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Personaggi internazionali

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2024 18:24
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07/12/2010 13:32
 
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Eric Cantona scende in piazza:
«Via i soldi dalle banche»



La sfida al sistema bancario: «Ritiriamo tutti i risparmi»
I banchieri e i politici: «Caso grottesco»



Corriere.it- ROMA - È arrivato il giorno della rivoluzione. Quella promossa dall’ex stella del calcio, il francese Eric Cantona, che ha lanciato la sua personale sfida al sistema bancario. «La rivoluzione si fa attraverso le banche - aveva detto l'ex vulcanico attaccante del Manchester United, a ottobre, nel corso di un’intervista al giornale francese Press Ocean - Se 20 milioni di risparmiatori ritirassero contemporaneamente i loro soldi dai conti correnti, il sistema crollerebbe su se stesso». Così Cantona, ora attore di successo - aveva dato appuntamento ai suoi adepti al 7 dicembre (non un numero a caso: 7 era il numero della maglia che indossava da calciatore) per ritirare tutti i soldi depositati nei conti correnti bancari. La sua proposta ha fatto il giro del Web raccogliendo migliaia di adesioni. In Belgio è stato creato un sito Internet, bankrun2010 (bank run, corsa i depositi bancari) in sette lingue per diffondere l’informazione; su Facebook un gruppo a sostegno della proposta di Cantona ha raccolto oltre 50mila adesioni; su Twitter scorre un flusso continuo di commenti positivi alla proposta di Cantona, in tutte le lingue.

LE BANCHE: «GROTTESCO» - La levata di scudi sembra preoccupare - e non poco - le banche: «Quest’azione può destablizzare il già fragile sistema finanziario», ha commentato Michel Vermaerke, uno dei responsabili di Febelfin, la federazione belga del settore finanziario. In campo è sceso il ministro del Bilancio francese, François Baroin. L’appello di Cantona è «grottesco» e «poco serio». Gli fa eco la collega Christine Lagarde, ministro delle Finanzae. «A ciascuno il suo mestiere. C’è chi gioca a calcio benissimo, io non mi azzarderei mai. Ognuno dovrebbe parlare a seconda delle proprie competenze».

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Lui da miliardario i soldi dove li metteva?Sotto al mattone?
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21/03/2011 17:44
 
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Bosman, dalla sentenza all'alcol
"Sono l'unico ad aver pagato"



L'uomo che nel '95 ha cambiato il calcio vive alla periferia di Liegi grazie a un sussidio statale. "I soldi dei risarcimenti sono andati tutti agli avvocati. Vorrei solo un po' di riconoscenza e che la gente sappia che così come esiste una legge Bosman esiste anche un ragazzo che per quella legge ha dato tutto ed è diventato un alcolizzato"

LONDRA, 21 marzo 2011 - La legge che porta il suo nome ha fatto la storia del calcio, permettendo ai giocatori di oggi di guadagnare soldi a palate, ma Jean-Marc Bosman di quella fortuna non ha condiviso nemmeno un centesimo e oggi vive grazie al sussidio statale in una casa alla periferia di Liegi, dove però l’attuale compagna Carine e i due figli Martin e Samuel (ha anche una figlia, oggi 21enne, nata dal primo matrimonio, ma di cui non vuole parlare) non possono stare per non rischiare di perdere l’aiuto economico. Gonfio e quasi completamente pelato, l’ex centrocampista sembra l’ombra del giocatore che era ai tempi della sua battaglia in tribunale, conclusa nel 1995 con la vittoria di Bosman (e dei suoi colleghi dell’Unione Europea che, grazie a quella storica sentenza possono trasferirsi gratuitamente ad un altro club alla scadenza del loro contratto) e ora, a 46 anni, sta combattendo un’altra battaglia del tutto personale contro alcol e depressione. "È stata molto, molto dura – ha raccontato Bosman in un’intervista esclusiva al Sun – perché ho vinto davanti alla corte ma io sono l’unico ad aver pagato, pagato e pagato. La gente pensa che io abbia messo da parte una fortuna, ma la mia presunta fortuna non arriverebbe a pagare nemmeno un giorno dello stipendio di Wayne Rooney. I soldi presi dalla FifPro (200mila sterline, ndr) e il risarcimento stabilito dalla corte (si parla di un milione di sterline, ndr) sono stati inghiottiti dagli avvocati e dalle spese processuali, mentre l’idea della partita-celebrazione che ci sarebbe dovuta essere è fallita e mi sono accontentato di un match contro il Lille davanti ad appena 2mila persone".

giocatore a rischio — Dopo aver militato nello Standard Liegi, la sua squadra del cuore, nel 1988 Bosman passò all’RFC Liegi, ma alla fine del contratto, due anni più tardi, si ritrovò a piedi e tentò perciò di andare a giocare in Francia, nel Dunkirk, ma i belgi rifiutarono di concedergli il trasferimento. A quel punto il giocatore decise di portare il caso in tribunale e nel frattempo giocò nelle serie francesi minori e pure sull’isola di Reunion, nell’Oceano Indiano. Al suo ritorno in Belgio, lo Charleroi gli diede un posto in squadra, pagandolo però appena 650 sterline al mese ("sapevano chi ero e cosa avevo fatto e per loro ero a rischio"). Due anni dopo, i soldi sparirono. Bosman continuò a giocare per divertimento, ma senza stipendio non poteva permettersi di pagare l’affitto di Charleroi. Da qui il ritorno a Liegi, dove trasformò il garage della casa dei suoi genitori in monolocale, vivendoci per due anni. "Il mio avvocato scrisse a tutti i club del Belgio e la risposta era sempre la stessa: No, grazie. Auguriamo buona fortuna al signor Bosman, ma noi abbiamo già i nostri giocatori".

depressione e alcolismo — Prima che il caso Bosman scoppiasse, il centrocampista aveva due case e altrettante Porsche, ora ha solo una casetta accanto a quella dei suoi, dove ha vissuto gli ultimi 15 anni con la sola compagnia del suo adorato labrador Freedom Fighter, morto due settimane fa. "Il mio cane è stato il mio amico più fedele, ero distrutto quando se n’è andato. La pressione attorno al mio caso è stata enorme. La Comunità Europea non voleva accusare il sistema, il mio avvocato sapeva che mi avrebbero fatto sputare sangue e mi disse che potevo fermarmi quando volevo, ma era una faccenda importante e sono andato avanti. In genere, quando vinci in tribunale ti senti libero, ma la stampa belga mi si è scatenata contro: sono finito in depressione e ho cominciato a bere sempre di più. Alla fine, stavo sempre in casa e bevevo di tutto, birra o vino". Una discesa all’inferno che ha avuto pesantissime conseguenze non solo sul suo conto in banca ma anche sul fisico, visto che, a detta dei medici, sarebbero bastati un paio di drink per distruggergli definitivamente il fegato.

VOGLIO SOLO RICONOSCENZA — Da qui il ricovero in ospedale, da dove è uscito il 27 dicembre 2007: da quel giorno Bosman giura di essere sobrio, anche se con il giornalista del Sun un bicchiere di spumante se l’è fatto ("ma me lo concedo solo per le occasioni speciali", si è giustificato). "La mia vittoria nel processo Bosman è stata enorme, ma la vittoria più grande è stata quella contro l’alcool. Dovrei essere il giocatore più famoso del Belgio, ho il mio posto nella storia e ho combattuto a lungo per conquistarlo, ma nessuno mi conosce. Non voglio aver fatto tutto questo per niente. Sono felice che ora i miei colleghi guadagnino un sacco di soldi, non sono geloso di questo e ho dato la mia carriera affinchè non fossero più trattati come degli schiavi. Voglio solo che il merito mi sia riconosciuto e che la gente sappia che come esiste una legge Bosman esiste anche un ragazzo che per quella legge ha dato tutto e che per questo è diventato un alcolizzato. Ma come dice Confucio, 'la felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta'". E nessuno meglio di Jean-Marc Bosman sa cosa significhi perdere tutto ed annegare in una bottiglia la rabbia e la delusione di una carriera spezzata
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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07/04/2011 14:02
 
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Insultò Cantona e si prese un colpo di kung-fu
Ora prende a pugni il coach del figlio


Matthew Simmons ha aggredito l'allenatore
«colpevole» di aver messo il ragazzino fuori squadra


MILANO - Sedici anni fa Matthew Simmons diventò famoso per essersi beccato un colpo di kung-fu da Eric Cantona durante la sfida fra Crystal Palace e Manchester United. Era il 25 gennaio del 1995: il campione francese era appena stato espulso e mentre usciva dal campo colpì lo spettatore con un calcione a mezza altezza, in risposta ad un insulto che l’uomo gli aveva rivolto. Risultato: Cantona fu squalificato per 8 mesi dalla Federazione inglese (venne anche rinviato a giudizio e condannato a due settimane di carcere, sentenza poi ridotta in appello a 120 ore di servizio civile), mentre Simmons (originario di Thornton Heath, nel Surrey) si beccò sette giorni di cella (ma uscì appena 24 ore dopo la sentenza), gli venne ritirato l’abbonamento al Palace e fu bandito da Selhurst Park. E ieri l’uomo è tornato agli onori (si fa per dire) della cronaca comparendo dinnanzi alla Kingston Crown Court di Londra per rispondere di un’accusa di rissa durante una partita di calcio giovanile.

RAFFICA DI PUGNI - Stando a quanto riportano Daily Express e Sun citando le parole del pubblico ministero Michael Logsdon, pare che Simmons nutrisse del rancore nei confronti di Stuart Cooper, l’allenatore della squadra in cui giocava suo figlio, per aver escluso il ragazzo dalla formazione apparentemente dopo aver saputo che il padre era stato coinvolto nell’incidente con Cantona. Il siluramento del ragazzino (oggi 13enne) sarebbe quindi stato all’origine del «cattivo sangue» che si era venuto a creare fra i due nel corso degli ultimi 6 anni e che è poi culminato con l’aggressione sul campo di calcio, avvenuta lo scorso agosto, durante un’amichevole fra una selezione Under 14 e una Under 15, dove giocava anche il figlio dell’accusato. A quanto è emerso, Simmons avrebbe colpito Cooper con «una raffica di pugni al viso, alle braccia e al petto», sotto lo sguardo attonito dei 30 giovani giocatori e degli adulti che stavano assistendo alla gara. Al termine del feroce assalto, l’allenatore aveva il naso sanguinante e un occhio nero ed era pieno di lividi: ferite che lo hanno anche costretto a rimanere una settimana a casa dal lavoro (fa il commesso).

LEGITTIMA DIFESA?- «Simmons mi sembrava carico e agitato e mi ha sputato in faccia e mi ha chiamato “feccia” prima di aggredirmi senza motivo – ha raccontato Cooper in aula - . Il primo colpo mi è arrivato dietro la testa e quello che ricordo dopo erano i suoi pugni che mi arrivavano da ogni parte. Ci sono voluti tre o quattro uomini per trascinare via Simmons, mentre io ero in completo stato di choc». Quanto al famoso incidente di Cantona, lo sfortunato allenatore ha raccontato di essere venuto a conoscenza del coinvolgimento di Simmons solo nel 2004, quando un giornale locale ricordò quella storia, sottolineando che qualche altro genitore aveva espresso delle perplessità su Simmons per la vicenda che lo aveva visto protagonista. «Qualunque cosa possa essere successa al signor Simmons nel 1995 nello stadio di Selhurst Park – ha spiegato l’avvocato Logsdon – di certo lui non è stato in grado di controllarne le conseguenze né, tantomeno, il risentimento che provava nei confronti del signor Cooper». Dal canto suo Simmons ha negato l’accusa di aggressione e danni personali, sostenendo di aver agito per legittima difesa, nel timore di essere lui stesso aggredito da Cooper. Il processo continua. E a proposito dell’episodio di Selhurst Park, di recente anche Cantona è tornato a parlarne in un’intervista alla BBC, definendolo «una grande emozione e uno dei momenti salienti della mia carriera».

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
19/05/2011 14:43
 
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UFFICIALE: Espanyol, de la Pena si ritira

19.05.2011 14.12
Il centrocampista dell'Espanyol, Ivan de la Pena (35), ha confermato il suo ritiro alla fine della stagione. Il calciatore, che ha giocato anche con la maglia della Lazio a cavallo del millennio, ha disputato 178 gare - condite da 8 gol - con la società del Montjuic.



la fine di un'era? mi sento come quando Best lasciò il calcio o quando fermarono Maradona.......
[SM=g7350] [SM=g7405]
Ammazza che pippa assurda che era......
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19/05/2011 15:04
 
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Me lo ricordo con l'under spagnola,era un fenomeno.Poi alla lazio è diventato una schiappa,fece bene solo una partita in coppa.

Com'era quando c'era Sensi?"Volevamo De la Pena,c'hai portato i spaccalegna" [SM=x2478856] ...che poi volevamo lui ma bronzetti ci portò helguera...
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27/05/2011 14:13
 
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Van der Sar gioca e lascia a 40 anni: "Girerò documentari"


L'ultima volta per il re delle papere diventato grande: finalista di Champions a 40 anni e 7 mesi. Gli errori alla Juve che lo mandò via nel 2001, ora la quinta finale


LONDRA - Ice Rabbit almeno è più carino di giraffone, o degli altri poco edificanti soprannomi che gli avevano affibbiato in Italia. Dove, ammettiamolo, non lo abbiamo capito, o non lo abbiamo saputo aspettare, o forse non eravamo adatti a lui, che ci può stare. Altrimenti non si spiegherebbe perché Edwin Van der Sar, cacciato con ignominia dalla Juventus nel 2001 dopo due campionati disastrosi (ma almeno lo sostituirono con Buffon), giochi domani l'ultima partita di una carriera che in Inghilterra è diventata leggendaria, per longevità e per successi. Il portiere chiude come i grandi del calcio, a Wembley, in una finale di Champions, la quinta della sua carriera (finora due vinte e due perse). Chiude da portiere del Manchester United, dopo 950 partite ufficiali, di cui 130 con la nazionale olandese e 100 esatte in Champions, la metà delle quali terminate senza subire gol. Chiude a 40 anni e mezzo: più anziano di lui, a questi livelli, solo Dino Zoff, che giocò la famigerata finale di Atene 1983, quella del gol di Magath, a 41 anni suonati. Lo sostituirà il giovane spagnolo De Gea, dall'Atletico Madrid. Se vincesse, sarebbe il suo sedicesimo trofeo in carriera: il primo risale al 1992, con l'Ajax, finale di Coppa Uefa contro il Torino. Solo che ora è arrivato il momento di salutare: "La mia carriera è già durata un paio d'anni più di quello che pensavo e speravo. Ora è il momento giusto per chiudere. Non perché abbia qualche problema fisico, o perché non mi piaccia più allenarmi. Semplicemente, ho capito che non potrò più migliorare, né fare progressi. Allora è meglio ritirarsi adesso, ancora al top".

Ice Rabbit, lo hanno chiamato qui. Coniglio di ghiaccio, per via di quelle orecchie a sventola e della freddezza tra i pali, come testimonia il fotogramma forse più importante della sua vita sportiva: il rigore decisivo parato ad Anelka nella drammatica finale di Mosca, Champions 2008, e l'elezione a "man of the match". Altro che le mani di burro e quel caracollare esitante per l'area di rigore che avevano fatto disperare i tifosi, e Ancelotti che lo allenava, in quelle due stagioni alla Juve, primo portiere straniero nella storia bianconera. Lo cacciarono, eppure aveva un signor curriculum alle spalle, comprese due finali di Champions con l'Ajax, una vinta contro il Milan (1995) e una persa contro la Juve (1996). Ma in Italia le cose non andarono bene, ecco. Ripara al Fulham, e da lì dopo quattro anni Ferguson lo vuole a Manchester, dopo anni difficili coi portieri a Old Trafford. Sarà un caso, anzi no: con Van der Sar lo United è tornato a dettar legge in Europa. Nelle ultime cinque edizioni li abbiamo visti tre volte in finale, una in semifinale e una nei quarti. Ora per Ice Rabbit cala il sipario, in una rivincita della finale di Roma 2009, quando il Manchester le prese dal Barcellona: "Nessuno di noi può dire di aver dato il massimo in quella finale. Stavolta sarà diverso", minaccia. Anche se gli ultimi due grandi addii al calcio che gli vengono in mente non invogliano all'ottimismo: "Giovanni Van Bronckhorst si è ritirato dopo la finale dei Mondiali tra Spagna e Olanda, e si sa com'è andata. E non parliamo di Zidane a Berlino nel 2006...". Però un altro precedente lo rincuora: "Frank Rijkaard terminò la carriera con la finale Ajax-Milan del 1995: entrò in un tunnel di concentrazione un mese prima e ne uscì solo dopo la vittoria, che ottenemmo non si sa come, contro una squadra molto più forte di noi. Io però no, non sono entrato in nessun tunnel, sono sereno". E da domenica, nuova vita. Scriverà un libro, ha detto, poi si dedicherà alla sua passionaccia: girare documentari sul mondo della natura. Uno sui conigli non sarebbe una cattiva idea, così, per cominciare.
[Modificato da Sound72 27/05/2011 14:13]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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13/06/2011 12:20
 
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Martin Palermo si ritira


Martin Palermo, bomber e monumento del calcio argentino, lascia a 37 anni, dopo 20 anni di calcio e oltre 300 gol in carriera in gare uffciali. Idolo dei tifosi del Boca Juniors, Palermo ha avuto per sè un'intera serata di festeggiamenti in occasione della partita casalinga contro il Banfield, che ha visto una "Bombonera" gremita di tifosi, che non hanno fatto altro che scandire il nome di Martin Palermo durante tutta la gara. Un cecchino infallibile sotto porta, con un carattere difficile, che forse ne ha pregiudicato la carriera, soprattutto in Europa, dove ha giocato in Spagna, senza mai lasciare in segno. Anche in nazionale ha giocato poco (pur segnando gol decisivi) segno che Palermo è stato un giocatore da "dentro o fuori", da prendere così com'era, e che ha generato amore e odio nei tifosi, e soprattutto nelle "tifose", che lo hanno "amato" con generosità....

Aneddoti di una carriera? Nel 1999 riuscì a sbagliare tre rigori nella stessa partita (Argentina-Colombia in Copa America). Nel 2001 si ruppe tibia e perone cadendo da un muretto dopo aver segnato un gol con la maglia del Villareal, e nel 2009 è riuscito a segnare un gol di testa da 38 metri contro il Velez. Genio e sregolatezza. Per tutti o quasi, un mito!


sportlive.it
[Modificato da Sound72 13/06/2011 12:21]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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13/06/2011 16:16
 
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Gran personaggio
Più volte vicino all'Italia, prima del grave infortunio era stato preso dalla Lazio ma poi tutto sfumò, ed era stato l'alternativa se non sbaglio a Edmundo al Napoli e Fabio Junior da noi
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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16/06/2011 00:43
 
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Si'.Là è un idolo.
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03/07/2011 02:26
 
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Jon Dahl Tomasson ha detto basta. L'attaccante del Milan, in rossonero dal 2002 al 2005, ha annunciato il proprio ritiro all'età di 34 anni.
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Bel giocatore,pure al milan timbrò più volte.
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23/08/2011 18:48
 
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Zico sulla panchina dell'Iraq
"Sogno il Mondiale in Brasile"


MILANO, 23 agosto 2011
"Non temo le violenze del Paese, c'è un progetto a lungo termine ed è la più grande sfida della mia carriera. Obiettivo la qualificazione per il 2014"

"Sì, siamo d'accordo su tutto. Io e il mio avvocato abbiamo già spedito la bozza del contratto. Manca solo la firma". Parole di Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico. La firma con chi? Con la nazionale dell'Iraq, che nel 2007, nonostante la terribile situazione politica e sociale del Paese conquistò il titolo di campione d'Asia. Tutto un anno dopo che proprio Zico l'Asia l'aveva salutata, lasciando la panchina del Giappone, col quale aveva vinto nel 2004 la Coppa d'Asia, per andare in Turchia, ad allenare il Fenerbahce. Il grande ex numero 10 del Brasile è dunque a un passo dalla sua nuova avventura, proprio quando sembrava destinato a sedere dietro a una scrivania.
Giramondo — Salutata l'Italia e l'Udinese, Zico aveva chiuso la carriera di calciatore in Giappone, dove era passato dal campo alla panchina dei Kashima Antlers. Da lì nel 2002 l'esperienza col Giappone per 4 anni, quindi la Turchia col Fenerbahce (allenando Roberto Carlos) e poi l'Uzbekistan col Bunyodkor (allenando Rivaldo). Una carriera che sembrava in declino, dopo le brevi parentesi con CSKA Mosca e Olympiacos. Da lì, infatti, appena un anno fa, ("Scelta familiare") Zico era tornato a Rio de Janeiro per fare il dirigente del Flamengo. Ma il contratto firmato a maggio 2010, che doveva scadere nel 2012, è durato solo 5 mesi. E ora... Con l'Iraq Zico dovrà conquistare la qualificazione al Mondiale del 2014, in un girone che gli metterà di fronte Cina, Giordania e Singapore. Il Mondiale è quello che si giocherà in Brasile. Nel suo Brasile. Se non è motivazione questa... "L'Iraq sta pensando di costruire il futuro con un progetto a lunga scadenza. Non ho alcun timore per le violenze nel Paese. E' la più grande sfida della mia carriera che voglio affrontare con tanto lavoro e motivazioni". Nel suo lavoro Zico sarà coadiuvato dal fratello Edu e dallo psicologo Moraci Santanna, che hanno già lavorato col Brasile.

gazzetta.it
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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27/08/2011 12:25
 
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Javi Poves, il calciatore rivoluzionario lascia il calcio a 24 anni: Il calcio è capitalismo e il capitalismo è morte.”

Javi Poves, difensore spagnolo dello Sporting Gijon, ha deciso di lasciare il calcio a 24 anni perché “Stufo di un mondo professionale dove contano solo denaro e corruzione”.

Nei giorni in cui i calciatori italiani minacciano lo sciopero per “salvaguardare i propri diritti di lavoratori”, dalla Spagna arriva una notizia che dovrebbe far riflettere tutto il sistema del calcio. Javi Poves, difensore ventiquattrenne dello Sporting Gijon ha lasciato il calcio giocato: non per problemi con l’allenatore, nemmeno per bizze personali ma solamente perché si è stufato di appartenere ad una classe di privilegiati in un mondo pieno di corruzione.
IL CALCIO è CAPITALISMO – “Il calcio professionale è solo denaro e corruzione – ha dichiaratoPoves, che in passato aveva chiesto alla società di sospendere il pagamento del suo stipendio tramite transazioni bancarie perché non voleva che si speculasse sul suo denaro - Il calcio è capitalismo e il capitalismo è morte. Non voglio più far parte di un sistema che si basa su ciò che guadagna la gente grazie alla morte di altri in Sudamerica, Africa o Asia. A cosa mi serve guadagnare tanto se quello che ottengo è frutto della sofferenza di molta gente? La fortuna di questa parte del mondo esiste solo grazie alle disgrazie del resto, per me si dovrebbero bruciare tutte le banche”.
RIVOLUZIONARIO DEL PALLONE - Parole da rivoluzionario quelle di Javi, che non molto tempo fa aveva restituito allo Sporting Gijon la macchina che gli aveva regalato la società, perché si vergognava di possedere due vetture. Parole che colpiscono un mondo che regala emozioni ma a caro prezzo: “Da quando siamo piccoli veniamo trattati come bestie, ci istigano alla competizione e quando si raggiunge una certa età, poi è difficile tornare indietro. Finché la gente continua ad accettare il sistema che esiste non sarà facile cambiare le cose - ha dichiarato l’ormai ex calciatore che ha rivelato di studiare storia all’università – voglio vedere cosa succede nel mondo, andare nei posti più poveri per capire le difficoltà del mondo”. Un gesto forte, fuori dall’ordinario, arrivate da un ragazzo normale, che si è sentito sporco e invece di nascondersi dietro ai privilegi ha scelto di urlare la sua insofferenza, portato all’esasperazione dai “padroni” che avvelenano il calcio giorno dopo giorno.
Fonte: Informazione Consapevole

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06/09/2011 17:23
 
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Il dramma di Socrates
Solo e alcolizzato, è gravissimo

SAN PAOLO - Socrates, ex mediano della Selecao e della Fiorentina, è in terapia intensiva in un ospedale di San Paolo, e il suo stato è considerato ormai gravissimo. Colpito ieri da una forte emorragia interna, Socrates è tenuto in vita con l'aiuto di apparecchi. L'emorragia, secondo i medici, è conseguenza del quadro di ipertensione dovuto alla cirrosi epatica di cui soffre da anni l'ex fuoriclasse, provocata dall'alcolismo. Era già stato ricoverato il 19 agosto scorso, e poi dimesso dopo nove giorni. Appena uscito dall'ospedale, Socrates ha ripreso a bere e a fumare. Adesso però il quadro generale si è molto aggravato, e i medici potrebbero decidere un trapianto del fegato d'urgenza, non appena tamponata l'emorragia. Socrates è stato capitano della nazionale verde oro ai Mondiali del 1982 e del 1986 ed ha giocato con il Botafogo, il Corinthians e la Fiorentina.
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19/10/2011 13:39
 
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Da calciatore a trafficante: arrestato ex della Stella Rossa

Jasminko Hasanbasic, con un passato nella nazionale dell'ex Jugoslavia, era a capo di un'organizzazione con base a Roma che gestiva traffici di armi e droga. Il bosniaco allenava anche una squadra "arcobaleno" composta da giocatori di numerose etnie


Lo chiamavano "Mister", come tutti gli allenatori, di tutte le categorie. Ma nessuno poteva immaginare che quel "titolo" un giorno avrebbe dato il nome all'operazione con la quale i carabinieri del gruppo di Roma hanno smantellato un'organizzazione internazionale che importava in Italia armi dalla Croazia e cocaina dalla Spagna.

"Mister", Jasminko Hasanbasic, 54 anni, bosniaco, lo era di diritto: per il suo prestigioso passato da roccioso difensore della Stella Rossa Belgrado e della Dinamo Zagabria, con qualche apparizione nella nazionale della ex Jugoslavia; e per il suo presente di allenatore, molto noto agli appassionati del calcio amatoriale romano. Era a lui, infatti, che era stata affidata la guida dell'Intercontinental Foootball Club, squadra "arcobaleno" composta da giocatori di numerose etnie (romeni, croati, senegalesi, moldavi, etiopi), nata cinque anni da un'idea del direttore sportivo, Giorgio Ajò, che per assemblare una rosa "capace di unire differenti culture e di favorirne l'integrazione" pescò a piene mani nei diversi tornei nazionali tra immigrati che si svolgono nella capitale.

La squadra, che nel suo palmares vanta anche un successo in un campionato Acli, si allena sui campi del circolo Tevere Lazio, nella zona di Tor di Quinto. E a Roma, appese le scarpette da calciatore al fatidico chiodo, Jasminko aveva messo le radici, con casa in zona Bastogi e un avviato autolavaggio. Che il football però fosse il suo chiodo fisso lo dimostrano anche le intercettazioni acquisite dai carabinieri nell'inchiesta che ha portato al blitz di oggi: al telefono Hasanbasic parlava spesso con il suo connazionale e factotum, Duman Hamidovic, 32 anni, anche lui giocatore dell'Intercontinental. Jasminko teneva i contatti con i fornitori di armi in Croazia, Duman procurava i clienti: ma al telefono usavano un linguaggio criptico in cui i "giocatori" stavano per armi comuni, gli "attaccanti" per armi da guerra, le "scommesse" per gli ordini d'acquisto, lo "stadio" per il luogo di scambio, il "presidente" per il fornitore. Da qualche settimana Jasminko aveva trovato un altro lavoro, da guardiano in una società nel bergamasco ed è lì che i carabinieri lo hanno raggiunto e arrestato: in un paese, manco a dirlo, chiamato Calcio.
( sport.sky.it )

ci vediamo allo stadio c'è pure il presidente [SM=g7557]
[Modificato da Sound72 19/10/2011 13:40]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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27/11/2011 15:21
 
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Morto suicida Gary Speed, CT del Galles ed ex giocatore di Everton, Leeds United, Newcastle, Bolton e Sheffield United
Con noi giocò e perse due finali di FA Cup
Lascia moglie e due bambini

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......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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me lo ricordo al newcastle...
RIP:(
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io invece lo ricordavo all'Everton quando all'epoca seguivo tantissimo calcio internazionale.


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Addio a Gary Ablett

Gary Ablett non ce l'ha fatta.L'ex difensore di Liverpool ed Everton si è spento a 46 anni per un tumore.
L'ex difensore di Liverpool ed Everton si è spento all'età di 46 anni per un tumore. Da circa un anno e mezzo combatteva contro un linfoma non Hodgkin. Cresciuto nelle giovanili del Liverpool, Ablett era approdato in prima squadra a metà degli anni Ottanta, facendo il suo esordio in campionato il 20 dicembre 1986 nella partita contro il Charlton.

La sua esperienza con la maglia del Liverpool nell'allora First Division (l'attuale Premier League) terminò definitivamente nel 1992 con uno score personale di 109 presenze e una sola rete. In mezzo i prestiti al Derby County e all'Hull City, ma soprattutto i due titoli inglesi (1987-88 e 1989-90) e il trionfo in Fa Cup nel 1989 in finale contro l'Everton (3-2 dopo i tempi supplementari).

E sarà proprio l'Everton la squadra del suo futuro: Ablett si trasferisce sull'altra sponda del Merseyside nel 1992. Tre anni dopo diventa il primo (e finora unico) giocatore ad avere vinto l'Fa Cup con la maglia di entrambe le squadre di Liverpool: il 20 maggio 1995 l'Everton batte 1-0 il Manchester United a Wembley e Ablett gioca tutti i novanta minuti.

La sua carriera di giocatore visse un terzo importante capitolo a Birmingham, dal 1996 al 1999. Da allenatore guidò lo Stockport County nella stagione 2009-2010, poi in estate trovò un accordo con l'Ipswich Town. Ma, dopo avere diretto i primi allenamenti, gli venne diagnosticata la malattia e fu costretto a fermarsi.

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10/01/2012 10:03
 
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Dal campo di calcio all'Eliseo
l'ultima svolta di Eric Cantona



Non finisce di stupire Eric Cantona, l’ex stella del calcio francese, che ora punta a una candidatura all’Eliseo nelle elezioni presidenziali della prossima primavera. In una lettera pubblicata dal sito internet del quotidiano «Liberation», Cantona - che nel frattempo è diventato attore - scrive ai sindaci di Francia per ottenere le 500 firme necessarie alla candidatura presidenziale, lanciando un’inattesa sfida a pezzi da novanta della politica transalpina, come l’attuale presidente Nicolas Sarkozy e il socialista Francois Hollande, favorito nei sondaggi per la corsa all’Eliseo.

«Come sapete - scrive l’ex fuoriclasse del Manchester United negli anni ’90 nella missiva - al di là delle attività professionali che mi hanno condotto da una carriera sportiva di alto livello ad attività artistiche, sono un cittadino attento alla nostra epoca, alle chance che offre ai più giovani: troppo limitate. Alle ingiustizie che genera: troppo numerose, troppo violente, troppo sistematiche».

Nella lettera, datata 4 gennaio e firmata con il suo nome, Cantona, 45 anni, dice di voler portare un «messaggio semplice ma chiaro, un messaggio di verità, ma di rispetto, un messaggio solidale e potente» e chiede ai sindaci di appoggiarlo in questa nuova sfida.

L’ex calciatore, che ha intestato la lettera con la scritta «Eric Cantona, cittadino impegnato», chiede quindi ai sindaci le firme che potranno consentirgli di candidarsi all’Eliseo, «nel quadro del dibattito politico nel quale si appresta ad entrare il Paese».
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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