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Ultimo Aggiornamento: 17/04/2024 12:03
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07/09/2012 02:02
 
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ogni cosa al suo posto
Altro che ribelle: belle parole e pochi fatti. Zdenek è un comunista...

LIBEROQUOTIDIANO.IT (G. POLLICELLI) - Zdenek Zeman è uomo di silenzi, provocazioni e paradossi. Ma il paradosso più grande non lo ha espresso con le parole, lo ha prodotto con la sua biografia. Questo è il parere dell'articolo pubblicato su liberoquotidiano.it, che racconta di un Zeman che ha abbandonato a ventuno anni la sua città, Praga, per fuggire al comunismo. Il boemo è poi divenuto una delle personalità più popolari e carismatiche d'Italia (dove vive dal 1968) ricorrendo senza rendersene conto alle medesime «armi» che hanno garantito al comunismo le sue fortune. Quella che viene accordata a Zeman e al suo immodificabile modulo di gioco, il 4-3-3, non è mai semplice e razionale stima: è adesione fideistica che ha le esatte caratteristiche della fede nel comunismo e nelle sue mirabolanti promesse.

STESSA IDEOLOGIA - Le analogie tra la figura di Zeman e il comunismo sono tante secondo il redattore dell'articolo. Innanzi tutto, alla base della filosofia zemaniana, vi è l'ideologia: per Zeman, come per il comunismo, non sono mai le idee a doversi adattare alla realtà, è la realtà che deve piegarsi agli schemi dell'ideologia. Inoltre il calciatore che osa trasgredire il modulo va subito emarginato, affinché non contamini il corpo sano della squadra. Come il comunismo, Zeman auspica l'avvento di un uomo nuovo, che non conosce tentazioni, cedimenti, slealtà. Come il comunismo, Zeman preconizza il sol dell'avvenire, il materializzarsi di un evo in cui nessuna squadra giocherà più per portare a casa il risultato e tutte le partite finiranno 8-5 o 2-6, e la formazione allenata da Zeman, che è il migliore, conquisterà il campionato più spesso delle altre perché non vi saranno più cinici imbroglioni a impedirlo.

I FALLIMENTI - Come capitava con l'icona di Guevara, a Zeman è riservato un autentico culto della personalità. Come il comunismo, Zeman ottiene sporadici successi e innumerevoli fallimenti (nessun trofeo vinto in carriera, una quantità ragguardevole di esoneri, eccezionali record negativi come i quattro derby persi in un anno sulla panchina della Roma), ma ai suoi seguaci non importa, poiché il tempo dell'affermazione arriverà.

LA COERENZA - Come il comunismo, Zeman mente: in qualità di teste dell'accusa al processo di Calciopoli disse di non aver mai avuto a che fare in vita sua con Moggi, salvo smentirsi clamorosamente nel documentario Zemanlandia, in cui racconta di quando, da allenatore del Parma, pranzò proprio con Big Luciano. Secondo l'articolo, Zeman gode di un occhio di riguardo da parte dei media (che lo trattano alla stregua di un santo o di un eroe), delle istituzioni (di recente il sindaco di Roma gli ha consegnato il premio fair play «Avversari sì, nemici mai», non molti giorni dopo la diffusione di una foto che immortala Zdenek mentre autografa una maglia con su scritto «Odio la Juve!»), e della giustizia, che non lo ha indagato per omessa denuncia benché nel 2005 avesse avuto la sensazione che i giocatori del suo Lecce si fossero accordati con quelli del Parma per non farsi male.
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A certi giornalisti andrebbero segate le mani.

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