Misteri d'Italia

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Sound72
00venerdì 3 dicembre 2010 13:32
LA SCOMPARSA DI SIGNORELLI


Si è spento ieri notte, dopo aver lottato contro una lunga malattia Paolo Signorelli, professore e ideologo del Movimento sociale italiano e tra i fondatori di Ordine nuovo. Signorelli è stato protagonista di molte vicende politiche e giudiziarie legate alla storia politica della destra italiana.
Le esequie si terranno stamattina alle 10.30, nella chiesa di Santa Chiara, in Piazza dei Giuochi Delfici, a Roma. Ragazzino durante la Seconda guerra mondiale apparteneva a quella generazione che guardava con invidia e ammirazione alle “gesta” dei fascisti repubblichini di Salò.
Antiamericano già dai tempi del liceo, leader degli universitari missini a Roma, passa poi ad Ordine Nuovo (dal MSI uscirà e rientrerà più volte). Ha collaborato con i periodici Anno Zero e Costruiamo l’Azione. È stato colonna portante del Fronte Sociale Nazionale e tra i fondatori del Laboratorio politico Forza Uomo di cui era presidente.
È stato docente di lingue straniere e quindi professore di storia e filosofia presso il Liceo classico “Gaetano De Sanctis” di Roma. Accusato di essere il mandante di alcuni omicidi, tra cui quelli di Occorsio ed Amato, nonché di strage è sempre stato assolto da queste imputazioni mentre è stato condannato per associazione sovversiva e banda armata.
Ha scritto un libro dal titolo indicativo “Di professione imputato”, nel quale sottolinea di essere diventato “disoccupato di Stato” a seguito delle vicende giudiziarie che lo avevano colpito. Ha diretto per anni la rivista Giustizia Giusta che ancora oggi dà voce alle “vittime” degli errori del sistema giudiziario italiano.

lucaDM82
00venerdì 3 dicembre 2010 15:14
rip.Lo ricordo nel fronte(che nacque da una scissione dalla fiamma di rauti).Era uno spirito libero.


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Paolo Signorelli: un'intervista del 2006

In questa intervista, l'ideologo Paolo Signorelli illustra alcune delle ultime vicende e questioni politiche che lo hanno visto protagonista, sempre in posizione di avanguardia e non conforme. Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche, Paolo Signorelli è stato insegnante di alcune lingue straniere, e poi di storia e filosofia, oltre che giornalista e scrittore di opere politico-giudiziarie e di poesie. Già militante del M.S.I., poi di Ordine Nuovo, e del Fronte sociale Nazionale, ha spesso pagato di persona lo scotto per le sue posizioni controcorrente, in particolare avendo trascorso ingiustamente 10 anni in prigione a causa dell'accusa infondata di avere avuto un ruolo nella carneficina alla stazione di Bologna del 1980.
Ultimamente, Paolo Signorelli è uscito dal Fronte in dissenso con gli ultimi accadimenti in quel partito: non è stato certo l'unico, dato che l'ha seguito l'intera componente dei socialisti nazionali di quella formazione (che conferivano l'aggettivo "sociale" al gruppo), tra cui in particolare Ernesto Ferrante, di Cesa, in Campania, che ricopriva la carica di coordinatore regionale, oltre ad essere membro della direzione nazionale del Fronte. Paolo Signorelli rimane, coi suoi militanti, sempre teso nell'evitare l'inferno e la palude conformistica cui conducono posizioni pienamente assoggettate al potere dominante di turno, e continua il suo impegno, anche all'insegna del garantismo giudiziario, nella comunità politica Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale, oltre che nel trasversale Movimento Zero di Massimo Fini. Questo sodalizio è particolarmente significativo, anche a causa della diversità di origini tra i due: Massimo Fini, già noto giornalista e scrittore, ha un'origine politica di sinistra... inoltre, pur avendo alcune ascendenze ebraiche da parte di madre, ha dichiarato di non considerarsi ebreo, non essendo stato in alcun momento della sua vita seguace dell'Ebraismo, e non condividendone diversi tratti, oltre ad avere assunto posizioni non conformiste a favore della libertà di Erich Priebke, in nome del diritto (ricordiamo che di Priebke è stata anche molto criticata la recente vacanza vissuta sul lago di Como, che comunque per legge gli spettava).

D.) Da quando hai lasciato il Fronte sociale Nazionale, in dissenso con la propensione mostrata da Alternativa Sociale, la coalizione di cui è parte, a venire a patti con la Casa delle Libertà, hai aderito a due movimenti politici: il Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale, che s'ispira all'ala sinistra del fascismo, ed il Movimento Zero, di natura trasversale, fondato dal giornalista e scrittore Massimo Fini. Entrambe le associazioni considerano superati i concetti, di origine ottocentesca, di destra e sinistra. Del resto, il fascismo stesso è sempre stato definito una terza via tra marxismo e capitalismo... Puoi spiegare in modo più esteso in cosa consista questa idea di essere al di là della destra e della sinistra, in riferimento soprattutto al contesto attuale?

R.) La mia decisione di abbandonare il FsN non è stata conseguente ad un dissenso con Alternativa Sociale per la sua propensione a venire a patti con la CdL: il mio distacco dal Fronte è antecedente. Le motivazioni sono state altre. Sono state di carattere essenzialmente politico e, quindi, organizzativo. Intendendo con questo termine i modi di concepire la Forma-Partito e di conseguenza le strutture dirette a realizzare su posizioni vincenti la lotta nei confronti del sistema di potere nazionale e sopranazionale. Ho insomma, ed esiste una vasta documentazione in tal senso, cercato in ogni modo di fare del Fronte il Partito di orientamento e di riferimento per l’Area vasta che conta eccezionali potenzialità antagoniste. Un’Area che va ben oltre le asfissie della sedicente Area nazional-popolare d’ispirazione neofascista o, se più piace, di destra radicale. I termini dello scontro epocale non possono essere concepiti come contrapposizione tra destra e sinistra (espressioni concettuali prive di significato reale) ma come riaffermazione di Idee Forza capaci di creare forme autentiche di resistenza al dominio mondialista e globalizzante. Idee che possono rinvenirsi soltanto nel comunitarismo, con la riaffermazione delle Comunità di Popolo e, quindi, della riscoperta delle identità e delle culture negate.
Mi si chiede cosa significhi essere al di là della destra e della sinistra. La risposta è nelle cose già dette. Ma per essere ancora più puntuali e sgombrare, quindi, il campo da fraintendimenti spostiamoci per analogia sullo scenario internazionale. Oggi all’artificiosa dialettica Occidente-Oriente si è sostituito il rapporto reale – politico e non geografico - Nord-Sud. Bisogna sapersi collocare al Sud di un’Idea, contro l’idea del Nord industrializzato e “progressista”, che coincide come topos con l’Occidente, ed in collegamento, non soltanto ideale ma anche operativo, con i Popoli che si battono per la loro autodeterminazione e per la loro indipendenza contro il disegno mondialista delle centrali di Superfinanza. Dall’Irlanda, alla Palestina, all’Irak, alla Siria, all’Iran, a tutto il cosiddetto Terzo Mondo ovunque nel Sud c’è chi ancora si ribella e combatte creando antagonismi contro l’arroganza mercantilistica .
Questo, anche questo, avrebbe dovuto rappresentare il Fronte. Mirando alla ri-conquista del Territorio (non solo geograficamente ma anche concettualmente inteso) occupato dalle cosche partitiche, giudiziarie e sindacali al servizio delle Banche. Ed invece il FsN ha per anni esaurito le sue energie e usurato la sua militanza giovanile in una serie di inutili tornate elettorali nell’illusione di acquistare visibilità politica. Dimenticandosi della sua funzione sociale e lasciando ai new-global l’iniziativa antagonistica. Falsa, oltretutto, perché integrata (e foraggiata) nel sistema di potere.
Alternativa Sociale è altra cosa. Nasce dall’innaturale coalizione con formazioni politiche, non organiche al nostro progetto, quali Forza Nuova e Libertà di Azione della signora Floriani. Allora intervennero la mia presa di posizione contro la Segreteria del Fronte e le mie dimissioni dalla Direzione Nazionale. Che divenne dopo il Congresso di Montesilvano rottura definitiva. Non accettai la coalizione con i papisti e con la soubrette, ancora prima che Alternativa Sociale si ponesse al rimorchio della CdL, suggellando così, con il mercimonio delle idee, il tradimento della militanza.

D.) La nuova legge proporzionale, per quanto spesso considerata meno iniqua della precedente legge maggioritaria con quota proporzionale, ha comunque sbarramenti troppo alti per formazioni ancora di piccole dimensioni. Infatti, ottengono seggi alla Camera le liste che superano il 2% se facenti parte di una coalizione che ha ottenuto almeno il 10%, mentre per le liste non coalizzate lo sbarramento è al 4%, come nella quota proporzionale, appunto. Al Senato, su base regionale e non nazionale, è ancora peggio: sono previste soglie del 3% per i facenti parte di una coalizione, al 20% per le coalizioni, all'8% per i non coalizzati. Inoltre, il premio di maggioranza garantisce ai vincitori un premio di maggioranza del 54% alla Camera, al Senato del 55%. In questa situazioni, ci sono speranze che questi due movimenti o almeno uno di essi possa diventare partito? E se sì, in che modo pensate di procedere?

R.) Sullo scenario esistente e nella dimensione attuale caratterizzata dall’appiattimento omologo di tutte le formazioni politiche sulle posizioni di servaggio nei confronti delle centrali usurocratiche sopranazionali, è per noi impensabile attardarsi a considerare le “forme del politico” in termini elettorali. Quale importanza può avere la nuova legge elettorale per chi rifiuta la democrazia rappresentativa? Personalmente se avessi nutrito ambizioni elettorali avrei in altro tempo potuto senza sforzo accomodarmi su qualche poltrona dell’angiporto parlamentare. Le mie scelte sono state altre. E rimangono “altre”. Indirizzate, se mai, verso un radicamento sul territorio anche con il ricorso a liste trasversali, in una sorta di “localismo” in linea con il progetto comunitario e mirato come “funzione di servizio” per i cittadini. Comunque noi non guardiamo al partito ma al progetto politico alternativo. Nelle prossime elezioni il Movimento Zero è per “Zero Voto”. Quanto alle Comunità, opereranno attivamente per spingere il Popolo verso l’astensionismo.

D.) Quali sono i principali aspetti programmatici, riguardo la politica estera e sociale, che accomunano il Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale e Movimento Zero?
R.) I militanti usciti dal Fronte si sono, per lo più, riconosciuti nelle Comunità di Socialismo Nazionale, ormai radicate su tutto il territorio nazionale. Le Comunità non sono strutturate come Movimento: costituiscono un momento di aggregazione e fanno laboratorio politico. Cercando di dettare le giuste cadenze per la creazione del Movimento di Liberazione Nazionale, utilizzando strumenti di comunicazione dinamica e d’intervento sociale sul territorio.
Per quanto riguarda la mia adesione al Movimento Zero essa è stata determinata dalla condivisione del Manifesto contro la modernità e la democrazia di Massimo Fini. Un manifesto condiviso in cui si parla di rifiuto della destra e della sinistra e della democrazia rappresentativa e di lotta contro la globalizzazione, di difesa delle “piccole patrie” e di un‘Europa svincolata dalle centrali del mondialismo. Un progetto in nuce che per la sua forza suggestiva e propositiva potrebbe condurre a costituire un movimento trasversale di popolo proiettato anche – ed è scritto – verso la disobbedienza civile globale per la realizzazione di un Fronte di liberazione. E’ facile vedere la coincidenza tra talune formulazioni dottrinarie e di lotta del Movimento Zero e quanto sostenuto dalle Comunità di Socialismo Nazionale.

D.) C'è una relazione particolare tra M.Z. ed il F.L.S.N.? E potrebbe nascere, sulla base di questi movimenti, una confederazione di gruppi politici che si rifacciano a prospettive ed ideali condivisi?

R.) Comunque tra i due movimenti non c’è al momento alcuna relazione particolare, anche se moltissimi militanti provenienti dall’esperienza frontista hanno aderito all’iniziativa di Massimo Fini. Staremo a vedere cosa potrà accadere in termini di progettualità operativa.

Siamo all’Anno Zero. Di lì noi intendiamo partire. Non dimenticando che sono in cantiere altri progetti movimentisti intesi alla creazione di una federazione delle forze concorrenti e non-conformi che hanno come fine comune la creazione di un articolato Fronte di Liberazione.

D.) Sei sempre stato molto attento alla situazione della giustizia italiana che, dopo le vicende processuali che ti hanno ingiustamente coinvolto, hai anche seguito attraverso la collaborazione con il giornale Giustizia Giusta, noto per il suo impegno garantista e per il diritto. Quali sono le tue principali proposte su questa tematica, ed in che relazione sono con le due sopra citate associazioni politiche?

R.) Rifiuto il riferimento alle mie vicende processuali come momento di presa di coscienza dell’esistenza di una “giustizia ingiusta”. Nel tempo della desacralizzazione del Diritto, non la sola giustizia italiana merita di essere puntualmente e spietatamente analizzata. Viviamo la dimensione, ormai, della giustizia globalizzata con cui si perseguono – fuori di ogni confine e di ogni regola – i non-conformi. All’Aja e a Bagdad si processano (nella logica di Norimberga) i vinti e dalle tante Guantanamo giungono gli echi dell’orrore. In un’Europa dominata dalla Banca centrale, politici “illuminati” hanno ratificato l’ignominia giuridica di un mandato di cattura che consente il sequestro e la deportazione di un cittadino nelle carceri di un Paese non suo per fatti che nel suo Paese non costituiscono reato. E lo psicoreato non appartiene più ad una previsione orwelliana ma alla realtà di un tempo in cui la repressione degli eretici e dei ribelli è di applicazione continua.
Per quanto riguarda lo stato della Giustizia in Italia a tutti è consentito constatare – solo che lo voglia - come la magistratura sia andata nel tempo esercitando un potere a dir poco “anomalo”. Grazie all’inerzia ed alla viltà dei politici il Partito dei Giudici ha storicamente realizzato la via giudiziaria al potere. Le lamentazioni berlusconiane contro la persecuzione delle “toghe rosse” sono strumentali. Intanto perché le toghe non hanno colore ma sono casta; e quindi perché in cinque anni di governo non una sola riforma (se non d’interesse “privato”) è stata fatta. Sarebbe bastata una legge sulla separazione delle carriere a mitigare l’arroganza dei professionisti dell’antimafia e dei magistrati teorematici. Nulla. In realtà i magistrati sono divenuti “camerieri dei banchieri”, spesso più affidabili dei politici. Il caso Antonveneta e l’Operazione “mani pulite” ne sono la dimostrazione. In una tale situazione non vale più attardarsi su improbabili progetti di riforma. La Giustizia non va riformata ma liberata. Per restituire ai cittadini le garanzie ed i diritti di cui vengono quotidianamente rapinati. Checché ne dicano i forcaioli di professione e i “girotondini” di complemento.
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di Luigi cardarelli

Se n’è andato uno veramente diverso dagli altri, una delle poche voci fuori dal “coro”; l’eretico per eccellenza, la”vecchia canaglia”, il socialista rivoluzionario tout-court Paolo Signorelli.Onore a lui per sempre ed alla sua vita lineare e coerente, esaltata dalla lotta fino agli ultimi giorni.
Coraggioso, beffardo e sicuro nei suoi ideali, malgrado costretto da sempre ad una “guerra di trincea”.Che sia stato un grande lo testimonia anche il fatto che per lui non ci saranno certo funerali di stato: per lui che questo sistema lo ha combattuto davvero, senza riserva alcuna, da antagonista vero.

Non sarà ricordato dalla stampa di regime e dai tabloid patinati;la servitù corrotta e viscida non rende di sicuro omaggio ai guerrieri impavidi.Non gli presenteranno neanche delle postume scuse per averlo tenuto degli anni in prigione, non si sa bene perchè.Dovremmo tenerlo proprio in ricordo, perchè Paolo non è uno di quei politici, di quei pensatori che si è fatto la villa o le vacanze coi nostri soldi, ma anzi perdendoci del suo.Se non sarà riverito e omaggiato dagli unti scribani di corte “me ne frego”, come avrebbe detto lui.Indubbiamente resterai vivo in eterno nella nostra memoria e nei cuori nostri.

Canterò “le chant du diable” per te
BeautifulLoser
00venerdì 3 dicembre 2010 20:23
Re:
scusa il sarcasmo, ma questa volta ci vuole...


lucaDM82, 03/12/2010 15.14:


(...)
Era uno spirito libero.
(...)




adesso sì che è libero!
lucaDM82
00venerdì 3 dicembre 2010 20:30
uahuahuahuahuahuahuahuahuahuahuahauhauhauahuahauahauahuahaauh
BeautifulLoser
00venerdì 3 dicembre 2010 23:22
Re:
lucaDM82, 03/12/2010 20.30:

uahuahuahuahuahuahuahuahuahuahuahauhauhauahuahauahauahuahaauh




non me ne volere, luca... non ho mai perso una parola sulla tua "tradizione" e posizione politica. e pensare che ai tempi della hafenstrasse di amburgo o dei kreuzberger krawalle picchiavo tutto quello che era a destra dei democristiani. ho fatto anni di wing tsun praticamente solo per quello [SM=g27986]
sarà l'età che -- bene o male -- porta tolleranza, sarà la mia libidine per il dissenso a prescindere (anche e soprattutto verso chi politicamente mi è vicino) da un certo punto della mia vita in poi, ma non m'è mai venuto in mente di discutere di politica con te. anche se, quant'è vero che domani è sabato, disapprovo ogni principio (e i loro derivati) della tua corrente politica. tradizione, identità, misticismo, elitarismo, azione fine a se stessa, "rivoluzione" come l'intendete voi -- tutte cazzate per me.
senza dubbio è così perché (e non so come) mi ispiri una certa, e fondamentale, simpatia.
Sound72
00sabato 4 dicembre 2010 11:51
se nn sbaglio qualche anno fa ci fu una contestazione in pubblico a Di Canio mentre era in giro per Rieti con Signorelli..
la mia curiosità nel senso di chiarimento storico era sui legami se mai ce ne sono realmente stati tra Ordine Nuovo, Costruiamo l'azione e Terza posizione.
Sound72
00sabato 4 dicembre 2010 12:03
Oltre 40.000 firme per aprire gli archivi
"Bene il Copasir, adesso tocca al governo


"I promotori incontrano il presidente della commissione Massimo D'Alema."E' contro il prolungamento del segreto di Stato, ma aspettiamo i fatti". In Italia ci sono 108 archivi segreti-

ROMA - Si dicono soddisfatti ma chiedono fatti. Passi concreti per aprire quei 108 archivi dei servizi segreti sparsi in Italia. E anche quelli della presidenza del consiglio, dei ministeri dell'interno, della difesa, degli esteri, delle forze dell'ordine. Forti delle oltre 40mila firme raccolte su Repubblica.it i promotori dell'appello "Aprite gli archivi" si presentano, in mattinata, davanti al Copasir presieduto da Massimo D'Alema. A lui, e agli altri membri della commissione, ripetono la loro richiesta di rendere pubblico il contenuto degli archivi dei servizi, di dire no alle conclusioni della commissione Granata che punta ad estendere oltre i 30 anni il segreto di Stato. E chiedono al governo, fino ad oggi silente, di battere un colpo. Perché "non è più accettabile che a tutt'oggi manchino i decreti attuativi della legge" senza i quali gli archivi non possono essere aperti.
A dare la scossa, a quello che fino a poco tempo fa sembrava solo un problema delle associazioni dei familiari delle vittime (presenti al completo), è stata l'ennesima assoluzione: qella per la strage di Brescia. "Eravamo rassegnati, adesso vedendo quanta gente ha firmato nutriamo
fiducia" dice Paolo Bolognesi, a capo dei familiari della strage della stazione di Bologna. "Il Copasir è contrario alla reiterazione del segreto - dice - Io sono ottimista ma aspetto i fatti".

Tocca a Felice Casson, ex pm a Venezia, titolare dell'inchiesta sul Gladio e la strage di Peteano, adesso parlamentare Pd: " La volontà del legislatore sul segreto di Stato, era quella di limitarlo a 15 anni, con possibilità di prorogarlo al massimo per altri 15. L'incarico della presidenza del Consiglio alla Commissione presieduta da Renato Granata affinchè valutasse come procedere riguardo ai decreti attuativi è un'interferenza pesantissima del governo sul Parlamento. La legge è chiara e invece si cerca di reinterpretarla". E quel timore serpeggia anche nelle parole della deputata democratica Rosa Villecco Calipari: "In effetti il sottosegretario Gianni Letta ha parlato di una possibile revisione della legge..". In sala c'è anche Fabio Granata (Fli) a testimonianza della trasversalità dell'appello. "C'è un clima di maggiore apertura - dice il deputato finiano - e paradossalmente questa fase politica così confusa sta aiutando il confluire delle energie"

Durante l'incontro con i promotori D'Alema fornisce alcune cifre. In Italia ci sono 108 depositi di documenti presenti nelle sedi dei servizi. Le carte dovrebbero, dopo una selezione, finire al Dipartimento informazioni e sicurezza chiamto a riorganizzarli. Ma finora non ci sarebbero stati molti passi avanti verso questa direzione. Nel merito il presidente della commissione spiega che il Copasir è impegnato "per la piena attuazione della legge sui servizi, che significa non solo il rispetto rigoroso della caduta del segreto di Stato dopo 30 anni e la declassifica dei documenti, ma anche creare le condizioni per la riorganizzazione degli archivi per fare in modo che dopo 40 anni i documenti siano versati nell'archivio centrale di Stato e resi disponibili agli storici ed ai cittadini". Ed è questo un'altro punto che ai promotori dell'appello sta a cuore. Avere certezze su chi metterà le mani su carte e documenti. Sui chi e come li classificherà e chi deciderà cosa distruggere. "Non possono essere gli uomini dei servizi a decidere cosa scartare, ma un'autorità terza" dice Bolognesi. ( repubblica.it )
lucaDM82
00domenica 5 dicembre 2010 02:22
Bravo,hai tirato fuori il nome giusto. [SM=g28002] Il giorno che schiatterà quella *macchietta* di canio sarò anche io *sarcastico*.
lucaDM82
00venerdì 10 dicembre 2010 13:13
Re:
Sound72, 04/12/2010 11.51:

legami se mai ce ne sono realmente stati tra Ordine Nuovo, Costruiamo l'azione e Terza posizione.



Erano organizzazioni che non avevano nulla a che fare col partito,non mi sono mai interessato abbastanza.Cmq in termini di principi ogni organizzazione ha contaminato le altre,questo è sicuro.
Sound72
00venerdì 10 dicembre 2010 14:40
a proposito di Misteri, ieri sera su History channel stavo guardando una puntata ben documentata sulla storia della Banda della Magliana..
la ricostruzione dei fatti era realizzata con interviste ad alcuni esponenti storici del gruppo come Fabiola Moretti e Antonio Mancini, 2 mezzi pentiti che hanno rilasciato diverse rivelazioni sul caso Pecorelli e quello di Emanuela Orlandi..
La cosa che mi ha lasciato abbastanza sorpreso è stato vederli "a viso scoperto" anche perchè sia a Chi l'ha visto che in altri speciali fino a poche settimane fa erano sempre intervenuti oscurati e con le voci camuffate...
BeautifulLoser
00sabato 11 dicembre 2010 17:32
TANZI: "PENA DURA" - "Non mi aspettavo una sentenza così severa". Sono queste le prime parole che Calisto Tanzi ha detto al suo legale Giampiero Biancolella che, subito dopo la lettura della lunga sentenza del processo Parmalat, lo informato al telefono sulla condanna a 18 anni di reclusione. “Di certo non ci aspettavamo un'assoluzione, ma neppure un verdetto così severo, con il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche” ha confermato il legale, annunciando il ricorso in appello.


un mistero? altroché!
per me è un mistero che questo rompe pure il cazzo.
al suo coetaneo bernard madoff negli stati uniti hanno dato 150 anni per una truffa di 50 miliardi. e li sconta in CARCERE e non ai domiciliari come sarà il caso di calisto, quel gran culo rotto nato nel paese della clemenza con i truffatori.

poi cosa vuol dire questo?

Calisto Tanzi (e altri) sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e inabilitati per dieci anni all'esercizio di un'impresa commerciale e all'esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

significa forse che mentre sconta i suoi 18 anni, tanzi può riaprire un'attività? dal carcere? o molto più probabile dal salotto di casa sua? a 82 anni, magari tirando fuori dal cilindro un tesoretto nascosto, forse altri dipinti di picasso e van gogh, e scendere nuovamente in pista con l'aiuto di vari amici e parenti, in primis di quella zoccola della figlia, co-fondatrice della gea, e del genero? che siano stramaledetti fino alla fine dei secoli! loro e chi non li manda al patibolo!
Sound72
00mercoledì 15 dicembre 2010 22:15


La Corte d'appello di Milano proscioglie l'ex direttore del Sismi
"Non giudicabili": con queste parole la Corte d'appello di Milano ha prosciolto l'ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari, e l'ex numero due del servizio segreto, Marco Mancini, imputati per il sequestro dell'ex imam milanese Abu Omar e confermando così la sentenza di primo grado.
Insomma, i servizi segreti italiani erano a conoscenza delle attività che hanno portato al rapimento di Abu Omar, ma i vertici del Sismi non hanno responsabilità penali a causa del segreto di Stato apposto dai governi Prodi e Berlusconi sulla vicenda.

Al processo d'appello per il sequestro di Abu Omar, il sostituto procuratore generale di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per Nicolò Pollari e a 10 anni per Marco Mancini.
Secondo l'accusa, non c'erano le condizioni per concedere le attenuanti generiche anche per l'elevatissima consapevolezza nell'agire degli imputati. Accuse respinte dalla Corte.
L'imam Abu Omar fu sequestratro il 17 febbraio del 2003 in via Guerzoni, poco distante dal centro culturale islamico di Viale Jenner. Caricato a forza su un furgone da una squadra della Cia e trasportato in Egitto dove fu torturato e interrogato.


........

la parola magica..."segreto di Stato"...
giove(R)
00giovedì 16 dicembre 2010 15:14
che coincidenza questi discorsi...
oggi passando dalle parti del Senato per andare a prendere un caffè Schifani e Bagnasco con scorta entravano agli Archivi di Stato...
[SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]
giove(R)
00giovedì 16 dicembre 2010 15:23
Re:
Sound72, 10/12/2010 14.40:

a proposito di Misteri, ieri sera su History channel stavo guardando una puntata ben documentata sulla storia della Banda della Magliana..
la ricostruzione dei fatti era realizzata con interviste ad alcuni esponenti storici del gruppo come Fabiola Moretti e Antonio Mancini, 2 mezzi pentiti che hanno rilasciato diverse rivelazioni sul caso Pecorelli e quello di Emanuela Orlandi..
La cosa che mi ha lasciato abbastanza sorpreso è stato vederli "a viso scoperto" anche perchè sia a Chi l'ha visto che in altri speciali fino a poche settimane fa erano sempre intervenuti oscurati e con le voci camuffate...




comunque è scandaloso come sto Romanzo Criminale abbia fatto proseliti, nont anto come serie (bellina) quanto come mitizzazione.
ho sentito addirittura di gadget... tipo "l'accendino der Bufalo"...
stiamo a pezzi proprio.
mitizzare un manipolo di pezzi di merda sanguinari, tra l'altro pure cojonati, dato che i servizi li hanno usati di qua e di là per i cazzi loro.

la gente in giro sta male sul serio. de cervello.

lucaDM82
00giovedì 16 dicembre 2010 15:46
Tempo Roma di venerdì 10 dicembre 2010
Banda della Magliana pure sugli accendini - La banda diventa gadget

di Di Chio Fabio


Ora anche gli accendini: con la scritta «Banda della Magliana», «Il Freddo», uno dei protagonisti della gang, e altri ancora. Dopo i busti e le magliette, l'accendisigaro è l'ultimo gadget che si trova nelle tabaccherie ispirato alla serie tv «Romanzo criminale» in onda su Sky. Una storia di malavita narrata sulla base dell'omonimo libro scritto da Giancarlo De Cataldo, a sua volta traduzione letteraria di fatti e personaggi del gruppo di malviventi romani che ha imperversato dalla fine degli anni 70 ai '90. Gli accendini sono distribuiti da ieri. Prezzo: un euro e cinquanta. E già vanno a ruba. I pezzi hanno il fondo bianco sopra al quale sono impressi il volto del boss televisivo, il soprannome in fondo e in alto la scritta «romanzo criminale». In un altro invece figurano da Banda della Magliana» poi macchie di sangue e pistole. Agli inizi di dicebre un'altra trovata. In alcuni locali del centro sono comparse le magliette: «Dio perdona la banda no». Oppure: «Quando cade un re la terra trema io sto col libanese».
giove(R)
00giovedì 16 dicembre 2010 16:00
Re:
BeautifulLoser, 11/12/2010 17.32:

TANZI: "PENA DURA" - "Non mi aspettavo una sentenza così severa". Sono queste le prime parole che Calisto Tanzi ha detto al suo legale Giampiero Biancolella che, subito dopo la lettura della lunga sentenza del processo Parmalat, lo informato al telefono sulla condanna a 18 anni di reclusione. “Di certo non ci aspettavamo un'assoluzione, ma neppure un verdetto così severo, con il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche” ha confermato il legale, annunciando il ricorso in appello.


un mistero? altroché!
per me è un mistero che questo rompe pure il cazzo.
al suo coetaneo bernard madoff negli stati uniti hanno dato 150 anni per una truffa di 50 miliardi. e li sconta in CARCERE e non ai domiciliari come sarà il caso di calisto, quel gran culo rotto nato nel paese della clemenza con i truffatori.

poi cosa vuol dire questo?

Calisto Tanzi (e altri) sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e inabilitati per dieci anni all'esercizio di un'impresa commerciale e all'esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

significa forse che mentre sconta i suoi 18 anni, tanzi può riaprire un'attività? dal carcere? o molto più probabile dal salotto di casa sua? a 82 anni, magari tirando fuori dal cilindro un tesoretto nascosto, forse altri dipinti di picasso e van gogh, e scendere nuovamente in pista con l'aiuto di vari amici e parenti, in primis di quella zoccola della figlia, co-fondatrice della gea, e del genero? che siano stramaledetti fino alla fine dei secoli! loro e chi non li manda al patibolo!




a Pà ho capito che stai cò un piede dentro e uno fori però minchia, se me deevo fà beve, almeno famme beve per i cazzi miei e non degli altri. [SM=g27988]
fai appello al tuo enorme vocabolario e prova (riuscendoci) almeno a "smussare" qualche espressione.

nonc eh non ti capisca e anche condivida eh? però insomma...

la prossima volta non ti dico niente ma solo "scegli: dita che penetrano' o uomo di legno"
[SM=g27987]
giove(R)
00giovedì 16 dicembre 2010 16:17
Re:
lucaDM82, 16/12/2010 15.46:

Tempo Roma di venerdì 10 dicembre 2010
Banda della Magliana pure sugli accendini - La banda diventa gadget

di Di Chio Fabio


Ora anche gli accendini: con la scritta «Banda della Magliana», «Il Freddo», uno dei protagonisti della gang, e altri ancora. Dopo i busti e le magliette, l'accendisigaro è l'ultimo gadget che si trova nelle tabaccherie ispirato alla serie tv «Romanzo criminale» in onda su Sky. Una storia di malavita narrata sulla base dell'omonimo libro scritto da Giancarlo De Cataldo, a sua volta traduzione letteraria di fatti e personaggi del gruppo di malviventi romani che ha imperversato dalla fine degli anni 70 ai '90. Gli accendini sono distribuiti da ieri. Prezzo: un euro e cinquanta. E già vanno a ruba. I pezzi hanno il fondo bianco sopra al quale sono impressi il volto del boss televisivo, il soprannome in fondo e in alto la scritta «romanzo criminale». In un altro invece figurano da Banda della Magliana» poi macchie di sangue e pistole. Agli inizi di dicebre un'altra trovata. In alcuni locali del centro sono comparse le magliette: «Dio perdona la banda no». Oppure: «Quando cade un re la terra trema io sto col libanese».




che schifo di merda che città di merda che coglioni di merda sti romani di merda.
der bufalo non hanno manco il cervello.
che poi è la stessa cosa di quelle cazzo di felpe "narcotrafficante", "Pablo Escobar".

all'anima dei modelli, tra l'altro una manica di infami che si è ammazzata a vicenda. ce ne fosse uno che è stato ammazzato dalla polizia. tutti tra loro si sono fatti fuori.
bel modello... gli infami. da paura!

mò addirittura non solo la malavita come modello, ma pure essere infame per interesse diventa "fico".
siamo al colmo.

fa non bene, STRA-bene Saviano a raccontare le miserie di come sono costrettia vivere qeusti vari boss. a sottolineare come chi comandava e avaeva potere di vita o di morte, alla fine stava in un casolare siciliano a mangiare pane e formaggio, a non alvarsi il culo e a scrivere pizzini.

che merda questi "inghiottitori di mode" per i quali un bandito e l'ultimo modello di touch screen "pari son".

un mio amico di infanzia un giorno ebbe il padre ammazzato. gli spararono a Ostia. solo allora sapemmo che era il figlio di Edoardo Toscano l'operaietto.

beh.. lui non è che se ne giovò molto (e ho detto tutto).
e chissà (se è ancora tra noi) cosa pensa di tutta sta moda.
BeautifulLoser
00giovedì 16 dicembre 2010 19:06
Re: Re:
giove(R), 16/12/2010 16.00:




a Pà ho capito che stai cò un piede dentro e uno fori però minchia, se me deevo fà beve, almeno famme beve per i cazzi miei e non degli altri. [SM=g27988]
fai appello al tuo enorme vocabolario e prova (riuscendoci) almeno a "smussare" qualche espressione.

nonc eh non ti capisca e anche condivida eh? però insomma...

la prossima volta non ti dico niente ma solo "scegli: dita che penetrano' o uomo di legno"
[SM=g27987]




scusa, ma non riesco a capire il senso dell'intervento [SM=g27994]
ti disturba la scelta delle parole?
giove(R)
00giovedì 16 dicembre 2010 23:01
Re:
cos'è che non hai capito Patric?

BeautifulLoser, 11/12/2010 17.32:


quel gran culo rotto


[SM=g27985]
oppure

BeautifulLoser, 11/12/2010 17.32:


quella zoccola della figlia


[SM=g27994] [SM=g27995]
ma anche
BeautifulLoser, 11/12/2010 17.32:


che siano stramaledetti fino alla fine dei secoli! loro e chi non li manda al patibolo!



[SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]

...............

[SM=g27987]
vojo dì , non è che io "fischio" sotto quest'aspetto. te dico pure li morti se me fai incazzà, come ben sai per aver assistito... [SM=g27989]

poi probabilmente sei blogger e forumer molto più di me su tante altre cose (e chissà in quante lingue! [SM=g27987] [SM=g27988] ) e non te lo devo insegnare certo io che per robe del genere c'è gente (e l'amministratore con lui) che s'è beccato una denuncia... [SM=g27994]


PS. siccome ce ne ho messe poche de faccine allora [SM=g27988]

chiefjoseph
00giovedì 16 dicembre 2010 23:37
sto vedendo il documentario sulla banda della magliana su history channel...

ho scoperto ora che claudio sicilia(trentadenari nella serie, il napoletano) l'hanno ammazzato a tormarancia, nel negozio d'abbigliamento "nolano" vicino a via dei georgofili... [SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]
quel negozio ora non c'è più, però conosco i gestori(napoletani anche loro) [SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]
BeautifulLoser
00venerdì 17 dicembre 2010 02:33
Re: Re:
giove(R), 16/12/2010 23.01:

cos'è che non hai capito Patric?



[SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]

...............

[SM=g27987]
vojo dì , non è che io "fischio" sotto quest'aspetto. te dico pure li morti se me fai incazzà, come ben sai per aver assistito... [SM=g27989]

poi probabilmente sei blogger e forumer molto più di me su tante altre cose (e chissà in quante lingue! [SM=g27987] [SM=g27988] ) e non te lo devo insegnare certo io che per robe del genere c'è gente (e l'amministratore con lui) che s'è beccato una denuncia... [SM=g27994]


PS. siccome ce ne ho messe poche de faccine allora [SM=g27988]





sì, vabbe', ma giusto in italia.
una media impressionante di omicidi bianchi, omicidi di mafia, uxoricidi... ma fare i permalosi per parolacce e maledizioni. bah, se veramente si lamenta qualcuno, ti passo il mio indirizzo e lo rigiri alle sedi opportune. per me sarebbe praticamente un vanto essere denunciato per un "reato" del genere.
giove(R)
00venerdì 17 dicembre 2010 10:12
già.. ma infatti mica t'ho detto cotica.
le cose che hai scritto anche io te le posso dire a quattrocchi e metterci pure il carico da 1000 e undici.
però... come dicono benigni e troisi nella lettera a Savonarola: "e pure per te!".

PS. un ragazzetto amministratore di un forum di calcio che aveva anche sezioni off topic ed extracalcistiche in un topic di gossip ha raccontato una ...voce di popolo... un "si dice" a proposito di un personaggio femminile noto di cui si diceva che frequentasse e se la facesse con certe persone, non ti sto a dire...

l'hanno denunciato. poi che sia una denuncia di merda, che ci sono cose più importnati, ecc. non c'è nemmeno bisogno che te lo confermi io.

a posto così. ho fatto il mod, come ruolo imponeva.
ne siamo usciti puliti.
[SM=g27988]
lucaDM82
00venerdì 17 dicembre 2010 16:41
cosa vi ricorda?
Parmalat: storia di un crollo annunciato
L'intreccio politico e finanziario che ha portato al collasso

Marco Vitale, economista d'impresa[...].

Prof. Vitale, può aiutarci a ricostruire la storia di Parmalat?
Quella di Parmalat, soprattutto negli ultimi anni, non è fondamentalmente una storia criminale. E’ la storia di un’impresa nata nel 1962, fondata da un giovane che allora aveva 23-24 anni, con una intuizione imprenditoriale corretta, con una forte determinazione e che ha avuto una sua prima fase di sviluppo sano. Basti pensare che nel 1973 il fatturato era salito a 20 miliardi di lire, diventati 550 nel 1983. A questo punto si innesta da parte di Calisto Tanzi un’ambizione errata, che va al di là del successo aziendale: l’ambizione di contare, di essere importante, di influenzare lo sviluppo del settore in cui opera. È in questo periodo che Tanzi si lega con politici importanti che guardano a questo imprenditore emergente con interesse, come fanno sempre i politici con chi gestisce tanti soldi.

Qual era il quadro politico dell’epoca?
Siamo nella fase in cui la politica italiana è dominata dal socialista Bettino Craxi e da un mondo cattolico emergente che ha come punto di riferimento il giovane Ciriaco De Mita, controbilanciamento di Craxi, alla ricerca di appoggi industriali. Questo connubio, legittimo e comprensibilissimo, porta Tanzi a sviluppare una grande ambizione, e a cercare un’espansione sconsiderata, su basi finanziarie estremamente fragili. Il latte è un prodotto dal basso margine e col latte puoi fare certe cose e non altre. Tanzi, essendo consapevole di questo, in quel periodo si lancia in una grande politica di sponsorizzazioni, altra innovazione nel settore. Mai nessun produttore di commodity si era impegnato con queste grandi campagne che coinvolgono nomi dello sport come Ingemar Stenmark, Gustav Thoeni, Nelson Piquet, Niki Lauda. Nel contempo cerca quindi di costruire un marchio, e in gran parte ci riesce. Poi individua filoni di sviluppo nuovi, non solo quello del latte. In particolare lo yogurt, i succhi di frutta (compra la Santàl), le merendine (acquista Mr.Day). Queste acquisizioni vengono fatti tutti a debito, perché è un imprenditore che piace, che dà affidamento, ma soprattutto perchè è amico di De Mita, di Giulio Andreotti, dei grandi banchieri cattolici (da Ferdinando Ventriglia del Banco di Napoli a Gianni Zandano del S.Paolo, a Piero Barucci del Monte Paschi), che allora dominano il sistema bancario e sono molto legati al potere economico.

Quale fu il punto di svolta?
Una prima crisi si verificò già nel 1987-88. Allora la situazione della Parmalat era nota a tutti, anche ai grandi concorrenti. Infatti è in quegli anni che l'olandese Kraft offre di rilevare tutto per una cifra tra i 700 e gli 800 miliardi di lire. Da un punto di vista puramente economico e finanziario, quella era una soluzione fantastica per Tanzi: avrebbe risolto i suoi guai, l’impresa si sarebbe consolidata, ne sarebbe uscito con 700 miliardi di lire con cui potersi cimentare in altre attività. Però lui non volle perché, perdendo Parmalat, avrebbe perso il proprio obiettivo imprenditoriale, il potere, l’immagine di un imprenditore forte, emergente, importante. Quindi venne malconsigliato dagli amici politici che lo incitarono a mantenersi autonomo, assicurandogli appoggi finanziari (il loro interesse è chiaro: con Kraft non avrebbero potuto continuare ad andare a Roma in aereo). Tanzi quindi restò. E con lui lo squilibrio finanziario della sua azienda. A quel punto si verificò un’operazione molto ambigua che fa capo ad una piccola finanziaria toscana, di un tale Giuseppe Gennari, che godeva dell'appoggio del governatore del Monte Paschi, Carlo Zini, e di Lo Bianco, presidente della Federconsorzi, all’epoca un ente di grande peso. Seguendo un primo binario, Gennari si introdusse con molta forza in Parmalat, fino a contando talmente tanto che Tanzi sembrava messo da parte. La sua forza era l’importante dote finanziaria fornita dal Monte dei Paschi di Siena. Su un secondo fronte c’era un progetto denominato “Aquila”, studiato sempre da Federconsorzi e Montepaschi, per creare un polo di imprese agroalimentari e di banche particolarmente attente al mondo agricolo. La capofila era la Banca Nazionale dell’Agricoltura, posseduta al 13% da Federconsorzi, proprietaria di una serie di aziende importanti, per lo meno di nome, come la Polenghi Lombardo. Parmalat era un soggetto ideale per diventare perno di questo disegno.

Come mai questa iniziativa non ebbe successo?
Questo disegno venne spazzato via dall’implosione di Federconsorzi che, sulla base di un mismanagement lungo decenni, sempre nascosto attraverso il potere e la finanza bancaria, causò una crisi irreversibile che condusse allo scioglimento del gruppo. Nel contempo il potente governatore del Mps dovette fronteggiare problemi di natura giudiziaria, e fu costretto a lasciare la banca. I salvatori dovevano essere salvati: Tanzi era di nuovo nei guai, molto seriamente. In quel periodo io ero presidente di una merchant bank. Ci fu chiesto di intervenire. Io vidi il dossier su Parmalat. Ci rifiutammo di entrare per due motivi: secondo noi lo sviluppo finanziario era talmente grande da non poter più essere curato con metodi normali. Le persone con cui ci eravamo incontrati trasmettevano un senso di oscurità, di ambiguità, di non trasparenza. Avevamo la sensazione che le cifre fossero truccate. In me e nel consigliere delegato della merchant bank, Giorgio Cirla, sorse un grande sentimento di diffidenza. E credo che questo non fosse solo una questione personale. Infatti Tonna nelle sue deposizioni, che la manipolazione dei dati iniziò proprio in quegli anni, a cavallo tra il 1988 e il 1989. Già allora chi voleva, poteva capire. Si decise di portare Parmalat in Borsa, come soluzione di tutti i problemi, un’idea molto pericolosa: andare in Borsa quando un'azienda ha problemi. A quel punto entrò un banchiere d’affari, Gianmario Roveraro, all’epoca presidente della Banca Akros, da lui stesso fondata. Roveraro era ed è una persona di grande capacità, competenza e correttezza. Egli, mostrando quella pazienza che noi non avevamo avuto e senza farsi spaventare dagli atteggiamenti di oscurità, costruì pazientemente uno schema di salvataggio, accompagnò la società in Borsa, riuscì a convincere a tagliare dei rami secchi e a ricercare un equilibrio interno più serio. Restò per un paio d’anni anche nel consiglio d’amministrazione per vigilare che questa linea di nuova serietà venisse preservata.

Cosa avvenne in seguito?
La presenza di Roveraro si diluì e l’azienda venne risucchiata. Tanzi perseguì di nuovo una linea d’espansione dissennata, tornando a puntare tutto sul debito, sull'appoggio dei banchieri, sugli amici della politica. Nel frattempo, la Sme decise di privatizzare le sue aziende alimentari, che comprendevano Cirio, Bertolli ed altri marchi noti. Si scatenò una corsa alla loro acquisizione e apparve Sergio Cragnotti, appena uscito da un’avventura con Raul Gardini in Enimont. Con questi soldi fondò la Cragnotti & Partners, trovò l'appoggio di banche e gruppi finanziari importanti, ed acquisì queste aziende del settore alimentare. Il suo grande referente era Cesare Geronzi, consigliere delegato del Banco di Roma. E’ sotto la sua regia che Cragnotti acquistò Cirio, la Centrale del Latte di Roma, ottima azienda, e altre realtà imprenditoriali. Sempre sotto la sua regia si incontrarono per la prima volta Cragnotti e Tanzi, che sotto la guida di questo spericolato banchiere, cominciò ad accumulare sempre maggiori debiti. Da notare che Geronzi era creditore della Federconsorzi, partner della Cragnotti e Partners, creditore della Cirio: un intreccio di interessi che impedisce di agire con la necessaria oggettività, lucidità e imparzialità. E’ qui che ci sono gli sbagli e le omissioni della Banca d’Italia, non dopo.

A cosa si riferisce?
I veri errori della Banca d'Italia si verificano a questo punto della vicenda: aver permesso la crescita di questi nodi di conflitti d’interesse e di poteri strampalati, come per esempio essere banchiere ed essere anche partner della Cragnotti & Partners. Cragnotti acquistò la Cirio per 26 miliardi con una base d’asta di 106 miliardi e dopo alcuni anni Tanzi, per permettere a Cragnotti di rientrare verso un’esposizione che aveva soprattutto verso Banco di Roma, venne convinto e finanziato - oggi dice «forzato» - ad acquistare il polo del latte fresco che faceva capo alla Cirio, composto da Polenghi Lombardo, dalla centrale del latte di Roma e da qualche altra cosa. Un polo che Tanzi comprò ad un prezzo altissimo, sotto la regia di Geronzi, per oltre 700 miliardi. Sempre sotto la regia di Geronzi, Tanzi venne forzato - io dico guidato - ad acquistare le acque minerali di Giuseppe Ciarrapico, perchè anche lui doveva rientrare dai suoi debiti. Questa non è attività da banchieri: è la filosofia delle tre tavolette. Questo comportamento spinse Tanzi nel cosiddetto “schema Ponzi”: pagare i debiti contraendo altri debiti, ogni volta con interessi crescenti, restando intrappolati in una spirale perversa. Questo è lo schema mortale in cui Parmalat è rimasta intrappolata.

Qual è il ruolo delle banche in tutto questo?
Per istituti bancari di livello internazionale come Citicorp, Deutsche Bank, Jp Morgan, Parmalat era attraente perché pagava commissioni mostruose. Quando le banche non gli davano più credito si offrivano emissioni obbligazionarie nei posti più disparati del mondo. Questa è stata l’impiccagione finale di Tanzi. Queste banche hanno una responsabilità altissima: l’accusa è quella di non aver fatto seriamente il loro mestiere di banchieri. Basti un esempio: nel solo 1998, Parmalat ha acquisito la bellezza di 15 aziende all’estero. Acquisire un’azienda richiede lunghi tempi di adattamento delle organizzazioni, degli uomini, delle procedure. Figuriamoci quindici! La prova che le banche conoscevano l'entità del dissesto di Parmalat è che tutta l’industria dei fondi italiani, che è un’industria sana, aveva investito in azioni e obbligazioni Parmalat, la più grande azienda alimentare italiana, soltanto lo 0,11% del proprio patrimonio. Questo dato è già di per sé un giudizio negativo. Un ulteriore riprova è che Assogestioni è l’unico organismo che ha scritto una lettera a Tanzi, sottolineando la necessità di una maggior trasparenza nella contabilità e nelle procedure, data la quotazione in Borsa.

Le banche hanno cercato di giustificarsi in qualche modo. La loro difesa è credibile?
Arroccarsi dietro la posizione della Banca d'Italia, dell'Abi, e delle principali banche italiane è una colossale falsità che impedisce al sistema di migliorare. Oggi le banca operano in modo troppo meccanico: si bada alla cassa senza andar troppo per il sottile nell'analisi dei bilanci. L’unica parziale autocritica è stata mossa da Corrado Passera di Banca Intesa che ha ammesso che il sitema bancario poteva fare molto di più. E’ impossibile che un gruppo di queste dimensioni facesse un botto del genere senza che si sapesse. La verità è che tutti mangiavano su Tanzi: i banchieri, i politici, la città di Parma. Quella di Parmalat è la storia di un collasso annunciato. E’ dall’89 che il destino dell'azienda era segnato. Il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio ha detto: «Noi non siamo responsabili delle scelte delle singole banche. La nostra responsabilità è controllare che il sistema sia solido». Ha ragione. Ma la Banca d’Italia è responsabile della solidità del sistema, un valore che su difende innanzitutto attraverso la tutela della fiducia del risparmiatore. Se un governatore non interviene in un’operazione come quella Parmalat non fa il suo dovere. In questo momento il totale dei rimborsi che le aziende fanno in Italia è maggiore del totale delle emissioni. Vuol dire che il sistema economico italiano è fermo e senza linfa. [...]





Sound72
00martedì 21 dicembre 2010 14:54
Metro B, bomba in un vagone
Atac: verifiche in corso. Isolata l'area


L'ordigno rudimentale è stato trovato da un macchinista dell'azienda di trasporti in un convoglio che stava per partire. L'area è stata messa in sicurezza. Il sindaco Alemanno: "Poteva esplodere"

Ritrovato un ordigno esplosivo sulla linea B della metropolitana, alla stazione di Rebibbia. Alle ore 9.50 circa un macchinista dell'Atac ha trovato un oggetto sospetto all'interno del primo vagone di un convoglio fermo su un binario al capolinea. La busta di plastica era stata lasciata sotto un sedile, al suo interno una scatola, con due tubi, polvere pirica, fili elettrici e un comando per farla esplodere a distanza. L'ordigno rudimentale, del tipo 'Pipe', è stato subito disinnescato dagli artificieri dei carabinieri. Il punto sul quale è stato visto l'esplosivo è un "binario tronchino", che si trova nell'area in cui vengono effettuate le manovre dei treni. Al vaglio i filmati delle telecamere di sorveglianza.

Sono state immediatamente allertate le forze dell'ordine e i vigili del fuoco, che, intervenuti sul posto, hanno provveduto ad isolare l'area procedendo poi alla constatazione della potenzialità esplosiva dell'ordigno.

Poco dopo la diffusione della notizia il sindaco di Roma, Gianni Alemanno ha dichiarato: "Una bomba atta a esplodere. Ma al momento la situazione è stata ristabilita ed è sotto controllo".

Sound72
00martedì 28 dicembre 2010 12:06
Ganzer d'accordo con i trafficanti"

Le motivazioni della condanna
a 14 anni per il comandante
del Ros: «Ha tradito lo Stato»


ROMA
"Il generale Gianpaolo Ganzer non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l'assoluta impunità. Ganzer ha tradito per interesse lo Stato e tutti i suoi doveri tra cui quello di rispettare e fare rispettare la legge". Con queste parole i giudici del Tribunale spiegano perchè il 12 luglio scorso condannarono il capo del Ros dei carabinieri Gianpaolo Ganzer a 14 anni di reclusione per traffico internazionale di droga in riferimento a operazioni sotto copertura.

In 1159 pagine i giudici dell'ottava sezione penale spiegano anche perchè non ha retto l'accusa legata al reato associativo. Ganzer infatti ha avuto una pena severa ma più bassa di quella chiesta dal pm, 27 anni di carcere. Con Ganzer era stato condannato a 7 anni e sei mesi anche Mauro Obinu, ex colonnello del Ros e attuale alto dirigente dei servizi segreti, oltre a diversi ex appartenenti all'Arma. Tra il 1991 e il 1997, il metodo targato Ros sarebbe stato quello "di creare traffico di droga prima al fine di reprimerlo usando a tal fine le conoscenze investigative, strumentalizzando le risorse dell' Arma, inducendo a importare droga trafficanti-fonti poi non perseguiti e arricchitisi con i soldi versati dagli acquirenti e mai sequestrati, e arrestando persone di sicuro interessate al narcotraffico ma ad esso istigati dai militari e dalle loro fonti".

"Il generale Ganzer non ha minimamente esitato a fare ricorso a operazioni basate su un metodo assolutamente contrario alla legge ripromettendosi dalle stesse risultati di immagine straordinari per se stesso e per il suo reparto" aggiungono i giudici del Tribunale di Milano.

"Le attenuanti generiche, quindi, non possono essere riconosciute a Ganzer non solo per l'estrema gravità dei fatti, avendo consentito che numerosi trafficanti - primo fra tutti Bou Chaaya - fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell'assoluta impunità, ma anche per la preoccupante personalità dell'imputato, capace di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione" fa osservare il collegio, secondo il quale "pur di tentare di sfuggire alle gravissime responsabilità della sua condotta negli anni in questione Ganzer ha preferito vestire i panni di un distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti, dando agli stessi solo una scorsa superficiale; che veniva sistematicamente non messo al corrente di fatti rilevanti e ingannato dai suoi collaboratori, nessuno dei quali gli avrebbe parlato, per esempio, della consegna di oltre un miliardo e mezzo di lire a José-Berrocal; che non chiedeva spiegazioni e non sentiva il dovere di controllare l'operato dei militari che da lui dipendevano".

"Non si ravvisa negli imputati l'intento di partecipare in modo stabile e permanente ad un programma comprendente la realizzazione di una serie indeterminata di reati, ma soltanto l'intenzione di eseguire alcune operazioni che, da una parte, avrebbero consentito di individuare e arrestare - seppure con metodi illegali - pericolosi trafficanti di sostanze stupefacenti, disposti ad acquistare ingenti quantitativi di dette sostanze, e, dall'altra, di dare lustro, davanti ai propri superiori e all'opinione pubblica, al corpo di appartenenza" sono le parole con cui giudici del Tribunale di Milano spiegano perchè Ganzer e gli altri imputati tra i quali i narcotrafficanti sono stati assolti dal reato di associazione per delinquere. "Non vi è stata neanche una suddivisione dei ruoli tra gli imputati, diversa da quella esistente nell'ambito militare e in qualche modo funzionale alla commissione dei delitti di cui trattasi, e pertanto neppure sotto questo aspetto può dirsi che gli imputati abbiano costituito una autonoma struttura funzionale all'attuazione di un programma criminoso - scrivono i giudici - Ritiene il Tribunale che l'esistenza di reiterate deviazioni nell'ambito del ROS, ad opera di appartenenti al suddetto Raggruppamento e nei termini sopra sintetizzati, non sia sufficiente ad integrare il delitto, in mancanza di un vincolo stabile tra gli imputati e della creazione da parte degli stessi di una seppur minima struttura finalizzata al raggiungimento di fini illeciti e criminosi".

Conclude il collegio: "Si deve osservare, con riguardo alla esistenza di una struttura dell'associazione, che essa non può essere identificata nella stessa struttura del Raggruppamento Operativo Speciale, poiché questa non solo era stata creata, indipendentemente dalla volontà degli imputati, per il perseguimento di fini ovviamente leciti, ma era anche normalmente utilizzata dagli stessi imputati per lo svolgimento dei normali e regolari compiti d'istituto".

Sul "metodo Ros" e le operazioni sottocoperura è in corso il processo stralcio a Mario Conte, magistrato ex pm a Bergamo, la cui posizione era stata separata da quella degli altri imputati a causa di problemi di salute.

Sull'intera vicenda potrebbe pesare soprattutto in vista del processo d'Appello una modifica delle norme che regolano le operazioni sottocopertura approvata dal parlamento nell'agosto scorso appena un mese dopo le condanne di primo grado. Qualcuno aveva parlato di "legge salva Ganzer".
Sound72
00giovedì 30 dicembre 2010 20:09


Battisti, parere negativo dell'avvocatura di stato brasiliana contro estradizione

Torna ad essere un caso politico la storia di Cesare Battisti, l'ex terrorista che sta per ricevere dal Brasile asilo politico. Mentre nel nostro Paese infuria la polemica, fonti del governo brasiliano fanno sapere che l'avvocatura dello Stato presenterà al presidente Luis Inacio Lula da Silva un parere contrario all'estradizione in Italia. Da noi Palazzo Chigi - attraverso una smentita al quotidiano Il Riformista - fa sapere che il premier Silvio Berlusconi non ha "mai mostrato sottovalutazione per la vicenda dell'estradizione, richiamando invece costantemente la linea perseguita dall'Italia a ogni livello perché Battisti venga riconsegnato alla giustizia italiana". "L'ultimo atto ufficiale di una lunga serie in questo senso - si legge ancora nella nota - è stata la convocazione, il 21 dicembre scorso a Palazzo Chigi, dell'ambasciatore del Brasile a Eoma, José Viegas Filho, da parte del sottosegretario Letta". In serata, dopo una serie di comunicati dello stesso tenore diffusi da vari ministeri, ne arriva un altro della presidenza del Consiglio in cui si afferma che sarebbe "incomprensibile e inaccettabile" se l'eventuale no fosse motivato con il peggioramento delle condizioni di Battisti in caso di detenzione in Italia.


Gli altri latitanti degli anni di piombo

Ormai non li cercano più quei settantasei terroristi ancora latitanti inseguiti da condanne definitive mai eseguite. È inutile darsi da fare, dicono all´Antiterrorismo, per stanarli, perché intanto i Paesi che li ospitano non li estradano in Italia. Il caso di Cesare Battisti è solo l´ultimo di una serie di no all´estradizione giunti da Stati di mezzo mondo, dalla Francia di Sarkozy al Nicaragua, dal Giappone all´Argentina alla Spagna. E ora anche dal Brasile di Lula che già ospita da anni come "rifugiato politico" Achille Lollo, accusato del rogo di Primavalle dove morirono arsi vivi i fratelli Mattei.
Quella di Battisti è l´ultima prova che i canali diplomatici, in azione quando parte una richiesta di estradizione, ormai non funzionano più per riportare in Italia quel drappello di 20-30 terroristi che durante gli Anni di Piombo si sono macchiati di reati di sangue. Ecco perché oggi s´è gettata la spugna all´Antiterrorismo e la caccia ai ricercati degli Anni di Piombo s´è praticamente conclusa.

Perché - è il ragionamento degli inquirenti - investire risorse ingenti per delicate indagini internazionali quando fin dall´inizio si sa che si andrà incontro a un fallimento? Per gli altri latitanti di ruolo gregario s´è già rinunciato da tempo a riportarli in Italia perché i loro reati, per così dire minori, sono andati in prescrizione.
La stragrande maggioranza dei terroristi riparati all´estero sono ex militanti brigatisi, ma fra loro ci sono pure esponenti del terrorismo nero come Delfo Zorzi, di Ordine Nuovo, processato e poi assolto per la strage di Piazza Fontana. Ora vive in Giappone, fa l´imprenditore, ha ottenuto là la cittadinanza e non c´è alcuna speranza che possa essere estradato in Italia. Analoga situazione ha protetto Alessio Casimirri, condannato all´ergastolo per l´agguato di via Fani, ma "libero" cittadino del Nicaragua le cui autorità hanno sempre respinto le richieste di espellerlo avanzate dal governo italiano.
Dal 2002 ad oggi (ad eccezione dell´unico caso dell´ex brigatista Paolo Persichetti), tutti gli altri tentativi di estradizione hanno avuto esito negativo. Leonardo Bertulazzi, ex Br, catturato in Argentina, è stato là dichiarato «non estradabile». Germano Fontana, ex Prima Linea, viene liberato dalle autorità spagnole. Il caso di Marina Petrella ha però definitivamente tolto ogni speranza agli investigatori italiani di riportare in Italia i terroristi che a Parigi hanno trovato rifugio grazie alla "dottrina Mitterrand": contro il rimpatrio dell´ex brigatista condannata per il sequestro Moro scese in campo la first lady francese, Carla Bruni. E Sarkozy negò l´estradizione.
Ecco alcuni dei casi piu' eclatanti..

1. CASIMIRRI - DAL RAPIMENTO MORO ALLA FUGA IN NICARAGUA...
Alessio Casimirri è nato a Roma nel 1951. Il padre Luciano è stato responsabile della sala stampa vaticana dal dopoguerra al pontificato di Paolo VI. Alessio militò in Potere Operaio per poi aderire alle Brigate Rosse. Partecipò al rapimento di Aldo Moro in via Fani il 16 marzo del 1978 e all´omicidio degli agenti di scorta. Per questi reati è stato condannato all´ergastolo in contumacia. Nel 1982 si è rifugiato in Nicaragua, dove si è sposato e ha avuto due figli. Attualmente gestisce un ristorante a Managua. Grazie alla cittadinanza nicaraguense, l´estradizione in Italia è stata sempre negata.

2. ZORZI - SOSPETTI SULLE STRAGI E DUE ASSOLUZIONI...
Delfo Zorzi, vive in Giappone, paese nel quale ha ottenuto la naturalizzazione e svolge l´attività di imprenditore. Alla fine degli anni ‘60 entrò a far parte dell´organizzazione neofascista Ordine Nuovo. Accusato di essere l´esecutore materiale della strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 fu poi assolto. È stato imputato, come esecutore materiale, anche per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. È stato condannato all´ergastolo in primo grado nel 2001. Il 12 marzo 2004, l´appello ha però ribaltato il verdetto ed ha assolto Zorzi.
3. PIETROSTEFANI - CONDANNATO A 22 ANNI PER IL DELITTO CALABRESI...
Giorgio Pietrostefani, abruzzese, fu tra i fondatori di Lotta Continua. È stato condannato a 22 anni per l´omicidio del commissario Luigi Calabresi, avvenuto nel 1972. Secondo la sentenza definitiva, il delitto fu materialmente eseguito da Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, su mandato di Pietrostefani e Adriano Sofri. La condanna si basa sulla testimonianza del pentito Leonardo Marino, che fu inizialmente condannato a 11 anni di carcere, ma la pena è poi caduta in prescrizione. Pietrostefani per sottrarsi all´esecuzione della condanna definitiva è fuggito in Francia.
4. LOIACONO - OMICIDI E RAPIMENTI ORA È CITTADINO SVIZZERO...
Alvaro Loiacono, membro delle Brigate Rosse, è stato condannato a 16 anni per l´omicidio dello studente greco Miki Mantakas avvenuto nel febbraio 1975 di fronte alla sede dell´Msi del quartiere Prati a Roma. Gli altri delitti dei quali è stato accusato sono l´assassinio dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione. È anche stato condannato per aver partecipato alla strage di via Fani. Sfruttando la cittadinanza svizzera della madre, Lojacono è espatriato ed è diventato cittadino svizzero. In Svizzera è stato condannato a 17 anni di carcere per l´omicidio Tartaglione, scontandone 11 per buona condotta.
5. LOLLO - TRA I RESPONSABILI DEL ROGO DI PRIMAVALLE...
Achille Lollo vive in Brasile, come Cesare Battisti. Durante gli anni di piombo faceva parte di Potere Operaio. È stato condannato per il rogo di Primavalle: nel 1975 venne dato fuoco all´appartamento di Mario Mattei, segretario della sezione di quartiere dell´Msi. Nel rogo persero la vita i due figli del politico di destra. Dopo l´arresto Lollo ha scontato due anni di carcere preventivo in attesa della sentenza definitiva. Ma riuscì a fuggire in Brasile dopo la condanna in appello. Ha rilasciato un´intervista il 2 febbraio 2005 in cui espose la sua ricostruzione sui fatti: "Quella sera eravamo in sei".
6. PETRELLA - "NO ALL´ESTRADIZIONE PER MOTIVI UMANITARI"...
Marina Petrella ha aderito alle Brigate Rosse col nome di battaglia di «Virginia». Fu arrestata il 4 gennaio 1979 e poi rilasciata per decorrenza dei termini, con obbligo di residenza nel comune di Montereale, in provincia di Chieti. Il 12 agosto 1980 fuggì entrando in clandestinità. Fu di nuovo arrestata nel 1982 a Roma, ma rilasciata nell´1986, per decorrenza dei termini. Nel 1993, dopo la sentenza del Moro-ter la Petrella si rifugiò in Francia. Dopo la richiesta di estradizione da parte del governo italiano del 2002, la polizia francese la arresta nel 2007. Nel Sarkozy ha deciso di non estradarla in Italia per «ragioni umanitarie».

BeautifulLoser
00mercoledì 5 gennaio 2011 16:12
questo simpatico manifesto da un paio di giorni si trova un po' dappertutto. monteverde ne è praticamente ricoperta ovunque nel corso di una notte.



a parte l'ortografia (dovrebbe essere larentia, se non erro), i misteri sono i seguenti:
questi gruppi dove li trovano i soldi, l'infrastruttura e la logistica per queste azioni?
come mai questi manifesti abusivi non vengono rimossi?
perché questi personaggi non vengono estradati in germania, dove per il saluto nazista e fascista ti becchi fino a tre anni di galera, senza condizionale?


ah, dimenticavo! a proposito di acca larenzia presente... XXXXX, o sbaglio? [SM=g27997]


modalità moderatore on

lo vedi? Il pezzo sopra è lecito,quello sotto fa il paio con "sensi bruci all'inferno".E non si può.E' un forum libero e iperdemocratico ma non vorrei che diventasse una cloaca tipo laziocity.
Tra l'altro io e gli altri 4 creatori e moderatori del forum siamo responsabili di quello che si scrive.
ps-idem con patate per il "sarcasmo"(eufemismo) vs vittime di altre aree politiche,sia chiaro.

modalità moderatore off
faberhood
00mercoledì 5 gennaio 2011 16:31
Re:
BeautifulLoser, 05/01/2011 16.12:

questo simpatico manifesto da un paio di giorni si trova un po' dappertutto. monteverde ne è praticamente ricoperta ovunque nel corso di una notte.



a parte l'ortografia (dovrebbe essere larentia, se non erro), i misteri sono i seguenti:
questi gruppi dove li trovano i soldi, l'infrastruttura e la logistica per queste azioni?
come mai questi manifesti abusivi non vengono rimossi?
perché questi personaggi non vengono estradati in germania, dove per il saluto nazista e fascista ti becchi fino a tre anni di galera, senza condizionale?


ah, dimenticavo! a proposito di acca larenzia presente... un paio di loro dovrebbero mancare all'appello anche quest'anno, o sbaglio? [SM=g27997]



IN questo periodo il cui il 'complottismo' è di moda , anzi è molto chic......vorrei essere diplomatico:
"Perchè l'Assessore alle Attività produttive, al Lavoro e al Litorale, che dovrebbe occuparsi della rimozione 'del manifesto selvaggio' non fà bene il suo mestiere".

Sound72
00lunedì 17 gennaio 2011 15:00
Rogo di Primavalle: Lollo in tribunale
come «persona informata dei fatti»


ROMA - Achille Lollo, ex leader di Potere Operaio, condannato a 18 anni di reclusione, condanna ormai prescritta, per la morte dei fratelli Stefano e Virgilio Mattei, uccisi nel rogo di Primavalle del 16 aprile del 1973 è in Italia e sarà interrogato lunedì mattina dai magistrati di piazzale Clodio. Finora tutti i tentativi di rogatoria internazionale da parte della Procura di Roma erano falliti.


SOLO COME PERSONA INFORMATA DEI FATTI - Tornerà davanti al pubblico ministero di Roma, questa volta come persona informata sui fatti. Achille Lollo è, già stato protagonista come imputato della vicenda giudiziaria legata alla strage di Primavalle. Da qualche mese Lollo è tornato in Italia essendosi prescritta la condanna inflittagli per la vicenda. Il 16 aprile del 1973, nell'incendio della loro abitazione, morirono i fratelli Stefano e Virgilio Mattei, di 22 e 10 anni. L'interrogatorio di Lollo, che è assistito dall'avvocato Tommaso Mancini, avverrà lunedì prossimo alle 11 davanti al pubblico ministero Luca Tescaroli al quale è affidata l'indagine su alcuni risvolti della vicenda. La procura spera che Lollo accetti di rispondere alle domande del pm e contribuisca a chiarire il mistero delle altre persone coinvolte nel rogo. Ma l'ex leader di Potere Operaio potrebbe anche non rispondere, come gli consente la legge.

INDAGINI RIAPERTE DOPO L'INTERVISTA DEL «CORRIERE» - «A Primavalle eravamo in sei» aveva detto Achille Lollo a Rocco Cotroneo nell'intervista in esclusiva al Corriere della Sera nel 2005. «Vi racconto chi c'era quella notte. Giurammo di non parlare per 30 anni, ma il silenzio non ha più senso» (per leggere l'intervista cliccare qui). In seguito alle dichiarazioni rilasciate la Procura di Roma decise di riaprire le indagini sul rogo di Primavalle ipotizzando per i responsabili il reato di strage. L'incendio era scoppiato nell'aprile del '73 nella casa del segretario di una sezione romana dell'Msi, Mario Mattei, nel quale morirono i figli Stefano e Virgilio Mattei.

IL FRATELLO DELLE VITTIME - «Finalmente si sta scrivendo la storia vera, la storia giusta». Questo il commento a caldo alla notizia della comparsa di Achille Lollo lunedì davanti al pm Luca Tescaroli di Roma da parte di Giampaolo Mattei, fratello di Stefano e Virgilio, figli del segretario della sezione Msi di Primavalle. A distanza di quasi 38 anni dalla tragedia, Giampaolo Mattei ha le idee chiare: «Non ci interessa la galera, nemmeno un giorno, ciò che ci preme è invece la verità, nel rogo di Primavalle come anche in altre questioni degli anni di piombo. È importante che vengano fatti i nomi dei veri responsabili». Ricordando le tante iniziative condotte insieme con la madre di Valerio Verbano, «che ancora non sa chi abbia ucciso suo figlio», Mattei ha precisato che «il sangue non ha colore politico e vorrei che non lo avesse nemmeno la giustizia». Da questo punto di vista grandi speranze vengono riposte «nel dottor Tescaroli, che ha avuto molto coraggio nel riaprire questa vicenda rispetto anche al suo predecessore che ha fatto di tutto per archiviarla. Il mio appello - ha aggiunto - rivolto anche allo Stato è che stiano affianco a Tescaroli. Noi vogliamo - ha ancora aggiunto Mattei - la verità e la giustizia, non ci interessano le gogne. Il magistrato non deve essere isolato; che lo Stato ci dia un aiuto e ci appoggi in questo». Particolarmente a cuore di Mattei stanno «le nuove generazioni, dopo che alcuni pupari hanno distrutto le generazioni negli anni '70». E lancia un consiglio ai giovani: «Mai portare il cervello all'ammasso. La controinformazione ha fatto molti danni», ricordando in particolare quanto pubblicò Il Messaggero subito dopo la strage di Primavalle, «facendo appunto controinformazione nei nostri riguardi, che magari era stato mio padre ad aver ucciso i suoi propri figli». Mattei ha fatto riferimento anche alle coperture avute da Lollo: «Nel 1975, con l'assoluzione, a Lollo fu data la possibilità di fuggire. Oggi occorre chiarire anche tutte le strumentalizzazioni avvenute all'epoca, ai fiancheggiamenti».

Sound72
00giovedì 3 febbraio 2011 12:27
Dal fatal balcone una Roma mai vista

Lo storico poggiolo di piazza Venezia non è più un tabù:
aperto ieri per la prima volta dal 1943



ROMA
Il brivido del feticista non si racconta, si raccomanda. Anche se adesso è inutile che vi affrettiate verso Palazzo Venezia: il fatal balcone non è più un tabù ma non è ancora una consuetudine. E questa potrebbe essere la risposta alla domanda che molti si saranno posti: come mai sul balcone - dal quale Benito Mussolini, il 10 giugno 1940, dichiarò l’ingresso nella Seconda guerra mondiale, dopo avervi arringato gli italiani («italiani!») per un decennio e mezzo - non si è mai più vista anima viva? La stessa domanda se l’era posta Mario Resca (direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale), e gli era stato risposto che una delle prime leggi repubblicane impediva l’utilizzo del balcone per scopi turistici o ricreativi o anche altamente culturali.

Non si sarebbe fatto del poggiolo un luogo della memoria, o addirittura della nostalgia. Tanto è vero che quel coriandolo di pietra (più o meno ottanta centimetri per due metri e mezzo) era stato ultimamente adibitio a deposito per due motori dell’aria condizionata. E, come racconta a La Stampa la sovrintendente per il Polo museale della città di Roma (di cui Palazzo Venezia fa parte), Rossella Vodret, ricopriva il ruolo di appoggio logistico per le fasi di montaggio e smontaggio delle mostre. L’importante era che nessuno si affacciasse mai, né per la caricatura né tantomeno per l’emulazione. La lunga ricerca della leggina, dice oggi Resca, «si è conclusa in nulla».

Cioè, la legge non esiste, se non come tradizione orale, una specie di eccesso di zelo asceso di bocca in bocca alla dignità di norma. E la finestra che dà sul balcone era quindi perennemente occultata da un pesante tendaggio nero e chiusa con un lucchetto per una damnatio memoriae spontaneamente nata fra i gestori del Palazzo, dalla notte del Gran Consiglio in poi (25 luglio 1943). Ma qualche giorno fa, visitando insieme con Resca la mostra «Due imperi.

L’Aquila e il dragone», a Giorgio Napolitano è stato aperto e mostrato il balcone, sebbene il presidente si sia limitato alla sbirciata e abbia prudentemente evitato di sporgersi. «Nell’occasione - dice Resca - e dopo molte altre chiacchierate, abbiamo chiesto al Capo dello Stato se considerasse sconveniente che il balcone fosse aperto e utilizzato, di quando in quando». Napolitano non si è opposto. Naturalmente la cosa va fatta con le cautele del caso.

Ieri, per esempio, per accedere al luogo così a lungo calpestato dagli stivaloni del Duce, il cronista ha dovuto spuntare una considerevole quantità di permessi. La praticabilità del balcone non sarà automatica, almeno non da subito. Non andate domattina a compulsar la mostra e battere i pugni quando due gufi nerovestiti, piazzati a guardia della finestra, vi negheranno l’affaccio. Insomma, come dice Rossella Vodret, il «balcone fa parte di un palazzo storico, che ha cinque secoli e mezzo di esistenza, una piccolissima porzione della quale dedicata al fascismo.

Credo sia giusto che oggi, sfumati i rischi del pellegrinaggio elegiaco, il balcone sia restituito al palazzo, al museo, alla vita». E dunque è probabile che un pomeriggio di aprile, senza annunci e squilli di tromba, si deliberi di aprire le finestre per far entrare un po’ di luce e di aria, e che di conseguenza i visitatori abbiano la facoltà di dare un’occhiata alla piazza, così come la vedeva Mussolini durante i suoi orgasmi oratori.

E che la cosa si ripeta poi frequentemente sino a diventare normale. Certo che, con l’interesse che gli italiani continuano a dimostrare per il Ventennio, ci si domanda come mai, caduto il divieto sacrale, non si sia deciso di trasformare il luogo in un business. Un biglietto per visitare la sala del Mappamondo (dove il Duce lavoravae riceveva le ospiti per il quotidiano relax) e l’annesso balconcino: soldi a palate per finanziare la cultura, sempre a corto di liquidi.

A dire la verità, è un’idea talmente ovvia che è venuta a tutti. Ma non è sembrato il caso. Non ancora, almeno. Certe coscienze sono così sensibili, sul tema, così storicamente corrette, che si è giudicato già un bel colpo togliere le catene alle maniglie senza cori di geremiadi. Poi, fra qualche tempo, chissà.
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