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Concerti, recensioni, nuovi album e.. playlist

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2024 12:24
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Post: 2.683
Sesso: Maschile
05/12/2012 02:44
 
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Sound72, 12/4/2012 10:28 PM:

sì beh la testa c'è ovvio..l'approccio del resto parte da là, e non solo per i testi.E sono d'accordo che è la musica che alla fine ti convoglia le scelte, almeno per me entro certi binari.
Quando la musica diventa uno strumento eccessivamente prestato e finalizzato ad un messaggio politico o sociale univoco, in senso stretto militante, non mi dà piu' certe vibrazioni.
Ma perchè forse non è neanche tanto un prodotto musicalmente proponibile. Non hanno proprio interesse a vendersi. Adesso mi vengono in mente gli Amon Duul I , ma tu ne avrai altri di esempi.
Il filone punk ad esempio non riesco a considerarlo proprio militante, al di là di alcuni casi particolari,forse perchè prevale di piu' la provocazione del testo e dell'esibizione, altrimenti non è che un saltellare , spesso solo slogan eh, tra proclami di misoginia, brigate rosse, rivolta nei ghetti, violenza contro la polizia e via dicendo.
E gli stssi CCCP per come si proponevano non mi era certo indigesta, a prescindere dalle idee politiche condivisibili o meno.
Poi mi rendo conto che quello che per me magari è prima di tutto un prodotto musicale per altri è fondamentalmente militanza.
Tralasciando quelli che bontà loro fanno il saluto romano ballando l'Ebm.




non so se posso essere d'accordo con la tua conclusione in merito all'interpretazione soggettiva se un prodotto sia musica o militanza, perché nell'estetica e nella critica ci sono anche criteri oggettivi. nel senso che una musica oggettivamente regressiva è identificabile, a prescindere dalla visione di chi la recepisce e dai contesti fondamentalmente tribali (cioè funzionanti per esclusione) in cui nasce e cresce.
invece è naturalmente soggettivo se una musica militante riesce a dare vibrazioni o meno.

non credo che dipenda dalla proponibilità commerciale. rammstein e wolfsheim, ad esempio, vendono benissimo. ma anche le band indie (pop, rock, grunge, punk) della cosiddetta "scuola di amburgo" degli ultimi anni 80 vendevano e vendono benissimo: blumfeld, tocotronic, die sterne, tomte, kante, fanno ottima musica (tra le migliori cose independent dell'epoca, secondo me) e hanno posizioni politiche di sinistra chiaramente definite. faccio questi esempi della germania perché lì il tema musica e politica è stato ed è ancora molto combattutissimo. (poi per quanto riguarda la musica dark il wgt di lipsia è la mecca in assoluto.)
l'interesse o meno di vendersi è legato (oltre all'oggettiva possibilità di farlo attraverso determinati canali di distribuzione) ad altri presupposti, primo tra tutti a come si autodefinisce l'artista e poi a come concepisce la sua musica (o il suo "rumore"). e proprio questo accade in un contesto sociale e molto politico. determinati artisti non vogliono vendere facendo riferimento a dei concetti di artista che risalgono all'epoca del romanticismo; altra musica non è proprio concepita per essere venduta perché volutamente effimera. tanto per buttare lì alcuni esempi di approcci molto diversi tra di loro e tutti validi: jandek, klaus schulze, whitehouse, stefan mathieu (che ho il piacere di avere come amico già da prima che iniziasse a fare musica), georges lentz, merzbow, combichrist, l'acid house e molto di quello che fanno i dj techno in un'infinità di sottogeneri, il grindcore... tutta roba che difficilmente viene prodotta per scalare le classifiche.
e alla fine, per quanto l'artista possa impegnarsi di evitarlo, la musica resta in mano a chi la recepisce, e ti può accadere come con il gabber preso in possesso dalle tribù neofasciste in germania, olanda, italia e stati uniti nonostante molti dj siano di colore.
la morale della favola sembrerebbe essere che nel postmodernismo "anything goes": non solo vale che è arte tutto quello che decide l'artista, ma che è anche arte tutto quello che decide il destinatario (sempre che ce ne sia uno). le radici filosofiche di questo relativismo culturale ed estetico risalgono all'opera di frammentazione perpetuata da nietzsche già prima che filosofasse con il martello, nel senso che ha analizzato questi fenomeni.
e semplificando, la non-simultaneità del mondo (ormai completamente globalizzato) è la ragione di questa frammentarietà, di questo patchwork infinito e autoreferenziale: ecco perché va bene tutto e il contrario di tutto. si tratta di un concetto sviluppato negli anni 30 da ernst bloch (un filosofo recepito poco o niente in italia) prima per capire le ragioni dell'attrattività del nazifascismo, poi approfondito negli anni 60 per inquadrare i fenomeni del relativismo e dell'imperialismo culturale. ma per quanto possa essere complessa questa "multidimensionality of human beings in society", come l'ha poi chiamata l'immenso eric j. hobsbawm (che ci ha lasciati appena due mesi fa), non vuol dire che non ci sia più alcuna oggettività in quel che l'essere umano fa, per esempio nella musica. si tratta, al contrario, di affinare lo sguardo e di riscoprirla. e magari di riappropriarsene. ma questa è un'altra storia.


[Modificato da BeautifulLoser 05/12/2012 03:01]

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Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.
(Samuel Beckett, Worstward Ho)
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