00 07/04/2010 10:12
l'arte di scrivere
Cal sta quasi per staccare. Non ne può più di ascoltare i clienti, eppure sta sempre lì, a servirgli whisky e caffè.
Georges per esempio, un tipo distinto che viene sempre accompagnato da una rossa col naso aquilino, non ha nessuna percezione del tempo che passa, gli interessa solo parlare di se stesso e fumare sigarette: “Che cosa taglio per non essere 'troppo letterario'? Gli aggettivi, gli avverbi e tutte le parole ad effetto. Tutte le frasi che stanno lì solo per il gusto della frase. Proprio così: se c’è una bella frase, la taglio. Ogni volta che ne trovo una in uno dei miei romanzi, è da tagliare.” Flan, la rossa arcigna che stanotte indossa un vestito rosso, gli stuzzica la mano nella quale tiene la sigaretta e si liscia imperiosamente le unghie smaltate.
Di fronte a loro c'è Ernest che come al solito è seduto al bancone solo come un cane, fa un cenno a Cal per mostrargli il bicchiere vuoto, poi fissa la rossa e sistemandosi il cappello sentenzia catarroso: “Tutti gli errori e le stranezze li chiamano stile.”
Flan, senza distogliere lo sguardo dalle sue unghie cinguetta: “So benissimo che tra le persone apparentemente interessate a scrivere, ben poche sono interessate a scriver bene. A loro interessa pubblicare qualcosa, e se possibile fare un 'colpaccio'. Essere uno scrittore, non scrivere.”

Dopo un'altra ora di whisky, caffè e cazzate, gli ultimi tre clienti se ne vanno. Cal si toglie la divisa e finalmente può chiudere il locale. Mentre aspetta il tram, che se è abbastanza veloce gli consentirà di infilarsi nel letto di sua moglie senza svegliarla, Cal sente il bisogno di dire la sua. Si fissa i piedi che costeggiano una pozzanghera e sospira: “L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”