italia e molti siti attendono di essere bonificati. Ogni anno l’amianto miete oltre 4.000 vittime che oggi sono ricordate nella Giornata Mondiale delle vittime dell’amianto.

In occasione della Giornata Mondiale delle vittime dell’amianto, Legambiente ha pubblicato un dossier sulla situazione dell’amianto in Italia e sugli effetti sulla salute, ricordiamo che l’asbesto è stato dichiarato “certamente cancerogeno” dall’Agenzia dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e, assieme alla società Azzero C02, ha lanciato la campagna Eternir free.

L’amianto per la sua resistenza al calore e per la struttura fibrosa, facilmente lavorabile, è stato impiegato per anni nelle nostre abitazioni per realizzare tetti, condutture e canne fumarie, ma anche cassoni per la raccolta dell’acqua potabile. Quando è stata accertata la sua nocività per l’uomo, ricordiamo che le polveri di amianto se respirate causano malattie polmonari, tumoti e carcinomi; è stato bandito dall’Italia. Eppure oggi l’amianto continua ad essere responsabile di oltre 4.000 decessi ogni anno. Il motivo? La legge 257 del 1992 non è stata mai attuata. Essa obbligava le Regioni ad adottare il Piano Regionale Amianto entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, il piano prevedeva un censimento dettagliato dei siti contaminati da amianto, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contenenti asbesto. Secondo il rapporto Legambiente solo 13 Regioni hanno approvato il Piano ma di queste solo due, la Lombardia e la Sardegna, hanno stabilito di completare la sua attuazione nel 2016, la Lombardia, e nel 2023 la Sardegna.

Nel nostro Paese, come ha stimato il Cnr di Ispesl, ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse sul territorio, e circa 1 miliardo di metri quadrati di coperture in eternit sui tetti. Un sostegno per le Regioni per mettere in atto il Piano di smantellamento e bonifica dei terreni contaminati da amianto era previsto dal Conto Energia che il decreto Romani ha bloccato. Il nuovo Conto Energia prevedeva difatti agevolazioni maggiorate del 10% per chi avesse sostituito i tetti in eternit e amianto con pannelli fotovoltaici, come spiega il vicedirettore nazionale di Legambiente, Andrea Poggio: Pochi sanno che gli incentivi al solare sono forse la prima speranza per liberarci delle coperture in eternit in pochi anni. E’ ora che il Governo metta fine alla farsa sugli incentivi bloccati dal decreto Romani e aggiunge:Non si facciano speculazioni sulla salute delle persone e si consenta davvero ai cittadini -cotinua Poggio- di accedere alle agevolazioni per eliminare la fibra killer da tetti e capannoni e scegliere i pannelli solari.
Sound72
00martedì 17 maggio 2011 17:25
Don Seppia: gli sms e le telefonate?
“Solo un gioco erotico”


Il sacerdote arrestato venerdì scorso fa intendere la sua linea difensiva: nessun fatto, solo un modo per eccitarsi con l'amico. Ma le intercettazioni svelano realtà ben diverse: "Portami un bel moretto, e mi raccomando l'età, lo voglio col collo bello tenero"
La chiesa di Santo Spirito a Sestri Ponente
“Giù le mani dai bambini. Don Riccardo infame pedofilo” e “Don Seppia vile, la tua chiesa il tuo porcile”. Queste le scritte comparse questa mattina sul muro accanto alla chiesa Santo Spirito di Sestri Ponente, in via Calda. Le frasi sono state vergate con una bomboletta spray di colore nero, e sono apparse sul muro accanto al portone principale della parrocchia del sacerdote arrestato venerdì scorso con l’accusa di tentato abuso sessuale su minore e cessione di stupefacente (Leggi la cronaca).
Agghiacciante il quadro che emerge dalle intercettazioni telefoniche riportate nelle 40 pagine dell’ordinanza emessa dal gip di Milano (prima che gli atti d’inchiesta fossero trasmessi per competenza alla procura genovese). Don Seppia si muoveva in un sottobosco. Un sottobosco dove cercava vittime da adescare. Li voleva giovani i ragazzini ai quali rivolgere le avances sessuali: quattordici, al massimo 15 anni. Perché “sedicenni sono già troppo vecchi”, diceva al telefono. Meglio se avevano problemi di famiglia, qualche disagio. E ancor meglio se erano assuntori di droga. “Ehi, procurami un bambino…dal collo tenero” – chiedeva ancora Seppia al suo amico-ex amante ed ex seminarista E.A – E mi raccomando l’età, mi serve un bambino dal collo tenero”. “Vabbè – rispondeva l’altro – vado alla Fiumara e vedo cosa ti posso trovare”. Conversazioni terribili condite di bestemmie e frasi vagamente sataniste: “E che Satana sia con te”.

Ed ecco che l’adescatore partiva alla volta della Fiumara, cioè il grande centro commerciale di Sampierdarena, o verso il centro storico. Una volta contattato un ragazzino disponibile, l’uomo ne dava il numero di telefono al prete. E don Riccardo cominciava con le avances. Per incontrarli, prometteva loro cocaina; se non disponibile, era sempre pronta una banconota da 50 euro. I messaggi e le telefonate erano insistenti, quasi assillanti: varie decine al giorno. Proprio questo comportamento “morboso” ha spinto il gip Annalisa Giacalone a decidere di lasciare il prete in carcere: don Riccardo Seppia potrebbe cercare di molestare ancora e inquinare le prove, mentre non ci sarebbe un pericolo di fuga, per questo deve rimanere in carcere.

Il sistema era molto più consolidato di quanto si possa pensare. “Mi serve un negretto, un bel moretto, quelli che mi fanno eccitare da pazzi e mi raccomando non superi i 14 anni…e meglio se si tratta di uno con problemi, di droga o senza famiglia sai…”.Ragazzi facili da ricattare. La merce di scambio è sempre la cocaina. “Mandami Rashid (nome di fantasia, ndr) nell’abitazione che ho tanta roba e ci possiamo divertire”.

Seppia dice di essere “pronto ad assumersi le sue responsabilità e a collaborare con i magistrati”, ha detto il suo legale, l’avvocato Paolo Bonanni all’uscita dal carcere. Collaborare dopo avere letto tutte le carte dell’inchiesta, dopo il ricorso al Tribunale del riesame. “Chiederemo un nuovo interrogatorio nei prossimi giorni – ha aggiunto il difensore – ma solo dopo aver letto le carte del fascicolo”.

Intanto le indagini proseguono. Nei giorni scorsi sarebbe già stato sentito dai magistrati il quindicenne che avrebbe confermato di essere stato baciato da don Riccardo. Nei prossimi giorni sarà ascoltato un altro minorenne che avrebbe subito approcci dal prete, potrebbe confermare quanto emerso dagli sms intercettati. Ma nell’inchiesta potrebbero esserci altri minorenni coinvolti, sempre con soli tentativi compiuti tramite cellulare, residenti a Milano, dove il prete andava a rifornirsi di droga ed a frequentare discoteche e saune. Don Riccardo avrebbe parlato del bacio al ragazzino con un amico: “Ormai è fatta. L’ho baciato in bocca”. Al vaglio dei carabinieri, inoltre, i tre computer sequestrati nella sua casa, in via Calda. Sarebbe già accertato che don Riccardo facesse avances ai ragazzini anche nelle chat, dove si presentava con la sua vera identità. Non è escluso che il numero dei coinvolti possa crescere.

Eppure la linea difensiva di Seppia consisterà probabilmente nel negare tutto. Le telefonate e gli sms sconci? Dalle indiscrezioni il parroco potrebbe rispondere così: “Soprattutto un gioco erotico con un amico, per eccitarci a vicenda”, avrebbe detto Seppia in carcere. Il rapporto malato tra il prete e l’ex seminarista E.A. è senza dubbio uno degli elementi sui quali nei prossimi giorni Arma e procura lavoreranno di più.

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Prete pedofilo,bestemmiatore e cocainomane..Don Seppia.. [SM=g27993]
Sound72
00martedì 24 maggio 2011 11:41
Ecco il disco di Bossi: ascoltatelo
Il capo della Lega, con lo pseudonimo di Donato, nel 1964 incise due canzoni: «Ebbro» e «Sconforto»


Un collezionista ha ritrovato il 45 giri

BRESCIA - Dove eravamo rimasti? Al fatto che Mirko Dettori musicista con la passione per le canzonette d’epoca, aveva scovato in un vecchio cassetto di casa sua un cimelio assoluto per i «feticisti» non solo dei vecchi 45 giri, ma anche della politica. Si tratta del disco – di cui si era sempre favoleggiato ma che nessuno aveva mai rintracciato né tantomeno ascoltato – inciso nel 1964 dall’allora ventunenne Umberto Bossi. Dettori aveva messo in vendita su un sito specializzato quella «chicca» per una cifra iperbolica, 250 mila euro, che lui per primo aveva definito una provocazione. Come è andata a finire? «In questi mesi», racconta il musicista che vive a Brescia, «di offerte ne sono arrivate: siamo naturalmente lontani dalla “sparata” iniziale, ma anche da quotazioni che più realisticamente si possono portare a casa. Si sono fatti avanti tanto appassionati di musica quanto militanti leghisti».

RARITÀ - Sul vinile, edito per la scomparsa casa discografica Caruso, Bossi – che nella sua breve carriera musicale usava lo pseudonimo di Donato – sono incisi due brani, scritti dal senatur in coppia con il musicista Umberto Mazzucchelli: Ebbro, che è un boogie woogie, e Sconforto, definito secondo i canoni dell’epoca «rock lento». Adesso vengono svelate piccole porzioni di quei brani, non certo destinate a cambiare la storia della musica ma di sicuro ad attirare la curiosità sulla biografia di un personaggio che, molti anni più tardi, ha intrapreso una strada del tutto diversa. Bossi per primo, rievocando i suoi trascorsi canterini, bocciò quell’esperienza: «Erano proprio brutte canzoni». Mirko Dettori non si sbilancia in giudizi, ma stuzzica lo stesso le corde emotive del senatur: «Se riascoltando la sua voce di ventenne proverà almeno un po’ di emozione, sarò contento».

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per chi vuole ascoltare il senatur.. [SM=g27995]


www.corriere.it/politica/11_maggio_24/disco-bossi-ritrovato_3f1eea7c-85d8-11e0-99e7-3448c5a7b9...
Sound72
00giovedì 26 maggio 2011 16:31
Roma, corteo di protesta contro Gerit
lancio di petardi e uova davanti alla sede





ROMA - Petardi, uova e ortaggi lanciati contro le forze dell'ordine che presidiavano la sede di Gerit-Equitalia a Roma. E' accaduto stamattina, intorno alle 12, in via Palmiro Togliatti. I manifestanti, tra i quali precari, disoccupati, immigrati esponenti di centri sociali, erano partiti dalla stazione della metro Santa Maria del Soccorso, attraversando in corteo il quartiere Colli Aniene . Tra gli slogan scanditi dai manifestanti: «Strozzini», «Gerit non ti paghiamo», «Diritto all'insolvenza», uno degli slogan utilizzati dai manifestanti.

«Protestiamo - ha detto un manifestante - contro l'operato della società di recupero crediti e della politica di repressione fiscale, capillare e incontrollata che stiamo subendo».


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io me la prenderei prima con chi ha emanato certe leggi sulla riscossione dei tributi e delle sanzioni amministrative e con chi ha dato in concessione ad Equitalia il servizio...sono strozzini per legge questi qui..le maggiorazioni nn le ha certo stabilite Equitalia..

Sound72
00lunedì 13 giugno 2011 16:41
La blogger Amina gay siriana è un uomo americano: online non si conosce mai nessuno davvero


Dopo quattro mesi, svelata la vera identità della blogger Amina.
Amina Araf è in realtà Tom MacMaster: la blogger che nelle ultime settimane aveva attirato su di sé l'attenzione di tutto il mondo non è mai esistita. Era un'invenzione di un quarantenne americano e la finzione è andata avanti per quattro mesi. Il blog in questione, A gay girl in Damascus, era seguito da migliaia di lettori in tutto il mondo, lettori che sentivano una vicinanza emotiva molto forte con la quotidianità siriana raccontata da Amina che si presentava come una ragazza omosessuale che viveva in Siria.

La blogger Amina in realtà è Tom MacMasterPochi giorni fa era arrivata anche la notizia di un suo rapimento da parte di uomini armati in borghese, notizia data dalla sedicente cugina sullo stesso blog di Amina. In poche ore la Rete era stata invasa da messaggi di solidarietà e richieste ripetute di rilascio.

Ovviamente anche il rapimento era un'invenzione, dovuta al fatto che Tom MacMaster si era stancato di portare avanti il blog finto ed era andato in vacanza a Istanbul. È stato lo stesso MacMaster a svelare la bufala sul blog di Amina, dopo una serie di interventi in Rete che avevano sollevato più di un dubbio sulla reale esistenza della ragazza siriana, mettendo alle strette MacMaster.

“Io credo di non aver danneggiato nessuno. Gli eventi vengono plasmati dalle persone che li vivono su base quotidiana. Ho solo cercato di gettare luce su di essi per un pubblico occidentale. Questa esperienza ha tristemente confermato i mio modo di sentire riguardo alla copertura spesso superficiale del Medio Oriente e la presenza pervasiva di forme di Orientalismo liberale”, ha dichiarato MacMaster.

Ma il popolo della Rete non ha reagito bene e sui social network si sono susseguiti messaggi di delusione e messaggi di rabbia, con anche insulti. Resta un interrogativo: questo episodio servirà per diffondere più attenzione critica nei confronti delle manipolazioni informative e delle fonti che ogni giorno vengono seguite in Rete e sugli altri media?

Sound72
00mercoledì 15 giugno 2011 12:15
Donne da evitare
La soldatessa camorrista

Laura Titta, venticinquenne dagli occhi neri, da uno sguardo apparentemente dolce e sincero, arrestata per aver aiutato il boss Di Caterino, di cui era particolarmente gelosa, prestava servizio ad Ascoli Piceno, nello stesso reggimento di Salvatore Parolisi



NAPOLI — Lavava e stirava i vestiti del latitante Emilio Di Caterino, braccio destro del pluriomicida Giuseppe Setola, accompagnava da lui una sua amica che gli piaceva, lo coinvolgeva nelle sue faccende di cuore chiedendogli di punire i fidanzati che si comportavano male: con l’accusa di favoreggiamento è stata arrestata la soldatessa Laura Titta, di 25 anni, in servizio da una decina di giorni al 235° reggimento Piceno, lo stesso in cui è in servizio Salvatore Parolisi, il vedovo di Melania Rea (ma nella caserma marchigiana la giovane si era già addestrata per tre mesi tra il 2009 e il 2010, durante il suo primo anno di arruolamento nell’esercito).

IL TATUAGGIO - La soldatessa — che si era fatta tatuare sulla gamba la parola «terrorista» — è stata arrestata ieri, martedì, assieme ad altre dieci persone nel corso di un’operazione dei carabinieri della stazione di Parete e della compagnia di Aversa. Di lei hanno cominciato a occuparsi ora anche i magistrati di Ascoli: il carattere aggressivo e violento emerso nel corso dell’inchiesta napoletana, le minacce di morte a un ex fidanzato, i raptus di gelosia da cui veniva colta impongono un approfondimento. Inquietante lo scenario ricostruito dagli investigatori della Dda grazie soprattutto alle intercettazioni telefoniche e ambientali: la soldatessa e la sua amica del cuore Francesca Maisto, a sua volta arrestata, svolgevano una serie di servizi per boss e latitanti vicini a Setola, in particolare per Emilio Di Caterino, oggi collaboratore di giustizia.

SPEDIZIONI PUNITIVE CONTRO I SUOI EX - È lo stesso boss a riferire come le due si preoccupassero di procurargli biancheria pulita e lo ospitassero durante la latitanza. Laura Titta, perdipiù, gli si rivolgeva per organizzare spedizioni punitive nei confronti dei suoi fidanzati, del momento o precedenti, quando riteneva che questi le avessero fatto un torto. Uno degli ultimi compagni della soldatessa, il camorrista pentito Giovanni Mola, ha raccontato agli investigatori come la giovane, saputo della sua decisione di collaborare con la giustizia, si fosse presentata dalla madre minacciando di morte lui e i suoi familiari se l’avesse tirata in ballo. Dalle carte dell’inchiesta — coordinata dai pm Catello Maresca, Cesare Sirignano e Giovanni Conzo — emerge la figura di una donna violenta, aggressiva e molto gelosa. Lo era, in particolare, del boss Emilio Di Caterino. Quando Mola le manifestò l’intenzione di andare da solo nel nascondiglio del boss latitante per accompagnare da lui Angela, un’amica di Laura che piaceva al killer in fuga, la soldatessa la prese malissimo e fu colta, come è sottolineato nell’ordinanza di custodia cautelare, da un «raptus di gelosia». L’intercettazione del colloquio tra i due fidanzati, tra l’altro ha consentito agli investigatori di comprendere che il Marco di cui parlavano non era altri che Emilio Di Caterino: nella foga della conversazione, infatti, la soldatessa si lascia scappare il vero nome.

faberhood
00mercoledì 15 giugno 2011 14:01
I 'veleni' sul poligono sardo di Quirra
Ambiente & Veleni | di Redazione Il Fatto Quotidiano
15 giugno 2011

Risposte concordate: operazione ‘trasparenza’ del ministero sul poligono sardo di Quirra

La procura di Lanusei (Sardegna) ha aperto un'inchiesta per disastro ambientale per la presenza di cadmio, piombo, uranio e napalm. Il tutto causato dalle esplosioni di ordigni. Un militare indagato. La Difesa, però, ha diffuso un questionario ai militari per indirizzare le loro risposte
Domande e risposte preparate in anticipo, addirittura le cose da dire off the record. È già tutto scritto e deciso, nero su bianco, come dovranno comportarsi e cosa dire i militari italiani, se interrogati sui poligoni di Quirra e di Campo San Lorenzo, i cui dodicimila ettari sono stati messi sotto sequestro dalla procura di Lanusei per il reato di disastro ambientale. Qui, infatti, sorgenti e pozzi, secondo la magistratura, sono contaminati da nano-particelle prodotte dalle esplosioni di ordigni. Davanti a una tale situazione il ministro della Difesa ha varato una linea basata sulla “trasparenza” il cui obiettivo è assicurare, sempre e comunque, che finora non è stato ancora accertato il nesso di causalità tra le attività del Poligono sardo di Salto di Quirra, l’uranio impoverito (che comunque non viene adoperato) e le malattie sviluppate da militari, abitanti e animali della zona.

Il piano, intitolato “In difesa della salute e dell’ambiente”, è stato distribuito recentemente, in forma riservata, in una riunione presso il gabinetto del ministro della Difesa con i vari responsabili della comunicazione per “definire una nuova linea di condotta sull’attività dei poligoni sardi ed evidenziare l’impegno delle Forze Armate a tutela del diritto alla salute del personale della Difesa, della collettività e dell’ambiente, con particolare riferimento ai poligoni militari”.

Insomma, se per la procura di Lanusei esistono le prove che le esercitazioni hanno causato gravi danni alla salute degli uomini e degli animali, che è stato usato uranio impoverito, che l’acqua potrebbe aver subito contaminazioni di nano-particelle provenienti dalle esplosioni del munizionamento, e provocato anche alcuni tumori registrati tra gli abitanti di Villaputzu e Quirra, per il governo la storia sta in altri termini. E così alla domanda: tra i comuni di Quirra e di Escalaplano è stata denunciata un’elevata incidenza di tumori potete escludere che sia collegata in qualche modo alle attività del Poligono? La risposta sarà: “Non sono un esperto di patogenesi o di oncogenesi, le dico però che le nostre famiglie abitano nei comuni limitrofi al Poligono, che noi viviamo e lavoriamo all’interno della base. Siamo i primi a poter affermare di essere interessati perché venga fatta luce sulle cause dell’insorgenza di queste malattie. La nostra disponibilità a collaborare a qualsiasi informazione e fornire dati è totale”. E ancora: “Sei militari e un generale che prestavano servizio al poligono sono recentemente morti per tumore del sistema linfatico”. Risposta: “Non sono un esperto di patogenesi o di oncogenesi, il resto uguale alla precedente”.

Altro consiglio è quello di ponderare bene l’uso di smentite e precisazioni, perché a volte possono avere l’effetto opposto, e di cimentarsi in iniziative di tutela della salute e dell’ambiente anche con con il ministero della Sanità, Università, Regioni, e associazioni ambientaliste come Legambiente, Lipu. Ma perchè la strategia di comunicazione sia “credibile” servono “appositi “monitoraggi” della situazione delle Forze Armate (salute del personale, ambiente, smaltimento rifiuti), statistiche nazionali e locali sulla incidenza di particolari patologie, con riferimento anche al personale militare che opera o ha operato nei poligoni”. Insomma, nulla è lasciato al caso in questa nuova tattica di ‘trasparenza’.

Insomma, se il ministero elude la questione con domande prestampate, la magistratura prova a vederci chiaro. L’inchiesta del procuratore Domenico Fiordalisi, infatti, ha portato sinora all’iscrizione nel registro degli indagati di tre persone: Tobia Santacroce, generale in pensione, ex comandante dell’Ufficio inquadramento, accusato di disastro ambientale colposo e omicidio volontario doloso, Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani, due chimici indagati per falso ideologico in atto pubblico per aver attestato la non anomalia di particelle metalliche presenti nei polmoni e negli organi di ovini da loro analizzati. Dalle testimonianze acquisite è emerso inoltre che almeno un missile con una testata da guerra all’uranio impoverito è stato sparato, che tra i rifiuti interrati ci sono sostanze con cadmio, piombo, antimonio e napalm e che tra gli animali malformati ci sono capi con sei zampe, con gli occhi dietro le orecchie e, appunto, a due teste.

Un altro filone di indagine riguarda le morti sospette. Per questo è stata ordinata la riesumazione di una ventina di salme tra pastori e militari per verificare la presenza di particelle Alfa, emesse dall’uranio impoverito. L’ultimo atto disposto da Fiordalisi è stato appunto il sequestro del Poligono.

Eppure, di fronte a un’inchiesta della procura, il governo sceglie di “ridurre il livello di apprensione nella collettività” adottando “misure di comunicazione a tutela dello sforzo e degli investimenti nella ricerca sempre più spinta di soluzioni sostenibili per le attività istituzionali, e minimizzare o neutralizzare il danno d’immagine per Difesa e Forze armate”. Il che mette qualche ombra sul fatto che la salute della popolazione e un’informazione chiara stiano veramente l’obiettivo dei corpi militari.

di Adele Lapertosa

faberhood
00mercoledì 15 giugno 2011 14:04
I 'veleni' sul poligono sardo di Quirra 2
Ambiente & Veleni
Il cancro fra i militari fa una strage

E l'ordine è: "Dì che non sei un esperto"
La procura di Lanusei ha messo sotto sequestro l'area del poligono sardo di Quirra, dove sono state trovate tracce di uranio impoverito e napalm. Sospetta la morte di 7 membri dell'esercito e la scoperta di animali a due teste, ma la Difesa ha diffuso ai soldati un questionario per indirizzare le loro risposte


Sei militari e un generale che prestavano servizio al poligono sardo di Quirra sono recentemente morti per tumore del sistema linfatico. C'è un collegamento con l'esplosione degli ordigni nelle esercitazioni militari?. Risposta: “Non sono un esperto di patogenesi o di oncogenesi". Quello che i soldati devono dire è stato preparato in anticipo dal ministero della Difesa. Concordate anche le cose risposte off the record nel caso di domande su quanto accaduto nella zona militare di Quirra, dove dodicimila ettari sono stati messi sotto sequestro dalla procura di Lanusei per il reato di disastro ambientale. Qui, infatti, sorgenti e pozzi, secondo la magistratura, sono contaminati da nano-particelle prodotte dalle esplosioni di ordigni. Un ex militare è indagato per disastro ambientale e omicidio volontario. Ma davanti a una tale situazione il ministro della Difesa ha varato una linea basata sulla "trasparenza" il cui obiettivo è assicurare, sempre e comunque, che finora non è stato ancora accertato il nesso di causalità tra le attività del Poligono sardo di Salto di Quirra e le malattie sviluppate da militari, abitanti e animali della zona di Adele Lapertosa
Sound72
00martedì 21 giugno 2011 14:11
I diritti dei film d'autore finiti nel paradiso fiscale
Il giallo del «Sorpasso» e di Totò all'Isola di Man.
Prestanome svizzero e proprietario sconosciuto dietro alle 37 pellicole




MILANO - Mistero Lyon. Una sconosciuta e impenetrabile società dell'Isola di Man, la Lyon Film Limited, è titolare di un'importante quota dei diritti di sfruttamento di alcuni capolavori del cinema italiano anni 60. Nella library di Lyon Film ci sono memorabili pezzi di storia della cinematografia italiana come «Il Sorpasso» e «I Mostri» di Dino Risi ma anche altre 35 pellicole, più o meno famose, ancora di Risi o di Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Roger Vadim, Franco Zeffirelli, Fritz Lang eccetera, e titoli come «Gli anni ruggenti», «Il Mattatore», «I Tartassati».

Un patrimonio del cinema, soprattutto tricolore, che periodicamente transita sulle reti tv o viene rilanciato su dvd e altri supporti. Quando succede genera diritti a favore dei proprietari, cioè i produttori originari. Un rivolo di soldi che in parte finisce in una palazzina a cento metri dal porto di Douglas, capitale dell'Isola di Man, piccolo e autonomo lembo di terra che spunta nel mare tra la Gran Bretagna e l'Irlanda. Qui al numero 16 di St. Georges Street (poco distante dalla casa natale dei fratelli Gibb, in arte Bee Gees), ha sede, appunto, la Lyon Film.

Chi la gestisce? Un ragioniere del luogo? Un commercialista di Dublino? No. L'amministrazione è affidata a uno svizzero di Lugano, tale Cesare Guglielmone. Sarà lui il «padrone»? Una rapida ricerca e si capisce che Guglielmone non è il proprietario della Lyon ma un prestanome, il classico fiduciario che «copre» i reali azionisti.

Riassumiamo: c'è qualcuno (italiano?) che incassa i diritti su una lunga serie di capolavori del cinema, ma lo fa tramite una finanziaria dell'Isola di Man gestita da un fiduciario svizzero. Abbastanza contorto ma abbastanza chiaro. È la classica manovra di chi vuole evitare due cose: essere scoperto, pagare troppe tasse.

Che cos'è, del resto, l'Isola di Man? Un raffinato quanto riservato paradiso fiscale, cioè il tipico Stato-sirena che vive sulle disgrazie (evasione-elusione) altrui. È un paradiso fiscale «combattuto» dai governi di mezzo mondo ma allo stesso tempo, pur nella sua autonomia, è una dipendenza della Corona britannica e infatti il capo dello Stato è la regina Elisabetta II. Una contraddizione.

Chi si cela dunque dietro la Lyon Film? Buio. Del resto uno non va per caso all'Isola di Man. Si sa però come e quando nasce Lyon. È l'erede, il successore del produttore originario, la Incei Film. Dunque una volta esisteva la Incei Film che ha prodotto o co-prodotto quelle 37 pellicole. Per esempio «Il Sorpasso» e «I Mostri» sono stati co-prodotti con Mario Cecchi Gori e altri.


La Incei Film venne messa in liquidazione nel 1990 quando si spogliò del suo patrimonio di film, acquisito «in qualità di successore e avente causa» dalla finanziaria dell'Isola di Man. E pochi giorni fa la Lyon ha comunicato (come prevede la legge) «che intende continuare nell'esercizio dei diritti di utilizzazione economica» delle 37 opere cinematografiche «per tutta la durata di protezione delle stesse...». Il fiduciario Guglielmone, che una quindicina d'anni fa lavorò nella Banca di Credito e Commercio di Lugano posseduta dalla finanziaria milanese Gemina, vigila sulla riservatezza.

Non è l'unico caso di un ricco portafoglio di diritti cinematografici finiti in paradisi fiscali. Anni fa si seppe di un pacchetto di una sessantina di film storici («La Grande Guerra», «Guardie e Ladri», «L'oro di Napoli») trasferiti da un centro off shore all'altro per finire in una società del Lussemburgo. Ma sotto sotto c'era il marchio De Laurentiis. La Lyon Film Limited, invece, è un mistero ben protetto dalle leggi dell'Isola di Man.

corriere.it
faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:15
L'invenzione della Chiesa
Qualche giorno fà stavo discutendo, con dei teologi e con alcuni credenti di varia estrazione sociale di un argomento, che divide spesso i cristiani, e volevo sentire la vostra opinione.
Io sono dell'avviso che l'uomo in quanto dotato di raziocinio, anche se credente, debba avere la possibilità di analizzare e di studiare ciò che la storia porta all'evidenza, e pone come punti di riflessione nell'esame della storia dell'umanità.
La mia 'visione' e interpretazione del libero arbitrio è stata molto contestata, e i filosofi ci riacamano teorie più o meno condivisibili.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il seguente video...che in realtà è un documentario di History Channel, per molto tempo non mandato in onda in Italia, ma trasmesso credo da poco tempo.

faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:15
Re: L'invenzione della Chiesa
faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:16
Re: Re: L'invenzione della Chiesa
faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:17
Re: Re: Re: L'invenzione della Chiesa

faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:18
Re: Re: Re: Re: L'invenzione della Chiesa


faberhood
00mercoledì 22 giugno 2011 11:18
Re: Re: Re: Re: Re: L'invenzione della Chiesa

faberhood
00lunedì 27 giugno 2011 16:28
Cina, il mistero della «città fantasma»

A Huanshan apparsi oltre il fiume edifici alberi e montagne, sarebbe un particolare caso di rifrazione
ma la spiegazione scientifica non convince tutti


MILANO - I più creduloni hanno pensato che potesse essere «la manifestazione di una civiltà antica ormai perduta» mentre i più scettici l'hanno subito definita l'ennesima bufala del web. All'inizio di giugno sarebbe apparsa davanti agli occhi stupefatti dei residenti di Huanshan, nella Cina orientale, una città fantasma: oltre il fiume Xin'an, gli increduli cittadini avrebbero ammirato per qualche minuto all'orizzonte un insieme di palazzi, uffici, alberi e montagne che non avevano mai visto fin allora. Una nebbia spettrale avrebbe ricoperto la città fantasma rendendo tutto ancora più suggestivo. I cittadini più solerti hanno subito impugnato macchina fotografica e videocamera e immortalato l'incredibile e momentaneo skyline.



SPIEGAZIONE «SCIENTIFICA» - L'apparizione si sarebbe verificata dopo un periodo di grandi piogge e di forte umidità. Secondo la spiegazione di alcuni esperti orientali quello visto dai residenti di Huanshan non sarebbe altro che un fenomeno naturale molto raro che si verificherebbe quando l'umidità presente nell'aria diventa più calda della temperatura delle acque sottostanti. I raggi del sole, passando dall'aria più fredda a quella più calda, causerebbero un fenomeno di rifrazione: oltre le acque del fiume si sarebbe riprodotta l’immagine riflessa dei paesaggi circostanti, che però appaiono più offuscati e luccicanti. Questa sorta di miraggio - concludono gli esperti orientali - sebbene sia poco comune, si è più volte verificato in Cina.

DUBBI - La spiegazione «scientifica» non ha convinto del tutto gli utenti del web: «Non capisco - commenta un'internauta su Youtube - I palazzi sono fermi lì. Quale sarebbe questo miraggio?». Un altro ironizza: «Il miraggio è questa nebbia cosi' folta?. Ottimo». I residenti, invece, giurano di aver visto con i propri occhi la città fantasma: «E' stato davvero spettacolare - conferma un cittadino al Daily Mail - Sembrava una scena di un film ambientato in un paese incantato». Gli stessi abitanti di Huanshan hanno confermato che in passato fenomeni simili sono stati già intravisti, ma mai la città fantasma era apparsa così vera

Francesco Tortora
27 giugno 2011


Sound72
00mercoledì 29 giugno 2011 10:25
Eyeballing: l'ultimo "sballo"

Superalcolici utilizzati come collirio: è l'ultima moda arrivata dalla Francia. Un nuovo modo di bere all'estremo, che tenta sempre più giovani ma che può rendere ciechi. L'allarme degli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità




Bicchieri di vodka o di whisky usati come un collirio. Superalcolici versati come se fossero gocce negli occhi per raggiungere in pochi minuti lo "sballo" puro. È questo l'ultimo capitolo dell'extreme drinking, il bere estremo che tenta sempre più i giovani. Una pratica impressionante che è appena arrivata anche in Italia. Si spalancano gli occhi, si fa aderire il collo della bottiglia o il bordo del bicchiere pieni di alcol e si versa. Se volete farvi un'idea dell'eyeballing vi basta cliccare sul web dove impazza. Il passaparola tra i giovani è arrivato su Facebook e su Youtube si trovano spiegazioni su questa nuova moda che spopola nei rave party. Una pratica pericolosa nata in Francia, che si è diffusa in Gran Bretagna, per poi sbarcare nel nostro paese. Ma spesso i giovani non sanno a che rischi vanno incontro, perché se ubriacarsi fa male, assorbire superalcolici dagli occhi, può rendere ciechi in modo definitivo.

Un falso mito. "È una pratica stupida e dolorosa. I ragazzini pensano che assorbire l'alcol dalla mucosa oculare porti allo sballo immediato, in funzione della vicinanza con il cervello, ma non è così" spiega Emanuele Scafato, gastroenterologo, epidemiologo dell'istituto superiore di Sanità e presidente della Società italiana di alcologia. "Di solito, per ubriacarsi, i ragazzi bevono 5-6 bicchieri di bevanda alcolica, una quantità che è letteralmente impossibile far passare dagli occhi. In realtà i giovani fanno eyeballing quando sono già ubriachi".

Pericoli per la salute. Ma quali sono i pericoli per la salute? "Se si mette il collo della bottiglia sul bulbo oculare e si applica una pressione" continua Scafato, "l'occhio risulta immediatamente danneggiato sia per un danno meccanico diretto alla cornea, sia attraverso una ischemia dovuta allo scarso afflusso del sangue a causa della compressione. Ma non è tutto. Quando si versa l'alcol la situazione peggiora. Il contatto con il liquido fa molto male irrita la congiuntiva e peggiora l'abrazione della cornea già danneggiata. In funzione di quantità di alcol e di durata dell'esperienza si può arrivare immediatamente alla cecità irreversibile". In Italia il 14,4% delle intossicazioni da alcol coinvolgono minori di 14 anni, mentre il 25,4% sono giovani fra i 25 e i 35 anni.

Mode 'estreme'. Ma perché i ragazzi cercano pratiche così estreme? "Oggi l'alcol è una nuova dipendenza, ma non quella dei nostri nonni, una ben più subdola e non sufficientemente stigmatizzata. I giovani si danno appuntamento su Facebook e si trovano in una piazza per ubriacarsi insieme. C'è una compulsività collettiva, una esigenza patologica di intossicazione collettiva. Un rito che spinge i teenager a incontrarsi non più per socializzare ma per intossicarsi nell'indifferenza della collettività. Una droga a basso costo e di vasta portata che sta sconvolgendo i giovanissimi che sono candidati a un incrementato rischio di demenza precoce a causa del bere, proposto sempre e costantemente come un valore positivo. L'alcol è sempre presente nei grandi eventi e la pubblicità suggerisce che non è possibile divertirsi senza superalcolici. __IMG2D__Si tratta di un messaggio sbagliato, rafforzato anche da alcuni personaggi dello spettacolo, beniamini dei giovanissimi, che neutralizzano con poche, irresponsabili battute, il lavoro delle istituzioni, degli operatori , gli investimenti pubblici di milioni di euro delle campagne di prevenzione. Il tutto a dimostrazione della mancanza di cultura e di sensibilità sulla prima causa di morte tra i giovani in Italia".

I dati. Nel nostro paese ci sono 66mila alcol dipendenti e fra loro l'1,1% ha meno di 19 anni. Alla lunga l'uso dell'alcol influisce sul cervello, indebolisce la memoria. A rischio anche il fegato che viene danneggiato e alla lunga può portare alla cirrosi epatica o al tumore.

Messaggi sbagliati. L'alcol è facile da reperire ed è anche una sostanza economica. "A volte sembra che non ci sia divertimento senza superalcolici. I giovani fanno collette alcoliche come regalo per un compleanno, fanno spese collettive al supermercato e poi si nascondono a bere". I ragazzi sono lasciati troppo soli di fronte a questo problema. C'è una responsabilità degli adulti? "Va considerato che sono lievitati gli investimenti pubblicitari in questo settore: erano 169 milioni nel 2007 e sono diventati 307 nel 2010" spiega Scafato. "Happy hours, pub's crawl, open bar, 'drink as much as you can' erano fenomeni commerciali in voga nei paesi anglosassoni ma sconosciuti sino a pochi anni fa da noi. E si è fatto poco per contrastare l'aumento vertiginoso della disponibilità di alcol ai giovani e ai minori. Ad esempio, nonostante il codice penale vieti la somministrazione di alcolici ai minori di anni 16, gli stessi sindaci sono costretti ad ordinanze comunali, spesso "creative" e sicuramente disomogenee rispetto al territorio di competenza, per vietare ciò che è nei fatti già vietato. Questo testimonia una debolezza delle forze in campo. C'è molto da recuperare per tutelare i giovani".


Sound72
00martedì 5 luglio 2011 13:22
Le sentenze del processo Saras, le richieste nel dibattimento Eternit

Processo Saras e processo Eternit


SARAS

Emesse le condanne nel processo Saras riguardante il decesso di tre operai nel maggio 2009; nel processo Eternit il PM Guariniello chiede 20 anni ai due imputati.
Arrivati contemporaneamente due aggiornamenti, uno dei quali definitivo, inerenti due processi incorso riguardanti vittime sul lavoro. Il processo Saras e il processo Eternit.

Per quanto riguarda il caso della raffineria Saras di Sarroch e della morte di tre operai Bruno Muntoni, Daniele Melis e Pierluigi Solinas, avvenuta il 26 maggio 2009, sono state emesse dal Tribunale di Cagliari sentenze e conseguenti condanne. Il GUP Giorgio Altieri ha condannato a due anni tre responsabili della raffineria: il Direttore dello stabilimento Guido Grosso, Franco Ledda rappresentante legale della CoMeSa alle quali dipendenze si trovavano i tre operai, Dario Scafadi Direttore generale della Saras. Tre condanne alle quali vanno aggiunte due assoluzioni. Sono stati assolti dall’accusa Antonello Atzori e Antioco Mario Gegu, rispettivamente il Responsabile d’area del luogo in cui avvenne il drammatico incidente e il Direttore delle operazioni industriali.

Il GUP Altieri ha deciso altresì che su Saras non dovranno gravare le spese relative alla sanzione di 800 mila euro richiesta dai PM Emanuele Secci e Maria Chiara Manganiello, ritenendo quindi non sussistente la responsabilità amministrativa della società. Saras ha in precedenza provveduto a un risarcimento di 5 milioni di euro per le famiglie delle vittime. Le famiglie hanno deciso di non costituirsi parte civile. Costituitesi invece parte civile FIOM e CGIL.

Ricordiamo che ancora per la Saras è in piedi un secondo processo riguardante un altro tragico incidente che l’11 aprile è costato la vita a Pierpaolo Pulvirenti, deceduto dopo aver respirato idrogeno di solfato. Processo affidato dalla Procura di Cagliari allo stesso PM Emanuele Secci.

ETERNIT

Vent’anni di reclusione per Stephan Schmidheiny e Jean Louis Marie Ghislain de Cartier. Questa la richiesta di pena del PM Raffaele Guariniello per i due dirigenti della multinazionale dell’amianto Eternit. Richiesta arrivata nella cinquantatreesima udienza di dibattimento. Capi d’accusa principali: disastro ambientale doloso e omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro. In un dibattimento che ricordiamo essere in moto nella Procura di Torino che procede per le migliaia di persone morte o malate nella lavorazione dell’asbesto dal 1952 al 2008 negli stabilimenti di Cavagnolo, Casal Monferrato, Rubiera, Bagnoli.

Queste le dichiarazioni in merito del PM Guariniello: “Una tragedia immane. Mi sono voluto rileggere le pene inflitte dalla Cassazione per i casi più gravi di disastri e morti e mi sono reso conto che una tragedia come quella rivissuta in questo processo non l’avevo mai letta. Una tragedia che ha colpito popolazioni di lavoratori e di cittadini che continua a fare morti e si è consumata in Italia e in altre parti del mondo con una regia senza che mai nessun tribunale abbia chiamato i veri responsabili a risponderne. […] Gli imputati non si sono limitati ad accettare il rischio che il disastro si verificasse e continuasse a verificarsi ma lo hanno accettato e lo accettano ancora oggi.[..] Sono mossi dalla precisa volontà di negare la canceroginità dell’amianto e di proseguire l’attività a tutti i costi.”

Chieste dal PM anche le pene accessorie: interdizione perpetua dai pubblici uffici, incapacità di trattare per tre anni con la pubblica amministrazione, interdizione per dieci anni dalla direzione dell’impresa.

6 mila le parti civili ammesse al processo, per il quale la prossima udienza è prevista per lunedì 11 luglio.

faberhood
00martedì 5 luglio 2011 18:10
Di verità più nascoste di queste non ci sono!
La firma di Michelangelo, l'abiura di Galileo
il Vaticano apre l'Archivio segreto
I cento documenti più preziosi e "scottanti" tra milioni di carte in 85 chilometri di scaffalature usciranno per la prima volta dalle mura leonine nel febbraio 2012 e saranno in mostra ai Musei capitolini. Dalla causa matrimoniale di Enrico VIII alla lettera su corteccia degli indiani d'America, a Leone XIII; dalla Presa di Roma alle carte di Pio XII. Tomi, pergamene, codici, manoscritti e atti, come le suggestioni dei libri di Dan Brown fino al genocidio armeno e qualche estratto del "periodo chiuso" della Seconda guerra mondiale
di LAURA LARCAN

La firma di Galileo Galilei dagli atti del suo processo

Un autografo di Michelangelo, la lettera di abiura di Galileo, la causa matrimoniale di Enrico VIII, la lettera su corteccia degli indiani d'America a Leone XIII, la Presa di Roma e le carte di Pio XII. I documenti più preziosi e "scottanti" dell'Archivio Segreto Vaticano escono per la prima volta in assoluto dalle mura leonine e sfidano le suggestioni più fantasiose dei libri di Dan Brown e i film di Ron Howard.

Accadrà nel febbraio del 2012 con l'evento espositivo "Lux in Arcana. L'Archivio Segreto Vaticano si rivela" che porterà eccezionalmente ai Musei Capitolini cento documenti databili dall'VIII secolo d. C. al ventesimo secolo, che resteranno visibili dal grande pubblico fino a settembre del 2012. Protagonisti sono "I veri tesori dell'Archivio Segreto Vaticano, le innumerevoli carte e pergamene, i suoi codici, manoscritti atti e documenti posti dai Pontefici di Roma ormai da quattro secoli al servizio degli storici", come annuncia il segretario di Stato cardinal Tarcisio Bertone che ha presentato l'evento insieme al sindaco di Roma Gianni Alemanno e all'assessore capitolino alla Cultura Dino Gasperini. Dei cento documenti selezionatissimi fra milioni di carte (oltre 600 fondi archivistici per 85 chilometri lineari di scaffalature) conservate nel bunker sotterraneo dell'Archivio Segreto Vaticano, ne sono stati annunciati sette nel dettaglio.

Il cosiddetto codice del processo di Galileo Galilei con gli atti datati tra 1616 e 1633. In mostra ci sarà il volume che raccoglie l'autentico e completo incartamento processuale, tra gli interrogatori, le arringhe inquisitorie, l'epistola di Bellarmino, fino alla lettera di abiura formale. Come sottolinea il prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano, monsignor Sergio Pagano: "Vedere la scrittura di Galileo dopo un interrogatorio pressante in cui emerge la debolezza della mano e la fermezza del carattere, tra l'insolita i lunga e la sua g sempre bella, è un'emozione che chi è in grado di gustare gusta". E ancora

Il "Dictatus Papae" di Gregorio VII (1073-1085, il documento che segna il vertice della teocrazia pontificia) con le ventisette proposizioni dettate dal Papa per affermare la supremazia pontificia su ogni altro potere, dove spicca la XII affermazione più forte e "scomoda" che mise in discussione l'equilibrio tra potere regale degli imperatori e la Chiesa: "A lui sia lecito deporre gli imperatori". La Deposizione dell'imperatore Federico II, la sontuosa pergamena della lettera dei membri del parlamento inglese a Clemente VII sulla nota causa matrimoniale di Enrico VIII , considerato "il documento più impressionante mai messo in circolazione dall'Inghilterra dei Tudor", la lettera su seta di Elena di Cina a Innocenzo X (1650), ossia la preziosa lettera ornata di pizzi dell'imperatrice Wang convertitasi al Cristianesimo, conservata in un pregiato tubo di bambù con decorazioni in oro. Ancora, la lettera su corteccia di betulla degli indiani d'America a Leone XIII (1887), ringraziandolo per aver inviato alla tribù un "guardiano della preghiera".

Ci sono poi documenti del "periodo chiuso" relativi alla Seconda Guerra Mondiale. Sezione tra le più dibattute. Il limite cronologico posto alla consultabilità dei documenti complessivi è fissato attualmente a tutto il pontificato di Papa Pio XII (1939-1958). Ma con il consenso della segreteria di stato la mostra "Lux in Arcana" ne esporrà alcuni estratti. "La mostra non farà luce su Pio XII perché la consultazione delle carte relative al suo pontificato è ancora chiusa - avverte monsignor Sergio Pagano - Si tratterà solo di quattro, cinque pezzi emotivi e non documentali, memorie e diari di campi di concentramento, con foto anche orribili sulla tragedia della seconda guerra mondiale. Documenti che non potranno restituire la storia di un pontificato così tribolato per certi versi, e lucido per altri. Notizie molto ghiotte potranno emergere tra tre-quattro anni, quelli che mancano per l'apertura delle carte del pontificato. L'ultima parola, sulla consultabilità dei documenti, spetta al Santo padre che speriamo deciderà di aprire e rendere noti i documenti su questo lungo pontificato".

Se gli si chiede cosa intende per "ghiotto", monsignor Pagano replica: "Come un cibo succulento, piacevole da gustare. Ci sto lavorando da almeno quattro anni con i miei collaboratori, e ho l'impressione che la parte vaticana, messa a confronto con gli archivi inglesi, francesi e tedeschi, potrà dare un contributo appunto succulento che porrà l'accento su tanti problemi che oggi si discutono alacremente, facendo luce più piena su un uomo che ha tribolato molto ma ha anche fatto molto per i più deboli". Tiene a precisare, però, l'archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il cardinale Raffaele Farina: "Al momento stanno solo organizzando il materiale: sentono il profumo ma non masticano le carte perchè sono ancora riservate".

E il sindaco di Roma Alemanno commenta: "Dalle carte in mostra non mi aspetto ancora nessuna rivelazione, perché le vedremo complessivamente tra tre anni. Ma era giusto inserire nel percorso espositivo un richiamo: non metterlo per niente avrebbe suscitato un atteggiamento di sospetto". Tra le anticipazioni, monsignor Pagano conferma che anche Michelangelo ci sarà, con un autografo, e non si potrà dimenticare l'anniversario dei 150 anni dell'Unità, con alcuni documenti sulla Presa di Roma, tra telegrammi e dispacci. "Una goccia di una inesauribile sorgente come il Risorgimento". Tra le carte più "scottanti" che custodisce l'Archivio Segreto Vaticano, rivela oggi monsignor Pagano, anche quelle sul genocidio compiuto dai turchi sul popolo armeno: "Se leggo i documenti sulle procedure di torture dei turchi nei confronti degli armeni provo un dolore e un orrore insopprimibile. Addirittura i turchi si divertivano a squarciare i ventri delle donne incinte, e giocavano a dadi tirando a indovinare il sesso del nascituro, che poi eliminavano con le baionette".




(05 luglio 2011)
Sound72
00lunedì 18 luglio 2011 17:30
Re:
Sound72, 29/06/2011 10.25:

Eyeballing: l'ultimo "sballo"

Superalcolici utilizzati come collirio: è l'ultima moda arrivata dalla Francia. Un nuovo modo di bere all'estremo, che tenta sempre più giovani ma che può rendere ciechi. L'allarme degli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità




Bicchieri di vodka o di whisky usati come un collirio. Superalcolici versati come se fossero gocce negli occhi per raggiungere in pochi minuti lo "sballo" puro. È questo l'ultimo capitolo dell'extreme drinking, il bere estremo che tenta sempre più i giovani. Una pratica impressionante che è appena arrivata anche in Italia. Si spalancano gli occhi, si fa aderire il collo della bottiglia o il bordo del bicchiere pieni di alcol e si versa. Se volete farvi un'idea dell'eyeballing vi basta cliccare sul web dove impazza. Il passaparola tra i giovani è arrivato su Facebook e su Youtube si trovano spiegazioni su questa nuova moda che spopola nei rave party. Una pratica pericolosa nata in Francia, che si è diffusa in Gran Bretagna, per poi sbarcare nel nostro paese. Ma spesso i giovani non sanno a che rischi vanno incontro, perché se ubriacarsi fa male, assorbire superalcolici dagli occhi, può rendere ciechi in modo definitivo.

Un falso mito. "È una pratica stupida e dolorosa. I ragazzini pensano che assorbire l'alcol dalla mucosa oculare porti allo sballo immediato, in funzione della vicinanza con il cervello, ma non è così" spiega Emanuele Scafato, gastroenterologo, epidemiologo dell'istituto superiore di Sanità e presidente della Società italiana di alcologia. "Di solito, per ubriacarsi, i ragazzi bevono 5-6 bicchieri di bevanda alcolica, una quantità che è letteralmente impossibile far passare dagli occhi. In realtà i giovani fanno eyeballing quando sono già ubriachi".

Pericoli per la salute. Ma quali sono i pericoli per la salute? "Se si mette il collo della bottiglia sul bulbo oculare e si applica una pressione" continua Scafato, "l'occhio risulta immediatamente danneggiato sia per un danno meccanico diretto alla cornea, sia attraverso una ischemia dovuta allo scarso afflusso del sangue a causa della compressione. Ma non è tutto. Quando si versa l'alcol la situazione peggiora. Il contatto con il liquido fa molto male irrita la congiuntiva e peggiora l'abrazione della cornea già danneggiata. In funzione di quantità di alcol e di durata dell'esperienza si può arrivare immediatamente alla cecità irreversibile". In Italia il 14,4% delle intossicazioni da alcol coinvolgono minori di 14 anni, mentre il 25,4% sono giovani fra i 25 e i 35 anni.

Mode 'estreme'. Ma perché i ragazzi cercano pratiche così estreme? "Oggi l'alcol è una nuova dipendenza, ma non quella dei nostri nonni, una ben più subdola e non sufficientemente stigmatizzata. I giovani si danno appuntamento su Facebook e si trovano in una piazza per ubriacarsi insieme. C'è una compulsività collettiva, una esigenza patologica di intossicazione collettiva. Un rito che spinge i teenager a incontrarsi non più per socializzare ma per intossicarsi nell'indifferenza della collettività. Una droga a basso costo e di vasta portata che sta sconvolgendo i giovanissimi che sono candidati a un incrementato rischio di demenza precoce a causa del bere, proposto sempre e costantemente come un valore positivo. L'alcol è sempre presente nei grandi eventi e la pubblicità suggerisce che non è possibile divertirsi senza superalcolici. __IMG2D__Si tratta di un messaggio sbagliato, rafforzato anche da alcuni personaggi dello spettacolo, beniamini dei giovanissimi, che neutralizzano con poche, irresponsabili battute, il lavoro delle istituzioni, degli operatori , gli investimenti pubblici di milioni di euro delle campagne di prevenzione. Il tutto a dimostrazione della mancanza di cultura e di sensibilità sulla prima causa di morte tra i giovani in Italia".

I dati. Nel nostro paese ci sono 66mila alcol dipendenti e fra loro l'1,1% ha meno di 19 anni. Alla lunga l'uso dell'alcol influisce sul cervello, indebolisce la memoria. A rischio anche il fegato che viene danneggiato e alla lunga può portare alla cirrosi epatica o al tumore.

Messaggi sbagliati. L'alcol è facile da reperire ed è anche una sostanza economica. "A volte sembra che non ci sia divertimento senza superalcolici. I giovani fanno collette alcoliche come regalo per un compleanno, fanno spese collettive al supermercato e poi si nascondono a bere". I ragazzi sono lasciati troppo soli di fronte a questo problema. C'è una responsabilità degli adulti? "Va considerato che sono lievitati gli investimenti pubblicitari in questo settore: erano 169 milioni nel 2007 e sono diventati 307 nel 2010" spiega Scafato. "Happy hours, pub's crawl, open bar, 'drink as much as you can' erano fenomeni commerciali in voga nei paesi anglosassoni ma sconosciuti sino a pochi anni fa da noi. E si è fatto poco per contrastare l'aumento vertiginoso della disponibilità di alcol ai giovani e ai minori. Ad esempio, nonostante il codice penale vieti la somministrazione di alcolici ai minori di anni 16, gli stessi sindaci sono costretti ad ordinanze comunali, spesso "creative" e sicuramente disomogenee rispetto al territorio di competenza, per vietare ciò che è nei fatti già vietato. Questo testimonia una debolezza delle forze in campo. C'è molto da recuperare per tutelare i giovani".





eccone un altro..




«Sali da bagno»: nuova, micidiale, eppur legale, droga

MILANO - Gli effetti sono micidiali. Scrive il New York Times: nello stato americano dell'Indiana un uomo è salito su un’asta di bandiera lungo una strada e si è gettato in mezzo al traffico. Un altro ha fatto irruzione in un monastero e ha accoltellato a morte un prete. In entrambi i casi senza apparente motivo. E poi ancora: nel West Virginia una donna si è ferita gravemente con un coltello perché convinta che qualcosa di orribile si nascondesse sotto la sua pelle. In Louisiana, invece, un ragazzo di 21 anni si è tagliato la gola e poi si è sparato un colpo di fucile. Sono solo alcune delle recenti vicende di cronaca nera raccontate dai media americani e, con ogni probabilità, tutte riconducibili alle potenti sostanze stupefacenti spacciate per «sali da bagno». Che si stanno diffondendo a un ritmo velocissimo, soprattutto tra i più giovani. Il loro effetto sta turbando anche i medici più esperti; diversi stati federali ora corrono ai ripari e vietano le sostanze.

NEI SALI DA BAGNO - Pazienti completamente fuori controllo, fenomeni di autolesionismo, atti di violenza sotto l’effetto di stupefacenti: una nuova droga negli Stati Uniti tormenta medici, investigatori e famiglie. Si tratta dei «sali da bagno», cosiddetti catinoni, venduti nella forma di una polvere bianca cristallina, che imitano composti come le metanfetamine. Basta annusarli, fumarli o iniettarli tipo crack e le sostanze nocive entrano in azione con conseguenze molte volte tragiche. Come riferisce ilNew York Times la droga viene attualmente venduta, per vie del tutto legali, in 22 dei 50 Stati negli Usa, perlopiù in confezioni da 50 milligrammi e al prezzo tra i 25 e i 50 dollari. Si trova in tabaccherie, in stazioni di servizio e in Rete. Sugli effetti dei composti chimici contenuti nei «sali da bagno», quali mefedrone o metilendiossipirovalerone (Mdpv), circolano vere e proprie storie dell’orrore. Il risultato sono ricoveri in ospedale e decessi.

FANNO IMPAZZIRE E UCCIDONO - Oltre ai casi di autolesionismo e di violenza contro innocenti sono gli stessi consumatori dei «sali da bagno» a rimanere vittime dei drammatici effetti, come si evince dai reperti medici. Un medico in Florida ha raccontato di un uomo la cui temperatura del corpo era salita a 42 gradi. «Sulla sua fronte si potevano cuocere le uova al tegamino», ha spiegato il dottore al Nyt. Altri suoi colleghi riferiscono di sintomi quali un forte aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco, di spasmi muscolari gravi. Il mefedrone e il composto chimico chiamato Mdpv sono infatti sostanze sintetiche molto simili al principio attivo del khat vegetale, il cathinon, una droga molto diffusa in Arabia e nell’Africa orientale. Entrambi sono capaci di alterare lo stato di coscienza.

MIX LETALE - Persino i forti tranquillanti somministrati alle vittime non avrebbero avuto l’effetto sperato tanto che alcuni medici sono ricorsi a potenti farmaci psicotropi o addirittura all'anestesia totale per immobilizzare il paziente. «Se si mettono insieme gli effetti peggiori di metanfetamine, cocaina, PCP (fenciclidina), ecstasy e Lsd, allora si ha un'idea di cosa a volte noi vediamo qui», ha sottolineato Mark Ryan, direttore del Louisiana Poison Center. Che aggiunge: «Le conseguenze psichiche possono permanere anche per diversi mesi».

LA DIFFUSIONE - In Europa i «sali da bagno» sono noti da tempo. In Germania si trovano in circolazione da almeno tre anni, in Gran Bretagna sono stati vietati nel 2010. In Italia, un decreto del ministero della Salute, in vigore da inizio giugno, ha ufficializzato la «stretta» contro le nuove droghe, aggiornando il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, con alcune aggiunte quali il metilendiossipirovalerone, «nascosto» per l’appunto in alcuni sali da bagno. In America la diffusione sembra però inarrestabile. E le conseguenze si fanno notare: da gennaio a giugno le chiamate ai centri antiveleno sono state 3470, tutte collegate ai «sali da bagno», riferisce l’American Association of Poison Control Centers. Un numero dieci volte superiore allo stesso periodo del 2010. «Non ho mai conosciuto una droga che si diffondesse così rapidamente», ha detto David Hayes, capo della polizia di Alton, nello stato dell’Illinois.

«BAD TRIP» - Portano nomi innocenti, quasi idilliaci: «Ondata d’Avorio» (Ivory Wave); «Avorio puro»; «Colomba Rossa»; «Cielo di Vaniglia» (Vanilla Sky) o «Aura». Ad uscire allo scoperto e consigliare i giovani di stare lontano dalle nuove droghe è stato ora Neil Brown. Agli organi d’informazione americani il tossicodipendente ha raccontato di aver provato nella sua vita quasi ogni tipo di droga pesante, dall’eroina al crack, ma di aver vissuto «l’esperienza piú scioccante» con il mefedrone. «E gli effetti si fanno ancora sentire dopo mesi». Brown racconta di un «bad trip» con allucinazioni estremamente spaventose. Una volta cosciente si è accorto di essersi sfregiato il volto e l’addome con un coltello da caccia. Brown è sopravvissuto alla sanguinosa automutilazione, altri no: le autorità inquirenti stanno indagando per accertare se un uomo nel Mississippi in preda a follia omicida avesse ucciso un poliziotto proprio sotto l’influenza dei sali da bagno.

DA ILLEGALI A LEGALI - Nel frattempo il problema dei «sali da bagno» si trova in cima all'agenda politica degli Stati Uniti. Solamente nell’ultima settimana ben tre stati hanno dichiarato fuori legge i «sali»: la Louisiana, il Missouri e lo stato di New York. Sei mesi fa li aveva già preceduti la Florida. Tuttavia, la crociata a livello giuridico, appare assai difficile - negli Stati Uniti e in Europa. Dal momento che questi sali da bagno portano sulle confezioni l’avvertimento «non a uso commestibile», non rientrano infatti nell'ambito del cosidetto «Federal Analog Act», una legge federale che proibisce ogni sostanza «essenzialmente simile» ad una droga vietata. Gli esperti temono quindi che i divieti nei vari stati americani possano essere aggirati facilmente: basta sostituire una sola molecola nei sali illegali per farli diventare nuovamente legali


corriere.it
Sound72
00lunedì 25 luglio 2011 13:43
“Ho materiale sufficiente per 20 esplosioni”
Gli ultimi 82 giorni prima della strage


Anders Behring Breivik, il mostro di Oslo, che in poche ore ha ucciso 93 persone, ha annotato tutte le sue mosse per anni.


Dal progetto iniziale alla realizzazione pratica. Come si è procurato le armi, come ha imparato ad usarle, come ha fabbricato gli esplosivi usando aspirina e fertilizzanti. Fino a due ore prima del massacro
“Novembre 2010, addestramento al tiro, necessario per ottenere la licenza per la Glock”. “Dicembre, iniziato ciclo di steroidi, mai stato in forma come adesso, sono passato da 86 a 93 chili e ho incrementato la mia forza. Servirà”. Gennaio 2011: “Acquistati 550 dollari di munizioni da un piccolo distributore americano che a sua volta si rifornisce da un altro rivenditore”. Sono alcune delle pagine agghiaccianti di Anders Behring Breivik che ricostruiscono mese per mese, e poi persino giorno per giorno tutte le fasi di preparazione della strage compiuta venerdì. E proprio a venerdì, alle 12.51, si ferma il diario: “Questa è la mia ultima entry, cordiali saluti”.

In mezzo alle 1500 pagine, tra deliri nazionalisti copiati da Unabomber - come riferiscono oggi i media norvegesi - ci sono mesi di qualcosa che definire follia sarebbe riduttivo: studi per estrarre l’acido acetilsalicilico dalle aspirine e farne un acceleratore della combustione, la raffinazione dei fertilizzanti per l’esplosivo, l’accumulazione del materiale “sufficiente per 20 bombe”. Anche gli intoppi, tutto è annotato pedissequamente. “Fallimenti logistici: devo ripensare la questione del silenziatore, l’importatore che avevo contattato ha cancellato tutti gli ordini privati. Non vorrei surriscaldare l’arma, forse devo pensare ad una baionetta. ‘Marxisti infilzati’ diventerebbe un marchio”.

Tra un passaggio e l’altro il tempo di apprezzare i suoi progressi nella società massonica, i commenti sulla politica estera, le riflessioni sulla sua sopravvivenza economica e soprattutto quella del progetto. Cui torna rapidamente: “Devo pensare ad una strategia di fuga, non più di dieci minuti, con kit di sopravvivenza, armi, munizioni”. “Vicino alla fattoria c’è la più grande base militare norvegese. Sarebbe stato molto più pratico andare a chiedere in prestito un po’ di C4″.

Il finale è un crescendo: gli ultimi 82 giorni di preparazione sono raccontati ad uno ad uno. Perché, dice Breivik, “se avessi saputo prima quel che so oggi, ci avrei messo 30 giorni e non ottanta”. Seguendo la guida, scrive, “chiunque può preparare una operazione spettacolare”.
Sound72
00martedì 27 settembre 2011 13:24
Ucciso un boss degli Hell's Angels
Ora il Nevada teme la vendetta dei biker


«Jethro» è morto in uno scontro con una banda rivale

MILANO - C’è paura nello stato americano del Nevada per possibili rappresaglie degli Hell’s Angels, la celebre gang di motociclisti spesso finita nelle pagine di cronaca nera. Durante uno scontro a fuoco nei pressi di un casinò tra membri rivali è rimasto ucciso il capo californiano della banda di motociclisti. Il sindaco della città di Sparks ha preso una decisione drastica: ha cancellato una parata di moto e dichiarato lo stato d'emergenza.

MASSIMA ALLERTA - Il boss degli Hell’s Angels di San Josè in California è stato ucciso in uno scontro a fuoco con i membri di un gruppo rivale nel vicino stato del Nevada. Come ha confermato la polizia, il 51enne Jeffrey Pettigrew, è stato colpito a morte venerdì sera nella città di Sparks. Nella sparatoria sono rimasti feriti in modo non grave altri due membri del club rivale, i Vagos. «Jethro», come era conosciuta la vittima, aveva lavorato per 20 anni nel dipartimento di trasporto pubblico. Per gli inquirenti era il leader carismatico del club dei biker. Nel frattempo l’allerta tra le forze di sicurezza di Sparks è massima a causa di una possibile vendetta. Il primo cittadino Geno Martini aveva proclamato per il fine settimana lo stato d'emergenza, rientrato poi lunedì mattina. Una parata motocilistica in occasione dello Street Vibrations, un festival che si svolge regolarmente da diversi anni e richiama oltre 30 mila centauri, è però stata cancellata dalle autorità per motivi di sicurezza.


VENDETTA- Secondo Martini ci sarebbe stato un secondo scontro a fuoco dopo l’azione delittuosa di venerdì. Il Los Angeles Times racconta di una grossa Bmw nera che sabato scorso sarebbe passata a grande velocità vicino ad un motociclista, membro dei Vagos; dall’abitacolo sarebbero partiti diversi colpi che avrebbero centrato l'uomo allo stomaco, ferendolo gravemente. La polizia sospetta che sia il primo di una serie di atti di vendetta da parte degli «angeli». «Ci saranno altre vittime, è praticamente certo», ha detto il capo della polizia locale. Nel Nevada gli Hell’s Angels sono una della band meglio organizzate con potere e molta influenza all'interno del mondo criminale. L'associazione motociclistica, in origine formata da reduci della guerra di Corea, è nata negli Stati Uniti alla metà degli anni Sessanta. Il fenomeno si è poi esteso anche in Europa, con «chapter» (cioè club) anche in Italia, soprattutto al nord. Oggi è diffusa in tutto il mondo: gli «angeli» che ne fanno parte, tradizionalmente, montano su Harley-Davidson. I Vagos MC, invece, sono nati nel 1985 in California e sono presenti in diversi stati Usa, così come in Messico.
corriere.it

Sound72
00domenica 15 gennaio 2012 11:20
piu' che la bottiglia di champagne rimasta integra al varo della Costa Concordia mi sa che hanno fatto un casino quelle scolate l'altra sera...
A meno che nn esistono gli scogli semoventi.
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