00 30/10/2020 13:07
I 60 anni di Maradona: il più grande genio del calcio

Ha vissuto molte vite, ha seminato eterna bellezza, ha regalato gioia a chi ama il calcio. Unico, divino, fragile. Tra la gloria e la polvere, le virtù e i vizi: ritratto del mito più controverso della storia del calcio

Maradona compie sessant’anni e se si volta indietro può dire di aver vissuto almeno tre-quattro vite. Il più iconico calciatore di tutti i tempi, il ragazzino arruffato nato povero tra le baracche di Villa Fiorita, El Pibe de Oro, lo «Scugnizzo ad honorem» che sempre verrà adorato a Napoli, l’uomo che disse «Yo juego para darle alegria a la gente» – gioco per divertire la gente – è stato senza ombra di dubbio il più straordinario campione affermatosi nell’era della globalizzazione mediatica, quando la vita di ognuno di noi ha cominciato ad assomigliare ad un reality show.

E la vita – anzi le vite – di Maradona altro non sono state che un lungo e bellissimo, ma anche doloroso, reality show. C’è un calcio prima di Diego e c’è un calcio dopo di Diego. È stato tutto, Maradona. Bambino prodigio capace di incantare palleggiando con un’arancia e fuoriclasse planetario amato trasversalmente da chiunque ami il gioco del calcio e la sua intima bellezza. E’ stato virtù e vizio, gloria e perdizione, talento purissimo e dipendenza. È morto – o almeno: per due volte il suo cuore si è fermato – ed è risorto, riuscendo sempre a rimettersi sulla testa la corona che il mondo gli ha consegnato.

L’uomo che oggi allena il Gimnasia La Plata ed è in isolamento perché un suo collaboratore è risultato positivo al Covid 19; ha sempre avuto il bisogno quasi fisico di avere nemici, facendo dei propri limiti – la bassa statura, la tendenza alla pinguedine – il piedistallo per una fama che ancora oggi – a quasi trent’anni dal suo ritiro – non conosce cedimenti. Non gli è mai mancato il coraggio di mettersi a nudo nella sua fragilità, nella sua incapacità di gestire affetti, amori, soldi, mogli, amanti, amici, figli e vizi, i tanti vizi – la droga prima di tutto – che oggi ci fanno pensare a cosa sarebbe stato – Maradona – senza i suoi abissi. Semplicemente: non sarebbe stato lui.

È stato – invece – epica e poesia in ogni suo gesto. Nessuno ha mai avuto con il pallone un rapporto così erotico, così sensuale, così primitivo e selvaggio. Ha segnato – all’Inghilterra – un gol con la mano chiamando in causa e a propria difesa «La mano de Dios», è stato l’eroe tragico di un’Argentina che in lui ha riconosciuto la sua anima, ha saputo essere suo malgrado fonte di ispirazione per tutti quelli che ieri e oggi cominciano a dare calci ad un pallone e per chi – nella sua vita – ha trovato la scintilla dell’eternità, come il regista Paolo Sorrentino che l’ha ringraziato quando ha vinto l’Oscar con La grande bellezza.

Il Maradona che oggi compie sessant’anni – seppure goffo, impacciato, zavorrato da un peso extralarge, confuso dall’abuso di farmaci e perduto in avventure professionali che non hanno rispetto della sua storia – conserva immutato il suo fascino. È ancora e sarà sempre un uomo del popolo, Maradona, il cavaliere con molte macchie e molta paura che però si schiera sempre contro il Potere costituito.

Non è un caso che in tutto il mondo oggi lo si celebri con l’affetto che si deve ai pochissimi capaci di emozionare e far fare al nostro cuore un giro più veloce, lo si omaggi con la riconoscenza che si deve a chi – baciato dalle stelle – è riuscito a rimanere un vecchio bambino, lo stesso che per anni – giocando a calcio – ha seminato una scia di bellezza infinita che ancora fa palpitare, come se il tempo passato fosse un dettaglio.


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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola