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Ultimo Aggiornamento: 29/06/2022 14:31
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29/09/2010 09:54
 
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La Valanga Azzurra perde Stricker, il cavallo pazzo che infiammò le nevi
Istintivo e geniale, si inventò le ginocchiere e il casco aerodinamico



corriere.it- Grazie alla grinta che l'aveva contraddistinto da atleta, era riuscito a tenere testa per tanto tempo alla malattia. Ora che all'età di 60 anni, Erwin «Cavallo Pazzo» Stricker è mancato, non si può dire che è stato sconfitto. Moralmente, ha vinto lui. Ha resistito con coraggio alla lotta che il destino gli ha riservato, ed era ben altro che scendere su una pista da slalom con il pericolo di inforcare un paletto. Lo prova il fatto che in questi giorni era in Cina, al lavoro, dove aveva esportato il made in Italy delle nevi, predicando lo sci e i suoi segreti a un popolo che questa disciplina non ha nel Dna ma nella quale, proprio grazie anche agli insegnamenti di Erwin, magari nel futuro riuscirà ad emergere.
Stricker era uno della Valanga Azzurra, la squadra leggendaria dell'Italia degli anni 70. Non aveva la classe di Gustavo Thoeni o le qualità di Pierino Gros, ma aveva uno stile unico: aggrediva e divorava i paletti, prendeva tutti i rischi possibili e immaginabili. Cavallo Pazzo, appunto. Una caratteristica che, abbinata alla sua capigliatura rossastra, lo rendeva inconfondibile. Nato il 15 gennaio 1950 a Mattighofen, entrò in nazionale nel 1969 dopo una promettente carriera juniores. Erwin salì per la prima volta sul podio in Coppa del mondo nel 1973, grazie al secondo posto nel gigante di Heavenly Valley. La stagione successiva (7 gennaio 1974) entrò definitivamente nella storia dello sci italiano col terzo posto nel gigante di Berchtesgaden, quando nacque appunto il mito della Valanga Azzurra, in una classifica che vide Gros precedere Thoeni, lui, Schmalzl e Pietrogiovanna.
Stricker, persona estroversa e simpaticissima, non fu solo un ottimo sciatore e un atleta che forse, proprio perché abbracciava la filosofia del «tutto o nulla», raccolse meno di quanto avrebbe meritato, includendo nel bilancio due presenze olimpiche, nel '72 e nel '76 (dove gareggiò in discesa). No, Cavallo Pazzo fu anche un inventore. Geniale e intuitivo, precursore dei tempi (è il caso del casco da slalom), introdusse una serie di applicazioni rivoluzionarie: dalle ginocchiere, al bastone aquilineo, al casco aerodinamico. Ritiratosi nel '78, restò nell'ambiente: il progetto cinese rientrava nel ruolo di ambasciatore dello sci per la Fis. A Vancouver lavorò per la Rai commentando i Giochi. La sua gioia fu vedere Giuliano Razzoli conquistare l'oro nella disciplina che aveva prediletto, lo slalom. Poco gli importava che quella soddisfazione a lui fosse mancata.

RIP

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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