Bianco latte. Nubi spesse, aggrovigliate. Klaas Jan Huntelaar guarda fuori perplesso. "Questo aereo va un po' troppo veloce, meglio non pensarci o mi prende l'ansia. È assurdo stare fra le nuvole". A ogni trasferta, la paura del viaggio. "Mi sforzo, mica posso andare a giocare a piedi. Ma volare non mi piace". Huntelaar è attaccato alla terra: fare il pendolare fra Gelsenkirchen e Zevenaar "sono al massimo 50 minuti di strada, e per la mia famiglia è più comodo" è un modo per stare attaccato alla terra; preferire un club con meno ambizioni, ma dove può giocare sempre, è un modo per rispettare la sua filosofia calcistica. "Se vinco da panchinaro non mi sento coinvolto, quindi non mi pare di aver vinto davvero".
Questo spiega quanto sia stata dura la sua esperienza in Italia.
"Ma io non ho rimpianti. Non rimpiango di essere venuto, non rimpiango di essere andato via. Il Milan è il miglior club d'Italia e uno dei più importanti del mondo, ma io discutevo con Leonardo tutti i giorni".
Perché?
"È una persona intelligente, niente da dire. Diciamo che fra noi non c'era feeling. Giocare poco mi fa stare male. Comunque, la mia piccola vendetta me la sono già presa con lo Schalke in Champions, l'anno scorso contro l'Inter di Leonardo".
Qualche giornale in quel periodo parlava di "mafia brasiliana". Era per questo che non giocava?
"Per carità, mafia è una parola forte e completamente fuori luogo. Io non ho mai avuto problemi con nessuno dei compagni, il fatto è che c'erano altri preferiti a me. Se uno è più forte, gioca sempre. Ma se ci sono più giocatori alla pari, la nazionalità conta un po'. E poi in Italia il calcio è molto politico".
In che senso?
"Nel senso che contano i rapporti con l'esterno, nel senso che bisogna essere diplomatici. Inzaghi aveva dalla sua caterve di gol e il giusto amore dei tifosi. Borriello era candidato per la nazionale. Chissà, magari anche in Olanda fra un olandese e un italiano giocherebbe di più l'olandese".
Che cosa le è rimasto dell'Italia?
"Una consapevolezza maggiore nel giocare contro squadre difensive. In Italia devi andare da solo contro quattro difensori. Mi sono rafforzato, credo".
E tattica a parte che idea si è fatto?
"L'idea di una nazione divertente, dove succedono cose che non accadono da nessun'altra parte al mondo. Ma mi piace così, e le dirò: ho voglia di riaprire il libro di italiano, sono affascinato dalla lingua, e voglio mantenere un contatto con l'Italia anche così".
Ma il calcio italiano è sotto accusa: poco attraente, povero, con gli stadi vuoti.
"E non capisco il motivo. È un campionato equilibrato, è un po' come qui in Germania, dove, superiorità del Bayern a parte, ogni squadra può rischiare contro ogni avversario. Però gli stadi vuoti non erano un bello spettacolo neppure per chi andava in campo".
Si dà la colpa alla scomodità degli impianti: in Germania gli stadi sono belli.
"La gente viene per il football, non è mica come andare a teatro. No, io credo che sia più un problema di soldi: la gente ne ha di meno ed è costretta a privarsi di qualcosa".
Ha giocato in club importanti, poi lo Schalke. Ora non può avere grandi obiettivi.
"Ma posso giocare ogni settimana e questa per me è la cosa necessaria. Abbiamo vinto la coppa e la supercoppa nazionale, possiamo vincere l'Europa League e giocarcela per un buon posto in campionato. Non è poco".
L'Inghilterra la chiama, dicono: il Manchester United è interessato.
"Lo sento dire, ma non mi ha chiamato nessuno e non è con me che devono parlare. Lo United è un club fantastico, con un attaccante fantastico, Rooney, uno dei migliori. Ma se devo andare lì e ripetere la situazione del Milan, grazie, preferisco restare dove sono, dove mi hanno reso felice".
Quindi si sposterebbe in Premier soltanto con la garanzia di essere titolare?
"Questo non è possibile e non potrei pretenderlo. Vorrei solo avere la certezza di giocare un buon numero di partite. E poi mai mi muoverei a metà stagione: a metà stagione non funziona".
La Bundesliga è molto di moda...
"Ma la Premier League è il campionato che preferisco. È vario, si gioca un calcio d'attacco come piace a me. Poi vengono Bundesliga e Serie A. In Spagna si gioca un calcio offensivo, ma ci sono soltanto due squadre, Barça e Real Madrid, e un divario enorme con le altre: non è molto divertente".
Neppure a Madrid è stato felice...
"È stata un'altra tappa della mia carriera. Si può imparare dappertutto. A me piace studiare il calcio. Leggo, ricordo. Ad esempio, pensi quanto è buffo pensare che sono stati i brasiliani a inventare i sistemi difensivi...".
Sente di avere un futuro di allenatore?
"Allenatore o magari manager, se sei un manager puoi costruire la squadra, se sei un allenatore ti cacciano appena le cose si mettono male. Da allenatore è difficile costruire".
Quali sono le squadre che costruiscono?
"Principalmente Barcellona, Manchester United, Bayern: hanno soldi, potere, organizzazione a livello giovanile"
Com'era un tempo l'Ajax: ha mai pensato di tornare e finire la carriera lì?
"L'Ajax calcisticamente è casa mia. Da bambino ero nel vivavio del Psv, ma sognavo l'Ajax. L'Ajax per me era il calcio, ricordo le battaglie di quegli anni con Wesley Sneijder, che giocava nell'Ajax".
Wesley è il leader dell'Olanda?
"È il giocatore più forte che abbiamo, il più importante, anche per la sua posizione in campo. I centrocampisti sono sempre i più importanti: è lì che nasce il gioco".
Strano, detto da una punta. Di solito i più celebrati sono quelli che segnano.
"Senza buoni centrocampisti non c'è gioco, e senza gioco non si fa gol".
Chi è il più forte d'Europa?
"Ozil. E poi Rooney, Xavi, Iniesta. Di Cristiano Ronaldo mi piace la determinazione, la voglia di fare sempre gol e lasciare un segno sulla partita. Ma i giocatori più importanti, come le ho detto, secondo me stanno sempre a centrocampo. Sono loro i cervelli della squadra".
Quali sono le sue favorite per l'Europeo?
"Spagna, Germania. E noi, se stiamo tutti bene e se andiamo avanti a lavorare duramente. Contro la Germania però si è visto che abbiamo tanto da fare...".
Ha segnato tantissimo in questi mesi: si aspetta di essere titolare all'Europeo?
"Se continuo così, spero proprio di sì. Il calcio è una scala mobile: al Mondiale ero riserva, magari adesso qualcuno farà la riserva a me".
Neppure in Sud Africa, in tutto 58 minuti sempre dalla panchina, come al Milan, dev'essersi divertito granché: com'è il suo rapporto con il c.t. Van Marwijk?
"Normale, professionale. Io gli faccio vedere quello che so fare, e se lui scrive il mio nome sul foglio della formazione è tutto a posto. Non mi piace parlare con gli allenatori, se posso evito. Sono energie sprecate per me e per loro".
Il calcio è una scala mobile, dice lei, e ora i soldi da spendere li hanno soprattutto gli sceicchi...
"Le squadre si costruiscono. I soldi non bastano".
Quindi lei non andrebbe al Psg del manager Leonardo?
"Parigi è una bella città. Per una cena non c'è problema".
[Modificato da chiefjoseph 24/02/2012 00:28]