Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
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Cinema

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2024 12:06
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è morto pure leslie nilsen
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Morto suicida a Roma il regista Mario Monicelli
Quell'ultima zingarata
che ci fa sentire un po' più soli

di Domenico Naso

Chi se ne frega della retorica. Non ci chiedete di misurare le parole a pochi minuti dalla notizia del suicidio di Mario Monicelli, gettatosi a 95 anni dalla finestra di una stanza di ospedale. Non ci chiedete di fingere distacco. Nessun amante del cinema italiano può restare indifferente. Non perché è morto un signore di 95 anni, sia chiaro. A quell'età il fatto strano è vivere ancora. Ma uccidersi a 95 anni, forse per paura di una fine lenta e dolorosa, forse per qualche altra insondabile ragione, è qualcosa che ci turba profondamente e insieme, come in un miscuglio malsano di sensazioni, ci emoziona e ce lo fa amare ancora di più, quell'omino toscano perennemente incazzato e scontroso, che ha regalato all'Italia e al mondo decine di capolavori cinematografici.

Mario Monicelli era uomo d'impeto e di genio smisurato. È stato il regista de La Grande Guerra e L'armata Brancaleone, I soliti ignoti e La ragazza con la pistola, Amici miei e Un borghese piccolo piccolo, I nuovi mostri e Il marchese del Grillo, Speriamo che sia femmina e Cari fottutissimi amici. E prima ancora il sodalizio con Steno, le decine di commedie con Totò, Aldo Fabrizi, Anna Magnani.
Monicelli era l'ultimo dei grandi registi italiani. E ha vissuto così a lungo che ci aveva fatto credere di essere immortale. Fino all'ultimo ha strigliato un paese addormentato e ripiegato su se stesso. Lo ha fatto a Raiperunanotte, usando toni forti, forse troppo, e mostrando un disprezzo nei confronti dell'Italia che in fondo era amore incondizionato, era voglia rabbiosa di uno scatto d'orgoglio. Era il solito Monicelli, quello caustico e un po' stronzo, che non mandava a dire le cose ma te le sparava in faccia, senza filtri, con quell'espressione severa da vecchio saggio che ti faceva diventare piccolo piccolo.

E lo stesso burbero padre nobile della settima arte italiana era persino riuscito a diventare padre a 74 anni, con una scelta che all'epoca aveva indignato tanti, troppi parolai: “Tra pochi anni non ci sarà più e lascerà una bimba orfana. Che egoista!”. E invece no, se l'è goduta quella figlia, anche se non viveva con lei, così come non voleva vivere con mogli, amanti, figli, parenti vari, amici. Viveva da solo, diceva, «per rimanere vivo il più a lungo possibile. La donna è infermiera nell'animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più».

Quei dieci anni devono essere passati, almeno secondo lui, visto che quel volo dal balcone dell'Ospedale San Giovanni di Roma ha messo fine a una delle vite italiane più esaltanti. Potremmo aprire l'argomento spinosissimo della paura di morire soffrendo e della possibilità negata di non farlo, o potremmo fare il parallelismo tra il suicidio di Mario Monicelli e quello del padre Tomaso, giornalista e scrittore antifascista, nel 1946. Potremmo, ma non lo faremo. Perché il volo mortale di quel vecchietto gracile e minuto è in realtà un commiato pieno di ribelle libertà, è l'uscita di scena degna di un uomo che dell'opinione della maggioranza se ne è fregato per quasi un secolo, che ha sbeffeggiato la morale comune con decine di film geniali, divertenti, dolci, amari.

E allora cerchiamo di capirla, se non giustificarla, questa inaspettata “zingarata”. E quando seguiremo la bara del Maestro, magari ci scapperà da ridere, come nel funerale del Perozzi (il personaggio di Amici miei interpretato da Philippe Noiret). Lacrime di gioia, risate di dolore, chi lo sa. Poco importa. Perché Monicelli se ne è andato e se ne frega. Se ne è andato. E lo ha deciso lui.

29 novembre 2010

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complimenti a tutte le televisioni che l'hanno ignorato, una volta modificavano i palinsesti per i tributi , ieri hanno preferito trasmettere filomena marturano, i cesaroni e le cronache di narnia [SM=g28001]
02/12/2010 09:59
 
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Re:
lucaDM82, 30/11/2010 20.28:

Morto suicida a Roma il regista Mario Monicelli
Quell'ultima zingarata
che ci fa sentire un po' più soli

di Domenico Naso

Chi se ne frega della retorica. Non ci chiedete di misurare le parole a pochi minuti dalla notizia del suicidio di Mario Monicelli, gettatosi a 95 anni dalla finestra di una stanza di ospedale. Non ci chiedete di fingere distacco. Nessun amante del cinema italiano può restare indifferente. Non perché è morto un signore di 95 anni, sia chiaro. A quell'età il fatto strano è vivere ancora. Ma uccidersi a 95 anni, forse per paura di una fine lenta e dolorosa, forse per qualche altra insondabile ragione, è qualcosa che ci turba profondamente e insieme, come in un miscuglio malsano di sensazioni, ci emoziona e ce lo fa amare ancora di più, quell'omino toscano perennemente incazzato e scontroso, che ha regalato all'Italia e al mondo decine di capolavori cinematografici.

Mario Monicelli era uomo d'impeto e di genio smisurato. È stato il regista de La Grande Guerra e L'armata Brancaleone, I soliti ignoti e La ragazza con la pistola, Amici miei e Un borghese piccolo piccolo, I nuovi mostri e Il marchese del Grillo, Speriamo che sia femmina e Cari fottutissimi amici. E prima ancora il sodalizio con Steno, le decine di commedie con Totò, Aldo Fabrizi, Anna Magnani.
Monicelli era l'ultimo dei grandi registi italiani. E ha vissuto così a lungo che ci aveva fatto credere di essere immortale. Fino all'ultimo ha strigliato un paese addormentato e ripiegato su se stesso. Lo ha fatto a Raiperunanotte, usando toni forti, forse troppo, e mostrando un disprezzo nei confronti dell'Italia che in fondo era amore incondizionato, era voglia rabbiosa di uno scatto d'orgoglio. Era il solito Monicelli, quello caustico e un po' stronzo, che non mandava a dire le cose ma te le sparava in faccia, senza filtri, con quell'espressione severa da vecchio saggio che ti faceva diventare piccolo piccolo.

E lo stesso burbero padre nobile della settima arte italiana era persino riuscito a diventare padre a 74 anni, con una scelta che all'epoca aveva indignato tanti, troppi parolai: “Tra pochi anni non ci sarà più e lascerà una bimba orfana. Che egoista!”. E invece no, se l'è goduta quella figlia, anche se non viveva con lei, così come non voleva vivere con mogli, amanti, figli, parenti vari, amici. Viveva da solo, diceva, «per rimanere vivo il più a lungo possibile. La donna è infermiera nell'animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più».

Quei dieci anni devono essere passati, almeno secondo lui, visto che quel volo dal balcone dell'Ospedale San Giovanni di Roma ha messo fine a una delle vite italiane più esaltanti. Potremmo aprire l'argomento spinosissimo della paura di morire soffrendo e della possibilità negata di non farlo, o potremmo fare il parallelismo tra il suicidio di Mario Monicelli e quello del padre Tomaso, giornalista e scrittore antifascista, nel 1946. Potremmo, ma non lo faremo. Perché il volo mortale di quel vecchietto gracile e minuto è in realtà un commiato pieno di ribelle libertà, è l'uscita di scena degna di un uomo che dell'opinione della maggioranza se ne è fregato per quasi un secolo, che ha sbeffeggiato la morale comune con decine di film geniali, divertenti, dolci, amari.

E allora cerchiamo di capirla, se non giustificarla, questa inaspettata “zingarata”. E quando seguiremo la bara del Maestro, magari ci scapperà da ridere, come nel funerale del Perozzi (il personaggio di Amici miei interpretato da Philippe Noiret). Lacrime di gioia, risate di dolore, chi lo sa. Poco importa. Perché Monicelli se ne è andato e se ne frega. Se ne è andato. E lo ha deciso lui.

29 novembre 2010





Con tutto il rispetto per Fellini e Antonioni....per me è stato lui il più grande regista italiano...allo stesso livello di Visconti e De Sica.
I Film di Monicelli venivano compresi anche dal grande pubblico e non solo dai critici e dall'elitè intelletuale...e hanno descritto l'italiano medio e il nostro costume.
Si ricorda spesso Amici Miei, Il Mearchese del Grillo, I Soliti ignoti, e Brancaleone, Un borghese piccolo piccolo, o la grande Guerra.... ma tra gli ultimi Parenti serpenti è proprio un capolavoro.

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vino, divano e i soliti ignoti su la 7.

questo è il mio omaggio di questa sera a Monicelli.

L. S. D.
"Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore." Bertolt Brecht
"Ubriacatevi. Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro, ma ubriacatevi." Charles Baudelaire
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Novecento
un film che ho riscoperto proprio in questi giorni..inizio di grande cinema a prescindere da come si possa interpretare quel dato mom storico..purtroppo nn ho trovato la scena successiva con Burt Lancaster il vecchio padrone che vuole festeggiare coi contadini la nascita del nipote..grande interpretazione la sua [SM=g28002] Film soprattutto nella prima parte mi ha sempre coinvolto in modo particolare..




ps: ben inteso nn vuole essere una risposta x bilanciare il post su Signorelli sul quale poi vorrei chiedere un paio di cose x pura cultura e curiosità personale a Luca!
[Modificato da Sound72 03/12/2010 23:40]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Re:
Sound72, 03/12/2010 23.40:

Novecento
un film che ho riscoperto proprio in questi giorni..inizio di grande cinema a prescindere da come si possa interpretare quel dato mom storico..purtroppo nn ho trovato la scena successiva con Burt Lancaster il vecchio padrone che vuole festeggiare coi contadini la nascita del nipote..grande interpretazione la sua [SM=g28002] Film soprattutto nella prima parte mi ha sempre coinvolto in modo particolare..





se ti piace lancaster, allora riscopri pure "il gattopardo", un capolavoro assoluto anche quello.
(anche se il miglior lancaster è quello degli anni 50: vera cruz, the rainmaker, from here to eternity, sweet smell of success... un forza della natura!)

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Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.
(Samuel Beckett, Worstward Ho)
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Re: Re:
BeautifulLoser, 04/12/2010 0.10:




se ti piace lancaster, allora riscopri pure "il gattopardo", un capolavoro assoluto anche quello.
(anche se il miglior lancaster è quello degli anni 50: vera cruz, the rainmaker, from here to eternity, sweet smell of success... un forza della natura!)




anche sfida all'OK Corral [SM=g27989] ..vero cmq..davvero grande ne il Gattopardo
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Re:
Sound72, 03/12/2010 23.40:


ps: ben inteso nn vuole essere una risposta x bilanciare il post su Signorelli



Figurati,non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello un collegamento.

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Addio all'attore Pete Postlethwaite,
eroe del film "Nel nome del Padre"


Ucciso da un tumore a 64 anni.
Spielberg: il migliore del mondo


LONDRA
Che cosa fa di un bravo attore un personaggio indimenticabile? A questa domanda avrebbe saputo certo rispondere il britannico Peter Postlethwaite, detto "Pete", nato il 16 febbraio del 1946 a Warrington nel Cheshire e scomparso ieri, nel silenzio della sua casa di campagna di Minton nello Shropshire.

Figlio di piccola borghesia operaia, attore per vocazione fin dalla prima adolescenza, orgoglioso del suo impossibile cognome tanto da rifiutare ogni sirena hollywoodiana che gli chiedeva un nome d’arte adeguato alla fama crescente, Pete aveva risposto così a Spielberg che, dopo averlo diretto due volte, lo definiva «il miglior attore del mondo». «Sono sicuro - chiosava - che la vera frase di Steve suona ’è quello che di sè dice sempre di essere il miglior attore del mondò».

Nel suo caso la fama non era rubata, anche se la gerarchia del cast lo confinava spesso in ruoli minori e incisivi, quelli che è impossibile non ricordare e che, nell’economia dei gesti e negli sguardi profondi, incidono per sempre un personaggio nella memoria dello spettatore. Questa sapienza e misura gli veniva senz’altro dalla lunga, quasi amorosa frequentazione delle assi di palcoscenico dove si era fatto le ossa fin da giovane, passando dalla Bristol Old Vic Drama School fino alla Royal Shakespeare Company con un impressionante repertorio classico e molte incursioni nel miglior teatro contemporaneo.

Nei primi anni era anche stato insegnante di recitazione e da quest’esperienza aveva tratto la lezione più preziosa: il confronto costante con i giganti della scena inglese, sicchè quando decise di affrontare il set (prima televisivo e poi cinematografico) era già un maestro riconosciuto quando debuttò alla metà degli anni ’70. Nel ’77 esordì al cinema con "I duellanti" di Ridley Scott e venne subito notato dalla critica più attenta. Fedele ai suoi principi e a un impegno politico e sociale che orientò la sua carriera, sceglieva con meticolosa passione i copioni fin dai primi anni, sicchè le sue apparizioni coincidono con il miglior cinema inglese degli anni ’80: "Pranzo reale", "To Kill a Priest", "Voci lontane, sempre presenti" di Terence Davies che gli diede la prima consacrazione ufficiale nel 1988.

Il vero successo è però del 1993 con "Nel nome del padre" di Jim Sheridan in cui tiene testa a Daniel Day Lewis e si guadagna una meritatissima nomination all’Oscar. Ma i due avevano già fatto coppia in "L’ultimo dei Mohicani" di Michael Mann l’anno prima e rimasero amici anche fuori dal set. Intanto la carriera americana di Postlethwaite proseguiva con ottime affermazioni, da "I soliti sospetti (1995) a "Romeo + Juliet" (1996), da "Il mondo perduto: Jurassic Park" a "Amistad". E i ritorni a casa erano altrettanto felici come nello strepitoso "Grazie signora Thatcher" dello stesso ’96 o la serie tv "The Sins" del 2000. Negli ultimi anni, anche a causa del tumore con cui ha fieramente combattuto fino all’ultimo, aveva dovuto limitare gli impegni, ricavando interpretazioni indimenticabili anche da piccoli cammei come il micidiale gangster di "The Town" (regia di Ben Afflek) o il miliardario morente di "Inception" (Christopher Nolan).

Del suo mestiere un giorno ha detto: «Alla fine, recitare vuol dire saper mentire. Siamo impostori di professione e il pubblico ci accetta così. Abbiamo fatto un patto: noi raccontiamo una storia zeppa di bugie, ma il pubblico sa che contiene anche una verità. Il che può piacere o dar fastidio, ma è così». Pete Postlethwaite non ha mai fatto mistero delle sue convinzioni politiche progressiste e ne ha spesso pagato le conseguenze rifiutando copioni lucrosi ma per lui poco convincenti sul piano ideale. Nonostante questo nel 2004 è stato insignito dell’alta onorificenza dell’Ordine dell’Impero Britannico. Lascia una moglie adorata, conosciuta sui set della BBC, e due figli William e Lily.

...........

RIP ..grande attore e caratterista uscito fuori a 45 anni..
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Harmonica..





"ehi ragazzi è vero..ci siamo proprio dimenticati un cavallo.."
...No! ce ne sono due di troppo.. [SM=g27985]

Sergio Leone fa storia a sè, in generale però a parte il mito Jhon Wayne..il miglior western in assoluto per me rimane quello di Sam Peckinpah..Il mucchio selvaggio e Pat Garrett & Billy the Kid due capolavori..Il primo poi..è ancora oggi avanti di 2-3 generazioni..altro che Tarantino..
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Re:
Sound72, 12/01/2011 16.40:

Harmonica..

Testo nascosto - clicca qui



"ehi ragazzi è vero..ci siamo proprio dimenticati un cavallo.."
...No! ce ne sono due di troppo.. [SM=g27985]

Sergio Leone fa storia a sè, in generale però a parte il mito Jhon Wayne..il miglior western in assoluto per me rimane quello di Sam Peckinpah..Il mucchio selvaggio e Pat Garrett & Billy the Kid due capolavori..Il primo poi..è ancora oggi avanti di 2-3 generazioni..altro che Tarantino..




più di john wayne il mito è john *ford* (che ha una filmografia immensa).
suo anche il western migliore in assoluto: "the searchers" (sentieri selvaggi, del 1956), ovviamente con il miglior john wayne di sempre.
nei decenni precedenti a questo capolavoro, ford aveva creato un intero mondo iconografico e un linguaggio che tutti dopo di lui hanno usato. due temi su tutti: lo sguardo panoramico sul paesaggio selvaggio nel quale trovi *sempre* un essere umano (sfido chiunque a trovare un'inquadratura panoramica in un western di ford senza esseri umani); la donna come portatrice di civiltà sulla "frontier" (che sarà poi il tema centrale di "c'era una volta il west" del 1968 di leone).

con "the wild bunch" peckinpah ha senza dubbio creato uno dei migliori western di sempre, ma come padronanza del genere, forza creativa nel definirlo, capacità visionaria nel rinnovarlo gli sono superiori sia ford con "the searchers" che george stevens con "shane" (il cavaliere della valle solitaria), ma anche howard hawks con "red river" (il fiume rosso) e -- perdio! -- clint eastwood con "unforgiven" (gli spietati).

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è vero, Ford è il maestro..Sentieri Selvaggi in particolare..ma anche la scenografia e quella mandria impazzita fanno di Fiume rosso un capolavoro..
Peckinpah arriva dopo e questo gioca un pò a suo favore..però certe scene restano inimitabili..i bambini che giocano con formiche rosse e scorpioni x nn parlare della carneficina con la mitragliatrice...
tra l'altro notavo ( come del resto succede con la musica ) che a volte..quello che scopri prima in un certo senso ti frega saulle opinioni..Quando uscirono Le iene e Pulp Fiction fu uno successone e chiaramente in quel momento potevo vedere il cinema di Tarantino come il nuovo in assoluto..poi solo dopo scopri Il Mucchio Selvaggio e certi film italiani anni '70 ( Milano calibro 9, La belva col mitra x dirne un paio ) vere fonti ai limiti del plagio..
X inverso..quando vidi tanti anni fa Piccolo grande uomo rimasi affascinato da quella storia e dal film in sè..rivendendolo a distanza di tempo l'ho trovato nn solo prolisso ma anche troppo dissacrante, ai limiti di una commedia che con la storia in sè ha poco a che fare.Poi il doppiaggio in italiano con quella voce gracchiante ( di Amendola senior mi sa )......
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Re:
Sound72, 12/01/2011 19.56:

è vero, Ford è il maestro..Sentieri Selvaggi in particolare..ma anche la scenografia e quella mandria impazzita fanno di Fiume rosso un capolavoro..
Peckinpah arriva dopo e questo gioca un pò a suo favore..però certe scene restano inimitabili..i bambini che giocano con formiche rosse e scorpioni x nn parlare della carneficina con la mitragliatrice...
tra l'altro notavo ( come del resto succede con la musica ) che a volte..quello che scopri prima in un certo senso ti frega saulle opinioni..Quando uscirono Le iene e Pulp Fiction fu uno successone e chiaramente in quel momento potevo vedere il cinema di Tarantino come il nuovo in assoluto..poi solo dopo scopri Il Mucchio Selvaggio e certi film italiani anni '70 ( Milano calibro 9, La belva col mitra x dirne un paio ) vere fonti ai limiti del plagio..
X inverso..quando vidi tanti anni fa Piccolo grande uomo rimasi affascinato da quella storia e dal film in sè..rivendendolo a distanza di tempo l'ho trovato nn solo prolisso ma anche troppo dissacrante, ai limiti di una commedia che con la storia in sè ha poco a che fare.Poi il doppiaggio in italiano con quella voce gracchiante ( di Amendola senior mi sa )......




assolutamente!
penn quel film l'ha proprio voluto impostare come commedia.

per quanto riguarda tarantino, praticamente mio coetaneo, lui è "cresciuto" lavorando in videoteca; io sono già partito da bambino con una rai che all'epoca i classici di hollywood li trasmetteva tutti, e da studente in germania avevo una videoteca sotto casa di cui avevo le chiavi nonché due emittenti statali (ard e zdf) ed alcune "regionali" (wdr in primis, ma anche br e ndr) in tv che si occuparono di mandare in onda sistematicamente determinati registi, generi, periodi, scuole cinematografiche ecc.
poi siamo "sbocciati" (per così dire) nel postmodernismo dei tardi anni 80: caduta del muro, "fine della storia" e fine delle storie da raccontare (vedi anche umberto eco, il nome della rosa, che anticipa il concetto estetico del riciclaggio delle storie), e ci siamo messi a vomitare (si fa per dire!), ognuno a modo suo, le storie che abbiamo dentro per comporne delle nuove.

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Quello al centro dei tre mi sembra Pistilli,quello che recitava la parte del fratello prete di Tuco ne "il buono,il brutto e il cattivo".
Mori' suicida.

ps-Bronson aveva la zeppola(tipo muccino) e voleva evitare di dire frasi che contenessero la esse.Proponeva modifiche alle battute.
Cmq grande Henry Fonda,che maschera.
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Re:
lucaDM82, 12/01/2011 22.55:

Quello al centro dei tre mi sembra Pistilli,quello che recitava la parte del fratello prete di Tuco ne "il buono,il brutto e il cattivo".
Mori' suicida.

ps-Bronson aveva la zeppola(tipo muccino) e voleva evitare di dire frasi che contenessero la esse.Proponeva modifiche alle battute.
Cmq grande Henry Fonda,che maschera.




già è morto, l'hai pure imbruttito di brutto poveraccio

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Ah,è vero,era quello coi capelli chiari che si suicidò sul set.E l'altro non era l'attore di cui parlavo. [SM=g27991] [SM=g27985]
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Checco Zalone batte Benigni. 'Che bella giornata', la pellicola con protagonista il comico pugliese di culto, ha sorpassato 'La vita è bella' di Roberto Benigni. Al box office, il film di Gennaro Nunziante supera così quello dedicato all'Olocausto e premio Oscar del 1997, firmato da Roberto Benigni, con 31.479.000 euro contro 31.231.984 e diventa così il film italiano più visto di sempre.

Vero obiettivo di 'Che bella giornata', ha però spiegato qualche giorno fa il produttore Pietro Valsecchi della Taodue, sono i 40 milioni di euro. Un obiettivo più che plausibile vista la marcia trionfale del film che, uscito dodici giorni fa, il 5 gennaio, ha ancora una media copie impressionante (9,925) ed è capace di incassare in quest'ultimo week-end quasi otto milioni (7.919.997).

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E nn è una bella notizia eh..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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