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Personaggi internazionali

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2024 18:24
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21/03/2011 17:44
 
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Bosman, dalla sentenza all'alcol
"Sono l'unico ad aver pagato"



L'uomo che nel '95 ha cambiato il calcio vive alla periferia di Liegi grazie a un sussidio statale. "I soldi dei risarcimenti sono andati tutti agli avvocati. Vorrei solo un po' di riconoscenza e che la gente sappia che così come esiste una legge Bosman esiste anche un ragazzo che per quella legge ha dato tutto ed è diventato un alcolizzato"

LONDRA, 21 marzo 2011 - La legge che porta il suo nome ha fatto la storia del calcio, permettendo ai giocatori di oggi di guadagnare soldi a palate, ma Jean-Marc Bosman di quella fortuna non ha condiviso nemmeno un centesimo e oggi vive grazie al sussidio statale in una casa alla periferia di Liegi, dove però l’attuale compagna Carine e i due figli Martin e Samuel (ha anche una figlia, oggi 21enne, nata dal primo matrimonio, ma di cui non vuole parlare) non possono stare per non rischiare di perdere l’aiuto economico. Gonfio e quasi completamente pelato, l’ex centrocampista sembra l’ombra del giocatore che era ai tempi della sua battaglia in tribunale, conclusa nel 1995 con la vittoria di Bosman (e dei suoi colleghi dell’Unione Europea che, grazie a quella storica sentenza possono trasferirsi gratuitamente ad un altro club alla scadenza del loro contratto) e ora, a 46 anni, sta combattendo un’altra battaglia del tutto personale contro alcol e depressione. "È stata molto, molto dura – ha raccontato Bosman in un’intervista esclusiva al Sun – perché ho vinto davanti alla corte ma io sono l’unico ad aver pagato, pagato e pagato. La gente pensa che io abbia messo da parte una fortuna, ma la mia presunta fortuna non arriverebbe a pagare nemmeno un giorno dello stipendio di Wayne Rooney. I soldi presi dalla FifPro (200mila sterline, ndr) e il risarcimento stabilito dalla corte (si parla di un milione di sterline, ndr) sono stati inghiottiti dagli avvocati e dalle spese processuali, mentre l’idea della partita-celebrazione che ci sarebbe dovuta essere è fallita e mi sono accontentato di un match contro il Lille davanti ad appena 2mila persone".

giocatore a rischio — Dopo aver militato nello Standard Liegi, la sua squadra del cuore, nel 1988 Bosman passò all’RFC Liegi, ma alla fine del contratto, due anni più tardi, si ritrovò a piedi e tentò perciò di andare a giocare in Francia, nel Dunkirk, ma i belgi rifiutarono di concedergli il trasferimento. A quel punto il giocatore decise di portare il caso in tribunale e nel frattempo giocò nelle serie francesi minori e pure sull’isola di Reunion, nell’Oceano Indiano. Al suo ritorno in Belgio, lo Charleroi gli diede un posto in squadra, pagandolo però appena 650 sterline al mese ("sapevano chi ero e cosa avevo fatto e per loro ero a rischio"). Due anni dopo, i soldi sparirono. Bosman continuò a giocare per divertimento, ma senza stipendio non poteva permettersi di pagare l’affitto di Charleroi. Da qui il ritorno a Liegi, dove trasformò il garage della casa dei suoi genitori in monolocale, vivendoci per due anni. "Il mio avvocato scrisse a tutti i club del Belgio e la risposta era sempre la stessa: No, grazie. Auguriamo buona fortuna al signor Bosman, ma noi abbiamo già i nostri giocatori".

depressione e alcolismo — Prima che il caso Bosman scoppiasse, il centrocampista aveva due case e altrettante Porsche, ora ha solo una casetta accanto a quella dei suoi, dove ha vissuto gli ultimi 15 anni con la sola compagnia del suo adorato labrador Freedom Fighter, morto due settimane fa. "Il mio cane è stato il mio amico più fedele, ero distrutto quando se n’è andato. La pressione attorno al mio caso è stata enorme. La Comunità Europea non voleva accusare il sistema, il mio avvocato sapeva che mi avrebbero fatto sputare sangue e mi disse che potevo fermarmi quando volevo, ma era una faccenda importante e sono andato avanti. In genere, quando vinci in tribunale ti senti libero, ma la stampa belga mi si è scatenata contro: sono finito in depressione e ho cominciato a bere sempre di più. Alla fine, stavo sempre in casa e bevevo di tutto, birra o vino". Una discesa all’inferno che ha avuto pesantissime conseguenze non solo sul suo conto in banca ma anche sul fisico, visto che, a detta dei medici, sarebbero bastati un paio di drink per distruggergli definitivamente il fegato.

VOGLIO SOLO RICONOSCENZA — Da qui il ricovero in ospedale, da dove è uscito il 27 dicembre 2007: da quel giorno Bosman giura di essere sobrio, anche se con il giornalista del Sun un bicchiere di spumante se l’è fatto ("ma me lo concedo solo per le occasioni speciali", si è giustificato). "La mia vittoria nel processo Bosman è stata enorme, ma la vittoria più grande è stata quella contro l’alcool. Dovrei essere il giocatore più famoso del Belgio, ho il mio posto nella storia e ho combattuto a lungo per conquistarlo, ma nessuno mi conosce. Non voglio aver fatto tutto questo per niente. Sono felice che ora i miei colleghi guadagnino un sacco di soldi, non sono geloso di questo e ho dato la mia carriera affinchè non fossero più trattati come degli schiavi. Voglio solo che il merito mi sia riconosciuto e che la gente sappia che come esiste una legge Bosman esiste anche un ragazzo che per quella legge ha dato tutto e che per questo è diventato un alcolizzato. Ma come dice Confucio, 'la felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta'". E nessuno meglio di Jean-Marc Bosman sa cosa significhi perdere tutto ed annegare in una bottiglia la rabbia e la delusione di una carriera spezzata
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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