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Franco Baldini

Ultimo Aggiornamento: 27/08/2019 13:00
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19/10/2011 14:29
 
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D.G.
BALDINI A TRIGORIA – Il nuovo direttore generale della Roma, Franco Baldini, ha varcato pochi minuti fa il cancello del centro sportivo ‘Fulvio Bernardini‘. Il primo passo dell’ormai ex general manager della nazionale inglese, è stato quello di recarsi nei spogliatoi, accompagnato dal direttore sportivo Walter Sabatini, per salutare i giocatori e l’allenatore. Anche l’As Roma dà il benvenuto al suo nuovo dg e condivide, sulla sua pagina Facebook, le foto che immortala insieme Baldini con Luis Enrique e Osvaldo.
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19/10/2011 15:36
 
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finalmente.
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19/10/2011 19:06
 
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se non sbaglio domani ci sarà la conferenza.
sicuramente ci sarà la domanda sul rapporto fra lui e totti.
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21/10/2011 11:58
 
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c'è tensione ...


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21/10/2011 14:53
 
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finita la conferenza fiume.
diteme quello che ve pare ma io amo sempre più quest'uomo...
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21/10/2011 15:41
 
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C’ è qualcosa che si può cambiare?
“Sì, i biglietti, la chimera del posto omaggio che in America non esiste. Lo status symbol è essere in grado di comprarsi il biglietto nei posti migliori, io me lo ero un po’ scordato, in Inghilterra è diverso i più facoltosi sono coloro che spendono di più per il biglietto, non è una rivoluzione sono tutte piccole cose che si potrebbero fare. Una delle cose più importanti e non anelare al posto come se fosse il riconoscimento che tu sei qualcuno, sei qualcuno compratelo, così potremo avere ricavi più consistenti. La prima cosa che ho deciso e che io non avrò un solo biglietto omaggio per tutta la stagione, quando voglio invitare qualcuno ne comprerò uno due e inviterò le persone…”


Bene
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
21/10/2011 15:41
 
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Re:
CONFERENZA BALDINI: "Ho trovato un ambiente sereno, c'è voglia di coltivare una nuova idea di calcio"
Venerdì 21 Ottobre 2011 13:41
Oltre un'ora di conferenza stampa per Franco Baldini, tornato nella capitale dopo sei anni tra Spagna e Inghilterra. Il futuro direttore generale, che ancora deve discutere il suo contratto con la dirigenza, ha parlato del rinnovo di De Rossi, del rapporto con Totti, di quello con Rosella Sensi, delle idee che ci sono in società per tornare a vincere. ForzaRoma.info ha seguito in diretta l'evento da Trigoria.









Perché è tornato?

Sono 10 mesi che ci penso e non ho una risposta. La prima volta che parlai con DiBenedetto gli dissi che non c'era un motivo per lasciare la vita di Londra e un lavoro che mi lasciava tempo per fare anche altre cose. Qui ritrovo il tutti contro tutti che non c'è altrove. Per questo le dirò di sì. Questo fu il mio primo approccio con lui. Ho detto sì e basta. Razionalizzando non troverei i motivi, ma non fa differenza.



Il tutti contro tutti che c'è qui, si può cambiare? C'è già un grosso problema?

Sì, i biglietti. Questo è il più grave. È difficile spiegare alla proprietà americana, che ha una cultura diversa, la chimera del biglietto omaggio. Lo status symbol negli States è potersi comprare il biglietto per i posti migliori. Io mi ero un po' scordato questo modo di fare le cose. Se vogliamo dare un piccolo segnale, che non è una rivoluzione ma sono dettagli che messi insieme indicano un percorso diverso. Non peggiore o migliore, ma diverso. Un messaggio importante è di non ambire al posto come se fosse il riconoscimento che sei qualcuno, ma se sei qualcuno pagalo, così avremo ricavi consistenti. Quello che posso fare, lo faccio. Scordatevi di chiedermi biglietti omaggio, quando vorrò invitare qualcuno, comprerò massimo tre biglietti e li regalerò a chi voglio. In questo modo mi farò tanti nuovi amici...



Che posto occupa nella sua agenda il rinnovo di De Rossi?

Importante. Non è lui il mio interlocutore, ma Sergio Berti. Col ragazzo ho parlato 10 minuti, l'ho trovato sereno e maturo. L'ho ritrovato bello, per tutto. Gli ho detto che se lui ha la metà della voglia di rimanere rispetto a quanto lo vuole tenere la Roma, non importa quanto ci si mette per firmare. Lui mi è sembrato orientato a rimanere.



Totti disse che quando lei sarebbe tornato, avrebbe dovuto specificare a quale pigrizia si riferisse. Cosa vi siete detti?

Faccio i complimenti ai tecnici della Roma per il photoshop delle immagini di me e lui insieme (ride). Non c'è un granché da spiegare, ho chiesto a Francesco se ha letto bene l'articolo o se l'è fatto leggere. Io nelle mie parole ci vedevo più amore che critica, perché affermavo che un giocatore di 35 anni può giocare altri 5 anni. Sono attratto dal suo talento. E ho specificato che può riuscirci se smette di farsi usare. In questo c'è responsabilità anche da parte mia, perché nel 2004 la società ha usato lui per sostenere la ricapitalizzazione della società, e anche lui ci mise i soldi. Uno del suo talento alla sua età dovrebbe essere messo solo nelle condizioni di giocare. Qualche settimana più tardi si è aggiunto il fatto della sostituzione in Europa League. Allora io gli ho mandato un sms per dirgli che se voleva ne avremmo parlato, perché si è cominciato a parlare di complotti. Cercherò con tutto me stesso di chiedere a Totti quello che viene chiesto a tutti gli altri. Lo voglio mettere in condizione di essere normale. La rivoluzione è una ricerca di normalità, ed in quanto normalità è un concetto rivoluzionario. Non è stata una critica nei suoi confronti. Ho preferito restare zitto per vedere cosa succedeva. Mi sono preso gli insulti, finché non ho avuto modo di chiarire con lui e ci sono voluti 5 minuti, perché con lui ho sempre avuto rapporti diretti, semplici. Sono sicuro che lui per primo aspira dall'essere liberato da tutta questa sovrastruttura.



Per lei tornare è una rivincita?

Sinceramente no. Rivincita significa aver perso qualcosa. Invece io ho avuto tantissimo amore da parte della gente, che mi ha idealizzato anche per la vittoria dello scudetto. Non ritrovare Moggi? A me non manca mai, sto sempre in tribunale, quindi. Io non ho rivincite da consumare, sono andato via quando era il momento giusto, anche perché di lì a poco lo avrebbero fatto loro. Non potevo continuare a sostenere una politica legittimamente cambiata. Non potevo trovarmi a sostenere cose diverse che non sostenevo precedentemente.



Lei si sente ancora un Don Chisciotte? O questi anni in realtà diverse l'hanno smussata un po'?

Dovrei usare un proverbio toscano, il cui senso è che quando uno è sciocco lo è 24 ore al giorno. Io temo di avere questa sindrome. Non sono cambiato, ho persino realizzato che quello che pensavo fosse utopistico invece è realizzabile. Quello che ho visto in Spagna e in Inghilterra è che il calcio in Spagna è meglio che in Italia e quello in Inghilterra è meglio di quello in Spagna. Non importa se arriverai mai da qualche parte, ma il percorso che farai. Come diceva Fiorella Mannoia, quando uno ha imparato a sognare non smette più.



Secondo lei, esiste una casta del calcio in Italia? Se lei avesse un mandato per cambiare le cose, quali sarebbero le prime tre? Il modello Juve attuale è un valido esempio?

Quando ho pensato che c'era una casta l'ho detto. Oggi penso che le cose siano cambiate ma non so dare una vera risposta, perché manco da un po'. Non ho soluzioni in tasca, voglio vedere cosa si può fare giorno per giorno. Siamo pronti a recepire ogni messaggio, come l'Udinese che prova a fare lo stadio senza barriere, o la Fiorentina che due anni fa faceva il terzo tempo. Qualsiasi suggerimento ben venga. Valuterò giorno per giorno le cose da fare. Avrò come principio ispiratore un vero senso di giustizia.

Cosa cambierebbe rispetto alla sua prima esperienza?

Vorrei mettere il bene della Roma al primo posto. Non nego che in passato posso averlo non fatto. Quando il mare sarà in burrasca non voglio pensare a salvare prima me, ma prima la Roma.



Cosa può diventare questa Roma?

Spero una squadra attraente, fatta di giovani e che piaccia alla gente. A me piace parlare di un'idea di squadra che diverta, fatta in modo che possa essere in grado di competere. Abbiamo bisogno di tutta la cultura sportiva immaginabile, ma corroborarla con i risultati sportivi giusti. Vogliamo competere e vincere.



Si aspettava questo ribaltone quando in alcune telefonate parlava dei protagonisti di allora?

Il tono di quei dialoghi era un cazzeggio. Non lo immaginavo, lo speravo. Ma penso fosse abbastanza condivisibile.



Avete realmente rischiato di perdere Totti? Quanti anni servono per vincere? Luis Enrique è un allenatore top?

Sulla prima dico di no. Su quanto ci vuole per vincere non lo so. È nostra intenzione farlo nel più breve tempo possibile. Non voglio e non posso darmi una scadenza, ma molto dipenderà da come usciremo quest'anno. Ci dobbiamo mettere il tempo che vuole, penso che se si è abituati a vincere ogni 20 anni, si possono aspettarne 2-3. luis Enrique? Mi consigliò Sabatini di prenderlo in considerazione. Ci andai a parlare per capirne la persona, le doti di pensiero. Dopo circa una mezz'ora gli dissi che di tecnica avrebbe parlato con Walter. Mi informai anche con Guardiola, lui mi rispose che magari tra qualche anno si poteva fare. Io Luis l'ho amato subito come persona, è meravigliosa, ha un grande ascendente sui giocatori e loro li conquisti se ti rispettano. Ieri quando ha iniziato a piovere è uscito di casa alle 5 ed è arrivato qui alle 7. io con uno così mi sento sicuro, è uno forte. È alla sua prima esperienza, dovrà fare i suoi sbagli, ma il vero delitto è non riconoscerli e non trarne insegnamento. Mi auguro diventi subito un vincente, ma i risultati si ottengono se gli forniamo gli strumenti giusti.



Lei ha imposto e proposto un nuovo stile in fatto arbitrale. È cambiato molto lei o è cambiato il mondo arbitrale? Si è sprovincializzato anche lei?

Ho dovuto farlo passando per Madrid e Londra. Ma spero e credo che oltre a me sia chiamata anche la classe arbitrale. Io non ho imposto nulla, ho detto a Luis Enrique che mi piacerebbe un calcio in cui non si parla di arbitri. E lui era d'accordo. Poi abbiamo parlato di calcio giovanile, della Primavera più vicina alla prima squadra. Poi purtroppo vista la vastitià della rosa alcuni giovani non possiamo utilizzarli da subito, è un errore che speriamo di migliorare. Se passa un calcio meno velenoso ne guadagneremo tutti.

La spaventa tutto questo credito che le viene dato?

Moltissimo. Sono sempre stato abituato ad andare nei posti come neofita e conquistarmi le cose. Ora invece arrivo come uno che, sulla carta, può risolvere chissà che problemi. E poi magari scoprire che alcuni non ce la fa a risolverli. Mi fa paura la cosa, ma me ne farò una ragione.



Come farete a fronteggiare le richieste economiche dei calciatori, soprattutto i giovani, nel contesto del flair play?

Intanto speriamo esplodano. Il discorso comunque non si risolve in due battute. Speriamo che nel contempo che loro esplodono noi abbiamo implementato i ricavi. Ci sono già delle attività in studio per capire come migliorare i guadagni tramite merchandising, stadio e altri settori.



Quanto è importante lo stadio?

Molto. Dobbiamo mantenere viva la sensazione che costruiamo qualcosa di importante e pensare che con uno stadio si possono aumentare i ricavi.



Andrebbe a prendere un caffè con Rosella Sensi?

Se si presentasse l'occasione, in veste di rappresentante della Roma, non solo vorrei ma dovrei. Lei rappresenta un'istituzione, io una società. Non potrei fare altro. Le cose di rappresentanza hanno un valore diverso dai rapporti personali.



Che situazione ha trovato? La squadra ha fallito Europa League e derby. Si può coniugare modello americano e spagnolo?

Ho trovato un ambiente dove viene concesso straordinariamente del credito verso quest'idea. È un patrimonio che non va disperso. Nonostante qualche delusione tutti voglio dare tempo e aspettare come vanno a finire le cose. Tutti sappiamo come in certe piazze la reazione sia cruenta, e invece c'è un'aria di speranza, pazienza. Mi aspettavo meno di questo credito, e mi fa piacere scoprire il contrario. Modello americano, spagnolo, inglese? Vediamo cosa si potrà fare, non ci deve essere l'imposizione di uno sugli altri. I mondi stranieri non sono dorati, hanno vantaggi e problemi. La tendenza dev'essere prendere le esperienze positive ovunque esse maturino.

L'impatto di Luis Enrique se lo aspettava?

Sì, lo attendevo così e mi soddisfa come si è approcciato alla Roma. Col calcio italiano è un altro discorso, dipenderà dai risultati.

Quando è stato contattato dagli americani?

Il primo incontro con DiBenedetto l'ho avuto ad aprile. Poi si è aspettato il closing per incontrarmi con Pallotta. Non ho mai visto Ruane e D'Amore, ma altri esponenti dell'attuale società. La scelta di Sabatini la rivendico, anche quella di Fenucci. La parte operativa porta la mia firma, c'è tanto di me in questa società.



Quanto manca alla Roma per essere al top?

Abbiamo tutte le potenzialità secondo quanto spiegato dagli investitori. Non so quanto ci vorrà. Ma so che gli americani vogliono fare un investimento, non una speculazione. Roma non ha meno potenzialità rispetto a Liverpool, per esempio.



Ci sono delle priorità tra i tanti fronti da risolvere e portare avanti? Ci sono cambi di programma rispetto a quando è stato chiamato?

Siamo sempre stati d'accordo, la tabella di marcia è concordata e nei tempi. La priorità era risolvere il contratto di De Rossi, poi chiarire con Totti e infine dare alla squadra gli strumenti per esprimersi al meglio. Certo, quella di Daniele si può definire una priorità sulle altre, avendo la scadenza a giugno.



C'è stata la possibilità di Capello alla Roma?

No, mai e non glielo avrei mai proposto. Ogni percorso ha un suo interprete. Lui ha come priorità quella di poter vincere ogni anno con ogni squadra che conduce. Non andrebbe mai dove c'è da aspettare. Lui ha il suo stile, il suo target, gestisce grandi campioni e imposta la sua carriera in base a squadre fatte di campioni. Noi, qui, siamo all'albori di un'idea.



Cosa le è mancato di Roma e dell'Italia?

Nulla, anche perché ci sono tornato anche due volte al mese in città. Non mi sono fatto mancare nulla quindi. Potersi godere Roma come turista è molto meglio rispetto a lavorarci. Ma non è per questo che sono tornato. Non so il motivo, ma non è la mancanza.



Ha avuto la sensazione che sarebbe arrivata subito qualche pedata per lei? Lo stadio è concretizzabile?

Si che l'ho avuto, qualcosa è già arrivato. Ma io sono disposto ad ascoltare le critiche, anche se rimangono e fanno male. Ma è così che si migliorano le cose, affrontandole a mente fredda. Bisogna conviverci. Il poco utile è la calunnia, la diffamazione, la falsità. Troverete sempre un interlocutore disponibile per capire se le notizie sono fondate, non se scriverete diffamazioni. Lo stadio? Ora non solo si può ottenere, ma si deve ottenere. Tutti stanno capendo che quella è la direzione da prendere, senza beni immobili le società per azioni non vanno da nessuna parte. Sono sicuro che ce la faremo, meno sui tempi. Ma ci arriviamo, sicuro.



C'è qualcosa da cambiare ancora nei rapporti con gli arbitri? E inoltre, le pesano le aspettative?

Non bisogna considerare gli arbitri determinanti ma accessori. È una percezione diversa, è un fatto anche sostanziale. Se i miei giocatori pensano così, giocano meglio e produce benefici nel gioco. Aspettative? Bisogna avere pazienza e sempre che questa ci sia stata concessa. La romanità è uno stato dell'anima, io non ce la potrò mai avere. Io non sono il tifoso, né voi che ci campate con il calcio. Il tifoso vero è quello per il quale il tifo è un costo economico ed emotivo. Se vinciamo sono il primo contento, se perdiamo sono abbattuto, ma è un altro fatto. Mi auguro che i tifosi possano condividere tutto questo, che per loro rappresenti anche un valore sportivo.



E' vero che potrebbe essere vice presidente?

No, giovedì prossimo nell'assemblea si stabiliranno le cariche ma non sarà vicepresidente.



Cosa o chi porterebbe dal calcio inglese? E se lei, Sabatini e Fenucci siete una triade, chi fa Moggi?

Fenucci fa il Giraudo, io Bettega e allora direi che per esclusione Sabatini fa il Moggi. Chi porterei? Rooney, mi fa impazzire.

Io inizio ad attendere l'arrivo di Wayne

Ha mai pensato che l'impegno degli americani siano esclusivamente per lo stadio?

Parlai con Pallotta e gli chiesi se volevano fare una speculazione con la Roma. Lui mi rispose che i soldi non li fa con la squadra, ma con i fondi. E che ha preso la Roma perché i genitori di origini italiane volevano facesse qualcosa di buono in Italia. Non so rispondere sulle loro intenzioni a lungo termine. Non mi sorprenderei se, in caso sfumasse lo stadio, se ne andassero. Ma loro vogliono investire, avere ritorno personale e di sentimento. Stiamo seguendo un'idea, non una scadenza. Anche io, se si fallissero gli obiettivi, alzerei le mani senza problemi e andrei via.


[SM=g27993]
Cosa ha concluso dalla polemica relativa a Totti?

Tanta amarezza e insulti. Quello che voglio far capire è che se lui dice che un albero è verde e invece è secco e giallo, non bisogna per forza pensarla come lui. Delle cose si parla, si discute. Ci sta che una volta su un milione abbia ragione io. Di Totti e con Totti si può parlare.



I tifosi cosa devono aspettarsi?

Che si intraveda una squadra propositiva, che possa migliorare. Questo. E deve sperare di vederlo consolidato man mano che passa il tempo, perché questi ragazzi si allenano come mai prima. Auguriamoci che tutto si solidifichi giorno per giorno.



De Rossi ha detto che con i soldi risparmiati con lui si comprerebbe un altro giocatore. Che ne pensa? E sui biglietti, i tifosi si sono lamentati per l'aumento dei prezzi.

Su di lui ho risposto dicendo che ci piacerebbe fargli il contratto con tutte le possibilità che abbiamo. E comunque coi soldi risparmiati non riusciremmo a prendere uno forte come lui. Sui biglietti mi è stato spiegato che in alcune partite clou ci sarebbero state delle maggiorazioni verso chi non è abbonato, per incentivare la gente a farlo. E comunque sono aumenti inferiori a quelli applicati da altre società.



Con la Federazione Inglese sarà part-time? E' stato corteggiato da società inglesi?

I club inglesi che mi hanno corteggiato sono arrivati tardi. Ho detto di sì alla Roma anche senza aver ancora firmato nulla. Con la Federazione inglese è stato laborioso trovare un accordo, che per natura non è che mi faccia piacere ma lo accetto. Per le prossime due amichevoli inglesi siamo rimasti che farò in modo di lasciare il mio know how a chi mi sostituirà. E inoltre non ho ancora un accordo con la società giallorossa, come non ne avrò per un po' nemmeno con gli inglesi, ma non potrò mollarli su due piedi. Non ho ancora discusso il contratto con la Roma, lo farò presto. Non conta quanto avrò, ma comunque vada ne sarò contento.

Continuerete su questa linea con la Tessera del Tifoso?

Assolutamente sì, cercheremo di rendere lo stadio sempre più frequentabile e fruibile. Non sapete che bellezza assistere ad un match scozzese, che ambiente che c'era. Qui vorrei che si respirasse la stessa atmosfera. La strada che vorremmo percorrere nel massimo rispetto della legge è quello di rendere più frequntato e frequentabile lo stadio, sia l'Olimpico che l'eventuale nuovo.



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21/10/2011 19:54
 
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ottime risposte. [SM=x2478842] [SM=g7388]
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22/10/2011 14:07
 
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ho sentito i primi 50 minuti.

oggi che il caso Totti è rientrato, io dico che vanno bene tutte le anche credibili parole sul 2tendere l bene2 "sull'amore in quelel parole".

ma come dire... "io a questo gioco allo strabismo...NON-CI-STO" (semicit.).

il problema non è il contenuto più o meno d'amore delel parole.
il problema fu uno dei peggiori casi di ..."contropportunismo" delal storia recente della Roma.

nei tempi e nei...mezzi. e nella pubblicità.

che non ci fosse una strategia è stato dimostrato dopo, che non ci fosse un disegno, una cruenta rioluzioneinterna, pure.
eprchè oggi è tutto rientrato.

il problema è che in quel momento si è fatta una mossa che ha creato molte più difficoltà e malumori di ciò che già era.

su questo Baldini ha sorvolato perchè c'è pure poco da dire, tanto innegabile ès tata la cazzata e "l'obbligato" effetto negativo che poteva avere e che in effetti ha avuto.

il resto sono giustificazioni.

lo dico solo per ribadire, perchè che il pasato è pasato, e i buioi sono rientrati in stalla va bene e siamo tutti contenti.

ma a botta fredda così come a botta calda il giudizie resta lucidamente lo stesso. ed impossibile da confutare.

evidentemente che dire... anche io a volte per eccesso di franchezza dico a delle persone cose che forse chissà non dovrei dirgli. me le dovrei teneere per me.
poi ivnece parlo e faccio i danni.

e di sicuro quelle parole, nei modi, nei tempi e nei..mezzi hanno fatto i danni.



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03/12/2011 10:11
 
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CORSPORT (G. DOTTO) - Un paio di Marlboro, un caffé, qualche sorsata d’acqua, i jingle di “Grazie Roma” che arrivano da Trigoria nel suo cellulare e quasi tre ore, che definirei molto generose e per nulla reticenti. Lui è Franco Baldini.
Non lo vedevo da tempo, dai funerali di Pietro Calabrese. Lo trovo in una forma notevole, per nulla intaccata dall’aver dovuto trovare un parcheggio plausibile per la sua Volvo a due passi da piazza del Popolo. Con noi, l’avvocato Mauro Baldissoni, l’avvocato che ha assistito DiBenedetto e soci in una trattativa che avrebbe spossato anche la Penelope omerica. Siamo al posto giusto e forse anche nel momento giusto, terzo piano dello studio Tonucci, dov’è nata di fatto la nuova Roma. Vado all’appuntamento con l’eccitante certezza di dovermi confrontare con un uomo intelligente, che ha il piacere dell’argomentazione e non disdegna le domande brutali. Meglio così, ne ho parecchie da fargli. Voglio sapere tutto, non solo su Luis Enrique, Osvaldo, De Rossi, Totti e contratti vari, ma anche e soprattutto su quanto è lontana la Roma di oggi da quella che lui ha immaginato e quanto è lontano lui da quello che la Roma, in senso lato e alto, i tifosi, la città, si aspettano da lui. La città sembra divisa, non so se equamente, tra innamorati fideisti, dubbiosi e scettici a prescindere. Baldini risponde a tutto e mostra solo un po’ di apatia quando si parla del passato. Lo consegno stremato a Trigoria, ma ne valeva la pena. Subito la notizia. Il suo contratto. « Ho firmato per quattro anni ».

Parliamo di cifre?

«Seicentomila euro l’anno. Per adesso merito questo».

E’ quanto ti hanno offerto gli americani?

«Loro mi avevano offerto un milione, ma ho risposto che era troppo».

E’ così incredibile che ci credo.

«Ho rinunciato solo momentaneamente. Vorrà dire che meriterò di guadagnare di più nel tempo».

Guadagnavi di più in Inghilterra?

«Lo stesso, ma ho rinunciato ad altre offerte molto più vantaggiose. Un nome? Il Tottenham»
.
Pentito?

«Non più di quanto sapevo che lo sarei stato. Quanto sta accadendo è in linea con le mie aspettative. Ti dirò di più: la considerazione che ho dell’allenatore va oltre le mie speranze, cresce ogni giorno di più».

Su Luis Enrique ci torniamo. Hanno creato molto allarme le ultime dichiarazioni di Fenucci.

«Incomprensibilmente. Un amministratore delegato può parlare solo di prospettive legate ai numeri. E lì Fenucci si è correttamente fermato. Non è da lui che possiamo sentir parlare di sogni da coltivare. Ho sentito invece speculazioni assurde, come se avesse dichiarato che la Roma non ha una lira, che non terremo De Rossi e che il progetto non esiste».

E invece?

«Il fabbisogno della Roma è coperto per i prossimi tre anni, la società investirà e su De Rossi stiamo lavorando».

Deludente questo misconoscimento da parte di qualcuno?

«Sinceramente un po’ me l’aspettavo. L’ambiente lo conosco...».

Da quanto dice lo stesso Fenucci avete ereditato una situazione che definire pesante è un eufemismo generoso. Forse questo andava spiegato meglio.

«E’ vero, non è emersa bene questa cosa. Colpa mia. Il fatto è che quando vedo i governanti riferire al passato le proprie miserie la trovo una cosa odiosa. Chiamiamolo un errore di comunicazione».

Come rimediamo? Avete spiegato bene dove volete andare ma non da dove venite.

«Mi basta dire questo: che tutti coloro che oggi scrivono o parlano in malafede di questa Roma dovrebbero quanto meno pensare che, non fosse stato per gli americani, oggi non potrebbero nemmeno scrivere o parlare di Roma».

La Roma ha rischiato davvero il fallimento?

«Vuoi una definizione sul passato? E’ passato».

Una cosa voglio dirla. A fronte di un’attesa messianica, la presenza di Baldini in questa Roma risulta ancora impalpabile. Una tua scelta?

«Sono entusiasta delle persone che stanno lavorando da sei mesi e più su questa cosa, ecco chiamiamola cosa. Non è che uno arriva e pretende subito di alterare gli equilibri esistenti. Ho fatto un po’ da spettatore ma mi rendo conto, a partire da oggi, da questa intervista, che è venuto il tempo di riprendermi la Roma. Questa è la mia Roma, gli americani mi hanno dato carta bianca e ne devo rispondere. Mi devo esporre».

Non so se il romanista è il miglior tifoso del mondo, certo è il più sentimentale. Baldini che lascia la Londra glamour e sceglie di tornare nelle viscere di Roma, della Roma, ha acceso forti sentimenti.

«Ne sono tanto consapevole che mi sono ritrovato a farlo, pur sapendo che la qualità della vita mi si sarebbe complicata».

Un esempio di questa complicazione?

«Che non penso ad altro. Che non ce la faccio più a ritagliarmi un mio spazio per godere di altro. Mi sono sempre salvato dal calcio, grazie a questo. Da un mese e mezzo non ho un pensiero che non sia la Roma».

Cos’è che non sta funzionando?

«Non funziona che ogni tanto perdiamo. Cioè quello che era normale accadesse. Metti in moto una cosa difficile, nuova, ragazzi giovani che devono sposarsi con calciatori più anziani, allenamenti, percezioni diverse, tutto è cambiato».

E’ un campionato scadente, perché non pensare a vincere subito?

«No, non è un campionato scarso. Non c’è l’Inter di turno che ammazza il torneo, ma ci sono quattro o cinque squadre che possono battere chiunque. Questo anno ci serve per consolidare il gruppo e un’identità di gioco. Di sicuro vogliamo arrivare ai vertici del calcio internazionale. Non sono venuto qui per vedere la Roma vivacchiare».

Il caso Osvaldo. Dissento su come è stato trattato. Il dogma che prevale sulla flessibilità. La squadra si è ricompattata. Tornare indietro non sempre è segno di debolezza.

«Luis Enrique è un hombre vertical . Lui è convinto che il gruppo si crea nel rispetto e nella dedizione al lavoro. Vale per tutti, dai calciatori ai magazzinieri. I giocatori sono viziati dall’ambiente, vivono in un mondo dove diecimila persone ti vezzeggiano. Sbagli, una pacca sulle spalle e passa tutto».

Non bastava la multa?

«La multa non serve più di tanto. Giochi, segni un gol, diventi un eroe, la gravità del tuo gesto sparisce. Funziona così nel calcio. Voglio dirti questo: proprio perché Osvaldo sarebbe stato importante a Firenze per noi, per questo era giusto escluderlo, per far passare meglio il messaggio».

Questa Roma è un’impresa ambiziosa. Se un gruppo di samurai s’impegna in un’impresa non m’interessa sapere quante zuffe ci sono dietro tra loro.

«Ti sfugge che per un allenatore i comportamenti dei giocatori sono più importanti di qualsiasi altra cosa. La dedizione alla causa comune è centrale per un uomo come Luis Enrique».

La sua intransigenza non scatena l’effetto opposto?

«Giuro di no. Tutti riconoscono in Luis Enrique un’autorità dal punto di vista morale. Contenti o no, tutti gli riconoscono la profonda onestà».

Nel comunicato avete ribadito tre volte che è stata una scelta dell’allenatore.

«Quello è stato un errore, sottolinearlo così tanto. Volevamo semplicemente rimarcare che il gestore del gruppo è lui. La scelta è condivisa da tutti noi».

Si dice che non doveva uscire dallo spogliatoio.

«Ecco le logiche del vecchio calcio che non sopporto. E poi, una volta che lui ha deciso che non l’avrebbe fatto giocare, come fai a non dirlo? Come fai a punire qualcuno e non dire perché lo fai?».

Lo stesso Osvaldo, tapiro in mano, ha detto che non doveva uscire dallo spogliatoio.

«A Osvaldo queste cose sono già capitate in passato. Una multa, la pacca sulla spalle e la tendenza rimane lì latente. Oggi ha la possibilità di non ripeterle più».

Com’è andata la cosa?

«Io l’ho saputo solo sabato sera, quando mi ha chiamato Luis Enrique. “ Ho deciso di metterlo fuori “, mi ha detto. “ Vuoi ripensarci? “ “ No “. “ Allora, lo comunichiamo “. L‘abbiamo decisa io e lui questa cosa».

Non solo Osvaldo. Cicinho, Heinze, gli stessi Bojan e Borriello. Altri precedenti disciplinari?

«Non si possono accomunare questi episodi. Luis Enrique non deroga dai suoi principi. Ha un rapporto franco e diretto con i calciatori. Gli piace che le cose gli vengano dette in faccia, come fa lui con tutti. Qualcosa ci sarà stata, ma lui non esclude mai un giocatore per problemi interpersonali. Con Osvaldo è diverso, era un problema di gruppo».

Cicinho sparito di colpo nel nulla fa impressione.

«Quello che è preponderante in Luis Enrique è come si allenano i giocatori in settimana».

L’intransigenza di Luis Enrique serve a tenere in piedi l’impresa Roma che ha ancora le gambe malferme o rischia di affondarla?

«Se non hai questa intransigenza, Roma è un posto che ti si mangia in tre secondi».

Quando ho scritto di Luis Enrique alieno, lo intendevo come un complimento.

«Lo è anche per me. Volevo un alieno. Estraneo alle logiche di questa città. Non c’entrano la Spagna o il Barcellona. Volevo uno che avesse una visione, un sistema di principi, al di là di mettere insieme undici calciatori»

. Canovi si è lamentato. Dice che Luis Enrique fu una sua idea e non l’avete riconosciuto. Hai letto?

«Tristemente. E’ una cosa tipica dei procuratori, ti fanno ventimila nomi, poi se capita un nome tra quelli, se lo attribuiscono».

Che cosa ti entusiasma davvero di Luis Enrique?

«Il calcio che vuole proporre e l’uomo. La dedizione e la passione. Tutto. Lui ha sempre in testa uno scopo didattico, non c’è mai in lui una convenienza del fare o del non fare. Questo lo percepiscono anche i giocatori. I risultati? Verranno anche quelli e sarà una grande festa».

Più grande del 2001?

«Vincere è bello, ma come hai vinto è ancora più importante. Vincere o perdere oggi ci condiziona troppo, un giorno vinci e il mondo è bello, l’altro perdi e il mondo è un posto da dove scappare. Voglio portare questa Roma a un punto in cui vincere sarà una costante».

Sarà bello anche ricordando le tribolazioni della partenza.

«Chi le dimenticherà, sarà la gente intorno a noi. Noi no di certo».

Dove può e deve migliorare Luis Enrique?

«Mi verrebbe da dire nel fare compromessi con l’ambiente, ma azzererei tutto quello che ho detto fin qui. Lui è un uomo estremamente intelligente. Se dovrà rinunciare a qualcuno dei suoi principi perché è utile alla squadra non avrà problemi a farlo».

Che è successo realmente con De La Pena?

«La moglie non voleva trasferirsi a Roma e lui è dovuto tornare a Barcellona. Una grossa perdita. Parliamo di un ragazzo molto intelligente, carismatico. Poteva essere quell’elemento di flessibilità, un mediatore culturale tra l’allenatore e l’ambiente».

Che personaggio è Walter Sabatini e che contributo sta dando all’impresa Roma?

«Uomo di una passione smodata, calato nelle cose del calcio dalla testa ai piedi, venticinque ore al giorno, che persegue ferocemente il bene della Roma».

Cosa ti senti di dire agli impazienti?

«Che l’impazienza di vincere è la maniera sicura di perdere. Che il Manchester di Ferguson ci ha messo degli anni ad affermarsi e che Sacchi con il suo Milan ha rischiato di affondare il primo anno. Scelgo esempi importanti non perché sono megalomane ma per ribadire che sono tornato qui a Roma sognando, io e tutto lo staff, il massimo per questa Roma».

Fenucci ha escluso investimenti importanti.

«Tutte le volte che gli americani riterranno opportuno intervenire lo faranno».

Parliamo anche di nomi eccelsi?

«Sì, quando ci saranno i presupposti. Avendo la sensazione che sarà giusto fare un sacrificio, lo faranno».

Anche prima del 2014? Stiamo smentendo Fenucci.

«Fenucci ha fatto benissimo a dire le cose che ha detto, a partire dai numeri che ha a disposizione. Io mi sento autorizzato ad ammettere possibilità che vadano anche al di là della stretta logica dei numeri».

Si parla di ritardi negli stipendi.

«Sintomo di ostilità in un certo ambiente. Stiamo parlando di dieci, quindici giorni. Niente, se confrontato ai cinque, sei mesi del passato».

I cinesi arrivano?

«Non so nulla dei cinesi ma so che gli americani non hanno preso la Roma per speculare. Lo capirebbe anche uno sprovveduto che comprare la Roma, a partire dalla situazione in cui era, non è certo un business. Sono uomini di successo, tutti di origine italiana, che cercano in questa avventura una gratificazione personale. In quest’ottica, ben vengano altri soggetti da coinvolgere per arrivare prima a certi obiettivi».

Sempre convinti della scelta fatta?

«Registrano certe difficoltà dell’ambiente, si fanno domande, ma senza subire contraccolpi. Hanno investito decine di milioni per acquisire la Roma. Non solo si sono accollati lo stato di sofferenza di prima, ma hanno fatto investimenti importanti sul mercato, senza i soldi della Champions».

Anche qui il riconoscimento latita.

«Attenzione, c’è da fare una distinzione importante. Abbiamo trovato più difficoltà dove ne aspettavamo di meno e meno dove ne aspettavamo di più. La vera, grande sorpresa per me è stata nell’atteggiamento dei tifosi. Una sorpresa talmente bella che la tratteremo come merita».

Che significa?

«Fargli vedere che non sbagliavano a darci fiducia».

Lo striscione della Sud. “Mai schiavi del risultato”.

«Sono romantico nell’animo. Quella visione lì, in questo momento non facile, mi ha reso un uomo felice».

Possiamo dire che il peccato originale di questa squadra è una certa leggerezza, al limite del difetto di personalità? Il calcio italiano è duro, fangoso.

«Può darsi. Interverremo nel mercato per colmare questa carenza strutturale. Cercheremo i “duri” della situazione. Ma è giusto dire che, se vogliamo fare un certo tipo di calcio, le farfalle sono indispensabili».

Sabatini vuole una Roma arrogante.

«Condivido. Ma questa è già una Roma diversa da quella scolastica dell’inizio. Quella stava ancora imparando la lingua, faceva la traduzione mentale, ora comincia a pensare in quella lingua. Dobbiamo anche considerare che i giocatori stranieri, giovani per di più, non sono abituati a certe pressioni. Senza la pazienza, gente come Platini e Falcao sarebbe stata rispedita al mittente».

Lamela e Pjanic hanno la scintilla del campione?

«L’investimento che abbiamo fatto per loro dimostra quanto ci crediamo. Sono due nati per giocare al calcio».

Capitolo spinoso. Il contratto di De Rossi.

«Se ne parla troppo e dobbiamo imparare a tacere. Ti dico solo che, sia come calciatore, ma soprattutto come persona, lui è il tipo di cui abbiamo bisogno».

Perché tante difficoltà? A un certo punto sembrava vicina la firma?

«Parliamo di un giocatore appetito da tutto il mondo e che aveva solo sei mesi di contratto. Un uomo intelligente all’apice della carriera, tentato da mille prospettive, non solo economiche, tutte legittime. Questa è la difficoltà».

Sarebbe rispettabile anche la scelta di andarsene?

«Ci mancherebbe altro. Lui sta legittimamente valutando tutte le prospettive della questione. Posso sperare solo che non faccia quella scelta».

Sarebbe un grosso contraccolpo per la vostra impresa in costruzione?

«Posso aggiungere solo questo su Daniele: nel caso non dovessimo riuscire, sarà perché avrà prevalso in lui una diversa prospettiva. Noi gli stiamo testimoniando quanto è importante per noi. Da qui in poi ne parleremo solo per dare la risposta definitiva. Contratto si fa o non si fa, non se ne parla».

Si fa?

«La situazione è totalmente aperta, si può fare e no».

Lo stipendio di DiBenedetto. C’è chi grida allo scandalo. Interviene Baldissoni .

«Lo scandalo è di chi ne parla... Di compenso non si è ancora parlato. Saranno i soci a stabilirlo. C’è una delibera dell’assemblea che ha stanziato la stessa cifra dell’anno prima come tetto massimo».

Lo stadio resta centrale per lo sviluppo di questa Roma.

«Lo stadio è la possibilità di avere risorse in più da dedicare alla Roma. Non è l’obiettivo, ma il mezzo per fare più grande la squadra, con l’aumento dei ricavi».

Quanto siamo lontani? (risponde Baldissoni).

«Vista la confusione che si è creata sull’argomento, attorno a presunti accordi con costruttori, la società ha deciso di proseguire nella questione a fari spenti, incaricando una società del settore immobiliare di fare tutte le ricognizioni del caso, tecniche e scientifiche».

Uno squarcio dal passato, Capello a Trigoria.

«Che all’allenatore dell’ultimo scudetto fosse preclusa la possibilità di tornare a Trigoria era inaccettabile».

Di questo si trattava?

«Se tu sai di non essere bene accetto in un posto, non ci vai. Mi è sembrato giusto invitarlo a Trigoria, un posto dove Capello ha lasciato una grande traccia».

Me ne parlava anche Pradè dell’importanza di Capello. A proposito, che ne è stato di Pradè?

«Sta studiando l’inglese, mi risulta. Non c’era nella Roma il ruolo per lui. Lui pensava legittimamente se stesso come direttore sportivo e io in quel ruolo avevo scelto Sabatini».

Qualcosa che nessuno sa o sospetta di Capello?

«Che ama Roma e che avrebbe voluto frequentarla più spesso e più a lungo».

Il giocatore più importante di quello scudetto?

«Gioca ancora nella Roma di oggi».

A parte Totti?

«Faccio un nome: l’attuale presidente del sindacato calciatori, Damiano Tommasi».

Incidente chiuso con Francesco. Sta seguendo i tuoi consigli?

«Non erano consigli, ma solo un mio punto di vista. Totti lo vedo sereno e coinvolto. Lui è un bravo ragazzo che mi riconosce la buona fede. Se preferisco non parlare di lui è perché voglio tenere il focus sulla squadra».

Enrique “Zichichi” è una sua invenzione?

«A Roma c’è il gusto dei soprannomi. In “Zichichi” non c’è sarcasmo cattivo ma, anzi, percepisco l’ammirazione di fondo per un allenatore che vive il calcio come una scienza. E una passione, aggiungo io».

Sei in macchina bloccato nel traffico. Accendi la radio, cosa ascolti?

«Radio Subasio. Ho pochi momenti di relax e, tra una telefonata e l’altra, cerco la musica per rilassarmi. E poi ogni ora c’è il notiziario, quei due, tre minuti, per rendermi conto che esiste un mondo al di fuori della Roma».

Non sei avido di conoscere la voce dei tifosi?

«Quella l’ascolto la domenica allo stadio o leggendo striscioni meravigliosi come quello della Sud. Non leggere o ascoltare tutto, in una città come Roma, è anche istinto di sopravvivenza».

La musica che ti dà pace?

«La musica autoriale. Fin da piccolino sono malato di Battisti, Lo conosco a memoria. Lui, De Andrè e Gaber mi hanno condizionato la vita. Aggiungerei De Gregori, se non si turba a essere accostato a tre defunti».

Sai già che, se le cose non andranno, te ne diranno di tutti i colori. Che sei un radical chic che si è scagliato un giorno contro il campione popolare in cui la città s’identifica.

«Vengo da Reggello, la provincia più remota. La mia storia è molto più simile a quella di Totti che a quella di un radical chic ».

Da esteta, il gol annullato a Osvaldo.

«Nessuno ce lo può togliere. Non c’è guardalinee che possa cancellarlo».

Burdisso stampellato, una grave perdita?

«Assolutamente. Lui è un altro come De Rossi. La qualità della persona spesso eccede quella del calciatore».

Hai esultato in cuor tuo per la sentenza su Moggi?

«Non sono carogna abbastanza da esultare per una sentenza ai danni di nessuno, chiunque sia. Moggi l’ho confinato nel passato».

Tavolo della pace. Che roba è?

«Non so bene. Se parliamo di pace vuol dire che c’è una guerra. Cos’è una guerra del Coni? Di che guerra parliamo? Dico che qualsiasi iniziativa che porti distensione nei rapporti è auspicabile. Non so se questa lo sia».

L’asse Roma-Napoli?

«Non c’è nessun asse, ma solo fantasie di De Laurentiis che stiamo ascoltando».

Fratelli di sangue al di là del sangue?

«Li ho persi quasi tutti per strada. Simona, la regista della mia compagnia teatrale a Reggello, altri, nessuno legato al mondo del calcio».

La compagna inglese che dice della tua totale immersione nel calcio romano?

«Non ho mai parlato delle mie cose private. Nemmeno quando mi perseguitava la leggenda che ero diventato importante nella Roma perché avevo una relazione con Rosella Sensi, con cui al massimo posso aver preso il caffè. Posso solo dire che a Londra, tra le cose belle, ho trovato anche i miei affetti».

Ancelotti e Spalletti fanno sapere che tornerebbero volentieri a Roma.

«Mi lusinga. Individuano nella Roma un bel posto dove lavorare».

Legato indissolubilmente a Luis Enrique?

«L’abbiamo scelto e ne siamo sempre più convinti. Certo se lui un giorno dovesse arrendersi, ne dovrei prendere atto».

Ed entrare in un mondo parallelo.

«Vale anche per me. Nel salvaschermo del mio cellulare c’è scritto: “Ricordati di avere sempre un altro posto in cui andare”. Il giorno in cui sarò inseguito e insultato dalla gente che mi vorrà cacciare, ne prenderò atto. Non c’è nulla di definitivo. Anzi no, una cosa c’è e te la voglio dire, così mi costringo a mantenerla. Credo talmente tanto in questo percorso che per me la storia del calcio italiano si chiude con la Roma. Non andrò mai in nessun altro club italiano. Inizio e finisco con la Roma. Non avrò altro Dio».

................

- su Fenucci ha ragione, idem a smorzare i toni su tante altre mezze chiacchiere.

- sul comunicato di Osvaldo: ma chi lo ha scritto allòra se oggi dici che è stato scritto sbagliato??? tutta sta cura dei dettagli, dici che ci credete totalmente e poi lo mettete in mezzo con un comunicato sbagliato? boh.

- mi piace poco il fare paragoni col manchester o col milan di sacchi.
X me se credi in un certo discorso nn te devi annà a cercà sti esempi lontani nel tempo x giustificarti. E mi piace pure poco il dire che il campionato è competitivo x spiegare le tue difficoltà.

- quella di de la pena mi pare una cazzata. Lo sapevano pure a luglio che la moglie nn se voleva trasferì a roma. E roma-barcellona è un'ora e mezza di aereo cmq.

- su totti noto una sorta di marcia indietro per " compensare ":
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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05/12/2011 12:31
 
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bellissima intervista;
ribadisco di amare quest'uomo e che il suo è stato veramente un grande acquisto.
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05/12/2011 18:28
 
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Tra l'altro l'intervistatore è Dotto.Peccato non sentirlo più per radio,era di un'altra categoria.
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16/04/2012 09:46
 
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IL MESSAGGERO. Baldini: «La Lega cade nel ridicolo»
L’attacco di Baldini per la data non ancora stabilita della giornata da recuperare...

RASSEGNA STAMPA – Scoppia la polemica. Franco Baldini non ci sta. Come affermano le pagine odierne de ‘Il Messaggero‘, il dg giallorosso ha attaccato la Lega incapace di fissare una data precisa per la giornata da recuperare, dopo la sospensione delle gare del weekend in seguito al dramma Morosini. Duro l’affondo del dirigente romanista: «Dopo più di un giorno e mezzo passato in frenetiche consultazioni telefoniche con le proprie società affiliate, una Lega Calcio evidentemente delegittimata in quelle che dovrebbero essere le sue funzioni, non è ancora in grado di prendere una decisione in merito alla giornata di campionato che avrebbe dovuto svolgersi tra sabato e domenica. Posto che la Roma avrebbe accettato, così come accetterà, qualsiasi decisione la Lega sia in grado di prendere, la stessa società, consultata al riguardo, aveva dato parere favorevole alla proposta della stessa Lega di far”slittare” lagiornata dicampionato piuttosto che ad un rinvio della stessa, anche per non prestare il fianco ad eventuali polemiche riguardo la regolarità del campionato. Parere, ci è stato detto, condiviso dalla stragrande maggioranza degli altri club. Eppure, nemmeno in presenza di questi elementi, la Lega è in grado di prendere decisioni, impegnata com’è a fronteggiare coloro che privilegiano i propri interessi particolari rispetto ad ogni altra considerazione. Alla fine riusciamo ogni volta a dimostrare quello che siamo: persone che anche nelle situazioni più tragiche comequella a cui è dovuta la sospensione del campionato, non riescono a non cadere nel ridicolo». A conti fatti, comunque, la Roma non sarebbe favorita dal nuovo calendario: la squadra di Luis Enrique si troverebbe a giocare 3 partite in 6 giorni. Domenica, in notturna all’Olimpico, contro la Fiorentina, mercoledì 25 aprile, nel pomeriggio, contro la Juve a Torino, e sabato 28, ancora di sera a Roma, contro il Napoli.

Applausi a scena aperta a Baldini e alla Roma.
E un camion pieno di vomito misto a piscio e merda sulla lega e su quella minoranza di società che s'è messa contro la decisione della lega stessa per vergognosi interessi personali...
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16/04/2012 11:20
 
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una delle rarissime volte che ho apprezzato un suo intervento in questa stagione.
stagione per la quale per me il suo voto è "5 grasso che cola".

Per la lunga serie di minchiate, approssimazioni, silenzi, uscite a vuoto, a vanvera e a cazzo, cui mio malgrado, ho dovuto assistere in questi primi 8 mesi.
[SM=g27994]


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16/04/2012 13:08
 
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Non ho seguito,quali società stanno creando problemi?
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16/04/2012 14:08
 
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napoli e inter si sono opposte all'idea dello slittamento..
non so quali sono i motivi ma in ogni caso se dovrebbero solo vergogna'.
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16/04/2012 14:31
 
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vero.
ma la cosa è anche connaturata, e quindi conseguenza anche "logica" se vogliamo, di una decisione che lì per lì ha pensato di fare il beau geste senza pensarci un attimo, senza avere dall'altro lato, un'autorità in grado di imporre anche la decisione "seguente" e cioè stabilire d'imperio, senza possibilità di contestazione da parte di nessuno, modalità e tempi del recupero.

anche per questo motivo io non avrei fermato i campionati.

ma è possibile che io ora preparo la prossima gara e ancora non so con chi gioco, quando, ecc.

a queste cose bisogna pensarci prima.
o io ho l'autorità per rinviare e decidere come e quando o è meglio evitare questi gesti estemporanei.


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16/04/2012 14:39
 
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Moratti: "In Lega ogni cosa diventa un problema" .Lunedì 16 Aprile 2012 13:15 . . inShare.0 .«Non so cos'hanno intenzione di fare. Purtroppo in Lega Calcio qualsiasi cosa diventa un problemone, anche avere un'opinione diversa. Facciano quel che devono, ma non mi sembra il caso di fare la minima polemica».

Così Massimo Moratti ha parlato del 'litigiò scaturuto tra i club dopo il rinvio della 33/a giornata per la morte di Piermario Morosini. Alle 18 la Lega deciderà se il turno sarà giocato il prossimo fine settimana o slitterà al 25 aprile. Sulla scelta i club di A sono divisi. Da una parte Inter, Udinese, Napoli e Genoa chiedono che venga rispettata la regola che prevede che la giornata sospesa sia disputata alla prima data disponibile. Dall'altra parte il resto del gruppo che preferisce lo slittamento (la 33ma giornata il prossimo fine settimana e la 34ma il 25 aprile).


per dire... pure l'Udinese, oltre l'Inter.
eppure Pozzo poche ore dopo il tragico evento ha fatto tutto il "sensibile", assicurando che loro "anche a costo di qualsiasi eventuale penalità, si sarebbero rifiutati di scendere in campo, e l'Inter è stata subito d'accordo"...
a parte che alla luce dei fatti, voglio proprio vedere se l'Inter si sarebbe messa sotto schiaffo di penalità (capisco più l'influenza "diretta" del lutto sui giocatori dell'Udinese che conoscevano Morosini, ma l'Inter? davvero si sarebbe rifiutata perdendo punti? mah...), ma poi vorrei capire: se l'Udinese ha detto ufficialmente (perchè ha parlato il presidente in persona) che nons arebbe scesa in campo a costo di penalità... ora che cazzo pretende di fare così o colà, rimandare, slittare, ecc.

ma se eri pronto a sanzioni, mò che ti metti ad avanzare richieste.
ma gioca lo "slittamento" e basta.

il discorso è che sono una massa di ipocriti.


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16/04/2012 15:03
 
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e infine:

Tempo scaduto

REPUBBLICA.IT (A. PONTANI) - Se qualcuno ancora non se n'era accorto, beh, ieri ha capito. Tutti hanno capito com'è ridotto il calcio, e finalmente non sembra più normale, o almeno non troppo, che chi lo organizza, gestisce, indirizza possa fare scempio quotidiano anche delle più elementari regole civili. Il ridicolo di cui ieri parlava Franco Baldini, a proposito delle oscene liti scoppiate sul recupero della giornata saltata per lutto, è molto più che una nuova fermata nel viaggio insensato che la Lega calcio ha intrapreso da mesi, da anni, da quando ha tutto cancellato in nome dei soldi, peraltro una montagna di soldi spesi talmente male da portare le squadre italiane nella periferia dell'Europa.

Quell'accapigliarsi scalmanato in nome di miserabili interessi, non si capisce se sportivi (meglio giocare prima con questo che con quello) o economici (meglio non infastidire la tv che vuole quel posticipo invece di quello) è il capolinea di un gruppo che ha smarrito il senso della realtà, che non è più in grado di aprire gli occhi, guardarsi in torno, capire che il mondo di cui si credono e sentono padroni è ormai nauseato. Da loro.

E' un capolinea morale, certo: la zuffa sulle spoglie dell'eroe morto, qualcosa che da millenni l'uomo ha messo al bando, codificandone l'inumanità. Ma è anche il capolinea di un'organizzazione, la Lega calcio, non soltanto delegittimata, come ha detto Baldini, ma ormai dissolta, inesistente, grottesca. E soprattutto senza un capo, a meno di non voler continuare a raccontare alla gente che Maurizio Beretta è davvero un capo: un signore che in cambio dei 30 mila euro al mese che riceve accetta l'umiliazione di non essere neppure consultato quando qualcun altro decide di sospendere il campionato che teoricamente lui organizza, un signore incapace di prendere un decisione che eviti la devastante figura fatta ieri, un signore che sta lì esattamente far fare ciò che fa: niente. In modo che gli altri, i padroni dei club, possano spartirsi soldi, spazi, potere a proprio piacimento, senza regole, controllo, criterio altro che non sia l'arroganza.

Ci diranno che no, che è stato un equivoco, che figuriamoci, che tutti erano disponibili a trovare un accordo su come recuperare la giornata, che è stata solo una questione tecnica, che sarà onorata la memoria di Morosini e che il calcio si unirà per ricordarlo al meglio e aiutare la famiglia. Non importa, non serve, è troppo tardi. Basta quello che è successo domenica per rendere l'idea dell'abisso, con l'Italia che piangeva, in tutta Europa si giocava con lutto, e loro si telefonavano urlando per guadagnare qualcosina dalla situazione: un infortunato recuperato, una squalifica da scontare contro un avversario più debole, una manciata di punti di audience da garantire alla pay tv, tre ore di riposo in più rispetto alla rivale.

Piccole miserie da sbrigare, prima di andare tutti ai funerali di Morosini, con i loro vestiti di buon taglio e gli occhiali scuri. Ecco, l'abisso. Abete e Petrucci ci dicano se si può sperare di cominciare a tirarcene fuori, magari evitando le solite frasi di circostanza del genere: la Lega è una grande organizzazione che saprà trovare un accordo collegiale. Perché l'unica cosa sensata da dire oggi andrebbe detta a Beretta: grazie, è ora. Vattene



aggiungo solo che non avrei messo così al centro della polemica "un Berettino di turno".
se è vero, come è vero ciò su cui il giornalista punta l'indice, va da se che Beretta è un carneade qualunque.
comprimario, non artefice.
quel "Vattene" doveva esser più un "Andatevene".


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16/04/2012 16:26
 
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applausi a Baldini per questa uscita, un Baldini prima maniera mi verrebbe da dire.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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