Bruno Conti

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Sound72
00giovedì 12 marzo 2015 09:10
Bruno Conti "7" bellezze

«Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette, questo altro anno giocherà con la maglia numero sette». Quel “ragazzo” non faceva parte della Leva calcistica del ’68, ma De Gregori pensava proprio a lui, a Bruno Conti. Il “caschetto” più amato dagli italiani, dopo quello di Raffaella Carrà. Bruno core de Roma, al tempo in cui Francesco Totti era un pupone delle elementari. Correndo correndo, su quella fascia, in quell’estate spagnola salì sul tetto del mondo e persino “O Rey” Pelè riconobbe nel Bruno da Nettuno, un giocatore “più brasiliano dei brasiliani”.

«Mi chiamavano MaraZico. Torno a casa e vinco il “primo vero” scudetto con la Roma, 1983. Sono ricordi di un secolo fa, ma a 60 anni – li compie il 13 marzo – quando li acchiappo con la mente, anche solo per un istante, mi fanno sentire ancora il ragazzino di ieri». Il ragazzino nato con la maglietta numero 7. D’inverno sempre con un pallone tra i piedi per la disperazione di mamma Santina: «Doveva badare a sette figli, quattro femmine e tre maschi, e alla sera mi veniva a cercare al campetto dell’oratorio del Sacro Cuore dove il curato tifava già per me». D’estate giocavo solo a baseball, uno sport di cui all’epoca parlava solo Alberto Sordi in Un americano a Roma».

Storie che a volte lo “zio Bruno” («No nonno Bruno, ho cinque nipoti stupendi: Brunetto, Manuel e Melody i figli di Daniele e le figlie di Andrea, Aurora e Anastasia») racconta ai «200 figli miei»: i ragazzi della scuola calcio dell’As Roma di cui è lo storico responsabile
di settore.

Siamo partiti dall’oggi. Cominciamo, invece, da quando gli americani non erano arrivati alla Roma e invece lei stava per volare negli Usa, ma per giocare a baseball.
«Ero un pischelletto. Guardavo il lanciatore Alfredo Lauri e mi innamorai del baseball. Quelli del Santa Monica stavano per portarmi via con loro, ma papà si oppose».

Non sopportava il baseball?
«Mio padre, Andrea Conti, era un malato di calcio e della Roma. In giardino piantava solo fiori gialli e rossi. Con quei colori aveva dipinto anche le tubature della caldaia... Mi ricordo ancora la gioia che gli diedi quando tornai a casa e dissi: “Papà, m’ha preso la Roma”. Oh, io c’ho la lacrima facile...».

Da lacrime, fu anche la trafila per entrare nelle
giovanili giallorosse.
«Avevo fatto un sacco di provini andati male. Mi scartò il Bologna, la Sambenedettese e alla Roma la prima volta mi disse “no” pure il Mago, Helenio Herrera. Il giudizio era sempre lo stesso: “Bravo tecnicamente, ma troppo piccolo e fragile fisicamente”. Arrivavo appena a un metro e 65. Per farmi “allungare”, Franco Ferrari, l’allenatore del Nettuno, alla fine degli allenamenti mi teneva in tensione sospeso sulla traversa della porta. “Vedrai che t’allunghi Brunè” – diceva –. Oh, non crescevo di un millimetro».

Alla fine però, poi, la presero alla Roma...
«Era l’estate dei miei 17 anni, stavo nell’Anzio e mi notarono nei tornei dei bar dove me la giocavo con calciatori di serie C. Fu Tonino Trebiciani a credere in me, mi portò nella Primavera e in un lampo sono passato dai dilettanti al debutto in Serie A contro il Torino. Una favola, per un giovane d’oggi sarebbe quasi impossibile».

Dalla Federazione a Sacchi, dicono che è “impossibile” per colpa dei “troppi stranieri” anche nei settori giovanili.
«Il vero problema è la nostra mentalità sbagliata: vincere e subito, senza aspettare la crescita dei ragazzi. Poi, certo, il flusso degli stranieri andrebbe razionalizzato cercando di prendere le eccezioni, quelli superiori alla media dei nostri ragazzi. Come si faceva fino a vent’anni fa, prima che questi procuratori cominciassero un’esportazione di massa».

Torniamo ai suoi 18 anni e al debutto tra i grandi per volere del “Barone” Nils Liedholm.
«Liedholm è stato la vita mia... Al primo allenamento mi mise davanti a campioni come De Sisti e Cordova e con il suo svedese pasticciato disse alla squadra: “Guardate questo ciovane: Bruno fai vedere stop d’interno”. Non voleva litigi, al minimo accenno di scontro ordinava: “Stringetevi subito la mano!”. Oggi io faccio lo stesso con i nostri ragazzi».

La mano Liedholm se la faceva anche leggere volentieri...
«Era scaramantico come pochi al mondo. Guai a mettere fiori nello spogliatoio e poi uscire sempre da lì con le mani in tasca e piede sinistro avanti. Quando salivamo in trasferta a Milano se spariva dal ritiro sapevamo che era a Bienate a consultare il suo mago, Mario Maggi».

Il “Barone” stregato, però, la spedì a farsi le ossa al Genoa.
«Ed è stata la mia fortuna, lì trovai un altro maestro di vita e di campo, Gigi Simoni. Scommise su un ragazzino pieno di entusiasmo, ma senza esperienza e lo ripagai a pieno: Genoa promosso in Serie A e per me il “Guerin d’Oro” come miglior giocatore del campionato. Era il diploma per tornare alla Roma assieme al “Bomber”, Roberto Pruzzo».

Al Mundial, Pruzzo, il capocannoniere della Serie A, rimase a casa, e Conti unico romanista della spedizione azzurra.
«Uno contro “tutti” i sei juventini – sorride –. In campionato eravamo nemici per la pelle, in Nazionale con ragazzi come Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli si era “fratelli d’Italia” molto prima dell’inno di Mameli. Pruzzo me lo sarei caricato sulle spalle, ma dopo il Mundialito in Uruguay la stampa iniziò a chiamarlo “Brontolo”, fu la sua rovina. E poi Bearzot aveva in testa Paolo Rossi, e oggi sappiamo che aveva visto giusto».

Il “Vecio” vide giusto anche ad aspettare l’infortunato Bruno Conti.
«Arrivai nel ritiro di Alassio reduce da una distorsione al ginocchio. Ero convinto che se volevo conservare quel “7”, che, altrimenti avrebbe preso Causio, dovevo sputare l’anima. Dopo il primo allenamento Bearzot se ne accorse, mi prese in disparte e mi fa: “Figlio mio, smettila di forzare: stai tranquillo, il posto è tuo”. Io il Mondiale l’ho vinto in quel momento lì. Liedholm parlava di spirito di gruppo, Bearzot predicava il senso della famiglia, ci invitava ad essere uomini veri prima che grandi calciatori. E in quella Nazionale ebbe la fortuna di trovare 22 ragazzi che sapevano essere l’uno e l’altro».

Gli incontri più belli oltre il campo di calcio?
«Con papa Wojtyla e il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il nostro “capo ultrà” nella finale del Bernabeu al fianco del Re di Spagna. Del Presidente mi “innamorai” durante la diretta Rai di Vermicino: in ritiro, tutta la notte svegli davanti alla tv a pregare che Alfredino Rampi uscisse vivo da quel pozzo... Le lacrime di Pertini per la sua morte restano il simbolo di quella politica che metteva davanti ad ogni cosa il bene e la felicità degli italiani. Oggi non è più così, l’unico che lavora per il bene di tutti è papa Francesco».

Ha incontrato anche papa Bergoglio?
«Non ancora, mi accontento di guardare una foto: papa Francesco in visita a Cagliari che saluta i miei nipotini, i figli di Daniele».

Vedremo una terza generazione di Conti in campo?
«Manuel e Brunetto, che è il mio sosia, fanno la scuola calcio a Cagliari: sono carucci, bravini, ma soprattutto si divertono. Per due volte m’hanno fatto piangere davanti alla tv: la domenica che il padre (Daniele, bandiera del Cagliari, ndr) ha segnato una doppietta e a turno sono corsi ad abbracciarlo».

Cosa le piace e cosa la rattrista del calcio d’oggi?
«Mi piace l’eterna passione per il gioco. Mi dispiace che in generale i calciatori guadagnano di più, ma in campo si divertono molto meno rispetto alla mia generazione. Mi rattrista la distanza che si è creata tra loro e i tifosi: colpa del divismo alimentato dai media. Meglio la stampa sportiva di ieri, c’erano dei giganti: Nando Martellini, Beppe Viola, “Bisteccone” Galeazzi che entrava nello spogliatoio e ci portava la pastasciutta».

Il tempo passa, ma si è ancora fermi al duello scudetto Juve-Roma.
«Ai tempi si parlava di “stile Juventus”, ma il nostro era
mejo – sorride – con il Barone, il presidente Viola e la signora Flora. Lo stile nostro era la classe immensa di Falcao, la Curva Sud, l’attaccamento alla maglia da parte di tutti, a cominciare da un capitano e un fratello come Agostino Di Bartolomei che sta sempre qui, dentro il cuore mio».

Il “core de Roma” ora è soltanto uno, Francesco Totti.
«Un ragazzo stupendo, guai a chi mi tocca Francesco. Vorrei tanto che Totti chiudesse la carriera con un altro scudetto. Se lo meriterebbero lui, Sabatini e il presidente Pallotta che hanno costruito una grande Roma».

Che regalo le piacerebbe per i suoi 60 anni?
«L’ho già ricevuto 38 anni fa, da quando sto con mia moglie Laura, il nostro “ct”, l’amore di casa. L’altro regalo me lo fa la gente tutti i giorni che mi incontra per strada e mi saluta con lo stesso affetto di quando giocavo. La mia vittoria più grande? Me vojono bene pure i laziali».
Giacomo(fu Giacomo)
00venerdì 13 marzo 2015 09:39
Una delle serate più emozionanti della mia vita... quel giorno di maggio dopo la finale di UEFA, ero in Distinti sud e il mio idolo stava smettendo di giocare a calcio in mezzo a tutti i miei idoli da bambino.
Fenomenale Brunetto. Mille anni ancora, Bruno, tu che quando t'ho incontrato per caso a Trastevere mi sembrava di aver visto la Madonna e non ho spiccicato parola.
La corsa sotto la sud dopo il gol con l'Atalanta.
Grazie sempre, Brunetto nostro.
Sound72
00venerdì 13 marzo 2015 10:15
L'esultanza con scivolata in ginocchio sotto la Sud è qualcosa che te resta per sempre nel cuore.
Chi ha visto Bruno Conti gioiere e piangere per la Roma se fa 2 risate quando vede certe esultanze con la vena di fuori. Oggi è pure impietoso azzardare paragoni.
Poi quando se giocava a calcio sotto casa era un mezzo mito..tutti dribblomani e giocolieri ..
I mondiali del 1982 erano Bruno Conti e altri 10..quella cazzo di azione che fa con l'Argentina e che poi ripete nella finalissima..Uno spettacolo.
Un'ala che segnava grandissimi gol da fuori area.. [SM=g7542]


A margine: penso che il film sull'addio al calcio di Bruno Conti sia una dei lavori migliori fatti in assoluto da Plastino. Ben prima di Sfide e Buffa.
Peccato che poi se sia accartocciato e arenato tra T9 e teleroma56. Solo con le vallette è andato in crescendo.
Giacomo(fu Giacomo)
00venerdì 13 marzo 2015 10:29
Simoni, Liedholm, Eriksson, Radice e Bianchi, i suoi tecnici: cosa prenderebbe da ognuno di loro?

«Dal Barone tutto: la cultura del lavoro, i rapporti e il dialogo. Di Radice il carattere incredibile. Eriksson era garbato, timido, anche se con lui ho avuto qualche problemino. Di Bianchi niente per tanti motivi. E Simoni mi ha valorizzato: stupendo, un padre di famiglia».

(gazzetta dello sport)

Il Barone è il personaggio dello sport che mi manca di più. Secondo me un po' Ancelotti lo ricorda, ovviamente in tono minore.
Su Bianchi la risposta era regalata
jandileida23
00venerdì 13 marzo 2015 10:35
Bianchi stava sul cazzo pure alla madre e al panettiere. Io le prime Rome che me ricordo so le sue: me ricordo nonno buonanima che quando gli facevano le interviste se grattava.

Comunque tra i calciatori che ho mancato per motivi anagrafici, Bruno è senza dubbio quello a cui sono più affezionato.
Sound72
00venerdì 13 marzo 2015 10:40
Che poi magari Ottavio Bianchi ottenne anche buoni risultati in un periodo disastrato per la Roma ma era uno veramente irritante, pure quando ci aveva ragione.
Posso dire di aver cantato sempre con convinzione allo stadio "Ottavio Bianchi pelato la ROma ci hai rovinato " [SM=x2478856]

Poi lo sgarbo di non far giocare neanche un minuto a Bruno Conti in campionato l'ultimo anno rimane una bastardata senza eguali nella storia della Roma.
lucaDM82
00venerdì 13 marzo 2015 15:01
giannini avvelenato ha raccontato che quando era squalficato bianchi davanti a tutti diceva "come faremo ora senza maradona?"... [SM=x2478856]
penso che a de rossi je ce vorrebbe uno cosi'.
giove(R)
00venerdì 13 marzo 2015 15:13
anche lì, poi è stato capro espiatorio, ma non la rovinò certo lui la Roma.
Giacomo(fu Giacomo)
00venerdì 13 marzo 2015 15:22
un mio amico s'era inventato al Liceo un settimanale sportivo dal titolo Giallo&Rosso cui collaboravo con una seguitissima (...) rubrica di calcio internazionale - avrei potuto dare del tu a Giancarlo Dotto. Lui se ne uscì con un articolo intitolato «Apologia di Bianchi».
Come risultato la gente lo incontrava e insultava lui invece di Bianchi. [SM=x2478856]

Tra l'altro Marazico era ancora in forma fisica perfetta.
Addirittura all'addio di Aldair, a quasi cinquant'anni, scattava quanto giocatori quindici anni più giovani.
Sound72
00martedì 28 luglio 2015 22:28
A proposito de esterni forti [SM=g27995]


Bruno Conti, ex giocatore e bandiera della Roma, si è raccontato a Gazzetta TV parlando della situazione della Roma e del suo passato:
“Giocare nella Roma? Quello che io e Francesco Totti abbiamo passato sul campo, con tanti sacrifici e altro, ti rendi conto che quando scendi in campo per la Roma dai tutto. L’anno prima dello scudetto ancora dovevo parlare del rinnovo del contratto con Dino Viola. In questo noto ristorante di Roma, io portavo sempre i miei figli dietro e il presidente fece una battuta a mio figlio Daniele e gli disse “Dove va a giocare papà?” Daniele rispose “Va a Napoli con Maradona”. Maradona me lo disse spesso di andare a giocare con lui, ma la Roma è stata una scelta di cuore, avrei fatto un torto a mio padre. Mio padre ha cresciuto sette figli con tanti sacrifici, faceva il muratore, si svegliava alle 4 e tornava alle 7 di sera, penso che sia stata una vita di sacrifici ma non ci ha mai fatto mancare nulla. Da piccolo ho amato sempre il calcio e il baseball. Io facevo il lanciatore ed ero anche molto bravo ed ero mancino, il Santa Monica venne a fare questa tournée e proposero a mio padre di fare un provino, ma lui rifiutò. Il Mondiale? Quando si gioca una finale mondiale non c’è la fatica, poi alla fine segnò Altobelli ed esplose la gioia. Eravamo convinti di fare bene, abbiamo iniziato male, ma poi Brasile, Argentina, Germania, non ci poteva fermare nessuno, nemmeno Cabrini che sbagliò il rigore. Prima di partire per il Mondiale, io, Falcao, Dino Viola e Liedholm facemmo una foto e il presidente ci disse che voleva che uno di noi due diventasse campione. Con Falcao ci abbracciamo senza dire una parola dopo Italia-Brasile, poi ci siamo rincontrati a Brunico per la preparazione ma con Falcao non ho mai parlato di mondiale, solo i compagni qualche battuta. Barcellona? È una squadra fenomenale, ci sono dei giocatori che sono dei fenomeni. Nils Liedholm ci faceva allenare più o meno come loro, faceva le stesse cose che fa ora il Barcellona. Poi arrivò la chiamata della Roma quando stavo a Nettuno, volevo giocare a baseball, ma poi arrivò la Roma“.
romanews
lucaDM82
00mercoledì 29 luglio 2015 00:17
Totti?
"Il papà di Giannini lo prese dalla Lodigiani ed ebbe l’occhio lungo."
------------------
[SM=g11491]
Sound72
00domenica 26 maggio 2019 22:51
La commozione de stasera.. 💓
jandileida23
00domenica 26 maggio 2019 22:52
[SM=g7542]

Poi è arrivato Osvaldo [SM=x2478856]
Giacomo(fu Giacomo)
00domenica 26 maggio 2019 22:56
per me Osvaldo è il più coglione di tutti
però ammetto che la sua presenza lì dietro mi ha messo di buon umore [SM=x2478856]
ShearerWHC
00domenica 26 maggio 2019 23:03
L'unico che mi ha fatto sciogliere
D'altronde i due più toccati mi sono sembrati essere lui e Ranieri, due che dalla giusta distanza e con l'esperienza di cinquanta e passa anni di romanità si rendono veramente conto forse di cosa pian piano stiamo perdendo
lucaDM82
00domenica 26 maggio 2019 23:26
Era il piu' emozionato Bruno. [SM=g28000]
Avra' ripensato al giorno che lo ha preso con se' insieme ad Aquilani.

Ps.Osvaldo fuoriluogo cmq ha un po' sdrammatizzato il tutto. [SM=x2478856]
giove(R)
00lunedì 27 maggio 2019 18:01
per me è cojona la gente che je piace Osvaldo
lucaDM82
00lunedì 27 maggio 2019 18:12
giove(R), 27/05/2019 18.01:

per me è cojona la gente che je piace Osvaldo

[SM=g7542]
La giusta sintesi
Sound72
00sabato 2 novembre 2019 13:09
Fa un certo effetto leggere di Bruno Conti junior protagonista nella primavera del Cagliari...

[SM=g27991] [SM=g27991]
Sound72
00sabato 12 settembre 2020 21:50
Sound72, 02/11/2019 13:09:

Fa un certo effetto leggere di Bruno Conti junior protagonista nella primavera del Cagliari...

[SM=g27991] [SM=g27991]

Oggi in campo Brunetto [SM=g8866]
Giacomo(fu Giacomo)
00domenica 13 settembre 2020 07:54
Re:
Sound72, 12/09/2020 21:50:

Oggi in campo Brunetto [SM=g8866]


com'è andato? io non ho visto la partita

Sound72
00domenica 13 settembre 2020 09:01
Re: Re:
Giacomo(fu Giacomo), 13/09/2020 07:54:


com'è andato? io non ho visto la partita




ricorda molto più il padre del nonno, non solo fisicamente.
lucaDM82
00domenica 13 settembre 2020 23:43
Bruno parlava bene del nipote.

Anche Andrea Conti tra i due figli era quello che più gli somigliava, quello più tecnico. Ricordo che in un'intervista Bruno spiegò che il problema era la grinta, anche se da quello che so ha avuto anche tanti infortuni.
jandileida23
00mercoledì 12 maggio 2021 23:23
Oggi pomeriggio mi arriva un whatsapp di mia madre, che era allo Spallanzani per la seconda dose.

"Chi è questo signore che tutti gli chiedono una foto? è un calciatore?"

Era Bruno Conti, adesso ha un selfie con Bruno Conti.
Giacomo(fu Giacomo)
00mercoledì 12 maggio 2021 23:25
Re:
jandileida23, 12/05/2021 23:23:

Oggi pomeriggio mi arriva un whatsapp di mia madre, che era allo Spallanzani per la seconda dose.

"Chi è questo signore che tutti gli chiedono una foto? è un calciatore?"

Era Bruno Conti, adesso ha un selfie con Bruno Conti.




Io mi ricordo di averlo incontrato per caso a trastevere e non ho avuto il coraggio di salutarlo, niente, per me era come la Madonna dell’Incoronèta
lucaDM82
00mercoledì 12 maggio 2021 23:59
Tipo mia madre che "una mia collega ha il nipote che gioca a pallone"...era pazzini [SM=x2478856]
lucolas999
00giovedì 13 maggio 2021 09:06
jandileida23, 12/05/2021 23:23:

Oggi pomeriggio mi arriva un whatsapp di mia madre, che era allo Spallanzani per la seconda dose.

"Chi è questo signore che tutti gli chiedono una foto? è un calciatore?"

Era Bruno Conti, adesso ha un selfie con Bruno Conti.

Ma stava a fa il metadone?
Mo non so perché inizia un po' di rincojonimento ma mia madre CONTI l'avrebbe riconosciuto
jandileida23
00giovedì 13 maggio 2021 13:02
No, veramente stava a comprà i limoni davanti all'ospedale [SM=x2478856]

Penso che la mamma non avrebbe riconosciuto manco Maradona con un cartello con scritto Maradona appeso al collo, già che ha preso l'ambito lavorativo de Brunetto mi ha sinceramente stupito
lucaDM82
00sabato 22 maggio 2021 13:38
MESSAGGERO – 23 maggio del 1991. Domani sono trent’anni dall’addio al calcio di Bruno Conti. L’ex centrocampista della Roma si racconta in una lunga intervista al quotidiano romano. Questo un estratto:

Quella sera mancava suo padre e anche Ottavio Bianchi.
«Beh, diciamo che di lui ho sentito meno la mancanza. L’avevo invitato, per correttezza. Aveva da fare con la dichiarazione dei redditi, col commercialista…».

Ricorda anche i particolari di quella notte.
«Tutto, ancora oggi mi emoziono. Da Liedholm che annunciava la formazione, dicendo che dovevo giocare per forza perché era la mia festa, fino al lancio dello scarpino in Sud. A proposito, il ragazzo che all’epoca lo raccolse, mi è venuto a trovare a pochi mesi fa. Ricordo Bearzot, i miei compagni dello scudetto, dal bomber Pruzzo a Di Bartolomei, Ancelotti, tutti tutti. C’erano i miei figli piccoli, l’emozione è stata enorme. La sera prima c’era stata la finale di Coppa Uefa persa contro l’Inter, confesso che per la mia festa ero preoccupato, non potevo prevedere la reazione dei tifosi. Invece, è stata magica: non c’era un buco libero tra gli spalti, c’era più gente della sera prima. Incredibile, non la dimenticherò mai».

Quel lancio dello scarpino è stato come chiudere un sipario.
«Alla Roma dal 73 fino al 91, a parte quei due anni al Genoa. Questa è la mia casa».

La lascerebbe?
«Per nulla al mondo. Eppure ci sono stati momenti in cui ho rischiato di andarmene, sarebbe stato un dolore. Chi non riesce ad andare via dalla Roma non deve essere biasimato, non si può spiegare. Totti aveva scelto questo, io anche. Devo morire così».


Da giocatore e da dirigente ha rischiato l’addio.
«Sì, con Viola c’erano problemi, Maradona mi lusingava. Una sera l’ingegnere disse a mio figlio piccolo, Andrea, ma dove vuole andare papà?. Da Maradona, gli rispose. Il giorno dopo avevo pronto il rinnovo con la Roma. Poi con Sensi sono stato a un passo dai saluti, forse non aveva gradito le avance della Figc, che mi voleva affidare il settore giovanile. C’erano state anche altre incomprensioni, pure a inizio mandato da responsabile del ragazzi. Rosella Sensi ha avuto un ruolo determinante, grazie a lei sono rimasto e ne sono stato felice».

E poi pure con Pallotta?
«Mi dissero che volevano cambiare. “Ma dove ho sbagliato?”, chiedevo a Baldissoni, che era il dg. In niente, è così, poi presero Tarantino, volevano gestire il tutto attraverso algoritmi. Mi rifugiai nell’Academy. Ci rimasi male, ma pur di restare…». [SM=g27996]

Ha fatto l’allenatore, ma il meglio lo ha dato da responsabile del settore giovanile.
«Ma quando devi chiamare una famiglia per dire che il ragazzo non è stato preso o confermato, diventa difficile. Per il resto è un lavoro bellissimo, il mio mondo. La vittoria per me non è lo scudetto, ma De Rossi, Aquilani, Florenzi… cento milioni di plusvalenze».

Ha vissuto tanti presidenti, che ricordi ha di tutti e come considera i Friedkin?
«Guardi, sono sincero: mi ricordano molto Viola e Sensi, che si occupano da vicino della Roma. Sono presenti, lavorano, poi hanno capito come calarsi tra la gente, hanno individuato che il sentimento passa da lì. Hanno capito che la Roma è anche amore, oltre al business».

Hanno preso Mourinho, poi.
«Personaggio grandissimo, allenatore straordinario. Parlano i numeri. Una grande operazione tecnica e d’immagine. Da tifoso sono orgoglioso, esaltato».

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Il suo gioiello da talent scout?
«De Rossi. Si capiva subito che aveva un’altra marcia. Totti? E’ stata un’intuizione di Gildo Giannini». [SM=g8950]

Lei ha il merito di aver portato Spalletti?
«Lo incontrammo di nascosto, eravamo innamorati della sua Udinese. Quella Roma è stata tra le più divertenti, e ha vinto. E ne sono orgoglioso».

Sound72
00martedì 1 marzo 2022 21:40
“Un gioco da ragazzi”: in uscita l’autobiografia di Bruno Conti

Dalla Roma alla Nazionale, il mio calcio di una volta con Prefazione di Francesco Totti

«Signor Conti, suo figlio Bruno è davvero bravo e vorremmo portarlo con noi in America» dice il dirigente della squadra di baseball di Santa Monica.Alla parola “America”, mia madre chiede senza pensarci due volte: «Scusate, ma l’America dove si trova?».In cucina c’è silenzio assoluto. Poi, dopo una manciata di minuti, mio padre si decide: «Mio figlio è piccolo e da Nettuno non si muove».Se lui avesse detto sì in quella tiepida serata di agosto, non sarei mai diventato Bruno Conti.Aveva cominciato con il baseball, il piccolo Bruno – il più brasiliano di tutti i nostri calciatori che per la prima volta si racconta in questa autobiografia vivace e sincera –, ma lo aspettava una lunga ed emozionante carriera che avrebbe fatto di lui una colonna della Roma e un uomo-chiave nel mitico Mondiale dell’82. Cresciuto in una famiglia semplice e unitissima nei dintorni della Capitale, Bruno ha fatto la gavetta per campetti, lottando contro il pregiudizio verso la sua piccola statura, però nulla ha potuto fermarlo grazie alle sue eccezionali doti da funambolo e alla sua personalità testarda e pugnace. In queste pagine si susseguono aneddoti inediti con gli altri protagonisti dell’epoca – da Liedholm, superstizioso, che allineava le scarpe in spogliatoio, a Pruzzo, dedito alla guida pericolosa – e ricordi di partite memorabili. Sono spiragli che svelano al lettore l’epoca in cui il calcio era ancora “un gioco da ragazzi”, fatto di fatica ed entusiasmo, polvere e festeggiamenti a base di fettuccine al ragù. E, allo stesso tempo, riportano alla mente dei giallorossi e di tutti coloro che ricordano l’Italia dell’82 un protagonista assoluto. Unico e vero

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