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Ultimo Aggiornamento: 12/09/2023 12:54
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18/10/2011 17:15
 
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L’impresa di Jean Béliveau: il giro del mondo a piedi per i bambini

Uno degli aspetti più straordinari dell’essere umano è la sua pervicacia quando intende realizzare i propri sogni e, soprattutto, quando questi progetti hanno un obiettivo alto, molto alto, come portare un messaggio di amore per i bambini.
La storia di oggi racconta di un uomo che sta finendo di compiere il giro del mondo a piedi proprio in nome dei bambini.
Un giorno di luglio 2003, Jean Beliveau si è svegliato in un carcere del Sud Africa, nel quale è entrato, di sua spontanea volontà, per avere un giaciglio e ed un riparo notturno.
Il capo della polizia Swellendam gli ha concesso di fermarsi per la notte, ma ora le guardie del turno di mattina non intendono lasciarlo andare via.
Non intendono stare a sentire le sue pretese di innocenza o la sua bizzarra storia di essere l’uomo che sta cercando di fare il giro del mondo a piedi.
A questo punto Beliveau ha già percorso 21 mila chilometri.
“Non sono un prigioniero”, urla. “Sono il ragazzo canadese che sta facendo il giro del mondo a piedi. Dai, pr favore. Per me è ora di andare. Sono pronto a ripartire.”
Infine, un altro detenuto – un criminale vero – inizia a gridare e le guardie arrivano per vedere che cosa stia succedendo.
Ben presto, gli uomini di legge si scusano con Beliveau e lo lasciano andare per la sua strada. La sua lunga, lunga strada.
Per 11 anni, Beliveau ha camminato attraverso tutto il mondo, cercando di attirare l’attenzione sui bambini che subiscono violenza.
Il suo cammino ha coinciso con una iniziativa delle Nazioni Unite iniziata nel 2000 e si è conclusa il mese scorso, ma, l’uomo, ha ancora gran parte del Canada da attraversare.
Beliveau spinge un passeggino a tre ruote che trasporta poco più di una tenda, sacco a pelo, un kit di primo soccorso, cibo ed un diario.
Niente high-tech o GPS. Solo alcune mappe, e, poi, durante il viaggio, segue i consigli della gente incontrata.
Ha percorso 76 mila chilometri, consumato 49 paia di scarpe, attraversato 64 paesi in sei continenti, ha dormito in alberghi, chiese, carceri e case di migliaia di sconosciuti.
Ha ballato e cantato con i bambini in Malesia ed ha incontrato quattro vincitori del Premio Nobel per la pace, tra i quali Nelson Mandela a Durban, in Sud Africa.
Quel breve incontro, nell’ottobre 2003, è stato uno dei momenti più memorabili degli anni che Beliveau trascorso viaggiando a piedi.
“È stato molto breve”, ricorda Beliveau. “Ha detto, ‘Il mondo ha bisogno di persone come voi.’ Sono parole molto grandi, ispirate, che ti danno una buona spinta.”

Beliveau è partito da Montreal. Ha camminato lungo la costa orientale degli Stati Uniti e, poi, l’occidentale del Sud America, è volato in Sud Africa, e da lì ha camminato verso nord lungo la costa orientale del continente, poi verso ovest lungo la parte superiore.
Dopo aver sorvolato la Libia, perchè non riusciva ad ottenere il visto, si è diretto a nord dal Marocco verso l’Europa, raggiungendo l’Inghilterra nel 2006.
Poiché l’inverno si stava avvicinando, ha deciso di non attraversare la Russia e si è diretto verso il Medio Oriente.
Ha attraversato l’India e la Cina e, nell’agosto 2008, la Corea del sud.
Poi, ha raggiunto le Filippine, la Malesia e l’Australia.
Alla fine del 2010, era in Nuova Zelanda ed, ora, in Canada.
Il 30 gennaio, il viaggiatore intrepido è atterrato a Vancouver per completare l’ultima tappa del suo precorso. Sua moglie, che non lo aveva visto da più di un anno, era all’aeroporto, insieme ad un gruppetto di sostenitori.

“È stato incredibile… strano, un po’ surreale”, dice Beliveau dell’incontro. “Questo è un grande, grande momento”
Beliveau racconta che l’idea del viaggio gli è venuta nel novembre del 1999 mentre camminava attraverso il ponte Jacques Cartier a Montreal. Era in crisi di mezza età ed aveva appena venduto il suo negozio.
Aveva bisogno di un cambiamento. Su una mappa del mondo, ha tracciato una rotta approssimativa e pensava di impiegare, nella sua impresa, una decina di anni.
In seguito, si è allenato camminando, poi correndo.
“Così mi è passata la depressione. Avevo un sogno ora, un progetto di vita davanti a me. Non riuscivo a smettere di pensarci.”

La parte più difficile è stata di dirlo a sua moglie, Luce Archambault, che compiva 45 anni dopo un mese dalla partenza.

“Sono stato fortunato, io sono ancora fortunato, di avere Luce”, ha detto. “Lei è quella che continuava a sostenere il ragazzo sulla strada.”
Archambault lo ha aiutato ad organizzare il viaggio da casa, ha costruito un sito web dedicato al camminare e, soprattutto, gli ha fornito, sempre, un supporto emotivo.
I due si sono visti una volta all’anno da quando è iniziata l’impresa, incontrandosi, lungo il percorso, per tre settimane in inverno. Quelle vacanze sono state l’unico riposo per l’uomo. Di media, ha camminato 30 km al giorno.
“Molto può succedere in 10 anni”, dice. È diventato nonno due volte ed ha perso il padre nel 2006, mentre era in Belgio. Ha incontrato la sua prima nipote nello stesso anno durante una riunione di famiglia in Germania, ma deve ancora incontrare il suo secondo nipote.
Beliveau ha un infinito bagaglio di aneddoti edificanti sulla gentilezza degli estranei, le offerte di ospitalità, con vitto ed alloggio.
Ha ricevuto un intervento odontoiatrico in Egitto ed in Australia, un paio di occhiali in India tutto gratuitamente.
Ha anche dovuto affrontare molte sfide, inclusa la sensazione di isolamento che l’ha quasi spinto ad abbandonare il viaggio nel 2004.
Stava passeggiando per l’Etiopia, circondato da bambini, ma non poteva trovare un modo per comunicare.
I bambini potevano imitarlo dicendogli “Ciao”.
Le molte differenze culturali che ha incontrato lungo la strada, e la solitudine, sono diventati troppo pesanti per lui. Lo descrive come un “shock culturale cumulativo” e dice che non poteva andare avanti. “Forse ero proprio arrivato ad un punto di saturazione.”
Ma, una telefonata da Archambault gli ha fatto cambiare idea e lo ha rimesso sulla strada.
Questa esperienza gli è servita come una lezione importante per perseverare nel suo intento nei successivi sette anni.
Questo l’ha anche spinto a cercare di entrare più in contatto con le persone che ha incontrato e per assorbire quanto più possibile della loro cultura. E si è anche sforzato per cercare di imparare le varie lingue.
“Dobbiamo sviluppare un grande senso di tolleranza, apertura mentale, dovremmo imparare dalle altre culture,” spiega.
Beliveau è riuscito ad imparare l’inglese, lo spagnolo ed il portoghese e sa di re ciao, come stai in tantissimi modi diversi. “Che”, dice, “è un grande passo avanti per accostare gli sconosciuti.”
La sicurezza è stato un problema in alcuni posti.
Ha richiesto una scorta della polizia in nove paesi, tra i quali l’Egitto, la Tunisia, il Marocco e la Macedonia.
Nelle Filippine, è stato accompagnato da almeno 30 soldati – tutti con bandoliere di munizioni legate sul petto.
L’uomo si è anche chiesto se fosse giusto accettare le offerte di sicurezza.
“Non so se posso usare la parola vergogna, ma stavo camminando per la pace”, dice. “Immagina la scena: l’uomo che cammina a piedi per la pace, con l’esercito in giro che lo protegge”
Beliveau sta cercando di sensibilizzare sullo stato dei bambini, non vuole raccogliere soldi per una particolare associazione caritativa, anche se alcune organizzazioni, lungo la strada, si sono unite a lui per raccolte di fondi locali.
Il 6 gennaio 2007, ha raggiunto i 40.000 chilometri, circa la lunghezza della circonferenza della Terra all’equatore, mentre si trovava a Rakoczifalva, Ungheria.
E circa 300 persone si sono impegnate a raccogliere fondi di beneficenza per bambini. Un fatto simile si è verificato a Manila, nelle Filippine, ma questa volta erano più di 1.000 persone.
Beliveau e Archambault hanno creato la Fondazione WWWalk in modo da poter continuare a lavorare per i bambini di tutto il mondo alla fine dell’impresa.
La fine del viaggio è prevista verso la metà di questo mese.
Ricordando le sue prime settimane a piedi attraverso gli Stati Uniti, Beliveau dice che non aveva programmato abbastanza che cosa doveva fare.
Ma, poi, non c’è voluto molto per entrare nel ritmo del cambiamento costante. “Chiunque considerando una simile avventura dovrebbe sapere che il primo passo è il più difficile. Basta andare, muovere i primi passi. Tu costruisci la tua strada sulla strada.”

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e ieri ufficialmente ha finito il giro... [SM=g10633]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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