Fabrizio Lorieri :"in campo paravo tutto, ora alleno i portieri del Lecce . Alla Roma pagai il dualismo con Cervone"
Il ruolo del portiere oggi rispetto a vent'anni fa: il suo passato da calciatore nell'Inter come secondo di Zenga, il dualismo con Cervone alla Roma passando per Torino, Ascoli e Lecce. Fabrizio Lorieri, attuale preparatore dei portieri del Lecce, in esclusiva a Rivista Sportiva
Chi entrando in un campo di calcio per la prima volta decide di fare il portiere è necessariamente una persona informale, sui generis, dal carattere particolare o quantomeno singolare: è questa una credenza diffusa del mondo del calcio, sport che vede nella realizzazione di una rete l’atto puro di tutto, il fine ultimo cui tendere a conclusione di una manovra collettiva. Un grande gesto corale, come fosse un'orchestra, cui tutti partecipano. Non il portiere; o almeno vi partecipa solo in parte. Per il resto il portiere è solo, nella buona e nella cattiva sorte, è il giocatore diverso all’interno del collettivo.
Erano gli anni ’80 ed il calcio italiano viveva un periodo storico di assoluto prestigio producendo il proprio massimo anche a livello di portieri: tanto per citarne alcuni, Zenga, Tacconi, Galli, Garella, Pazzagli, Tancredi, giovani in rampa di lancio quali Peruzzi, Pagliuca; una tale e tanta abbondanza e tutta insieme da far stropicciare gli occhi.
In un contesto così ricco ed eterogeneo verso la metà del decennio emerge un giovane che interpreta il ruolo in maniera spettacolare: uno di quelli che si esaltano nelle difficoltà e che hanno bisogno di sentirsi sotto pressione per rendere al meglio; più la porta viene bombardata dagli attacchi avversari e maggiore è la puntualità nel ribattere colpo su colpo. Concedendo spesso qualcosa allo spettacolo ed incappando saltuariamente in defaillance deleterie per la continuità richiesta al ruolo di portiere.
Fabrizio Lorieri si affaccia nel calcio che conta e viene salutato come una grande promessa, su di lui in molti nutrono aspettative enormi; che in parte non saranno rispettate, pur nell’ottica di una carriera di tutto rispetto. Attualmente è preparatore dei portieri a Lecce perché, come ci conferma, nessuno meglio di chi è stato una vita tra i pali può allenare e guidare con sapienza i portieri: “Penso che un portiere debba per forza essere allenato da un ex portiere. La figura del preparatore,tralasciando per un attimo l’aspetto atletico e tecnico, è importante soprattutto sotto l’aspetto psicologico perché riesce a capire meglio le situazioni mentali ed a comportarsi di conseguenza.”
Quali sono le difficoltà maggiori che affronta un portiere e quali caratteristiche psicologiche deve avere?
“Quello del portiere è un ruolo totalmente diverso dagli altri, che vive situazioni diverse: sei da solo e qualunque cosa ti passa per la testa, nel bene e nel male, non devi farlo trasparire agli occhi dei compagni. Dal punto di vista di caratteristiche psicologiche un portiere deve essere prima di tutto forte dentro, deve riuscire a metabolizzare errori e a non esaltarsi troppo per le parate: in sostanza deve saper mantenere l’equilibrio giusto.”
Facciamo un salto indietro a quando era tra i pali: si può dire che la sua prima esperienza importante, in termini di presenze, sia stata a Torino in maglia granata?
“Sono cresciuto nei ragazzi dell’Inter, ho fatto la trafila in C, ho fatto il secondo a Zenga per due anni e poi sono andato a Torino dove ho giocato con continuità: però anche le esperienze precedenti in categorie minori mi sono servite. A quei tempi la porta non veniva affidata a cuor leggero a portieri giovani.”
Lei invece da giovane era considerato una grande promessa del calcio italiano ed in molti scommettevano su Lorieri
“Si ho iniziato presto: ho esordito presto in serie A, a 20 anni facevo già il secondo a Walter (Zenga, ndr) ed ero considerato una promessa; mi si prospettava una buona carriera. Penso che alla lunga uno raccoglie sempre per quello che effettivamente è: io ho avuto opportunità importanti, come quella di Roma, che non sono riuscito a sfruttare a dovere. Quello è il rammarico che mi porto dietro anche perchè c' ero arrivato nell’età giusta. Tirando le somme credo di aver fatto comunque la mia buona carriera ma non ho sfruttato quella grande occasione.”
Alla Roma arrivò insieme a Mazzone nell’estate del ‘93: cos’è che non andò bene?
“
Si arrivai con Mazzone e ci fu da subito il dualismo tra me e Cervone, cosa che tra portieri non è mai producente. Non ho potuto lavorare con grandissima tranquillità certo, però questo non deve essere un alibi.”
Quindi lei è dell’opinione che per i portieri, a differenza degli altri ruoli, la concorrenza non sia una buona cosa?
“No, per i portieri no: ci deve essere una sana competizione ma non un dualismo. Deve anzi esserci una gerarchia ben precisa.”
Torniamo ai tempi di Roma e a cosa non andò per il verso giusto
“Ho ricordi bellissimi di quel periodo, giocare a Roma è stimolante. Ricordo il grandissimo affetto con il quale fui accolto: iniziai con ottime prestazione, poi ebbi un periodo non molto fortunato e fu richiamato Cervone. Ci fu un po' di alternanza ma alla fine Mazzone fece la scelta definitiva: Cervone titolare e io riserva. Ecco, Roma per me è un ricordo bello ma con il rammarico di non aver sfruttato l’occasione.”
A Roma in quel periodo c’era anche un altro grande portiere (da alcuni mesi venuto a mancare): Andrea Pazzagli
“Si, c’era anche il povero Pazzagli che inizialmente era il mio secondo, poi quando tornò Cervone divenne il terzo anche se le cose poi presero una strana piega: quando giocava Cervone io non venivo convocato e Pazzagli andava in panchina: viceversa quando giocavo io Cervone non veniva convocato e il dodicesimo era Pazzagli. Una situazione particolare, credo fosse per tenere tranquilli tutti e due, io e Cervone.”
Non correva buon sangue tra lei e Cervone?
“No anzi, tra noi non c’era alcun tipo di problema: lui era stato inserito nuovamente in rosa, conosceva bene la piazza e colse l’occasione al volo. Ma tra me e lui personalmente non c’è mai stato alcun problema, malgrado la situazione particolare che era venuta a delinearsi.”
In quella Roma c’era un ragazzino di talento, un certo Francesco Totti: che ricordo ha di lui?
“Esattamente, giocava Francesco Totti che allora era un ragazzino agli inizi: si vedevano benissimo quelle che erano le sue qualità, ha fatto esattamente la carriera che già da ragazzo gli si poteva prospettare.”
Roma come grande occasione perduta: e il resto della sua carriera?
“Prima avevo giocato al Torino, poi 4 anni ad Ascoli, quindi Roma, poi Lecce dove ho vissuto 4 anni molto belli, Salerno, Genoa: tutte piazze che sono sempre state protagoniste ad alti livelli. Ricordo con piacere il periodo di Lecce. Partimmo dalla serie C, vincemmo due campionati di fila e arrivammo in A: sono rimasto molto legato alla città e quando mi si è prospettata l’ opportunità di tornarci per fare il preparatore ho accettato di buon grado.”
Veniamo alle critiche: la accusavano di essere coreografico e di spettacolarizzare troppo gli interventi. Le piaceva piacere?
“Era il mio modo di parare, non ero sicuramente un portiere alla Zoff per fare un esempio, un portiere essenziale. Viste le mie caratteristiche di agilità interpretavo il ruolo in quel modo, mi piaceva così. Ma non era una cosa ricercata; era solo il mio stile di parare. Abbastanza spettacolare.”
Chi era il migliore ai suoi tempi?
“Ho giocato in un periodo in cui i portieri erano veramente forti: credo che Zenga e Peruzzi siano stati i migliori di quel periodo.”
E il migliore di adesso?
“Attualmente ci sono ottimi portieri; Buffon rimane il più forte ma ne sono venuti fuori altri altrettanto validi: penso a De Sanctis, poi a giovani come Sirigu, Viviano ecc… portieri di grande affidabilità. Per gli stranieri, mi piace molto il portiere della Roma Stekelenburg: è un portiere di statura mondiale secondo me. Poi Julio Cesar e lo stesso Dida che hanno portato in Italia qualcosa di diverso e di molto positivo. Tra i meno celebrati dico Rosati: sta facendo il secondo a De Santis, lo allenavo lo scorso anno e secondo me può giocare ad altissimo livello.”
Torniamo a lei: la papera più grossa fatta in carriera? Ne ricorda una in particolare?
“Torno al discorso di Roma, la partita serale contro il Milan che mi costò il posto. Feci un’ uscita a vuoto e Maldini segnò: la domenica dopo c’era Cervone in porta.”
E la parata più bella?
“Ce ne sono tante, mi è rimasta impressa una che feci in un Torino Milan su colpo di testa di Van Basten. Fu una di quelle parate che quando le rivedi dici ‘ma come ho fatto a prenderla’?”
Ci racconti un episodio simpatico della sua carriera
“Mah, ricordo che a Maradona dicevo ‘non mi hai mai segnato’ e chiaramente quando l’ho rincontrato la volta dopo me ne fece 2: questo tipo di situazioni facevano parte del calcio di quel periodo, un calcio bello dove c’era modo di scherzare. Ed anche di arrabbiarti.”
Si arrabbiava spesso in campo?
“Ero uno che sentiva molto le partite; protestavo molto anche con gli arbitri. Ricordo la polemica che feci in un derby con Agnolin perché dava del tu ai giocatori. Tante cose che a ripensarci oggi sembrano stupidaggini ma in quel momento erano vere.”
Come è cambiato il ruolo del portiere dai suoi tempi ad oggi?
“Il primo periodo in cui giocavo io si poteva ancora prendere la palla con le mani nel retropassaggio: poi nel calcio prima di Sacchi si giocava tutti dietro e non c’era l’abitudine del portiere che esce fuori dall’area. Adesso il portiere deve anticipare l’azione e giocare con i piedi fuori dall’area di competenza.”
E degli attuali portieri del Lecce cosa ci dice?
“Julio Sergio è un rammarico nel senso che è venuto a Lecce ma ha attraversato una serie di problemi fisici, ultimo la rottura del legamento, e per lui la stagione è praticamente finita: Benassi lo conoscevo già dallo scorso anno, arrivava dalla C. E’ un portiere moderno, rispetto alla statura media degli altri portieri non è molto alto ma sopperisce con grande agilità e coraggio.”
Un po’ alla Lorieri
“Si è vero; io avevo un altro tipo di struttura, ma lui ha lo stesso coraggio. Deve rendersi conto che è un portiere di Serie A e che può tranquillamente starci ed essere alla pari degli altri. Deve prendere sicurezza.”
E di Cosmi, attuale allenatore del Lecce, cosa ci dice?
“Cosmi è un allenatore con esperienza che è arrivato al momento giusto per quella che era la situazione e che ha dato una grossa carica alla squadra: nello stesso tempo devo dire che prima di lui ho lavorato con Eusebio Di Francesco che secondo me diventerà un grandissimo allenatore; gli manca solo quel pizzico di esperienza necessaria. Oltre ad essere una persona straordinaria è secondo me un allenatore del quale sentiremo parlare.”
------------------------------------
“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola