Il primo ricordo di Mihajlovic è il mio vicino di casa (di dieci anni più grande di me) che prende il corriere dello sport, ne indica il nome sul giornale e mi fa "abbiamo preso miKailovic, questo è fortissimo".
Poi l'urlo di mio padre (che non ha quasi mai urlato) al bellissimo gol contro il Borussia Dortmund.
Il gol su punizione al Torino in coppa durante la cena di fine elementari, mi alzavo spesso e andavo nella sala dove stava la TV sperando in una rimonta mai avvenuta. Il gol, forse perché ero bambino, mi sembrava essere stato fatto da distanza siderale.
Allo stadio le sue fiondate nello sfortunato Brescia Roma di boskov per cercare il pareggio e il cross vincente per il tuffo di carnevale con gol inutile di benedetti.
Quando lessi sul corriere in vacanza del suo addio per la Samp e pensavo rammaricato "e se adesso si mette a segnare?". Poi lo ha fatto ovunque, buon per lui.
Chi l'avrebbe detto che quello che sembrava uno di passaggio alla fine sarebbe stato sulla scena 30 anni, anche come allenatore, mettendo su famiglia qui, come Candela e altri, integrandosi alla città di Roma. E per questo avevo quella simpatia.
E c'è sempre stata l'amarezza perché non ha avuto fortuna da noi, ma il suo ricordo è legato comunque a una Roma che ho vissuto con più calore di quella della storia più recente, nonostante fosse meno forte. Non sono d'accordo quando ne parlano come sergente di ferro, coi giocatori voleva sembrare duro ma alla fine scherzava con tutti.
Una scomparsa prematura ma una vita vissuta pienamente, anche quando era malato non ha mollato e ha dato tutto al Bologna, fino all'altra settimana faceva progetti. Rip