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Ultimo Aggiornamento: 18/03/2024 12:24
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Iggy Pop a Cannes: Jesus, ho combinato tutto questo?

Fuori concorso l’omaggio all’Iguana firmato Jim Jarmusch
di GIOVANNI BOGANI

Cannes, 20 maggio 2016 - IGGY POP eccolo, è lì. Seduto come un capo pellerossa, abbronzato come uno skipper o un surfista. Le vene del collo che sembrano fiumi, che raccontano di migliaia di concerti, i sandali ai piedi che mostrano tutta la zoppia di cui soffre da quando era 13enne ma che ora si è ancor più accentuata, un sandalo con la para alta qualche centimetro, l’altro rasoterra . Lo vedi serafico, zen. Un Toro Seduto o un Geronimo che raccontano la loro vita. Una prima mondiale a mezzanotte è già rock. Se poi è quella di un film su una rockstar selvaggia – che ha fatto cento viaggi verso la morte e ritorno – allora è ancora più rock. A Cannes, fuori concorso, si è visto «Gimme Danger», il film che Jim Jarmusch ha dedicato a Iggy Pop e alla sua band originaria, gli Stooges.

UN DOCUMENTARIO? Appena dici la parola, le volano intorno, mentalmente, dei moscerini di noia. Ma non è così. Per due motivi: Jim Jarmusch e Iggy Pop. Jim Jarmusch – a Cannes quest’anno anche in concorso con “Paterson” – non è uno qualunque, ma uno dei registi indipendenti più innamorati della musica. Fin da quando in “Stranger than Paradise” scelse come attori John Lurie, sassofonista dei Lounge Lizards, e Tom Waits. Jim Jarmusch, che in “Dead Man” aveva usato una straordinaria colonna sonora dell’amico Neil Young, a cui dedicò nel 1997 il documentario “Year of the Horse”. E ora, un altro documentario su una leggenda della musica.

L’ANNO prossimo compirà settant’anni. Ma capisci che Iggy Pop non ha perduto l’istinto animale, selvaggio che lo ha sempre guidato. Poteva morire mille volte, tra abusi di droghe, disintossicazioni tentate insieme all’amico David Bowie, eccessi, provocazioni, scontri col pubblico, tuffi dal palco estremi, che più di una volta gli hanno procurato fratture. E invece eccolo. Racconta se stesso, e Jarmusch con lui racconta l’America. L’infanzia, la televisione, la Famiglia Addams, i comici televisivi in bianco e nero. Un grande caravan come casa, la famiglia, i compagni di scuola bulli che arrivano e scuotono quella sua casa sulle ruote, per umiliarlo. Il suo odio. E poi la musica.

«HO VISTO il film per la prima volta stanotte: tutta la mia vita è passata davanti ai miei occhi e ho detto “Jesus ho combinato tutto questo?”», racconta l’Iguana ieri mattina in conferenza stampa. «Ora non voglio essere cool, non voglio essere alternativo, non voglio essere punk rock - aggiunge -, voglio solo essere». Come è rimasto in vita dopo tutti quei mix di stupefacenti che sono stati il suo pane quotidiano è la classica inevitabile domanda ad un tipo così, sopravvissuto al mito ma anche all’Lsd. L’avrà sentita decine di volte, ormai ha affinato la risposta: «avevo sviluppato anticorpi micidiali». Nel film le droghe si vedono tutte e non ne manca neppure il metadone che beveva per disintossicarsi dall’eroina, era il 1971 e voleva essere pulito per andare a Londra dove un certo Bowie lo voleva conoscere per collaborare insieme. E adesso si droga ancora? «La mia droga oggi è il buon vino e la polvere bianca è zucchero» dice sventolando una bottiglietta d’acqua.

IN “GIMME DANGER” sfilano le immagini con gli Stooges, la band creata con i fratelli Ron e Scott. Iggy che si dimena, seminudo, che si offre al pubblico, che col pubblico gioca una danza erotica. Il film è innervato, è illuminato dall’enorme presenza di Iggy Pop. Sia nel presente, quando non si trattiene dal prendere in giro Joe Cocker – «cantava in un modo che tutte si scioglievano: You – Are – So – Beautiful», e giù una risata – sia nei filmati dei concerti.

COME LI RACCONTI, quei concerti? Meglio di tutti li descrive proprio Jarmusch: «Iggy Pop è un leopardo, che nel corpo ha Nijinski, Bruce Lee e Harpo Marx. E la musica degli Stooges è qualcosa di mai sentito prima, è potente e dolce, è rock, blues, jazz, è psichedelia e istinto. Ed è liriche brevi e forti, dense di angoscia». E anche lì, il vecchio leopardo, diventato più coccodrillo tanto la pelle è cotta, non si trattiene dal dire: «Liriche da 25 battute: mai sopportato il bla bla bla di Bob Dylan», e ride. Jarmusch è felice di questa spontaneità. «E come gli Stooges, anche il mio film è selvaggio, confuso, emotivo, e non raffinato». È un bene che sia così.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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