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Nel nome di un Dio...

Ultimo Aggiornamento: 19/01/2017 15:24
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10/12/2010 14:20
 
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vabbè..meno parlo di Totti e meglio è se no qua/di là diventerò un suo oppositore a forza di.. forzature.
Ho fatto un appunto su un cavillolegato ai tempi di una esposizione mediatica su una mezza notizia.
Se poi vogliamo dirla tutta ed essere cinici la gioia per la liberazione puoi pure manifestarla intimamente e nn a mezzo ufficio stampa tout court. E questo sia chiaro che vale x tutti e sin dai tempi di Ambra come dici te.

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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10/12/2010 14:29
 
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[SM=g27985] Vabbè regà,è una questione di lana caprina.(non sakineh,eh)
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10/12/2010 14:34
 
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ovvio e nn è una querelle personale con Leo..speriamo che la liberino davvero piuttosto
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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04/01/2011 10:31
 
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Egitto/strage cristiani: Alessandria, non è che la prima goccia di un mare- Timori per il Natale ortodosso del 7 gennaio

La chiesa dei Santi di Alessandria d'Egitto, colpita da un sanguinoso attentato nella notte di Capodanno, era dall'inizio di dicembre su una lista di luoghi di culto, designati come possibili bersagli da colpire.

L'elenco era stato pubblicato il 2 dicembre dal sito Choumoukh al-Islam, in cui vengono pubblicati molti comunicati di Al Qaeda.

L'elenco pubblicato comprende una cinquantina di chiese copte del Cairo, di Alessandria d'Egitto, di altre località egiziane e chiese copte dislocate in diversi paesi europei, tra cui Francia, Germania e Regno Unito.

Nel sito un messaggio esorta i musulmani ad agire quando i luoghi di culto sono pieni di fedeli.

L'1 gennaio, il sito “Rete elettronica dei mujaheddin” invece ha scritto che l'attentato di Alessandria, non è che “la prima goccia di un mare”.

Crescono per cui i timori mentre si avvicina il Natale ortodosso, che sarà celebrato il 7 gennaio prossimo. Le autorità egiziane hanno rafforzato la sicurezza intorno ai luoghi di culto.


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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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04/01/2011 11:46
 
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è uno dei trappoloni più ovvi e scontati.
tanto scontati che da secoli ormai non c'era alcun motivo per avere timore di questa riedizione della Guerra Santa.
nel bene e nel male, pur essendo stati capaci di nazismo, olocausto, forche, schiavismo, genocidi e sottomissioni, una cosa così assurda come il farsi la guerra perche Cristo è meglio di Maometto e/o viceversa non ci passava nemmeno per l'anticamera del cervello.

ma eravamo ancora in piena "evoluzione" come genere e come specie.

ora invece siamo in regressione e involuzione abbastanza marcate.

i tempi sono maturi anche per la più immensa e macroscopica delle cazzate.
ci siamo quasi.

il piede è già sospeso nel trappolone, sa che ci sta per cadere.
e probabilmente sceglierà che non si può non caderci.


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20/01/2011 17:15
 
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Il capodanno del vudù
tra sangue e profezie


Incontro con lo stregone nel Benin che aspetta la visita di Benedetto XVI

)
Nel 2011 non vestitevi di rosso, chi lo fa potrebbe imbattersi in situazioni pericolose, disgrazie, malattie»: così, sul trono di legno foderato di pizzi, Daagbo Hounon Houna II, capo supremo del vudù, snocciola i consigli dell’oracolo conosciuto col nome onomatopeico di Fa. È la prima volta che Sua Maestà, come lo chiamano i fedeli, accetta di parlare con una giornalista italiana.

Nella capanna dal tetto a cono - alle pareti tracce di sangue dei sacrifici, su una stuoia conchiglie e ossa - avviene il rito di purificazione, l’inchino a piedi nudi e il bacio alla terra purpurea cotta dal sole, la condivisione di acqua e vodka africana. Quindi Daagbo Hounon, occhi severi, stazza imponente, amuleti e collane sopra la tunica bianconera, concede un’altra profezia: «Sarà un anno difficile per le donne che desiderano avere figli, vanno protette in modo particolare».

Ma Sua Maestà ha anche un messaggio interreligioso di tolleranza, in attesa della visita di papa Benedetto XVI, prevista per il prossimo novembre: «Il dialogo è il valore cardine del vudù: predichiamo onestà, pace, amore, armonia. Questo auguro a cristiani e islamici, che si ascoltino di più: senza ipocrisie si può porre fine alle tensioni». Siamo a Ouidah, 65 mila abitanti «sulla costa degli schiavi» (Benin), capitale del vudù, antichissimo culto riconosciuto come religione ufficiale solo nel 1996, oggi praticato da 80 milioni di persone.

In questo squarcio d’Africa oscura, mistica, come vuole la penna di Bruce Chatwin, dove lo smog sputato dalle marmitte di vecchie auto si mescola ai fumi dei falò, si è appena concluso il festival internazionale del vudù, che ha portato davanti al monumento della «Porta del non ritorno» (da qui partivano gli schiavi per l'America), migliaia di seguaci, da Brasile, Caraibi, Europa, Cuba. È la Mecca degli animisti: due settimane di riti ancestrali per propiziare il futuro, purificare i villaggi dalle ostilità, ingraziarsi gli spiriti, e un Capodanno, il 10 gennaio (unica data accessibile al pubblico), di deliranti danze tribali. Sono i giorni in cui la povera Africa non piange più, ma canta e balla, suona e prega.

Il vudù non è, come si crede, magia nera, feticismo immotivato, hollywoodiani zombie, ma un’articolata religione panteista, con cerimoniali, templi e congregazioni. «Protagonisti sono i voduns, divinità antropomorfe - spiega Bruno Barba, antropologo e ricercatore all’Università di Genova, che è stato in Benin -. Forze della natura da rispettare in cambio di protezione». Ci sono spiriti del mare, dei morti, delle tempeste, del ferro, della fertilità, e anche Erzulie, la mitologica Venere africana.

Nel Tempio del pitone, al centro di Ouidah, ci si affida ai poteri di oltre quaranta serpenti, simbolo di vitalità e doppiezza, nutriti e adorati: le offerte scandiscono la vita delle tribù come le nostre Ave Maria. Nei giorni dei riti tra le bidonville fiorisce il mercatino dei feticci: gli ambulanti vendono teschi di scimmie, di cani, rettili e topi, e poi farina di mais impastata con olio di palma con cui cospargere i corpi seminudi durante i balli, ma nessuna bambolina da infilzare: «Quelle sono sciocche credenze degli occidentali, è come se per parlare di cristianesimo si facesse riferimento al satanismo.

Qui l’aspetto religioso supera il folklore» spiega Flavio Nadiani, di Faenza, che con la moglie beninese ha aperto a Ouidah la «Maison de la Joie», casa-famiglia per donne in difficoltà e bimbi salvati dalla schiavitù. Poi l’orchestra di bonghi fa tremare la terra, solleva polvere rossa e annuncia la comparsa degli Zangbeto, uomini-pagliai che incarnano gli dei a guardia dei villaggi e girano veloci come Dervishi, emettendo mantra gutturali.

Hanno il potere di punire ladri e malfattori, perché qui gli dei sono entità famigliari, funzionali alla struttura della società, insegnano ordine e regole. Nelle strade un fiume di gente tarantolata partecipa alle piroette dei Revenant, che fanno roteare sulla testa un mantello a spirale: è lo spirito dei defunti. E al tramonto i più piccoli sono accompagnati nel bosco sacro per la cerimonia dell’iniziazione, mentre in città si deve stare attenti a non incrociare lo sguardo degli Oroh, divinità malefiche: si dice che si aggirino insieme al vento e se li incontri resti segnato dalla sciagura.

Linda de’ Nobili, fotografa romana, li ha evitati. Ha immortalato invece il sacrificio di un pollo, in una capanna: «Ho visto mentre lo sgozzavano». Funziona così: scegli la divinità, esprimi il desiderio e le offri un animale per ingraziartela. Se il desiderio si avvera, devi tornare a ringraziare la divinità. Al festival si vedono anche prove di forza e martìri: adepti in trance si feriscono il ventre coi coltelli, uomini ingoiano cocci di vetri, altri immolano pecore e galline. Spettacolo troppo duro per una coppia francese, sotto choc, soccorsa da un gruppo di medici italiani.

Il popolo chiede raccolti buoni, parto indolore, guarigioni, piogge. E sicurezza per i villaggi. Per il Benin, dove a marzo ci saranno le elezioni presidenziali, il rito clou del festival - una capra cui Daagbo ha reciso la carotide, tra gli applausi dei fedeli - promette serenità, politica e spirituale: «Ouidah è e resterà d’esempio: abbiamo la cattedrale cristiana, la moschea, una chiesa protestante in arrivo, e il nostro Tempio del pitone, nello stesso quartiere» dice Sua Maestà da quest’angolo di Benin, tra i più poveri al mondo, dove lo spirito di fratellanza lo insegnano pure i proverbi: «Solo le montagne non si incontrano mai».
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/02/2011 16:44
 
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"Macellazioni ebraiche atti crudeli"


L'Olanda decide di riesaminare in Parlamento la tradizionale shekhità


L'Olanda prende posizione sulla shekhità, la macellazione tradizionale ebraica di bovini, si fa strada l'idea sempre più forte che si tratti di una pratica di crudeltà nei confronti degli animali e il Parlamento ha deciso di porre la questione ad esame.

Secondo la stampa odierna è possibile che l’Olanda decida di vietare del tutto la macellazione praticata dagli ebrei e quella, abbastanza simile, dei musulmani. Una decisione del genere, avverte il quotidiano Maariv, potrebbe innescare una «reazione a catena» ed indurre altri Paesi europei ad accogliere la linea di condotta (che è già in vigore in Svizzera, Svezia, Norvegia e in Nuova Zelanda).

L'iniziativa olandese desta forte preoccupazione negli ambienti rabbinici in Israele e in risposta il sito web ortodosso Be-hadrey Haredim replica che «le notizie che giungono oggi dall’Olanda potevano essere stilate anche 65 anni fa», ossia durante le persecuzioni naziste.

La convinzione olandese è che ai bovini mandati al macello possa essere ridotta la sofferenza,praticando su di essi prima dello sgozzamento un atto di stordimento.

Fra quelli più diffusi vi sono una scossa elettrica o uno sparo alla testa. Nella tradizione ebraica invece il macellaio sgozza di netto l’animale con un coltello pesante ed affilato, mentre è ancora in stato di coscienza.

Secondo il dottor Roni Ozeri, vicedirettore dei servizi veterinari del ministero israeliano dell’agricoltura, invece non è affatto evidente che le pratiche discusse in Olanda siano più
umane di quelle della tradizione ebraica. Ozeri ha rilevato che di recente sono stati introdotti in Israele sistemi meccanici idraulici che rivoltano la mucca e la dispongono in una pozizione che facilita il suo macello e lo rende estremamente rapido.

La comunità ebraica in Olanda, secondo la stampa israeliana, vede la vicenda come un ulteriore gesto di ostilità da parte della società olandese, proprio mentre negli ultimi anni si
moltiplicano gli episodi anti-ebraici. «Dove è mai finita la tradizionale tolleranza olandese? Un giorno magari ci vorranno vietare anche le circoncisioni» ha lamentato oggi alla radio
militare un rabbino olandese.


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forse il topic si può mettere in quelli di politica [SM=g7554]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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23/03/2011 18:45
 
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Caso turbante, India chiede una risoluzione Onu

Un allenatore di golf Sikh costretto a sfilarsi il copricapo per una perquisizione a Malpensa



NEW DELHI - L'India ha deciso di portare all'attenzione delle Nazioni Unite la questione del rispetto del turbante, il copricapo che gli indiani di fede Sikh sono obbligati a portare in pubblico e che e' stato oggetto di una recente polemica durante dei controlli di sicurezza all'aeroporto di Malpensa.

Secondo quanto riferisce oggi The Hindustan Times, il governo di New Delhi avrebbe infatti intenzione di presentare una risoluzione all'Assemblea Generale dell'Onu per chiedere il rispetto di questo simbolo religioso. Considerando che l'India e' attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, ''siamo sicuri che la risoluzione sara' approvata'' ha detto una fonte governativa al giornale. L'iniziativa e' stata presa dopo l'incidente in cui e' incappato un allenatore di golf Sikh costretto a sfilarsi il turbante durante una perquisizione all'aeroporto di Malpensa.

La vicenda ha avuto delle ripercussioni a livello diplomatico tra Italia e India, che sono pero' state chiarite la scorsa settimana dall'ambasciatore d'Italia a New Delhi in un incontro con i rappresentanti del ministero degli Esteri indiano. Ieri, tuttavia c'e' stato un nuovo incidente, quando lo stesso allenatore, Amritinder Singh, giunto nuovamente allo scalo milanese, e' stato obbligato dagli agenti italiani a rimuoversi il copricapo per i controlli di routine prima dell'imbarco.

Il ministro indiano degli Esteri, S.M. Krishna, ha nuovamente denunciato in un dibattito al Senato il caso. ''Ovunque si verifichi, un insulto a un Sikh e' un insulto alla nazione'' ha detto il ministro in risposta a un deputato del partito dell'opposizione Bjp (Bharatya Janata Party o Partito popolare indiano) che ha sollevato la questione durante la sessione chiamata ''zero hour'' in cui i parlamentari sono liberi di porre quesiti di importanza nazionale al governo. ''A che cosa sono servite le scuse dell'ambasciatore italiano? '' ha chiesto il senatore S.S. Ahluwalia nel suo intervento accusando il proprio governo di non essere stato in grado di prevenire un secondo ''insulto'' al simbolo religioso.


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23/03/2011 18:48
 
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a proposito di questo topic..ma di Sakineh non si parla piu'?
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11/04/2011 16:13
 
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Francia, da oggi burqa e niqab vietati
E in strada le donne sfidano il governo



Il velo integrale bandito nei luoghi pubblici. A Parigi decine
di fermi. Avignone, musulmana sale su un treno per protesta
Entra in vigore oggi in tutti i luoghi pubblici della Francia la legge che proibisce di indossare il velo integrale islamico, e cioè burqa e niqab. Ed è già polemica. Decine di donne col velo sono state fermate davanti alla cattedrale di Notre-Dame e ad Avignone una musulmana ha sfidato il governo salendo su un treno. La Francia è il primo paese europeo ad applicare un divieto di questo tipo. La legge - adottata dal parlamento francese l'11 ottobre 2010 dopo un acceso dibattito - riguarda circa meno di duemila donne, in un paese che, secondo le stime, conta tra i quattro e i sei milioni di persone di fede musulmana.

Secondo la normativa, da oggi sarà vietato coprirsi il volto con un velo, un casco o una maschera negli spazi pubblici, che comprendono strade, giardini pubblici, stazioni e negozi, altrimenti si dovrà pagare una multa. Le forze dell'ordine non hanno tuttavia il potere di levare il velo alle persone che si oppongono, ma queste ultime incorreranno in una sanzione massima di 150 euro o in un corso di educazione civica. Gli uomini che obbligheranno una donna a portare il velo da oggi in poi rischiano un anno di prigione e 30mila euro di multa.

In strada la sfida delle donne è già partita. A Parigi la polizia ha fermato una ventina di donne velate che partecipavano a una manifestazone davanti alla cattedrale di Notre Dame contro il divieto di indossare il velo islamico nei luoghi pubblici. I fermi sono stati in tutto 59, tra i quali 19 donne con il velo, e seono scattati dopo che la polizia aveva tentato di interompere la manifestazione, che non era autorizzata. Una musulmana di 32 anni di Avignone, nel sud del Paese, ha sfidato la nuova normativa salendo su un treno con indosso il niqab. "Sono stata invitata a partecipare a una trasmissione televisiva alla quale sto andando ed è l'11 aprile, giorno in cui entra in vigore la legge contro il velo integrale", ha spiegato Kenza Drider, 32 anni, volontaria di un'associazione. "E' una legge che offende i miei diritti di europea, non faccio che difenderli: cioè la mia libertà di andare e tornare, la mia libertà religiosa", ha dichiarato la 32enne circondata da giornalisti alla stazione di Avignone, da dove ha preso un treno per Parigi. "Questa legge viola il diritto", ha insistito la donna madre di quattro figli che vive ad Avignone. "Secondo questa legge, mia moglie dovrebbe restare chiusa a casa, lo trovate normale? Non capisco questa cosa nel paese dei diritti umani", ha aggiunto il marito Allal Drider, che la accompagnava alla stazione.
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21/04/2011 14:34
 
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«Vietato danzare il Venerdì Santo»

A Francoforte multe per chi balla Ordinanza del municipio in vigore anche dalle 4 del mattino a mezzogiorno nei giorni di Pasqua
e del Lunedì dell’Angelo. Esplodono le polemiche


BERLINO – No, non c’è solo la grande finanza a Francoforte. Si trattano anche argomenti più umani. Questo weekend di Pasqua, la municipalità della capitale bancaria della Germania dovrà affrontare la disfida della danza. L’ha lanciata il movimento giovanile dei Verdi: balleranno anche quando è vietato. È un vero e proprio scontro culturale. Succede infatti che nello Stato dell’Assia, del quale Francoforte fa parte, esiste una legge del 1952 che impone di essere morigerati nel festeggiare durante i giorni della Passione e quindi stabilisce che è vietato ballare per l’intero Venerdì Santo e dalle 4 del mattino a mezzogiorno nei giorni di Pasqua e del Lunedì dell’Angelo. Agli spiriti libertari dei giovani Grünen il divieto sembra sbagliato e fuori tempo.

«Con tanti saluti dai talebani – ha scritto un loro esponente, Rald Scheffler –. Certe regole te le aspetti solo nelle aree governate dai talebani dell’età della pietra». Così, i Verdi l’hanno messa in politica: sostengono che in una città aperta e multiculturale come Francoforte imposizioni come questa sono sbagliate e un po’ ridicole e che non è compito «dello Stato garantire l’osservanza dei riti cristiani». La legge va cambiata, aggiungono. «Coloro che vogliono praticare la loro religione in questi giorni, o che si sentono religiosamente offesi dai festeggiamenti, semplicemente possono stare lontani dai balli». Quindi, i giovani Grünen hanno lanciato una manifestazione danzante per venerdì prossimo alle 16 nella Römerplatz: ognuno dovrà portarsi la sua musica e ballare. Su Facebook, alla pagina Anti-tanzverbot-smartmob, un migliaio di persone ha già aderito. A scatenare la protesta è il fatto che, mentre la legge in questione negli ultimi anni era stata per lo più ignorata, una settimana fa il municipio ha mandato un’ordinanza alle discoteche chiarendo che la regola è in vigore e chi non la rispetta verrà multato.

Il ministro dell’Interno dell’Assia, Boris Rhein, ha ricordato che il Land è «orientato in senso cristiano-occidentale» e che «è importante e corretto che non ci sia un rock-around-the-clock nelle feste cristiane più importanti dell’anno». Alcuni esponenti della Chiesa evangelica hanno risposto che chi non vuole rispettare il silenzio del Venerdì Santo dovrebbe andare a lavorare e non festeggiare.

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17/06/2011 10:05
 
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Riad, donne velate al volante
Parte la sfida ai divieti


ROMA
Il tam tam su Facebook e Twitter è inarrestabile. Sebbene da giorni i conservatori scaglino anatemi e l’arresto immediato di Manal al Sharif sia lì a dimostrare l’intransigenza della polizia, le saudite si metteranno oggi al volante per la prima manifestazione ufficiale dal 1991, quando un gruppo di pioniere lanciò il guanto di sfida all’unico Paese al mondo che proibisce alle donne di guidare.

Tra repressione preventiva e generose concessioni di sussidi estemporanei il regno dei Saud era riuscito finora ad allontanare lo spettro del venerdì della rabbia che da mesi turba i sonni dei regimi arabi ancora in sella. Saranno le donne a rompere il tabù? Difficile avanzare ipotesi anche per loro che, consapevoli dell’ostilità sociale e del prevedibile dispiegamento di forze dell’ordine, non hanno stabilito un luogo di ritrovo ma, attraverso Internet, hanno diffuso un vademecum in cui si raccomanda alle interessate di prendere l’auto e mettersi in strada in ordine sparso in tutte le città, una specie di happening spiazzante per evitare retate di massa.

L’obiettivo non è sovversivo. «Vogliamo il re e la patente» recita un tweet dei giorni scorsi. Le organizzatrici hanno stabilito di velarsi appropriatamente, farsi accompagnare da un uomo in caso di fermo, esporre sul cruscotto la bandiera saudita e la foto di Sua Maestà Abdullah che, si mormora, potrebbe finalmente firmare la proposta di aprire le elezioni municipali alle donne secondo quanto stabilito alcune settimane fa dalla Shura, l’assemblea consultiva nominata dal sovrano.

La prospettiva non è il ribaltamento del regime sul modello delle rivoluzioni egiziana e tunisina. Nel nome di Manal, la single mamma arrestata a maggio per il reato di guida senza patente, centinaia e centinaia di saudite schermate dal nickname hanno denunciato nelle settimane scorse la difficoltà di una vita sotto tutela maschile. La Rete è un confessionale ma anche un amplificatore. Se la storia di Manal al Sharif ha già oltre 30 mila commenti su Twitter e Facebook moltiplica le firme di adesione, su YouTube è nato il canale HonkforSaudiWomen che raccoglie i video di quanti, in tutto il mondo, stamattina suoneranno il clacson in sostegno delle ribelli di Riad.

L’instabilità della regione preoccupa il re che ha aperto i forzieri proprio per prevenire il contagio della primavera araba. Ma cosa accade all’interno del Paese? La condizione delle donne, impossibilitate perfino a decidere una cura medica senza l’assenso del tutore, è la cartina di tornasole. Il mondo segue loro che, ogni tanto, a sorpresa, alzano la voce da sotto il velo come la scrittrice saudita che un anno fa sul suo blog sdoganò la poligamia a condizione di poter avere anche lei quattro mariti. Ci vorrà tempo, ma s’inizia sempre sistemando lo specchietto retrovisore e ingranando la marcia.
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21/06/2011 17:04
 
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In Malaysia un gruppo islamico femminile sostiene che le infedeltà dei mariti sono evitabili, se la moglie soddisfa tutti i desideri sessuali del suo uomo. E' polemica



Mentre in Arabia Saudita le donne si uniscono nel richiedere il diritto di mettersi al volante, in Malaysia recentemente si è fatta strada un'idea diversa di emancipazione femminile: serviamo i nostri uomini “meglio di quanto farebbe una prostituta di lusso”, e i matrimoni saranno al riparo da infedeltà e rischi di divorzio. Così pensano infatti al “Club delle mogli obbedienti”, lanciato due settimane fa in Malaysia e da pochi giorni presente anche in Indonesia.

Sembrando fatta apposta per rilanciare tutti i pregiudizi occidentali sui diritti delle donne nell'Islam, con la notizia la stampa mondiale è ovviamente andata, ehm, a nozze. D'altronde, come resistere a una proclamazione di principi come quella fatta dalla vice-presidente, Rohaya Mohamed: “Un uomo sposato a una donna brava a letto come, o meglio di, una prostituta non ha motivo di tradire. Invece di lasciarlo peccare, una donna dovrebbe fare di tutto per assicurarsi che i desideri del marito siano soddisfatti”, ha detto lanciando il club in Malaysia, aggiungendo “Che c'è di sbagliato nell'essere una puttana per tuo marito?”.

Se volevano far parlare di sé, ci sono riuscite alla grande. E di sicuro, dopo aver letto la notizia molti uomini in tutto il mondo si saranno dati di gomito sperando segretamente di vedere le loro mogli o fidanzate seguire i principi del club. Ma in Malaysia, dove le “Mogli obbedienti” dicono di contare già su 800 membri, la trovata ha scatenato un vivace dibattito sul femminismo e sul significato dell'essere donna in un Paese molto più complesso e in generale di vedute più progressiste rispetto a quel poco che si sa di esso in Occidente, dove arrivano solo le notizie curiose come quella della modella condannata alla fustigazione per aver bevuto una birra (alla fine la pena, dopo le polemiche, fu commutata in tre settimane di servizi sociali dal sultano locale). L'emergere del Club, tuttavia, rende evidente che sacche più tradizionali esistono, e che i problemi portati dalla modernità - dal 2002 al 2009 i divorzi tra i Malay sono raddoppiati - mettono sotto pressione il tessuto sociale.

Il Club è una pensata di Global Ikhwan, un gruppo imprenditoriale fondato dallo stesso uomo una volta a capo del movimento islamico radicale Al-Arqam, messo al bando nel 1994 per i suoi insegnamenti religiosi “deviati”. E data la fama acquisita nel Paese, la sua ultima trovata non ha mancato di indignare le associazioni per i diritti della donna in Malaysia, dove i Malay musulmani costituiscono il 60 per cento della popolazione (il resto è di etnia cinese o indiana) e, al contrario delle minoranze, sono soggetti anche alle norme della sharia. La grande maggioranza non si riconosce nella visione del matrimonio delle Mogli obbedienti. Su Facebook, un gruppo chiamato “Non vogliamo baggianate sessiste dal Global Ikhwan” ha raccolto oltre 5.600 iscritti nel giro di due settimane. Lo stato di Johor Bahru, nel sud del Paese, si è opposto all'apertura di una sezione locale del Club.

Le Mogli obbedienti - che intendono organizzare seminari su come diventare una brava coniuge - appaiono comunque determinate ad andare avanti, e la settimana scorsa si sono allargate anche all'Indonesia, dove contano già su 200 membri; c'è pure l'intenzione di aprire una sezione a Singapore. Nel caso qualche lettrice sia interessata a diffondere il messaggio in Italia, sappiate che il Club è disponibile ad accogliere donne di ogni religione. Se è vero che molti italiani tollerano i bunga bunga di Arcore perché tutto sommato vorrebbero fare altrettanto, probabilmente i mariti non avrebbero nulla da ridire.
lastampa.it
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23/06/2011 11:29
 
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Arabia Saudita: gli uomini non potranno più vendere biancheria intima femminile

Lunedì 6 giugno il Re Abdullah ha approvato una sentenza storica, nella quale si dichiara che gli uomini non sono più autorizzati a lavorare nei negozi di biancheria intima femminile. A prima vista questo potrebbe non sembrare un decreto importante o addirittura storico, ma inserendola in un contesto più ampio rivela implicazioni fondamentali.
L'Arabia Saudita è un Paese notoriamente conservatore e la segregazione di genere è vista come una normalità piuttosto che il contrario. Per esempio, in una famiglia saudita dove si osserva tale usanza, a una donna è consentito parlare liberamente solo con il proprio padre, nonno, zio, figli, marito e fratelli. Eppure, a dispetto della tradizione culturale della segregazione, fino a pochi giorni fa era legalmente accettabile che commessi maschi vendessero biancheria intima alle donne, le quali rivelavano quindi a degli sconosciuti dettagli personali, come le misure del corpo o le dimensioni delle coppe dei reggiseni.

Alcuni dei commessi erano professionali e rispettosi nel soddisfare i bisogni delle clienti. Non così per molti altri, purtroppo. Non ho mai incontrato un uomo saudita impiegato in un negozio di lingerie, e non sono sicura che ce ne fossero. La maggior parte di loro era composta da immigrati con contratti di lavoro con status "single", il che vuol dire che anche se erano sposati, a norma di legge non potevano portare con sé la propria famiglia nel Regno.

Ora, vendere biancheria intima in una società segregata sia per le donne saudite che per le immigrate, è stato visto da alcuni uomini, privati ​​del contatto con la sfera femminile, come un lavoro da sogno. Piuttosto che essere professionali nel lavoro, se ne servivano per avvicinare le clienti (o vittime?) con un sorriso lascivo e sembrava riuscissero a vedere attraverso il tessuto opaco di un abaya i dettagli più intimi del corpo di una donna. Come potevano capire attraverso un coprente abaya se si trattava di una taglia 6 o 16? In qualche modo lo sapevano. Che volesse essere servita o volesse semplicemente dare un'occhiata, il commesso seguiva la cliente consigliandole quello che "sentiva" fosse più appropriato per lei. Sì, il fatto che gli uomini non saranno più autorizzati a lavorare nei negozi di biancheria intima femminile è una sentenza storica.

Finalmente le donne non saranno più costrette a fare acquisti presso i centri commerciali più esclusivi e costosi riservati alle signore. Avranno maggiori opportunità di scelta. Meglio ancora, questo decreto significa ulteriori opportunità di lavoro per le donne! La sentenza del Re Abdullah creerà migliaia di posti di lavoro per le donne saudite, riducendo così il tasso crescente di disoccupazione femminile nel Regno, attualmente al 30%.

La sostituzione di commessi uomini con donne locali rappresenta una mossa intelligente e strategica nell'attuazione della “Saudizzazione”, grazie alla quale i cittadini sauditi sostituiscono gli immigrati nella forza lavoro locale. Le donne saudite conquistano nuove opportunità di lavoro, ma grazie alla sentenza ne escono vincitori anche tutti gli altri immigrati con famiglia. Inoltre, un crescente numero di posti di lavoro per le donne potrebbe influire anche sulla questione dei trasporti. Maggiori opportunità di uscire dall'ambiente domestico, potrebbero portare alla conseguenza logica di fornire alle donne il diritto di guidare - tema di grande attualità.

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sarà pure una vittoria sul lavoro per le donne ma che tristezza..
[Modificato da Sound72 23/06/2011 11:31]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Donne saudite umiliate e discriminate
Frustata perché sorpresa alla guida


A neanche due giorni dall'annuncio di re Abdallah sul diritto di voto (locale), le limitazioni alla libertà femminile si inaspriscono. Condannata a dieci frustate una ragazza fermata al volante lo scorso luglio. Un'altra arrestata perché era in auto nel centro di Riad
RIAD - Neanche due giorni dopo l'importante annuncio di re Abdallah sul riconoscimento del diritto di voto 1 (seppur solo dal 2015 e per i consigli locali) alla popolazione femminile dell'Arabia Saudita, dal regno giunge il segnale che nulla in realtà è cambiato nella vita quotidiana delle sue cittadine. Una ragazza è stata condannata a subire 10 frustate per essersi messa al volante di un'auto, sfidando il divieto "di fatto" in vigore nel regno.

Lo annuncia Amnesty International. Identificata come Shema, la donna era stata sorpresa alla guida lo scorso luglio a Gedda. Women2drive, l'organizzazione che guida la campagna perché le donne possano guidare in Arabia Saudita 2, ha fatto sapere di aver già fatto ricorso.

Su almeno altre due donne pendono altrettante condanne per simili accuse ma, nonostante le frustate e l'oscurantismo, la lotta quotidiana delle donne saudite per il diritto a guidare la propria auto non si ferma. Proprio oggi un'altra giovane, Madeeha al-Ajroush, è stata arrestata perché alla guida nel centro di Riad. Secondo quanto ha denunciato su Twitter Mohammad Fahad al-Qahtani, presidente dell'associazione per i Diritti civili in Arabia Saudita, la ragazza "è stata condotta presso il locale commissariato
dove è ancora trattenuta".

L'attivista ha inoltre riferito di "una manifestazione che si è tenuta oggi davanti alla sede del ministero della Pubblica Istruzione di Riad a cui ha partecipato un gruppo di donne". Secondo al-Qahtani, le dimostranti "sono state circondate dagli agenti della polizia che hanno minacciato di arrestarle". L'attivista ha infine denunciato che "nonostante l'annuncio del re Abdullah circa la concessione del voto per le amministrative vengono ancora violati i diritti delle donne nel regno saudita".

Secondo la legge islamica in vigore in Arabia Saudita, le donne necessitano del permesso di un tutore maschile per lavorare, viaggiare all'estero e persino sottoporsi a cure mediche. Del tutto esclusa la possibilità di muoversi liberamente in auto, sebbene non esista alcuna legge scritta in proposito a certificare il bando. Per guidare, la legge saudita impone ai cittadini di munirsi di licenze rilasciate localmente per guidare all'interno del Regno, licenze sistematicamente negate alle donne, in modo da rendere sostanzialmente illegale il loro diritto alla guida.

In nome di quel diritto, e della loro libertà di movimento, le donne saudite hanno iniziato ad alzare la testa dallo scorso maggio, approfittando della "primavera araba" e della voglia di democratizzazione che ha scosso prima il Nordafrica e in seguito i regni del Golfo. Sfruttando ancora una volta internet e i social network, alcune attiviste saudite hanno lanciato la campagna Women2Drive per sfidare il bando, riscuotendo un inatteso seguito 3.

Su twitter si sono così moltiplicati i messaggi in cui donne saudite hanno raccontato di aver guidato nelle strade di Gedda, Riad, Khobar. Altre hanno scritto di essere state fermate dalla polizia, che le ha lasciate andare dopo aver fatto sottoscrivere loro l'impegno a non guidare più. Ma il caso più celebre è di certo quello di Manal Alsharif, spintasi il 22 maggio scorso fin su YouTube con un video 4 che la ritrae al volante nelle strade di Khobar. La donna è stata arrestata e in seguito rilasciata non senza aver chiesto pubblicamente scusa 5, probabilmente costretta dagli stessi parenti.

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che poi pure io frusterei le donne al volante....
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OSLO - «Lo rifarei di nuovo». E' stata l'affermazione di Anders Breivik, il killer di Oslo e Utoya, durante la sua testimonianza nella seconda giornata del processo per le stragi dello scorso 22 luglio. Breivik si è di nuovo rivolto ai giudici con il saluto di estrema destra (pugno chiuso prima sul cuore e poi a braccio teso) con cui aveva esordito ieri: «Sono un rappresentante del movimento di resistenza norvegese ed europea e della rete del Cavalieri Templari», ha detto il killer, che ha invocato la legittima difesa e chiesto l'assoluzione. Al termine della sua testimonianza, durata più di un'ora, nel secondo giorno di udienze il killer ha dichiarato che «si è trattato di attacchi preventivi per preservare la razza norvegese. Ho agito in una situazione di emergenza in nome del mio popolo, della cultura del mio paese. E così chiedo la mia assoluzione».

Le dichiarazioni. «Ho messo in atto il più sofisticato e spettacolare attacco politico commesso in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale», ha aggiunto Breivik. Per lui finire la sua vita in prigione o morire per il suo popolo rappresentano «il più grande onore» che potesse ottenere. E non mostra alcun rimorso per la strage dell'Isola di Utoya, dove uccise 69 studenti a un campeggio laburista, dopo aver fatto esplodere ucciso altre otto persone con delle bombe ad Oslo: «Non erano innocenti, ragazzi civili ma attivisti politici che promuovevano il multiculturalismo», ha detto il killer.

Rivoluzione violenta. «Uccidere 70 persone può impedire una guerra civile. Le persone che mi accusano di essere malvagio, confondono il fatto di essere malvagi con l'essere violenti», si difende il killer che si è professato non colpevole. La differenza, secondo Breivik, risiede nelle intenzioni: certi atti di violenza possono prevenire violenze maggiori. «Quando la rivoluzione pacifica è impossibile, l'unica via è la rivoluzione violenta», ha detto leggendo la sua delirante dichiarazione.

Ieri, nella prima udienza, lo show del killer: saluto nazi e la dichiarazione di «non riconoscere» l'autorità di tribunali «multiculturali». Nessuna emozione da parte sua durante il video di quel 22 luglio in cui uccise 77 persone. Lacrime a quello della sua propaganda.

Giudice popolare ricusato. Ed è stato ricusato il giudice popolare che aveva invocato su internet la morte (abolita in Norvegia dal 1979) per Anders Breivik - l'autore delle stragi di Oslo e Utoya -, è stato ricusato dai giudici, che hanno esaminato la richiesta avanzata da accusa, difesa e parti civili. Il processo, dopo una sospensione di mezz'ora, è ripreso con il tribunale che ha autorizzato il killer, chiamato a testimoniare, a leggere la sua dichiarazione.
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mortacci che matto [SM=g27991]

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11/02/2013 12:14
 
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Celestino VI
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Sir Alex Ferguson.
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11/02/2013 12:20
 
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Il problema vero è poi ne fanno sempre un altro...
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Sono la rovina della Roma


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Il Papa si dimette dal pontificato : «Sento il peso dell'incarico, lascio per il bene della Chiesa


Uscirà un comunicato del vaticano : si ringrazia il mister per il lavoro fin qui svolto e gli auguriamo di fare bene nelle prossime religioni che amministrerà
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