00 04/10/2010 21:34
Thor, il dio del tuono deve ringraziare il vento

Un fragoroso boato, preceduto da accecanti scintille, preannunciava il passaggio del carro del possente signore del tuono e delle saette, il primogenito di Odino e Jördh: il rosso Thor. Thor è innanzitutto il dio più forte, quello maggiormente dotato di una potenza muscolare tutta terrestre. Thor è Hushovd, il nuovo campione del mondo di ciclismo, il primo corridore norvegese a vestire la maglia iridata nella prova più prestigiosa, quella su strada.
Hushovd è un ragazzo mite e solare, tutto sport e famiglia, che da un anno vive a Montecarlo con la moglie Susanne e la piccola Isabel. Nato a Grimstad il 18 gennaio 1978 Hushovd è un ragazzone di 83 chili distribuiti su un fisico possente di 185 centimetri. È chiaramente un velocista atipico, capace di andare forte a cronometro e resistere sulle medie salite. In carriera ha vinto otte tappe al Tour de France (i francesi lo chiamano Tour Hushovd) una al Giro d'Italia e tre alla Vuelta a España. Nel suo palmares c’è posto anche per una Gand-Wevelgem e cinque campionati nazionali, due in linea e tre a cronometro. Si è aggiudicato due maglie verdi al Tour e una alla Vuelta.
Dopo essere stato un buon sciatore, comincia a gareggiare in bicicletta nel 1988, a dieci anni. Nel 1998 da Under 23 vince la Paris-Roubaix, la Paris Tour e la Coppa del mondo di categoria e si laurea campione del mondo a Valkenburg nella prova a cronometro.
«Il finale era adatto alle mie caratteristiche, e le ho sfruttate alla grande - ha commentato Thor Hushovd -. Quando il belga Gilbert è scattato a dieci chilometri dal traguardo ho pensato che non saremmo arrivati alla volata. Poi mi sono accorto che c'era tanto vento, e allora mi sono detto che era possibile riprendere il belga. Ma se non ci fosse stato il vento, Philippe sarebbe arrivato al traguardo».
Onesto Hushovd, ma anche un po’ rammaricato per la gaffe tecnica al momento dell’inno nazionale: dopo poche parole, infatti, il nastro si è fermato e ha lasciato tutta Geelong in un silenzio glaciale. «È stato decisamente imbarazzante ­ ha raccontato laconico il neo campione del mondo -. Certo, mi sarebbe piaciuto godermi l’inno fino in fondo, anche perché nel ciclismo gli inni si sentono così raramente...».
Australia recidiva. La stessa cosa successe ad Ercole Baldini, alle Olimpiadi del 1956...
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola