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Walter Sabatini

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2019 22:40
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Post: 20.881
Città: ROMA
Età: 41
Sesso: Maschile
08/03/2014 11:46
 
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Le ha fatto piacere il rinnovo contrattuale fino al 2017?
Molto piacere, è un inedito per le mie abitudini ma era inevitabile. Pallotta tiene molto al suo gruppo di lavoro, lo vorrebbe coeso, unito e impegnato per molto tempo. Fa parte della progettualità che ha in testa e ho voluto e dovuto assecondarlo. Farei fatica a pensarmi altrove, la Roma è la mia tappa finale, non voglio pensare ad un’altra squadra. Farei fatica veramente…

Cosa l’ha convinto del ‘progetto’ americano?
La Roma è un progetto corrente, quotidiano, fatto di lavoro e qualche idea. Usiamola questa parola. Mi ha convinto il nostro progetto, che insieme stiamo portando avanti per una grande squadra con una grande città. Tutti i giorni sviluppiamo un unico progetto che ha riverbero il giorno dopo: vogliamo portare questa squadra a livelli molto alti. L’obiettivo è che poi possa rimanere a questi livelli. Senza proclami, è l’obiettivo di tutti quelli che lavorano nel calcio.

Questa è la Roma figlia dei primi due anni?
I primi due anni sono stati etichettati come fallimento ma sono serviti ad introdurre le cose che durante il percorso abbiamo fatto e dobbiamo continuare a fare. Si raccontano solo le sconfitte, l’avvento di Baldini come figura molto negativa per la Roma: cercherei di ripristinare la verità in questo. Provo fastidio enorme ancora oggi quando sento dire che io senza Baldini sono bravo, che Baldini è un somaro. Ha fatto cose molto importanti, ha sempre lavorato in sintonia con me ed è artefice anche dei buoni risultati.

Roma anti Juventus: se lo aspettava ad inizio anno?
Sì, lo pensavo. Non pensavo che i punti in classifica di oggi, dopo 26 giornati, fossero equivalenti ai punti della Juventus lo scorso anno, con una media scudetto. Non avrei potuto dirlo con certezza che avremmo conseguito un risultato parziale come questo. Ma avevo il sentore che la squadra fosse forte: non era una speranza ma un pensiero solido, concreto. Vedevo questi calciatori come un gruppo di persone che si è riunito attorno ad un tavolo e ha svuotato le tasche, ha messo tutto a disposizione degli altri unitamente alle loro qualità.

Trova giusto il distacco dai bianconeri?
Trovo giusto tutto quello che succede nel calcio. Potrei anche non trovarlo giusto ma lo considero inevitabile. Sono stati fortunati più di noi, ma bisogna riconoscergli grandi meriti. Il campionato è ancora in corso. Vogliamo difendere la nostra seconda posizione, ma difendendola attaccheremo anche la prima. Lo vogliamo fare tutti, i calciatori, l’allenatore . Siamo sicuri che non sia finita.

Alcune decisioni arbitrali hanno fatto discutere. Qual è la sua posizione?
La domenica sera riguardando le cose qualche rammarico si materializza. Quando parlavo di fortuna, non parlavo della fortuna cosmica, alludevo anche ad alcune decisioni che sono state assunte, ma non ne farei però un discorso portante e trainante trainante. Dobbiamo vincere le nostre partite con le nostre risorse, sperando che le altre rallentino un pò.

La squalifica a De Rossi
Il fatto non sussiste, questo è il mio pensiero. So che non sarò popolare per la cognizione della collettività: ma quello che ha fatto Daniele credo sia stato solo un eccesso tattico, nella contromisura in un grappolo di uomini in area di rigore dove si cerca di neutralizzare l’avversario. Lui lo ha fatto troppo vivacemente ma non ha colpito con un pugno l’avversario: ha cercato di fargli perdere posizione. Non c’era alcuna cattiveria, la definirei furbizia. Daniele ha trovato la contromisura più eccessiva ma non c’è pugno, non è stato dato, perché, perché si concretizzi come tale ci deve essere un movimento ampio del braccio: nessuno l’ha visto perché non c’era. L’arbitro vede il grappolo di persone, percepisce che ci sia stato qualcosa dentro, ma non vede, perché non c’è, il pugno. E’ una cosa eccessiva la conseguenza che si è configurata: mi è dispiaciuto. La televisione determina gli indirizzi, i pensieri e le decisioni: oggi siamo al loro servizio ma lì c’è stata la prima condanna del giocatore. Hanno rilevato il fatto, evocando la prova televisiva. Per me è improprio perché l’arbitro stava guardando: la prova televisiva si invoca quando l’arbitro certamente non vede. E’ stato sanzionato anche dal commissario tecnico che ha detto di essere il giudice della situazione. E poi il terzo grado di giudizio trasversale lo ha fatto il giudice sportivo quando era già tutto determinato. L’ho vissuta molto male questa cosa: non c’è stata ne dialettica, né contraddittorio. Non penso mai ai complotti, credo in un calcio sano, stradaiolo: sono libero nei pensieri però vedo che la Roma è diventata l’oggetto/soggetto presso le quali si applica la pena esemplare, la condanna esemplare. Mi sembra una cosa sinistra: si educa il calcio attraverso la Roma. Non penso che né questo club, né questa città meritino questo trattamento.


Il ‘codice etico’ di Prandelli gli è costato la Nazionale
Questo riferimento l’ho già fatto. Prima le televisioni, poi il commissario tecnico che ha rinunciato al giocatore. Credo fosse stato meglio convocarlo, avrebbe potuto dare seguito a quello che viene consigliato dal così detto codice etico. Se non lo convoca prima che qualcuno abbia stabilito la pena, ammesso che ci debba essere, è chiaro che la squalifica è inevitabile.

Chiusura delle curve: un danno tecnico, economico
Il calcio è della gente, non di chi lo fa ma di chi ne gode, di chi lo va a guardare, lo ascolta. Se togli questa componente, annichilisci, uccidi il calcio. Non voglio soffermarmi oltre, penso che sia stato un paradosso che si è realizzato puntualmente perché quando c’è la Roma di mezzo i paradossi sono frequenti. Noi abbiamo scontato qualcosa che è già stato bocciato dall’Alta Corte che ha sollecitato a rivedere le norme. Intanto la Roma paga… Penso sia un danno per il calcio in senso lato, non solo per la Roma. Le partite della Roma, in virtù del campionato che sta facendo, vanno in tutto il mondo e stanno offrendo uno spettacolo deprimente in virtù di una norma molto, ma molto, discutibile.

Rudi Garcia: che scelta è stata?
L’ho sempre seguito. Quando vedo una squadra giocar bene normalmente chiedo chi sia l’allenatore, mi incuriosisco: il discorso su Garcia parte da lontano, da Le Mans. E’ stato uno dei candidati, fra 5-6 che avevamo in mente. Si è presentato con le sue idee, giuste, e le parole giuste, alcune decisive. Si è subito integrato, ha colmato subito le distanze e dopo 10 giorni ha fatto una conferenza parlando come i grandi. Gioca un calcio molto ‘leggero’, allena in maniera seria ma leggera: i calciatori sono a proprio agio, infonde tranquillità, coesione, forza. Ha qualità straordinarie e siamo contenti di averlo portato in Italia e a Roma.

Cosa le ha dato maggiore soddisfazione nella stagione?
Mi ha impressionato la coesione e l’orgoglio della squadra: la squadra è forte quando vuole esser forte. Una squadra deve prendere atto della propria forza e riconoscerla, poi prendere atto e trasferirlo sul campo di calcio. Sono orgoglioso del fatto che l’allenatore abbia tradotto benissimo lo stato d’animo collettivo e che i calciatori abbiano voluto credere in loro stessi. La forza della Roma è nell’autostima e nella fiducia tra i calciatori: questo costruisce meccanismi in campo di grande competitività. Di questo sono orgoglioso, dei singoli non voglio parlare: i ragazzi stanno facendo molto bene.

Lamela, si aspettava le sue difficoltà?
Sono innamorato della mia squadra, caratteristica che ha portato Rudi Garcia ad allenare la Roma: si espresse in questa maniera quando gli chiesi che rapporto voleva creare con la squadra. Non mi innamoro dei calciatori. Quando approccio la partita non guardo solo il risultato, guardo la prestazione dei calciatori, la vivo a 360°. I miei calciatori sono sempre i migliori, ne ho la pretesa. Vorrei che tutti esprimessero compiutamente, tutte le volte, le proprie qualità. E’ difficile che si realizzi, ma questa Roma, il mio desiderio lo ha realizzato spesso. Erik è un giocatore fenomenale, fortissimo, arrivato a Roma da giovanissimo (92′), con una caviglia gonfia e si è subito segnalato in una situazione non favorevole. Il secondo anno è esploso, merito anche di chi lo ha allenato. Zeman lo ha portato dentro un percorso tecnico preciso, ha voluto inculcargli alcuni movimenti e ha fatto cose molte importanti. E’ stata una rinuncia per noi grave, ma abbiamo fatto le nostre scelte, scelte che non sono mai gratis: quando c’è una scelta, c’è sempre da pagare. E’ stato difficile per me, per tutti noi. Le difficoltà a Londra credo dipendano molte dalle difficoltà di comunicare in immediato. Poi ho avuto modo di vedere una partita e lui gioca un altro calcio, non ha capito la squadra e la squadra non ha capito lui. Ha avuto anche un paio di infortuni, ma ha tutto il tempo di imporsi.

La Roma cambierà ancora molto?
Sarà possibilmente integrata, non cambierà molto: questa rimarrà la squadra che farà i campionati a venire. Ci sono delle integrazioni che dovranno esser fatte, sperando che il nostro margine di errore sia molto basso. In quanto all’incedibilità, tutte le squadre in Europa sono costrette a fare mercato in uscita e in entrata: continuerà a farlo anche la Roma. L’anno scorso siamo andati un pochino oltre ma abbiamo dovuto fare delle scelte che sono state significative dal punto di vista tecnico, ma molto remunerative. Parliamo alla vigilia della gara più importante della stagione e i calciatori dovranno essere all’altezza della partita e di quelle che rimangono.

La situazione di Pjanic?
Con Miralem stiamo discutendo del rinnovo con lui, il suo manager, la sua famiglia. E’ una situazione difficile, la stiamo affrontando. Penso riusciremo a concluderla. Quanto agli scambi, sono tutte considerazioni giornalistiche. Non ho minimamente pensato di mettere sul mercato Pjanic per prendere una contropartita: dovrà rimanere a Roma, qualora non ci fosse sarà messo sul mercato in maniera diversa, non certamente come merce di scambio. Non ci saranno scambi per lui ma ritengo rimarrà un giocatore della Roma.

Mattia Destro cosa rappresenta per la Roma?
Quando vi ho chiesto di riprendere il suo recupero era per avere la certezza del lavoro, della psicologia con il quale lui affrontava quel segmento di carriera non felicissimo. Rappresenta un investimento importante, giocatore fortissimo: neanche lui sa quanto lo è ancora. Deve mettere a fuoco alcuni comportamenti all’interno della partita: quando ci riuscirà parleremo di uno dei primi attaccanti europei. Deve limare alcune spigolosità del suo carattere che lo fanno interagire, a volte, in maniera sbagliata. Ma le soluzioni che è in grado di avere dal punto di vista tecnico nell’area di rigore, sono di primissimo livello.

Quanto dovrà cambiare la Roma per affrontare la Champions?
La Roma sarà integrata, arriveranno raddoppi di ruoli. Avremo bisogno di alcune unità in più facendo auspicabilmente la terza competizione. Noi siamo piuttosto avviati, si sta creando uno zoccolo duro che dovrà diffondere attorno a sé il verbo calcistico e lavoreremo per correggere i difetti che abbiamo. Se chiedessimo a qualcuno di togliere qualcuno e inserire qualcun’altro, farebbe fatica: ci sono iperboli incolmabili, alcuni metterebbero Messi. Ma sul mercato plausibile penso che togliere un giocatore nostro per metterne un altro, faremmo tutti fatica, anche i censori più costanti. Sono molto geloso dei miei calciatori: mi dispiace e odio quando i miei vengono trattati male, senza motivo, quando vengono abbattuti con dei voti che non trovano riscontro in quello che è successo dentro al campo. Mi sono trovato davanti a partite vinte e la media squadra della squadra che aveva perso contro di noi era più alta della media di noi che avevamo vinto. A volte i calciatori vengono abbattuti, non tanto nella prestazione, ma nell’idea della prestazione che fanno: vengono definiti pigri, e dalle rilevazioni che ho io, con le distanze percorse, la velocità, vedo che sono valori eccellenti invece. Sono sensazioni, più che analisi.

E’ geloso della sua idea su Dodò?
E’ un giocatore fortissimo, non mi interessa ciò che si dice. Un conto è il calcio delle impressioni. Tutte queste sofferenze nella fase difensiva io non le vedo, è leggenda, basta vedere le partite: è partito con l’infortunio, poi è ripartito. Non c’è stata la generosità nei suoi confronti che servirebbe per supportare e sopportare un talento che deve emergere: il talento è sempre a rischio. Prima spiegavo all’agente di Ljajic che bisogna prendere rischi: Adem è un calciatore che deve prendere rischi, se non lo facesse sarebbe mediocre, perché è un talento puro. E’ un calciatore da Roma. Vorrei ci sia più generosità verso i calciatori della Roma, non per rivendicare cose per me, ma per la Roma. Io sono autenticamente romanista, voglio tutta la mia carriera qui e finirla, vincendo qui. Ma come vengono trattati i calciatori? A volte non c’è l’orgoglio della piazza, l’orgoglio di protezione: l’orgoglio di proteggere il talento deve essere incrementato. A Roma c’è senso critico, qualcuno magari esagera: Roma deve difendere il propri talento, Roma deve difendere la Roma, sennò non sarà mai forte. Un esempio, quando ci sono state reazioni eccessive rispetto a un risultato nefasto che c’è stato, tutti i dirigenti sono stati attaccati. Le critiche sono assolutamente plausibili, bisogna ascoltarle ma quando i dirigenti vengono offesi, insultati, come si pretende che gli stessi possano essere rappresentativi di fronte alla realtà internazionale? Non sto perorando la causa di nessuno, sto attaccando un modo di essere, di fare. Lo farò sempre. La Roma per essere forte non ha bisogno del consenso ma ha bisogno di una critica normale, di una dialettica diversa. Sto facendo un errore reiterato, ma non intendo tornare indietro: non sto quasi mai parlando, perchè non riesco a trovare una sintonia nelle cose. Preferisco non interfacciarmi con nessuno, ma io meriterei di parlare con qualcuno della stampa romana. A Roma ci sono menti e penne, non posso confrontarmi con molti per una questione di equità, sono stato costretto in questo senso. Manca qualcosa a me, come arricchimento personale, alla Roma e al comprensorio giornalistico di Roma.

Quanta soddisfazione ha nello scoprire i talenti.
Io non leggo volentieri le biografie di gente in vita, ho letto ‘Febbre a 90′ per capire gli stati d’animo del tifoso vero, autentico, che soffra, che modula la sua vita rispetto alle fortune del club. Ferguson ha scoperto molti talenti, me ne ha fregato anche uno qualche anno fa e non lo perdono facilmente. E’ un’emozione pregnante, potente, fortissima. Il sapere che hai fatto qualcosa per il tuo club, la tua squadra, vedendo un giocatore che si impone. Io sono incredibilmente soddisfatto, estasiato, delle prestazioni di Alessio Romagnoli: ci terrei molto che ragazzi di Roma potessero far parte del percorso che sta facendo la Roma. E’ una gioia, un orgoglio.

Qual è l’acquisto della carriera di Sabatini?
Ce ne sono stati tanti. Per me il calcio è una speranza sempre in movimento, una speranza dinamica. Quando penso ai calciatori non lo faccio mai in maniera statica, ma in maniera progressiva. E’ una sfida quotidiana: il calcio è la cosa che mi ha reso sopportabile la vita. Come soggetto umano sono piuttosto marginale, sento forte le estraneità: il calcio mi ha integrato nella vita, vivo attraverso il calcio. Qui c’è gente in gamba. E’ questo che vorrei dire anche a Roma, che viene spesso denigrata in maniera ignobile. Qui ci sono grandissime professionalità e profili umani, intellettuali, culturali di grande livello. Che la Roma possa portarseli avanti a lungo: so quello che dico. Qui c’è gente che sa, che si mette totalmente a disposizione e in discussione 24 h su 24, che bisogna preservare.

Chi vince il mondiale?
Ho troppi calciatori in giro (ride…), non voglio penalizzare nessuno. E’ auspicabile, a parte l’Italia nonostante le squalifiche comminate dal CT ai nostri calciatori, direi il Brasile. Non voglio che si rinnovi la tragedia del 50 quando un ex calciatore della Roma fece piangere una nazione intera, c’era Schiaffino che giocava in quella nazionale. Roma ha avuto grandissimi calciatori: stiamo facendo tante cose, c’è una foto con la firma di Schiaffino al museo. Il Brasile deve vincerlo così non succederà niente e saranno tutti felici. Penso che una chance ce l’abbia anche il Belgio: se arriveranno con la testa giusta, se non sentiranno la pressione potrebbero essere la sorpresa. Io ho tanti calciatori in giro, troppi che rappresentano nazioni, territori… Non voglio fare il calcio asettico, anche la Bosnia meriterebbe tanto: sarei contento andassero avanti. Rivendicazione ce ne hanno da fare. Ci metto un po di umanità e di politica dentro.

Tra i progetti di Pallotta c’è anche quello di farla smettere di fumare?
Quello ha già abortito, Pallotta lo sa. E’ un successo che non coglierà. E’ molto più facile che vinca lo Scudetto e che arrivi in finale di Champions…

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