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Popolo... religione... o comunque si voglia definirli.

Ultimo Aggiornamento: 04/04/2018 13:05
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19/05/2011 13:36
 
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Lars Von Trier choc: simpatia per Hitler
Il resista Lars Von Trier ha scioccato la Croisette con le frasi sul nazismo


Scoppia la polemica alla presentazione del suo "Melancholia": "Vicino agli ebrei, ma non troppo perché Israele è una spina nel fianco". Violente reazioni a Cannes, poi le scuse: "Provocazione"


INVIATA A CANNES
La fine del mondo nella testa di Lars von Trier, in mezzo ai pensieri oscuri che hanno dato vita al suo film Melancholia e che ieri, sciorinati con humour nero davanti alla platea internazionale del Festival, hanno provocato un terremoto di polemiche. La direzione della rassegna, scioccata dalle uscite filonaziste dell’autore danese, pretende le scuse ufficiali, lui smentisce tutto nel giro di poche ore: «Non sono antisemita, nè nazista, nè razzista». I vertici del Festival accolgono il mea culpa con freddezza cogliendo l’occasione per sottolineare che mai e poi mai «il palcoscenico della kermesse potrà diventare luogo dove esprimere opinioni su questo genere di argomenti». Perchè le parole hanno un peso, anche se a pronunciarle è un uomo visibilmente provato, che non ha mai fatto mistero dei suoi problemi psicologici, e ha più volte spiegato come quest’ultima opera scaturisca proprio dai suoi conti aperti con la depressione.

Succede tutto in conferenza stampa, dopo che il flm è stato accolto con reazioni frastagliate dalla platea dei giornalisti. Von Trier è presente, evento non scontato visto che il regista, sbandierando una fobia per i mezzi di locomozione, rinuncia spesso ai viaggi e a Cannes, più di una volta, è arrivato in camper pur di non prendere aerei. Lo spunto di partenza sono le musiche wagneriane che accompagnano la pellicola, ma subito si sconfina sul terreno dell’estetica nazista, su cui von Trier si è recentemente intrattenuto in un’intervista , poi si scivola sul personale: «Credevo di avere origini ebraiche ed ero contento, poi ho scoperto che non era esattamente così, anzi, che le mie radici sono tedesche, insomma sono un po’ nazista, e sono contento lo stesso». La II Guerra Mondiale non è la sua passione, fa sapere l’autore sempre più ingolfato in un ragionamento senza capo nè coda, ma su Hitler la scivolata è rovinosa: «Capisco l’uomo, a volte me lo immagino seduto nel suo bunker quando tutto era finito, e credo di comprenderlo. Non sono contro gli ebrei, ma certo Israele è un problema... oddio come faccio a venir fuori da questa domanda?». E ancora: «Noi nazisti facciamo le cose in grande, potrei pensare a una soluzione finale coi giornalisti».

Sul tavolo tra interpreti e produttori scende un velo di imbarazzo. Gli attori ridacchiano mascherando il disagio, qualcuno interroga con gli occhi l’autore, Kirsten Dunst (che ha il padre tedesco) sussurra «oh mio Dio», Charlotte Gainsbourg assiste interdetta, Stellan Skaarsgard e John Hurt tentano odi arginare il fiume in piena. Ma è tardi, le dichiarazioni di von Trier fanno in un attimo il giro del mondo, il direttore del festival Thierry Fremaux è furente, si ipotizza l’esclusione dalla gara, si esigono le scuse ufficiali. Nel pomeriggio, in sequenza, arrivano il comunicato della direzione e la lettera di von Trier: «Se ho urtato qualcuno con le mie parole, sinceramente me ne scuso. Non sono in alcun modo antisemita, non nutro nessun tipo di pregiudizio razzista, nè tantomeno sono nazista». Il Festival dichiara di «essere molto disturbato dalle dichiarazioni rilasciate da von Trier» e di aver chiesto «spiegazioni sulle sue affermazioni. Il regista dice di essere caduto in una provocazione e si scusa».

Melancholia, che a questo punto sembra automaticamente tagliato fuori dalla corsa per la Palma (difficile che Robert De Niro decida di legare la sua esperienza di presidente di giuria a un regista che dichiara simpatie naziste) prende spunto dalle esperienze psicanalitiche dell’autore: «Il mio analista mi ha detto che le persone che soffrono di depressione, di norma, davanti a un evento disastroso reagiscono meglio di quelle sane. Un po’ perchè la catastrofe è esattamente quello che si aspettano dalla vita, un po’, perchè non hanno niente da perdere».

L’apocalisse di von Trier parte dalle sequenze di un lungo matrimonio tradizionale per indagare il rapporto tra la sposa tormentata Justine (Dunst) e la sorella realizzata (Gainsbourg) che ha organizzato la festa. Ma la felicità non si raggiunge con una messa in scena, Justine è malata, e la cerimonia annega nel mare della sua infelicità: «In questo personaggio ho messo me stesso». Anche Dunst, come von Trier, ha attraversato periodi bui: «E’ un’attrice pazzesca, dotata di molte più sfumature di quanto immaginassi, inoltre ha il pregio di aver sofferto anche lei di depressione, una cosa che capita a tutte le persone sensibili». Il ruolo, in un primo tempo, doveva andare a Penelope Cruz. E chissà se in questo momento l’attrice spagnola non stia tirando un respiro di sollievo.


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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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