"Le indagini sono in buone mani
chiariranno i dubbi sulla vicenda"L'ex procuratore D'Ambrosio: molte analogie con l'agguato contro di me sventato nel '95
Gerardo D'Ambrosio, ex procuratore di Milano
Repubblica.it - MILANO - "Quel poliziotto non è un novellino. Ha una grande esperienza di scorte. Lascia stupiti il fatto che si sia lasciato ancora una volta sfuggire l'attentatore. Capitano tutte a lui...". Gerardo D'Ambrosio, oggi senatore del Pd, era il capo della procura di Milano quando, il 14 aprile del 1995, Alessandro M. - il caposcorta che ha sventato l'attentato nei confronti di Maurizio Belpietro - mise in fuga un uomo armato di fucile pronto a colpirlo. Un episodio inquietante del quale non si venne mai a capo. E che oggi lo stesso ex capo di Mani Pulite richiama, parlando della vicenda che coinvolge il direttore di Libero.
Cosa ne pensa, senatore?
"La ricostruzione dell'agguato che ho letto sui giornali presenta diverse stranezze. Se è vero che ha sparato tre colpi di pistola, mi stupisce che un professionista come lui, con una calibro nove parabellum non abbia colpito il bersaglio da quella distanza. A meno che non abbia sparato a scopo intimidatorio. Ma io di quest'indagine non so niente, lasciamo che siano i magistrati a occuparsene e vediamo cosa emerge. A occuparsene, del resto, è Ferdinando Pomarici, lo stesso che si occupò del mio caso".
A coordinare l'inchiesta è il procuratore aggiunto Armando Spataro, sul cui conto ha espresso le sue riserve Maurizio Gasparri, chiedendosi se non ci fossero altri magistrati a cui affidare le indagini...
"Spataro, oltre a essere un ottimo magistrato, è il coordinatore della sezione antiterrorismo: le indagini non potevano essere affidate che a lui. Gasparri si occupi dei fatti suoi, se non conosce come funzionano gli uffici giudiziari, eviti di parlare. Forse dice quello che pensa il suo capo che vorrebbe una commissione d'inchiesta sui magistrati. Lasciamolo parlare e aspettiamo gli sviluppi delle indagini".
Nel suo caso finì con un'archiviazione.
"L'ipotesi dell'agguato nei miei confronti è rimasta solo un'affermazione di Alessandro M.".
Vuol ricordare come andò?
"Era un mattino piovoso di aprile. Ero a casa che aspettavo l'auto che mi avrebbe accompagnato in procura. Alessandro citofonò e disse: "Procuratore non scenda". Mi affacciai alla finestra del mio appartamento e vidi un uomo che parlava con una donna nell'asilo sotto casa mia. Quella persona fu poi sospettata come complice. A distanza di un po' di tempo lo incontrai in un supermercato. Si avvicinò a me sorridendo e con garbo mi disse: "Procuratore, permette che mi presenti. Sa, io sono quello che secondo qualcuno doveva ammazzarla...".
E l'agente cosa disse?
"Bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona dentro l'asilo. Un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice".
Lei non ci ha mai creduto.
"Io dovevo credere a un uomo della mia scorta. Resta il fatto, oggettivo, che non ci sono mai stati altri riscontri.
...
Sarà che a me sta storia mi ha ricordato Tartaglia..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola