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Scienza

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2023 11:32
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30/05/2011 16:01
 
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Sound72, 15/03/2011 17.48:

Terremoto nucleare. Siamo alla "sindrome cinese"? Le informazioni di base per capire il disastro nucleare di Fukushima.

C'è molta incertezza su quanto sta accadendo adesso all'impianto nucleare di Fukushima Daiichi, dove per tre reattori si prospetta la fusione parziale o totale del nocciolo. Alcune fonti danno il fatto per già accaduto, almeno per il reattore "3", rimasto - pare - per ben due volte "a secco" di qualunque liquido di raffreddamento nel corso della giornata (14 marzo), complessivamente per almeno 3 ore.

Subito dopo il sisma è entrato in funzione il primo livello di sicurezza: sono state inserite le barre di controllo/moderazione, che interrompono quasi del tutto le reazioni nucleari tra le barre di combustibile.

Questa operazione abbatte in poche ore la temperatura del reattore anche del 99%. Ma è indispensabile che il nocciolo sia mantenuto immerso nel liquido di raffreddamento.

A Fukushima però l'onda di marea ha messo fuori uso tutti i sistemi elettrici e poi anche le pompe diesel che dovevano garantire la circolazione del refrigerante.

Attorno al nocciolo il refrigerante, senza ricambio, ha cominciato a vaporizzare ad altissima temperatura, generando anche idrogeno e ossigeno molecolari.

Per ridurre la pressione e tentare di introdurre nuovo refrigerante i tecnici hanno lasciato sfiatare i gas. Il sistema di ricombinazione dell'idrogeno però non ha funzionato correttamente, oppure non era dimensionato per quel volume di gas, ed è bastata una scintilla a provocare la deflagrazione e la distruzione parziale dell'edificio più esterno del reattore.

Contemporaneamente, la scarsità d'acqua attorno al nocciolo ha lasciato scoperte in tutto o in parte le barre di combustibile e la temperatura è salita vertiginosamente, probabilmente oltre i 2.000 °C (dal momento che si è parlato di parziale fusione della camicia delle barre, in zircaloy).

I tecnici giapponesi tentano ora di evitare il peggio (la fusione del nocciolo) utilizzando come refrigerante direttamente l'acqua di mare, fatta circolare attorno al nocciolo e ributtata in mare.

I risultati non sono incoraggianti, probabilmente perché il processo di surriscaldamento è andato troppo avanti, ma al momento sembra impossibile affermare con certezza come si evolverà la situazione nelle prossime ore.

In più, l'acqua di mare non pretrattata è ricca di sali che accelerano la corrosione dello zircaloy: le pastiglie di combustibile (uranio arricchito, attinidi generati dalle reazioni nucleari, plutonio...) rischiano di trovarsi a diretto contatto con l'acqua.

Se ciò avvenisse... si scioglierebbero, e il liquido trasporterebbe sul terreno e in mare elementi radioattivi ed elementi tossici e velenosi per inalazione e ingestione.

Per la meccanica di ciò che sta succedendo, un'esplosione nucleare è improbabile. Le prime conseguenze di questo disastro saranno invece una forte contaminazione "locale" e di molte miglia di oceano.

Mentre dal governo giapponese e dalla Tokyo Electric Power (Tepco) continuano ad affermare che la situazione è critica ma sotto controllo. Le prossime ore ci diranno dove sta la verità, ma intanto, che cosa potrebbe accadere con la fusione del nocciolo?

La fusione del nocciolo avviene quando la temperatura nel reattore non è più sotto controllo e sale rapidamente a oltre 2.000 °C (dai 300 circa di normale operatività).

Quello che chiamiamo "nocciolo" è un insieme di elementi: una struttura di contenimento (la più interna dell'edificio del reattore), le barre di combustibile (vedi il multimedia "I rifiuti nucleari" e gli altri contenuti del nostro "Speciale nucleare"), le barre degli strumenti, i circuiti dell'acqua per la produzione di vapore e per il raffreddamento del combustibile e le barre di moderazione.

A Fukushima, il sisma non ha provocato danni ed è automaticamente entrato in funzione il primo livello di sicurezza, ossia sono state abbassate le barre di controllo/moderazione. Questa procedura interrompe le reazioni nucleari tra le barre di combustibile e in poche ore abbatte la temperatura del reattore fino al 99%. Per raffreddare il residuo 1% è necessaria molta acqua (e parecchio tempo: anche sei, sette mesi).

Lo tsunami ha però messo improvvisamente fuori uso le linee elettriche e le pompe diesel che garantivano il flusso di refrigerante. A quel punto sono entrate in funzione le batterie, che tuttavia hanno una durata limitata. L'Agenzia atomica giapponese ha inviato alcuni camion-generatori per alimentare le pompe, ma questi si sono rivelati insufficienti.

SINDROME CINESE L'aumento di temperatura e di pressione dovuto alla formazione di vapore è stato gestito inizialmente dai tecnici con il rilascio in atmosfera del vapore stesso: ridurre la pressione all'interno del reattore era una condizione indispensabile per poter introdurre nuovo refrigerante. Ma la dissociazione del vapor d'acqua in ossigeno e idrogeno - dovuta alle alte temperature - ha provocato l'esplosione dell'edificio di contenimento esterno del reattore "1" e, oggi, del reattore "3", apparentemente senza provocare danni alle strutture interne.

Con i circuiti di raffreddamento fuori uso i tecnici hanno fatto ricorso a pompe che pescavano direttamente acqua dal mare: acqua "sporca" e ricca di sali, che se da una parte aiutava con la temperatura dall'altra danneggiava il rivestimento delle barre di combustibile. Ma la mancanza di elettricità ha poi ulteriormente ridotto e per qualche ora anche interrotto il flusso d'acqua: stando a diverse fonti ciò avrebbe causato la fusione parziale delle barre di contenimento del combustibile.
Se ciò fosse confermato, il materiale "fuso" starebbe ora colando sulla piattaforma di cemento che regge l'edificio del reattore, senza tuttavia essere in grado di "bucarla", e in uno speciale anello che circonda l'edificio stesso dove dovrebbe circolare acqua.
Un'eventuale esplosione è data per molto improbabile dalla maggior parte degli esperti (favorevoli o meno al nucleare). Se dovesse verificarsi, la nube dell'esplosione trasportata dai venti porterebbe in giro per il mondo un "bel" carico di sostanze radioattive e tossiche. Più realisticamente, la conseguenza di questo disastro sarà invece una forte contaminazione "locale" e di molte miglia di oceano.

( focus.it )




Dopo il disastro di fukushima
La Germania spegne le centrali nucleari


Berlino - Il piano messo a punto dal governo tedesco per l’abbandono dell’energia nucleare prevede, da subito, otto centrali in meno su un totale di 17 impianti. Secondo il progetto, infatti, le sette centrali che erano state chiuse in seguito alla moratoria di tre mesi annunciata dalla cancelliera Angela Merkel dopo il disastro di Fukushima non verranno riaperte. Inoltre, rimarrà chiusa anche la centrale di Kruemmel, nello Schleswig-Holstein (Nord), che è stata inaugurata nel 1983, ma non è attiva dal 2009 a causa di problemi tecnici.

I sette impianti, i più vecchi del paese, sono quelli di Neckarwestheim I e Philippsburg I nel Baden-Wuerttemberg, di Isar I in Baviera, di Biblis A e Biblis B in Assia, di Unterweser in Bassa Sassonia e di Brunsbuettel nello Schleswig-Holstein.

Fino alla prevista chiusura di tutti i reattori, quindi, ne sarano operativi solo nove. «Il nostro sistema energetico deve essere cambiato radicalmente e può essere cambiato radicalmente - ha commentato oggi la Merkel -. Vogliamo che l’elettricità del futuro sia sicura e, allo stesso tempo, sia affidabile ed economica
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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02/06/2011 16:45
 
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Batterio killer, 2.500 casi in Europa
L'Oms: «Variante altamente tossica»




(Apa)
MILANO - L'Organizzazione mondiale della Sanità afferma che la variante di E.Coli trovata nei pazienti tedeschi contagiati «non è stata mai vista prima in un focolaio di infezione». Esperti cinesi che hanno analizzato i geni del ceppo di Escherichia Coli tedesco affermano che il gruppo «è nuovo e altamente tossico».

L'ESPERTA - «Questo è un ceppo unico che non è mai stato isolato prima da pazienti e presenta diverse caratteristiche che lo rendono più virulento e capace di produrre maggiori tossine» ha spiegato Hilde Kruse, esperta di sicurezza alimentare all'Oms. Le sequenze genetiche preliminari mostrano che il ceppo è una forma mutante di due diversi batteri dell'E. coli, i cui geni letali spiegano perché l'epidemia scoppiata in Europa sia così estesa e pericolosa. Finora sono morte 17 persone e quasi 2.500 si sono ammalate, comprese 470 che hanno sviluppato la rara sindrome emolitico-uremica, una particolare complicazione ai reni: 2mila in Germania, a cui si devono aggiungere 490 casi tra Svezia (dove c'è stata l'unica altra vittima), Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Spagna. Nelle ultime ore è stato accertato un caso in Repubblica Ceca e si stanno facendo accertamenti su altri nove pazienti sospetti. Tutti i contagiati erano rientrati da viaggi in Germania. «Si potrebbe pensare che l'epidemia generata dal batterio dell'E. coli provenga da una fonte animale» ha aggiunto Hilde Kruse. «Molti animali - ha spiegato Kruse - sono spesso ospiti di vari tipi di batteri dell'E. coli che producono tossine». Sono diversi gli scienziati a sospettare che il batterio possa provenire da letame contaminato usato per fertilizzare i vegetali da cui è partita l'epidemia. In precedenza, i contagi dovuti al batterio hanno colpito soprattutto bambini e anziani, ma l'epidemia scoppiata in Europa ha interessato gli adulti in maniera sproporzionata, in particolar modo le donne.


ALLARME IN FRANCIA- Intanto anche in Francia si diffonde l'allarme: i primi risultati dell'autopsia sull'uomo morto a Saint-Diè, nella Francia orientale, dopo aver mangiato un panino con insalata e pomodori, «non hanno per ora consentito di individuare la causa del decesso». Lo ha riferito il sostituto procuratore di Epinal, Jean Richert, incaricato delle indagini preliminari sulla vicenda. «Per il momento - ha precisato - non abbiamo alcuna ragione di credere che si tratti del batterio killer che imperversa in Germania, ma non siamo nemmeno in grado di escluderlo». L'unica cosa certa, ha sottolineato, è che la morte non è dovuta nè a cause traumatiche, come un infarto o un ictus, nè ad anomalie fisiche, e che non è stata procurata da terzi.
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20/06/2011 12:43
 
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Una cimice minaccia il Venezuela

Il Panstrongylus geniculatus, una cimice triatomina di 3 centimetri, vettore di un parassitosi terribile, la tripanosomiasi Usa, conosciuta anche come morbo di Chagas o Enfermedad de la pobreza


Sei milioni di persone rischiano la vita a causa del Panstrongylus
geniculatus: «Psicosi a Caracas»


Non bastava che Caracas fosse la città più insicura del Sud America e la quarta di tutto il pianeta - dopo Ciudad Juarez, Kandahar e San Pedro Sula, in Honduras - che la sua industria del sequestro scoppiasse di salute più della cantera del Barcellona e che il suo tasso di omicidi viaggiasse a medie da narcomattanza messicana. Adesso la capitale del Venezuela deve difendersi da un nuovo incubo, una quinta columna contrarrevolucionaria, urlerebbe Chavez, che mette a rischio la vita di sei milioni di venezuelani.

Si tratta del Panstrongylus geniculatus, una cimice triatomina di appena tre centimetri, vettore di un parassitosi terribile, la tripanosomiasi americana, conosciuta anche come morbo di Chagas o Enfermedad de la pobreza. I caraqueños chiamano questa cimice, chipo, e secondo l'Instituto di Medicina Tropical dell'Università di Caracas infesta tutta la capitale, soprattutto le urbanizzazioni più verdi. Ogni giorno all'Instituto c'é una lunga coda di caraqueños, ognuno con la cimice che ha catturato nella sua scatolina. «La psicosi é tale - riferisce un medico - che spesso ci portano da analizzare scarafaggi, grilli, scarabei. Servirebbero campagne di prevenzione più efficaci, perché c'é ancora troppa ignoranza».

Rafael Orihuela, ministro della Sanità prima dell'avvento di Chavez e medico tropicale di fama internazionale, spiega che il rischio di essere contagiati da questo insetto é aumentato considerevolmente. «Abbiamo invaso l'habitat del chipo con un'urbanizzazione selvaggia. Abbiamo trasformato le colline di Caracas in un ecomostro, un intrico di bindonvilles di lamiera e cartone, senza l'ombra dei servizi più elementari, senza reti fognarie, in cui la gente sopravvive in una promiscuità pestilenziale. Propagarsi in questi barrios, per il morbo di Chagas é un invito a nozze».

Sfrattato dal suo habitat, il chipo ha cambiato abitudini. Un tempo le sue vittime erano soprattutto gli opussum. Adesso attacca anche l'uomo. Allarmante se si considera che l'ottanta per cento dei Panstrongylus che infestano Caracas sono infetti. Secondo Matías Reyes, responsabile dell'area di entomologia dell'Instituto de Medicina Tropical, un'altra ragione che ha spinto il chipo ad aggredire l'uomo é la mancanza di fonti di alimento. «E' una cimice che ha sempre vissuto succhiando il sangue degli opossum e di altri animali, come pipistrelli e armadilli. Oggi questa fauna é a rischio d'estinzione perché gli incendi e l'edilizia selvaggia hanno fatto tabula rasa dei boschi in cui viveva. Così il chipo é diventato un parassita metropolitano. Ha imparato a usare la città. A infestare le case, i grattacieli, l'uomo, i suoi animali domestici, i barrios più poveri ma anche i quartieri residenziali come El Cafetal, El Hatillo, Prados del Este e las Mercedes. E sopratutto, l'area intorno al Parco Nazionale El Avila».

Il professor Pedro Navarro, titolare della cattedra di Medicina Tropicale presso l'UCV di Caracas, non si preoccupa tanto delle punture quanto degli alimenti che le cimici contaminano con le loro feci. I casi di morbo di Chagas registrati a Chacao nel 2007, a Chichiriviche nel 2009 e a Antímano nel 2010 sono stati trasmessi così - il morbo é più devastante quando si propaga per via orale; secondo gli studiosi é come se la vittima fosse punta da migliaia di chipos, contemporaneamente. Ma c'é un altro causa che ha spinto il chipo a cambiare le sue abitudini. L'illuminazione dei quartieri. In passato la loro luce era gialla, ora si é passati al bianco e il bianco attrae i chipos, come il miele le formiche. «No alle luci troppe intense - suggerisce Matías Reyes - sempre meglio graduarle con un dimmer. E molta attenzione all'immondizia. Se l'immondizia non viene raccolta arrivano i topi e coi topi i chipos».

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questo è un morbo che fa paura...
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04/07/2011 14:05
 
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Sei pecora o leone?

Un ormone fa la differenzaLe reazioni davanti a una situazione che spaventa possono essere opposte. Una ricerca sui ratti pubblicata su Science spiega che a fare la differenza è l'ossitocina, già implicata nello sviluppo dei comportamenti sociali e nel controllo dell'ansia

PERCHÉ di fronte alla paura qualcuno rimane paralizzato, incapace di reagire, mentre altri invece tirano fuori un coraggio da leone? Reazioni opposte, agli estremi, che sono regolate dalla chimica del cervello. E a giocare un ruolo chiave è l'ossitocina, l'ormone del parto e dell'attaccamento fra madre e prole, implicato anche nello sviluppo dei comportamenti sociali, delle relazioni interpersonali e nel controllo dell'ansia.

Lo indica un nuovo studio pubblicato su Science in cui è stato osservato come questo ormone rilasciato dall'ipofisi sia responsabile - almeno parzialmente - di queste significative variazioni nel comportamento. I ricercatori dell'università di Losanna, in Svizzera, hanno condotto il loro studio sui ratti, per scoprire se le risposte davanti alla paura possano variare solo in intensità o anche nella loro tipologia. Si sono concentrati in particolare sul nucleo centrale dell'amigdala: è noto infatti che i neuroni che da questa regione cerebrale proiettano verso l'ipotalamo e verso i nuclei del tronco cerebrale coordinano le diverse risposte alla paura.

Quello che hanno scoperto è che la reazione alla paura può essere scomposta nelle sue diverse componenti e che è possibile agire su quella comportamentale, modulandola, lasciando invece intatta quella fisiologica.

"L'amigdala è un'area importante per la paura, ma quello che non si conosceva e che ora abbiamo osservato, è come è organizzato il circuito neuronale alla
base e come funziona", spiega Daniele Viviani, primo autore dello studio.

I ricercatori hanno visto che specifici gruppi di neuroni nell'amigdala controllano ciascuno una determinata componente della reazione dell'animale - il ratto - di fronte ad uno stimolo che lo spaventa, in particolare la tendenza all'immobilizzazione o l'aumento della frequenza cardiaca. E hanno osservato come l'ossitocina sia in grado di diminuire la reazione di paralisi, senza influenzare la frequenza cardiaca.

"Iniettando ossitocina, in pratica, l'animale tende a immobilizzarsi molto meno. Si comporta esteriormente come se non avesse paura, ma se si esaminano le sue reazioni fisiologiche, si vede invece che il suo cuore batte velocemente, classico sintomo dello spavento", dice Viviani. E' possibile, tramite l'ormone, influire quindi su una determinata componente, lasciando inalterate le altre, come, appunto la frequenza cardiaca.

Un dato importante, che permette di capire meglio quello che accade nell'uomo quando si trova ad affrontare una situazione che lo spaventa. Facciamo l'esempio del bungee-jumping: "Una persona può essere terrorizzata all'idea di saltare, col cuore che batte veloce, sudore e tutte le altre tipiche reazioni fisiche, e rinunciare. Un'altra invece riesce a saltare, vincendo l'immobilizzazione, ma le sue reazioni fisiologiche sono le stesse", spiega lo scienziato.

La differenza potrebbe essere dunque a livello dei recettori dell'ossitocina, che, se sono più attivati, rendono più coraggiosi. I livelli di ossitocina e l'attività dei recettori possono variare negli individui per diverse ragioni, sottolineano gli autori dello studio. I risultati della ricerca potrebbero aprire prospettive interessanti a livello clinico per i disturbi di ansia, gli attacchi di panico o i disordini post-traumatici, portando a sviluppare farmaci più mirati, che potrebbero "agire sul comportamento, lasciando intatto il 'sentimento' di pericolo, necessario, in natura, per la sopravvivenza", conclude Viviani.


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14/09/2011 12:08
 
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Arriva il dolorimetro che misura
il dolore registrato dal cervello



ROMA - Un giorno i medici potrebbero avvalersi di un «dolorimetro», un misuratore oggettivo del dolore che un paziente prova durante le procedure mediche cui è sottoposto. Il dolorimetro è basato sull'attività neurale registrata con la risonanza magnetica e potrebbe quindi rappresentare una prima misura oggettiva fisiologica del dolore. Il prototipo del dolorimetro è stato messo a punto da Sean Mackey della Stanford University in California e i risultati dei test sui primi pazienti sono stati resi noti sulla rivista PLoS ONE.

Il dolore provato da un paziente durante un esame o una procedura terapeutica è un parametro importante per la pratica medica, ma anche difficile da misurare, poichè è oggi basato essenzialmente sulle sensazioni soggettive provate ed espresse dalla persona stessa. Ma ciascuno di noi vive il dolore in modo differente caricandolo anche di valenze emotive, che possono di fatto aumentare la percezione di una sofferenza fisica; e poi alcune categorie di pazienti, anziani e bimbi piccoli in primis, non riescono facilmente a comunicare al medico il dolore provato.

L'idea di un dolorimetro è, quindi, attesa dalla comunità medica mondiale. Gli esperti Usa si sono dunque avviati su questa strada ideando un algoritmo che traduce l'attivazione neurale del cervello di soggetti sottoposti a stimoli dolorosi. L'attività neurale in risposta al dolore è stata osservata con la risonanza magnetica su otto soggetti, confrontandola con l'attività neurale di base, cioè in assenza di stimolo doloroso. Una volta scritto l'algoritmo, il dolorimetro è stato testato su altri otto soggetti per verificare se lo strumento riuscisse a decifrare dalla loro attività neurale l'assenza o presenza di dolore. Il dolorimetro è riuscito con successo nell'81% dei casi. Se superasse i test su un maggior numero di pazienti, potrebbe quindi, in futuro, essere promosso a misuratore ufficiale di dolore in corsia.

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23/09/2011 14:03
 
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L'ESPERIMENTO «Superata la velocità della luce»
Il Cern ufficializza i risultati delle rilevazioni sui neutrini


Maximiliano Sioli, membro dell'esperimento «Opera»: «Così abbiamo misurato la velocità dei neutrini»

di Alessia Rastelli

MILANO - C'è la conferma ufficiale: la velocità della luce è stata superata. I neutrini sono più veloci della luce di circa 60 nanosecondi. Il risultato è ottenuto dall'esperimento Cngs (Cern Neutrino to Gran Sasso), nel quale un fascio di neutrini viene lanciato dal Cern verso i Laboratori del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

L'ESPERIMENTO - Il risultato si deve alla collaborazione internazionale «Opera», che con i rivelatori che si trovano nei Laboratori del Gran Sasso ha analizzato oltre 15.000 neutrini tra quelli che, una volta prodotti dall'acceleratore del Cern Super Proton Synchrotron, percorrono i 730 chilometri che separano il Cern dal Gran Sasso. I dati, che saranno presentati nella giornata di venerdì a Ginevra, dimostrano che i neutrini impiegano 2,4 millisecondi per coprire la distanza, con un anticipo di 60 miliardesimi di secondo rispetto alla velocità attesa. L'analisi dei dati, raccolti negli ultimi tre anni, dimostra che i neutrini battono di circa 20 parti per milione i 300.000 chilometri al secondo ai quali viaggia la luce.


Una scoperta che potrebbe riscrivere la fisica
L'analisi di Giovanni Caprara CAUTELE - «Abbiamo sincronizzato la misura dei tempi tra il Cern e il Gran Sasso con un'accuratezza al nanosecondo e abbiamo misurato la distanza tra i due siti con una precisione di 20 centimetri», ha detto Dario Autiero il ricercatore che presenterà i dati al Cern. «Nonostante le nostre misure abbiano una bassa incertezza sistematica e un'elevata accuratezza statistica - ha aggiunto - e la fiducia riposta nei nostri risultati sia alta, siamo in attesa di confrontarli con quelli provenienti da altri esperimenti». Il Cern stesso rileva in una nota che «considerando le straordinarie conseguenze di questi dati, si rendono necessarie misure indipendenti prima di poter respingere o accettare con certezza questo risultato. Per questo motivo la collaborazione Opera ha deciso di sottoporre i risultati a un esame più ampio nella comunità». I dati saranno quindi presentati venerdì pomeriggio in un seminario nel Cern di Ginevra e lunedì in un seminario nei Laboratori del Gran Sasso. «Quando un esperimento si imbatte in un risultato apparentemente incredibile e non riesce a individuare un errore sistematico che abbia prodotto quella misura, la procedura standard è sottoporlo ad una più ampia indagine», ha osservato il direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci. «Se questa misura fosse confermata - ha aggiunto - potrebbe cambiare la nostra visione della fisica, ma dobbiamo essere sicuri che non esistano altre, più banali, spiegazioni. Ciò richiederà misure indipendenti».


Vacilla la teoria di Einstein?
L'ESPERIMENTO - Inaugurata nel 2006 per studiare il fenomeno dell'oscillazione (che porta i neutrini a trasformarsi da un tipo a un altro fra quelli che appartengono alle tre famiglie note), la collaborazione Opera è condotta da un gruppo di ricerca che comprende circa 160 ricercatori di 11 Paesi (Belgio, Croazia, Francia, Germania, Israele, Italia, Giappone, Corea, Russia, Svizzera e Turchia).



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25/09/2011 18:24
 
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La gaffe della gelmini la postiamo qua o sul governo?
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21/03/2012 15:53
 
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Orgasmo da palestra», l'effetto
collaterale che colpisce le donne



Finora era materia di discussione riservata alle chiacchiere tra amiche, argomento da blog o di qualche articolo su magazine e riviste di fitness e benessere: provare piacere sessuale semplicemente facendo sport, per esempio pedalando alla cyclette o correndo sul tapis roulant, senza pensare in alcun modo a incontri o situazioni "piccanti". Ora, per la prima volta, l'orgasmo "da palestra" - un'esclusiva femminile, considerando che a riferirlo sono solo donne - è diventato un tema d'indagine scientifica, grazie a una ricerca americana pubblicata sul "Sexual and Relationship Therapy".

«Coregasm».
Gli anglosassoni lo hanno battezzato "coregasm" dal termine "core", così come viene chiamato nel complesso l'insieme dei muscoli dell'addome. Il piacere da fitness, infatti, sarebbe fondamentalmente una questione di addominali. Allenarli, nella donna, può avere come "effetto collaterale" a sorpresa addirittura un vero e proprio orgasmo.

La ricerca.
A indagare sul fenomeno sono stati Debby Herbenick, co-direttore del Center for Sexual Health Promotion dell'Indiana University School of Health, Physical Education and Recreation, nonchè autrice di libri e curatrice di rubriche, insieme a J. Dennis Fortenberry, docente affiliato allo stesso istituto dell'ateneo Usa. I risultati pubblicati sono basati su un'indagine online su 124 donne che hanno riferito esperienze di orgasmo indotto dall'esercizio fisico (Eio), e altre 246 che hanno sperimentato piacere sessuale indotto da esercizio fisico (Eisp).

L'obiettivo.
Giovani e meno giovani (dai 18 ai 63 anni), la maggior parte sposate o legate a un partner, eterosessuali nel 70% circa dei casi. Lo studio non si prefiggeva intenti epidemiologici. L'obiettivo, cioè, non era capire quante donne conoscono l'orgasmo "da palestra" non per sentito dire, ma per averlo provato direttamente. Tuttavia un'indicazione in merito è arrivata comunque: «Il fenomeno non dev'essere poi così raro - osservano gli autori - se per 'reclutarè le 370 donne del campione ci sono volute appena 5 settimane». Ed ecco i risultati dell'indagine statunitense. Circa il 40% delle donne che hanno provato orgasmo (Eio) o piacere sessuale (Eisp) indotti dall'esercizio fisico dice di avere fatto questa esperienza in più di 10 occasioni.

I dati.
Il 20% delle sportive che allenandosi sono arrivate all'orgasmo spiega di non essere riuscita a controllarsi, benchè fosse in pubblico. E la maggior parte assicura che in quel momento non stava fantasticando su nulla che avesse a che fare col sesso. Ma quali sono gli esercizi "giusti" in cui cimentarsi, per cercare di imbattersi nel singolare fenomeno? Più della metà (51,4%) delle donne del gruppo Eio (orgasmo vero e proprio) ha associato l'esperienza con un allenamento agli addominali eseguito negli ultimi 90 giorni. Ma ad altre è capitato mentre facevano sollevamento pesi (26,5%), oppure yoga (20%), bicicletta (15,8%), corsa (13,2%), persino passeggiate o escursioni (9,6%).

La «sedia del capitano».
In particolare, nelle risposte libere, fra gli esercizi più "stimolanti" in molte hanno citato la cosiddetta sedia del capitano: un tipo di esercizio agli addominali che consiste nel contrarre i muscoli della pancia in modo da sorreggersi solo sulle braccia, tenendo le gambe piegate ad angolo come su una sedia, ma sospese nel vuoto. Inquadrato scientificamente il fenomeno, resta ora da chiarire il meccanismo che scatena l'orgasmo da palestra, precisa Herbenick. Un altro punto da approfondire, secondo la specialista, è il legame generale fra attività fisica e benessere sessuale femminile. Come dire che, anche senza arrivare "all'acme", fare sport potrebbe comunque migliorare le performance della donna tra le lenzuola.
ilmessaggero.it
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pioggia di meteoriti..

impressionante
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Re:
Sound72, 15/02/2013 11:30:



impressionante



giorni piatti questi [SM=x2478856]


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Re: Re:
lucaDM82, 2/15/2013 1:09 PM:



giorni piatti questi [SM=x2478856]






nun succede mai un cazzo [SM=x2478856]

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Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.
(Samuel Beckett, Worstward Ho)
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Infatti, ci manca solo che vinciamo domani sera [SM=g27988]
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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11/10/2014 11:10
 
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La peggiore epidemia del virus Ebola da quando è stato scoperto il virus, nel 1976, è iniziata attorno al mese di aprile 2014. A ottobre la situazione è grave e sempre più preoccupante.
La diffusione dell'epidemia non preoccupa le autorità sanitarie mondiali, che ancora oggi però non riescono a capire se e quando si fermerà l’epidemia. Preoccupa anche molti che temono che prima o poi arrivi in Italia: il rischio è del 5-10%.

1. COS'È IL VIRUS EBOLA E QUALI SONO I SINTOMI?
È un virus è estremamente aggressivo, appartenente alla famiglia dei Filoviridae, come il virus Marburg, che causa problemi simili. Ebola provoca una serie complessa e rapidissima di sintomi, dalle febbri emorragiche al dolore ai muscoli e agli arti e numerosi problemi al sistema nervoso centrale.

Nello specifico i sintomi di Ebola sono: febbre, forte mal di testa, dolore muscolare, diarrea, vomito, dolori addominali ed emorragie inspiegabili.

Il periodo di incubazione (dal momento del contagio all'insorgenza dei primi sintomi) va da 2 a 21 giorni. La morte è fulminante e sopraggiunge nello stesso periodo (2-21 giorni).

Il materiale genetico è RNA, che va incontro a mutazioni non particolarmente rapide e contiene solo sette geni. Sono stati isolati finora cinque ceppi diversi del virus, di cui quattro sono letali per l'uomo. La prima scoperta del virus risale al 1976, in Congo e Sud Sudan. Di solito il virus è molto infettivo e virulento, e quindi se colpisce una o due persone di un villaggio si diffonde con estrema rapidità e "consuma" tutte le persone che colpisce.

2. DA DOVE PROVIENE EBOLA?
Il cosiddetto serbatoio naturale del virus sono molto probabilmente le volpi volanti, grossi chirotteri che mangiano frutta e abitano le foreste tropicali; si pensa che il virus "viva" all'interno di questi animali da moltissimo tempo perché non causa in essi nessuna sintomo.

Per arrivare all'uomo il virus potrebbe essere passato dalle volpi volanti alle scimmie, o altri animali della foresta, e infine all'uomo attraverso il fenomeno del bush-meat, cioè la carne ricavata da animali selvatici come antilopi o scimpanzé. Il fenomeno si è aggravato da quando compagnie occidentali e cinesi sono penetrate nella giungla per il disboscamento e la ricerca di fonti di minerali. Mangiando la carne di questi animali gli uomini possono essere rapidamente contagiati.


3. COME SI TRASMETTE EBOLA?
La trasmissione del virus è molto rapida, attraverso i fluidi corporei, come muco o sangue, ma anche attraverso le lacrime o la saliva, il vomito o le feci e il contatto con aghi o coltelli usati dall'ammalato.
Anche se di solito questi virus non si trasmettono attraverso l'aria, è stata dimostrata nelle scimmie la trasmissione in goccioline contenenti il virus. È probabile che la trasmissione possa avvenire anche attraverso i rapporti sessuali. Nei villaggi o nelle zone più remote i contatti frequenti tra gli ammalati e i parenti aiuta la trasmissione del virus.

Esempi di come si può contrarre il virus Ebola:
Baciare una persona malata;
Toccare qualcosa su cui è caduto del fluido corporeo di una persona malata, per esempio un cellulare, la maniglia di una porta o la tastiera di un bancomat.
Come può accadere una cosa simile? Il virus Ebola sopravvive alcune ore all’esterno di un organismo; se si tocca la superficie infetta e poco dopo ci si toccano gli occhi o si mettono le dita in bocca potrebbe avvenire il contagio.
Mangiare il cibo di un malato. Per la stessa ragione di sui sopra, può essere entrato in contatto con la saliva infetta.
Essere punti dall'ago di una siringa usata per curare un paziente con Ebola.
Pulire il cadavere di una persona morta a causa di Ebola. È una delle principali vie di diffusione del virus nei Paesi africani, dove si seguono particolari rituali durante i funerali.
Fare sesso con un malato o con una persona guarita da Ebola. Sembra infatti che il virus rimanga attivo nello sperma anche a distanza di 3 mesi dalla guarigione.

Esempi di come NON si può contrarre il virus Ebola:
Entrare in contatto con persone senza sintomi (ma che poi sviluppano la febbre emorragica). Ebola si può prendere solo da persone che hanno già i sintomi della malattia: prima il virus non è presente nei fluidi perché non ha ancora colonizzato con alte concentrazioni l’organismo.
Viaggiare in aereo con una persona che poi ha sviluppato i sintomi.
Attraverso la puntura di una zanzara. Ebola si diffonde solo tra mammiferi e non non ci sono prove dirette che venga trasportato dagli insetti come avviene per esempio per la malaria con le zanzare. Al momento solo uomini, scimmie, primati e pipistrelli possono venire contagiati (e trasmettere) il virus.

4. È IL PIÙ PERICOLOSO VIRUS CONOSCIUTO?
Ebola ha una percentuale di fatalità del 68% tra le persone colpite (vedi tabella a fondo pagina). Pur essendo mortale non è riuscito a diffondersi al di fuori dei villaggi in cui è scoppiata l'epidemia, fermato solo dalla fatto che colpiva regioni e agglomerati remoti e isolati. Qui spesso uccideva la maggior parte della popolazione e l'isolamento e la mancanza di strade rendeva facile iniziare una quarantena. Per questo l'arrivo in una città popolosa e con rapidi collegamenti con l'esterno potrebbe essere molto preoccupante. Le condizioni di una grande città sono ideali per la trasmissione di un virus così aggressivo.

5. PERCHÉ COLPISCE SOLO ADESSO?
La scoperta del virus è relativamente recente probabilmente perché è aumentata anche la penetrazione nelle foreste da parte delle grandi compagnie del legname o minerarie, che hanno spinto gli abitanti dei singoli villaggi a nutrirsi del bush-meat .

6. PERCHÉ LA PREOCCUPAZIONE PER LA DIFFUSIONE IN UNA CITTÀ?
Poiché l'infezione è estremamente veloce e la virulenza molto alta, se un virus di questo tipo "conquista" una città potrebbe colpire la popolazione molto rapidamente, prima che le autorità siano in grado di fermarlo.

7. C'È UNA CURA O UN VACCINO?
Non esistono cure o vaccini, anche se ci sono stati tentativi con la trasfusione di individui colpiti ma sopravvissuti. Sono alla studio metodi estremamente avanzati, come la cosiddetta tecnologia antisenso o il farmaco sperimentale Zmapp, ma non si hanno ancora risultati clinici.
A oggi - quando le vittime vengono immediatamente idratate, nutrite e curate con appositi farmaci antipiretici - c'è comunque una probabilità di sopravvivenza, come è successo a due medici a cui è stato somministrato in via eccezionale il farmaco Zmapp ma soprattutto curati negli Stati Uniti con farmaci antipiretici e reidratati (leggi).

8A. È VERO CHE EBOLA POTREBBE MUTARE E DIFFONDERSI ANCHE PER VIA AEREA?
Come spieghiamo in modo più dettagliato in questo approfondimento, l'ipotesi del cambiamento nelle modalità di trasmissione del virus Ebola non ha per ora nessun fondamento, e trova poche evidenze anche nella storia delle epidemie virali. È vero che Ebola - come tutti i virus - è soggetto a modificazioni genetiche, ma queste non sono mai tali da determinare un cambiamento delle caratteristiche di trasmissione.
Per diventare trasmissibile per via aerea, Ebola dovrebbe iniziare a replicarsi nelle cellule delle vie respiratorie dell'ospite. Ma il virus per sua natura non è interessato a questa parte del corpo: colpisce i vasi sanguigni e il fegato.
Le informazioni di base, la storia del virus, gli aggiornamenti sull'epidemia, il punto sulla sperimentazione.
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8B. È VERO CHE DOPO MOLTO TEMPO I PATOGENI PERDONO LA LORO VIRULENZA?
È una specie di leggenda urbana, perché si pensava che un virus o un batterio si evolvesse in modo da essere sempre meno virulento più a lungo dura il suo rapporto con l'ospite. Ma il danno che un virus o un batterio infliggono all'ospite dipendono da molti fattori, in particolare la facilità di trasmissione. La cosiddetta "ipotesi del compromesso" suggerisce che il patogeno debba stare in equilibrio tra il tempo in cui è in grado di stare in un ospite e la velocità di trasmissione. In breve, il danno che si crea all'ospite e la trasmissione debbono esser bilanciate per massimizzare la diffusione. Un patogeno che si trasmette attraverso l'aria (sia autonomamente sia attraverso vettori come gli insetti) è molto facile che non divenga affatto più "buono" col tempo, ma rimanga estremamente dannoso; questo perché può spostarsi da un ospite all'altro anche se il colpito è fermo a letto, malato. Le specie che si trasmettono per fluidi corporei o in generale attraverso il contatto diretto hanno bisogno che l'ospite si muova e incontri altri "contagiabili" e quindi non devono creare troppi danni agli ospiti stessi. È stato dimostrato che aumentare la difficoltà di trasmissione diminuisce anche la virulenza di un virus.


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Cmq qua stanno a piu' di 4000 morti in pochi mesi..in precedenza l'epidemia di Ebola piu'grave era arrivata a 300 nel 1976...
Credo che il tasso di moralità sia molto piu' alto di quello che affermano ufficialmente..

Ma poi possibile che sarebbe partito tutto da un bambino de 2 anni che a dicembre avrebbe mangiato un frutto infetto portato dal Congo da pipistrelli migratori?!...
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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11/10/2014 11:38
 
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4000 morti in pochi mesi .... Dove , nel mondo ? In africa ?
Sono numeri ridicoli , farà più morti la dissenteria .
La solita psicosi collettiva ciclica che ci devono propinare ogni tot anni.

Fossero 4.000.000 allora sì che ha ragion d'essere la preoccupazione.
E comunque nel mondo siamo veramente troppi , una bella sfoltita farebbe solo che bene
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11/10/2014 13:10
 
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beh se fosse un dato finale sarebbe ridicolo..ma 4000 morti in 3-4 mesi non sono pochi , 2000 nell'ultimo mese e mezzo. Il dato è in evoluzione, poi questi sono i dati ufficiali..ma vai a capì quanti ce ne potrebbero essere di piu' nei villaggi sperduti della Guinea o della Sierra Leone..avoja a fa la conta all'anagrafe..
So 3 mesi che dicono che è tutto ok però intanto nel 2014 nn sai come dargli un freno. Me ricordate un'altra epidemia mortale cosi in tempi recenti?nn l'Aids che cmq teoricamente puoi prevenire.
Il vaccino per ora non c'è, l'unico rimedio al momento è isolare al massimo..ma intanto qua e là qualcuno esce fuori..e se cominciano a uscì fuori dall'Africa so dolori.
Quanto alla sfoltita ok, ma per arrivarci sempre mejo ridurre le natalità de sti bubboni incontrollati.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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12/10/2014 02:34
 
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quoto sound. cmq se schiattasse di ebola qualche politico sarebbe fico.
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14/10/2014 09:49
 
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fautore della sfoltita pure io. anche se l'optimum sarebbe la totale estinzione del genere umano dalla faccia della terra che di danni ne abbiamo fatti abbastanza.

non ho alcuna idea se il rapporto numero di decessi / tempo trascorso evidenzi una alta o bassa propagazione.
di certo anche nel 1976 il dato dei 300 morti mancava di chissà quanti villaggi non censiti all'anagrafe.
e sicuramente con maggior margine di errore.

di certo, a leggere le modalità di trasmissione si tratta di un virus molto pericoloso, che ha tutto per fare un'ecatombe.
se sbarcasse in una città occidentale e sfuggis se alle maglie di controllo potrebbe diventare incontrollabile.

che si posso stabilire che tutto sia iniziato con il frutto mangiato da un bambino, mi pare invece na cazzata. non perchè è strano ilc aso, ma perchè non credo si possa risalire in questi casi.


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14/10/2014 10:59
 
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Si per carità la sfoltita ma io c'ho trent'anni, un figlio de 2, una moglie, una Roma che va, non è che ce tengo troppo a morì con il sangue che mi schizza dal buco del culo e la febbre a 57°.

Poi tanti o pochi non lo so ma me sa che è la prima volta che un'epidemia d'ebola dura così tanto, fuori dall'Africa poi non penso fosse mai successo. Quindi boh io non è so' proprio tranquillo al 100%
[Modificato da jandileida23 14/10/2014 11:01]
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Sono la rovina della Roma


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14/10/2014 12:52
 
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ammazza,i nuovi hitler [SM=x2478856]So' tutti froci col...
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È atterrato un aereo a fiumicino a cui sono state applicate le procedure d'emergenza anti ebola.
Daje che la fine è vicina [SM=x2478856]
[Modificato da lucolas999 14/10/2014 17:32]
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