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Governo Italia

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2023 11:21
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05/12/2018 16:23
 
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a proposito di verdurine e dei Capiss' che già dai tempi in cui la Casellati fu fatta presidente del Senato.... MA PURE PRIMA!!!
Ecco la parabola del sinistroide (che se orgojone è la crasi tra orgoglioso e cojone, sinistroide è la crasi tra Sinistro e mongoloide) che a furia di essere abituato ai TRONCHI al culo da decenni ora te lo trovi che "non perdona"! e non je sfugge niente.
Fresco fresco Marco Travaglio, che, scusate se lo dico, fuori dai denti, alle checche de Guidonia e ai professorini supponenti de sta ceppa se li lega al cazzo [SM=g7350]
A lor lasciamoli lì, che sono 30 anni che sullos cempio ceh accade, vediamo trasmissioni, politiche, comiche, Guzzanti, Guzzantina, Crozza, Luttazzi... anni, decenni a "rifasse cò l'ajetto del sarcasmo", ma non avete mai risolto nulla. Qunato ridevo pure io 30 anni fa, e poi 29, 28, 27, 25, 20, 10, 9, 8, ecc.... poi io (PERSINO io che mica so svejo come le checche sfonnate, figuriamoci a confronto coi cervell(on)i in fuga ... ) mi sono leeeeegermeeeeente accorto cheeeee.... erano solo "ajetti". Tipo VIVA VERDI (Vittorio Emanuele Re D'Italia) che si scriveva ai tempi dei Moti Rivoluzionari, così "la dicevano", ma tanto era così per dire, per scrivere sul muro.... poi quanto a CICCIA, niente. però oh, almeno.
Una cosa a "non je le ho date .... ma quante je ne ho dette!".
Io l'ho capito da anni.
Qualche par de cojoni (par de decine de milioni) ancora no.
Ancora sta lì co le battutine, così se fanno le risatine tra loro (intelligenti). Non fanno né risolvono un cazzo, è facile fa ironia, e poi te godi l'agio. Ma QUESTA, è la qualità umana e politica di questa gentarella. I Capiss' e i battutari.
Superiori però eh?
Stanno ancora cò le battutine, stnno ancora a quando manco erano usciti i Nirvana, quando ancora portavo l'apparecchio, quando ancora andavano i calzini de cotone bianchi, quando ancora giravano i Ciaetti....
E' il ProgressOIDE. Diteje che è più svejo che sennò se dovesse accorge che sta ancora lla fase anale di 30 anni fa a fasse le risatine senza saper fare altro se non, le checche rotte in culo.
A prescindere

di Marco travaglio - da Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre 2018


Da antichi collezionisti delle gaffe di Danilo Toninelli, l’altroieri ci era parsa eccezionalmente saggia e prudente la sua promessa di riportare Genova agli antichi splendori “in pochi mesi, al massimo anni”. Con una breve ispezione nella sua mente, sotto cotanta chioma, ci era parso di intuire che, mentre diceva “in pochi mesi”, già immaginasse i titoli dell’indomani sulla gaffe di Toninelli che promette ciò che non può mantenere. Ragion per cui si era corretto in corsa: “al massimo anni”. È evidente che tutto dipende dai tempi della ricostruzione del Ponte Morandi (che, sia detto per inciso, non ha fatto crollare lui), più vicini a un paio d’anni che a pochi mesi: il che sarebbe già un miracolo, visto che quelli bravi e competenti di prima devono ancora iniziare a ricostruire non solo il Centro Italia terremotato oltre due anni fa, ma pure L’Aquila devastata quasi dieci anni fa. Oltre alle lungaggini burocratiche tipicamente italiote, c’è il fatto che prima di costruire il nuovo ponte bisogna prima abbattere quel che resta del vecchio e, per farlo, occorre attendere il dissequestro della magistratura, che a sua volta deve aspettare il lungo lavoro dei suoi periti.

L’aveva detto il 28 settembre Toninelli, ma anche allora tutti avevano parlato di “gaffe” e “figuraccia”, perché il procuratore di Genova, Francesco Cozzi, l’aveva subito fulminato: “60 giorni sono quelli concessi ai periti, ma non è assolutamente detto che non si possa cominciare prima a smantellare il Morandi. Però al momento non sono state presentate né istanze di dissequestro e men che meno piani di demolizione”. E giù buuuu al ministro, talmente incompetente da non sapere che la demolizione poteva partire subito: bastava chiederla. Senonché poi il governo ha nominato il commissario, il sindaco Marco Bucci, che ha chiesto lumi ai pm sui tempi per la demolizione. E il procuratore ha spiegato al Corriere che “prima di demolire il ponte dobbiamo preservare le prove”. Fino a quando? Mistero: il lavoro dei periti “slitta a non saprei quando”. Proprio come aveva detto Toninelli. Ma ormai qualunque cosa dica diventa automaticamente “gaffe” e “figuraccia”, anche le rare volte che ci azzecca. Lui sbaglia sempre, per definizione, a prescindere. Il che fa sospettare che il problema non siano i suoi torti (piuttosto copiosi), ma le sue ragioni: il niet ad Autostrade Spa e alla sua lobby nei partiti e nei giornali foraggiati dai Benetton; o il no al Tav Torino-Lione; o l’appartenenza a un movimento che non doveva vincere le elezioni e invece purtroppo le ha vinte; oppure tutt’e tre le cose insieme.

Toninelli è stato trasformato in una maschera di Carnevale, il “Toninulla”, da una stampa sciatta e prevenuta che, credendo di screditare lui, scredita se stessa. Come chi dice che i genovesi sono tutti tirchi, i torinesi tutti falsi e cortesi, i milanesi tutti bauscia, i vicentini tutti magnagatti, i romani tutti sfaticati, i siciliani tutti mafiosi. È dura distinguere chi ha ragione e chi ha torto per chi il 4 marzo e più ancora alla nascita del governo Conte decise, in lieve controtendenza col voto degli elettori e con la prima regola della democrazia, che chi ha vinto ha sempre torto e chi ha perso ha sempre ragione. Ci avevano raccontato che Conte è una nullità, una marionetta nelle mani di Salvini e Di Maio: ora scoprono che non è così, ma non sanno come dirlo. Ci avevano raccontato che i ministri erano tutti fascisti (il “governo più a destra della storia repubblicana”: invece i tre governi B.-Fini-Bossi, il governo Monti e i Renzusconi di Letta e Renzi erano terzinternazionalisti): ora scoprono che la faccenda è più complessa, ma faticano ad ammetterlo. Avevano oracolato l’Apocalisse, la catastrofe, il baratro, l’Italexit e il “cigno nero” (l’Italia che esce dall’Ue e dall’euro, espulsa con ignominia o spinta fuori a viva forza dal terribile Savona): ora scoprono che è questione di un paio di decimali, ma non trovano le parole per rettificare.
Noi abbiamo preferito giudicare il governo dai fatti. Aveva promesso il “cambiamento”, interpretando il sentimento diffuso nella maggioranza degli elettori? Bene, vediamolo: applausi per i cambiamenti in meglio e per i non cambiamenti in peggio, fischi per i cambiamenti in peggio e per i non cambiamenti in meglio. Invece, tutt’intorno a noi, si è preferito fare diversamente. Se il governo cambia qualcosa in meglio (anticorruzione, vitalizi, dl Dignità, reddito di cittadinanza, correzione della legge Fornero, stop alle grandi opere inutili, meno migranti affogati in mare, la Rai meno irreggimentata degli ultimi 25 anni) si finge di non vedere. Se cambia in peggio (Dl Sicurezza, illegittima difesa, condonetto per Ischia) si parla solo di quello. Se cambia e basta, magari perché deve rimpiazzare dirigenti scaduti (Alleva all’Istat, Costamagna e Gallia a Cdp) o incompatibili (Nava alla Consob) o prorogati in odor di illegittimità (Battiston all’Agenzia Spaziale) o semplicemente ritenuti vecchi o in conflitto d’interessi (Consiglio superiore di Sanità), è comunque scandalo, vergogna, occupazione, epurazione, regime, attentato alla scienza e alla competenza, come se quelli di prima fossero tutti incroci fra Einstein e San Francesco. I giallo-verdi sbagliano perché cambiano troppo, ma anche perché cambiano troppo poco. Ora Repubblica titola: “Tav e grandi opere, l’imbarazzo della Lega che ‘tradisce’ il suo popolo” (che in realtà se ne frega allegramente: vuole meno tasse, meno stranieri e meno burocrazia, non un treno merci inutile in più). Ma tre mesi fa titolava: “I No Tav traditi dal M5S”. Cioè: Di Maio tradisce i No Tav perché il Tav si fa e Salvini tradisce i Sì Tav perché il Tav non si fa. Poi tutti a chiedersi perché la stampa è in crisi.


Del resto le Drag Queen del Mucca vecchie maniere


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