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Ciclismo

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2024 17:32
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29/07/2015 10:40
 
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Per Simoni non dev'essere stato facile vivere nell'ombra di Pantani. Lo odiavano pure penso tutti i parenti più stretti. Come scalatore però niente da dire. Forse il miglior scalatore puro italiano a parte Pantani.
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29/07/2015 10:43
 
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Re:
Giacomo(fu Giacomo), 29/07/2015 10:24:



Ammazza comunque 'sto ciclismo ce fomenta a tutti! non pensavo
[SM=x2478856]



Avoja ..a livello de sport individuale ha un fascino innato. Altro che Buff a ricordi [SM=x2478856]

Cmq il caso scuola per me rimane Roche che in un anno vinse giro, tour e mondiale e poi tornò nella normalità. Ho odiato Roche perchè distrusse psicologicamente Visentini che nn era un mostro di simpatia ma che rappresentava in quel momento il nuovo dopo Moser e Saronni.

Vogliamo parlà della sigla del Giro co Nessun dorma? [SM=x2478856] Un'attesa simile solo quando doveva giocà la Roma.
Ancora me ricordo la tappa del Gavia co Van der Velde sotto la neve con la maglia ciclamino che supera per primo il GPM e poi arriva mezzo assiderato a 30 minuti dai primi.
Ce stava Chioccioli che piagneva avvolto nella coperta militare. Bei momenti [SM=x2478856]



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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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29/07/2015 12:49
 
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Re: Re:
Sound72, 29/07/2015 10:43:



Avoja ..a livello de sport individuale ha un fascino innato. Altro che Buff a ricordi [SM=x2478856]

Cmq il caso scuola per me rimane Roche che in un anno vinse giro, tour e mondiale e poi tornò nella normalità. Ho odiato Roche perchè distrusse psicologicamente Visentini che nn era un mostro di simpatia ma che rappresentava in quel momento il nuovo dopo Moser e Saronni.

Vogliamo parlà della sigla del Giro co Nessun dorma? [SM=x2478856] Un'attesa simile solo quando doveva giocà la Roma.
Ancora me ricordo la tappa del Gavia co Van der Velde sotto la neve con la maglia ciclamino che supera per primo il GPM e poi arriva mezzo assiderato a 30 minuti dai primi.
Ce stava Chioccioli che piagneva avvolto nella coperta militare. Bei momenti [SM=x2478856]






Chioccioli un anno è venuto in vacanza dove andavo io, mi sa proprio l'anno dopo aver vinto il Giro (e poi si ritirò). Era amico di Lelli, maremmano.
Mi ricordo quando si faceva la doccia all'aperto, in costume da bagno: sotto il costume c'era tipo mezzo metro di pelle bianca cadaverica, dove c'erano i pantaloni da ciclista. Si era a fine stagione. Era uno stecchino. Uno sport veramente tosto.

Visentini speravo vincesse anche io.
Un anno poi quasi pensavo che il Diablo riuscisse a fare il colpaccio.

Sigla migliore del Giro (a parte quella con Pantani «E adesso pedala») forse quella di Gian Pieretti (se era lui): Fra poco passa il Giro, è un po' che mi hai lasciato, e , come un corridore, quasi quasi mi ritiro.



[Modificato da Giacomo(fu Giacomo) 29/07/2015 12:50]
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29/07/2015 13:07
 
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A livello professionistico penso sia una cosa ai limiti dell'umano: tra gli sport "popolari" senza dubbio il più tosto. E poi a me esalta proprio: anche Nibali sulle Tre Cime nel 2013 in mezzo alla tempesta di neve è stato un grande momento di sport.

Su van de Velde ci hanno fatto una canzone gli Offlaga Disco Pax



Io il primo ricordo di ciclismo che ho è proprio Chioccioli con la maglia rosa che attacca come un pazzo in discesa e De Zan che non ci credeva. Fino a Madonna di Campiglio c'avevo in testa solo la Roma e il ciclismo: biglie, figurine, bici, divise. Poi sono arrivati anche altri interessi [SM=g7554]
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Sono la rovina della Roma


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Re:
jandileida23, 29/07/2015 13:07:

Fino a Madonna di Campiglio c'avevo in testa solo la Roma e il ciclismo: biglie, figurine, bici, divise. Poi sono arrivati anche altri interessi [SM=g7554]




lasciami indovinare... il curling? [SM=x2478856]
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29/07/2015 17:56
 
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Re:
jandileida23, 29/07/2015 13:07:



Io il primo ricordo di ciclismo che ho è proprio Chioccioli con la maglia rosa che attacca come un pazzo in discesa e De Zan che non ci credeva. Fino a Madonna di Campiglio c'avevo in testa solo la Roma e il ciclismo: biglie, figurine, bici, divise. Poi sono arrivati anche altri interessi [SM=g7554]



Il mio primo ricordo rimane il mondiale di Saronni anche se poi mi sono appassionato dopo con il giro di Viseintini e i mondiali di Argentin e Fondriest. In quel periodo il Mondiale aveva un'importanza pari o quasi al Tour, adesso conta meno dell'Amstel.
Sicuramente il boom di interesse negli anni'90 da Bugno/Chiappucci a Pantani.
Sempre stato dalla parte degli scalatori cmq..Lucho Herrera e Marino Lejarreta i preferiti.
Me so fatto pure una clasica de san Sebastian quando ero in vacanza in Spagna..vinse Perdiguero davanti a Bettini e Rebellin [SM=x2478856]
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29/07/2015 19:42
 
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Il mio tipo preferito è invece il finissuer o comunque quello da Classica: uno che ho sempre avuto nel cuore è stato Bettini. Ma pure Bugno è stato un grande sotto quell'aspetto. E ultimamente ovviamente Gilbert.

Poi certo una bella scalata di un colombiano devo dire che l'apprezzo molto. Quelli che invece non sopporto sono i velocisti con il treno: che arrivano davanti co' quello che se leva e loro alzano le braccia. Tipo Cipollini, quanto me stava sulle palle co' tutti quei muscoli [SM=g7554]
[Modificato da jandileida23 29/07/2015 19:43]
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Sì, che poi se faceva la prima settimana al Tour e se ne andava a casa. Ma nn mi è mai stato simpatico neanche nelle interviste. Una spocchia irritante.
Tour che negli ultimi anni è diventato piu' interessante anche come percorso. Prima era un piattume per 10 tappe fino ai Pirenei.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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05/08/2015 09:42
 
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Re:
Giacomo(fu Giacomo), 29/07/2015 09:04:

Froome è alto un metro e ottantasei, venti centimetri più di Quintana.
Come abbia fatto a salire così sul Ventoux allora e su Pirenei ora, rimarrà un mistero.



Ho rivisto ascesa del mont Ventoux...ma il dubbio del motorino è così infondato?




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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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05/08/2015 09:54
 
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Re: Re:
Sound72, 05/08/2015 09:42:



Ho rivisto ascesa del mont Ventoux...ma il dubbio del motorino è così infondato?








non so, è come Cancellara quando scatta alla fine delle classiche, ha passato due anni a cercare di dimostrare che non aveva nessun motorino. Sta di fatto che nessuno come Cancellara riesce a fare quello che ha fatto.
Io ho dubbi di altro tipo.
Comunque Froome è l'anti-ciclismo.
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08/08/2015 10:49
 
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Roberto Visentini- Dietrologia di un seganervi

1.Non se lo ricorda più nessuno. Ma il ganzo fu uno dei grandi protagonisti di un periodo, i poco raccomandabili anni ottanta di Moser e Saronni, che significarono per il ciclismo italiano il tempo dell’autarchia quasi totale.
In un panorama oberato da una moltitudine di gare, perfetta scappatoia dal frustante confronto con i big stranieri, la degustazione di tutti i piatti veniva servita ai due cocchi del pubblico e della stampa: Beppe e il Cecco, sempre e comunque, in ogni maniera e a prescindere dalla qualità degli avversari. Per quasi due lustri furono pochi i ribelli che osarono contestare il duopolio: prima Gibì Baronchelli e Giuàn Battaglin, poi il simpatico discolo Silvano Contini e il nostro oggetto d’osservazione diretta, ovvero Roberto Visentini da Gardone Riviera.
2. Classe 1957, il ritratto perfetto del corridore italico di quei dì. Talentuosissimo ma zeppo di black out caratteriali, zavorrato tecnicamente dall’inconsistenza agonistica di quel movimento così provinciale. Eppure il gardesano arrivò nei pro, a soli 20 anni, con le stimmate del super: primo iridato juniores della storia, anche campione nazionale della stessa categoria e poi a cronometro nei dilettanti. Un’autentica furia della natura, con la caratteristica inconfondibile dell’arrivo al traguardo con la concorrenza lontana: ‘Roby il solitario’ fu il suo primo nomignolo.
3. Deviando dall’argomento un accenno doveroso al suo alter ego, il compaesano Claudio Cresseri. Militò col Visenta nella stessa squadra, talento simile e follia addirittura superiore al futuro seganervi della Carrera. Innumerevoli le leggende sulla loro rivalità, ma indimenticabile l’aneddoto di una fuga di Caio: in cima ad una salita, con un buon vantaggio sugli inseguitori, si fermò, estrasse un panino dalla tasca posteriore e aspettò i rivali…Il Cresseri abbandonò l’attività quando capì che, per diventare professionista, avrebbe dovuto fare una cosa mai fatta nelle categorie inferiori: allenarsi!
4. Tornando all’altro mattocchio, cioé la versione di successo, i suoi rapporti con il mondo dei grandi furono a dir poco problematici; malgrado la protezione di Davide Boifava, uno che si “innamorò” sempre di fuoriclasse dalle caratteristiche uniche (Battaglin, Roche, Pantani). Il diesse della mitica Carrera-Inoxpran, convinto delle doti di Roberto, per un decennio sfidò i sorrisi ironici dei sapientoni dell’epoca. Il Visentini venne ritenuto troppo bello per le fatiche del mestiere e inadatto caratterialmente perchè benestante. Roby d’altronde ci mise del suo: le sue crisi di nervi, durante e dopo la corsa, furono spettacolose. Una volta arrivò a consegnare a uno sbigottito Boifava un sacchetto, contenente la sua specialissima tagliata in decine di pezzi. Amato da alcuni, odiato da molti, rappresentò un bersaglio facile per i fanatici di un certo tipo di ciclismo. Che talvolta, sulla strada, lo insultarono in modo indegno. La (stoica) capacità di sopportazione del bresciano crollò solamente in un’occasione: quel giorno, dopo uno sputo, non fosse stato per l’intervento di un meccanico si sarebbe verificato il primo omicidio della storia del Giro…
5. Già, la corsa rosa: la sua preferita, la recita che lo vide sempre primattore. Furono anni di Giretti facili, ideati da Torriani per esaltare le doti di Franz e Beppe; percorsi leggeri, privi di salite cattive. A favorirli ulteriormente il regalo di abbuoni assurdi, mezzo minuto, ai vincitori di tappa: fu proprio per quelle simonie che il nostro perse l’edizione del 1983. Infatti, togliendo le bonificazioni, a Udine il biondino dell’Inoxpran si sarebbe vestito di rosa al posto dell’allora campione mondiale Saronni. Il Giro del Guttalax fu però una passeggiata di salute rispetto al 1984 e al 1987.
6. L’anno del Moser eroe dell’ora fu vissuto pericolosamente da Visentini, che peraltro vinse da fuoriclasse una frazione in quel di Lerici, sotto la pioggia battente. Il problema fu che il bresciano disse, senza alcuna diplomazia, la verità: cioè che l’organizzazione aveva favorito in maniera vergognosa il ballerino di Roubaix cancellando lo Stelvio e chiudendo gli occhi di fronte alle spinte e alle scie motociclistiche a favore del conconiano. In Trentino,salendo verso Selva di Val Gardena, il gardesano fu oggetto della simpatia (…) e delle attenzioni delle legioni moseriane e crollò psicologicamente. Per moltissimi il figlio di papà che osò dileggiare l’idolo delle folle aveva solo ricevuto ciò che si meritava.
7. Ma la vicenda che segnò la carriera del golden boy si verificò nella drammatica edizione 1987, quella sì dal punto di vista tecnico degna dei Giri più gloriosi. Il compagno di squadra Stephen Roche, co-leader di una Carrera incasinatissima, orchestrò una singolare insurrezione contro la maglia rosa coadiuvato dalle squadre che lo volevano firmare per il 1988. E con la collaborazione anche di amici italiani come l’iridato Argentin. In una giornata irreale Roby saltò in aria a pochi chilometri dal traguardo, vanificando l’impresa più bella della carriera: la crono di San Marino, quandò con stile inconfondibile aveva divorato il resto dei pretendenti alla rosa, compreso il perfido Stefano. Una frattura al polso, alla penultima tappa, completò l’odissea del campione bresciano.
8. A rinforzare la tesi di un Visentini sopravvalutato arrivarono le partecipazioni sfortunate alla Grande Boucle: da censura totale l’orripilante ’85, con qualche lampo di classe tre anni dopo e con tanti rimpianti nell’edizione storica del 1984. Fu l’ennesima caduta a toglierlo di mezzo da una gara che gli stava dando molte soddisfazioni; chi criticò il comportamento della banda Boifava in quei Tour si dimenticò dell’autentico baratro che, in quella era, ci divise dalla leggendaria corsa d’oltralpe. La combinazione micidiale di tracciati durissimi, uniti all’interpretazione garibaldina degli stessi, creò un cocktail indigesto per corridori abituati a salite da 18 e a ritmi addomesticati.
9. Ma basterebbe ricordarsi del Giro 1986 per inquadrare Visentini nella dimensione giusta: quante volte,sui Gpm più impervi, lasciò sul posto un grande come Lemond? Il Visenta dalla classe purissima, così naturale da apparire agli occhi di Alfredo Martini “bello ed elegante come una porcellana preziosissima”. Quelle tre settimane furono la giusta ricompensa per un talento mai abbastanza apprezzato dalla platea nostrana: merito (?) della demenziale cronosquadre siciliana se l’edizione’86 fu divertente, infatti Roby accumulò un ritardo tale da costringerlo ad attaccare su ogni strappo. Con un polso fasciato a causa di una mini frattura ad una mano (ancora!) iniziò una rimonta spettacolare: la pedalata lieve ed agile, mai scomposto sulla sella. La rincorsa terminò a Foppolo e Visentini portò fino alla fine, senza patemi d’animo, la rosa a Milano: il 2 Giugno 1986, giorno del suo ventinovesimo compleanno…
10. Si potrebbe continuare all’infinito con le zingarate di Roberto. L’inquieto passista ebbe, tra l’altro, la caratteristica singolare di non alzare le mani in caso di trionfo solitario, per la felicità dei munifici sponsor che lo stipendiavano, e la particolarità di rifiutare sdegnosamente il confronto in volata: mai visto prendere in considerazione l'arrivo in un plotoncino. Fu pure tricolore, nel 1979, dell’inseguimento su pista: una comica surreale perchè, non essendo esattamente un drago a guidare un mezzo con il pignone fisso, zigzagò ad ogni curva. Il Giro del Veneto 1990, dopo un paio di annate declinanti, fu l’ultima corsa di una carriera piena di rimpianti, di sconfitte orribili ed affermazioni esaltanti. Proprio nel bel mezzo della rivoluzione scientifica che pretese di cambiare le regole di uno sport (un mestiere, un’avventura..) bellissimo e crudele. Consoliamoci con il fatto che ai tempi, per il gardesano, il nome Ferrari fosse ricollegabile solo al rombo di motore di un bolide o, al massimo, agli occhi languidi di un’attrice che imperversò nei filmonzi degli anni ottanta. Il Visentini,nell’anno del trionfo rosa,si presentò alla prima corsa stagionale con nemmeno duemila chilometri nelle gambe…
11. Fuggì immediatamente dall’ambiente e cominciò a coltivare un silenzio assoluto, quasi disturbante. Un Salinger, o un Giacinto Scelsi, dello sport: distante, irraggiungibile, intoccabile. Concesse una sola intervista da ex e indugiò, al solito, nel suo antico difetto: disse la verità, scomoda e imbarazzante, senza fare prigionieri.
“Il figlio di papà Visentini, quello che chiamavano fighetto, fa il mestiere di suo padre e suo nonno: prepara i morti. Che è un lavoro duro almeno come quello del corridore. Ma che ha bisogno di una cosa in più: la pietà.”
Simone Basso -http://www.indiscreto.info/


..........

Grande pezzo sull'ultimo corridore italiano da corse a tappe prima dell'era Bugno/Chiappucci. Distrutto psicologicamente dal tradimento di Roche nella tappa di Sappada che raisport proprio in questi giorni ha ritrasmesso un paio di volte..io quel giorno ero avvelenato, è vera la storia degli insulti a Roche, quello era l'apice di Visentini e fu affossato dal compagno di squadra perche' psicologicamente era fragilissimo.
Ho odiato Roche tutto l'anno visto che poi vinse pure tour e mondiale.
Altra verità di quegli anni era l'altimetria da giro di Polonia disegnata ad arte da Torriani per far vincere i giri a Saronni e Moser che in salita oggi potrebbero valere un Ulissi ma che potevano contare su abbuoni a 30 e 20 secondi a raffica.
Poi l'anno in cui Fignon era riuscito a prendersi il giro nonostante il dislivello collinare, spuntarono le ruote lenticolari a salvare Moser..
Grande maestro dell'audience Torriani..sapeva che con le salite non c'era storia..Hinault venne 3 volte e 3 volte vinse,un'altra volta si impose Battaglin, l'unica possibilità per tenere in classifica Moser e Saronni era quella dei GPM a 50 km dall'arrivo..poi qualche anno dopo finito il duopolio nn si fece scrupoli a far transitare la corsa sul Gavia sotto la bufera di neve.

Tra l'altro nel giro di Roche arrivo' secondo Millar, scalatore scozzese, una rarità..riscoperto qualche anno fa quando ha cambiato sesso [SM=g27991]

www.gazzetta.it/Ciclismo/Primo_Piano/2007/07_Luglio/07/millardon...



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Re:
Sound72, 08/08/2015 10:49:

Roberto Visentini- Dietrologia di un seganervi

1.Non se lo ricorda più nessuno. Ma il ganzo fu uno dei grandi protagonisti di un periodo, i poco raccomandabili anni ottanta di Moser e Saronni, che significarono per il ciclismo italiano il tempo dell’autarchia quasi totale.
In un panorama oberato da una moltitudine di gare, perfetta scappatoia dal frustante confronto con i big stranieri, la degustazione di tutti i piatti veniva servita ai due cocchi del pubblico e della stampa: Beppe e il Cecco, sempre e comunque, in ogni maniera e a prescindere dalla qualità degli avversari. Per quasi due lustri furono pochi i ribelli che osarono contestare il duopolio: prima Gibì Baronchelli e Giuàn Battaglin, poi il simpatico discolo Silvano Contini e il nostro oggetto d’osservazione diretta, ovvero Roberto Visentini da Gardone Riviera.
2. Classe 1957, il ritratto perfetto del corridore italico di quei dì. Talentuosissimo ma zeppo di black out caratteriali, zavorrato tecnicamente dall’inconsistenza agonistica di quel movimento così provinciale. Eppure il gardesano arrivò nei pro, a soli 20 anni, con le stimmate del super: primo iridato juniores della storia, anche campione nazionale della stessa categoria e poi a cronometro nei dilettanti. Un’autentica furia della natura, con la caratteristica inconfondibile dell’arrivo al traguardo con la concorrenza lontana: ‘Roby il solitario’ fu il suo primo nomignolo.
3. Deviando dall’argomento un accenno doveroso al suo alter ego, il compaesano Claudio Cresseri. Militò col Visenta nella stessa squadra, talento simile e follia addirittura superiore al futuro seganervi della Carrera. Innumerevoli le leggende sulla loro rivalità, ma indimenticabile l’aneddoto di una fuga di Caio: in cima ad una salita, con un buon vantaggio sugli inseguitori, si fermò, estrasse un panino dalla tasca posteriore e aspettò i rivali…Il Cresseri abbandonò l’attività quando capì che, per diventare professionista, avrebbe dovuto fare una cosa mai fatta nelle categorie inferiori: allenarsi!
4. Tornando all’altro mattocchio, cioé la versione di successo, i suoi rapporti con il mondo dei grandi furono a dir poco problematici; malgrado la protezione di Davide Boifava, uno che si “innamorò” sempre di fuoriclasse dalle caratteristiche uniche (Battaglin, Roche, Pantani). Il diesse della mitica Carrera-Inoxpran, convinto delle doti di Roberto, per un decennio sfidò i sorrisi ironici dei sapientoni dell’epoca. Il Visentini venne ritenuto troppo bello per le fatiche del mestiere e inadatto caratterialmente perchè benestante. Roby d’altronde ci mise del suo: le sue crisi di nervi, durante e dopo la corsa, furono spettacolose. Una volta arrivò a consegnare a uno sbigottito Boifava un sacchetto, contenente la sua specialissima tagliata in decine di pezzi. Amato da alcuni, odiato da molti, rappresentò un bersaglio facile per i fanatici di un certo tipo di ciclismo. Che talvolta, sulla strada, lo insultarono in modo indegno. La (stoica) capacità di sopportazione del bresciano crollò solamente in un’occasione: quel giorno, dopo uno sputo, non fosse stato per l’intervento di un meccanico si sarebbe verificato il primo omicidio della storia del Giro…
5. Già, la corsa rosa: la sua preferita, la recita che lo vide sempre primattore. Furono anni di Giretti facili, ideati da Torriani per esaltare le doti di Franz e Beppe; percorsi leggeri, privi di salite cattive. A favorirli ulteriormente il regalo di abbuoni assurdi, mezzo minuto, ai vincitori di tappa: fu proprio per quelle simonie che il nostro perse l’edizione del 1983. Infatti, togliendo le bonificazioni, a Udine il biondino dell’Inoxpran si sarebbe vestito di rosa al posto dell’allora campione mondiale Saronni. Il Giro del Guttalax fu però una passeggiata di salute rispetto al 1984 e al 1987.
6. L’anno del Moser eroe dell’ora fu vissuto pericolosamente da Visentini, che peraltro vinse da fuoriclasse una frazione in quel di Lerici, sotto la pioggia battente. Il problema fu che il bresciano disse, senza alcuna diplomazia, la verità: cioè che l’organizzazione aveva favorito in maniera vergognosa il ballerino di Roubaix cancellando lo Stelvio e chiudendo gli occhi di fronte alle spinte e alle scie motociclistiche a favore del conconiano. In Trentino,salendo verso Selva di Val Gardena, il gardesano fu oggetto della simpatia (…) e delle attenzioni delle legioni moseriane e crollò psicologicamente. Per moltissimi il figlio di papà che osò dileggiare l’idolo delle folle aveva solo ricevuto ciò che si meritava.
7. Ma la vicenda che segnò la carriera del golden boy si verificò nella drammatica edizione 1987, quella sì dal punto di vista tecnico degna dei Giri più gloriosi. Il compagno di squadra Stephen Roche, co-leader di una Carrera incasinatissima, orchestrò una singolare insurrezione contro la maglia rosa coadiuvato dalle squadre che lo volevano firmare per il 1988. E con la collaborazione anche di amici italiani come l’iridato Argentin. In una giornata irreale Roby saltò in aria a pochi chilometri dal traguardo, vanificando l’impresa più bella della carriera: la crono di San Marino, quandò con stile inconfondibile aveva divorato il resto dei pretendenti alla rosa, compreso il perfido Stefano. Una frattura al polso, alla penultima tappa, completò l’odissea del campione bresciano.
8. A rinforzare la tesi di un Visentini sopravvalutato arrivarono le partecipazioni sfortunate alla Grande Boucle: da censura totale l’orripilante ’85, con qualche lampo di classe tre anni dopo e con tanti rimpianti nell’edizione storica del 1984. Fu l’ennesima caduta a toglierlo di mezzo da una gara che gli stava dando molte soddisfazioni; chi criticò il comportamento della banda Boifava in quei Tour si dimenticò dell’autentico baratro che, in quella era, ci divise dalla leggendaria corsa d’oltralpe. La combinazione micidiale di tracciati durissimi, uniti all’interpretazione garibaldina degli stessi, creò un cocktail indigesto per corridori abituati a salite da 18 e a ritmi addomesticati.
9. Ma basterebbe ricordarsi del Giro 1986 per inquadrare Visentini nella dimensione giusta: quante volte,sui Gpm più impervi, lasciò sul posto un grande come Lemond? Il Visenta dalla classe purissima, così naturale da apparire agli occhi di Alfredo Martini “bello ed elegante come una porcellana preziosissima”. Quelle tre settimane furono la giusta ricompensa per un talento mai abbastanza apprezzato dalla platea nostrana: merito (?) della demenziale cronosquadre siciliana se l’edizione’86 fu divertente, infatti Roby accumulò un ritardo tale da costringerlo ad attaccare su ogni strappo. Con un polso fasciato a causa di una mini frattura ad una mano (ancora!) iniziò una rimonta spettacolare: la pedalata lieve ed agile, mai scomposto sulla sella. La rincorsa terminò a Foppolo e Visentini portò fino alla fine, senza patemi d’animo, la rosa a Milano: il 2 Giugno 1986, giorno del suo ventinovesimo compleanno…
10. Si potrebbe continuare all’infinito con le zingarate di Roberto. L’inquieto passista ebbe, tra l’altro, la caratteristica singolare di non alzare le mani in caso di trionfo solitario, per la felicità dei munifici sponsor che lo stipendiavano, e la particolarità di rifiutare sdegnosamente il confronto in volata: mai visto prendere in considerazione l'arrivo in un plotoncino. Fu pure tricolore, nel 1979, dell’inseguimento su pista: una comica surreale perchè, non essendo esattamente un drago a guidare un mezzo con il pignone fisso, zigzagò ad ogni curva. Il Giro del Veneto 1990, dopo un paio di annate declinanti, fu l’ultima corsa di una carriera piena di rimpianti, di sconfitte orribili ed affermazioni esaltanti. Proprio nel bel mezzo della rivoluzione scientifica che pretese di cambiare le regole di uno sport (un mestiere, un’avventura..) bellissimo e crudele. Consoliamoci con il fatto che ai tempi, per il gardesano, il nome Ferrari fosse ricollegabile solo al rombo di motore di un bolide o, al massimo, agli occhi languidi di un’attrice che imperversò nei filmonzi degli anni ottanta. Il Visentini,nell’anno del trionfo rosa,si presentò alla prima corsa stagionale con nemmeno duemila chilometri nelle gambe…
11. Fuggì immediatamente dall’ambiente e cominciò a coltivare un silenzio assoluto, quasi disturbante. Un Salinger, o un Giacinto Scelsi, dello sport: distante, irraggiungibile, intoccabile. Concesse una sola intervista da ex e indugiò, al solito, nel suo antico difetto: disse la verità, scomoda e imbarazzante, senza fare prigionieri.
“Il figlio di papà Visentini, quello che chiamavano fighetto, fa il mestiere di suo padre e suo nonno: prepara i morti. Che è un lavoro duro almeno come quello del corridore. Ma che ha bisogno di una cosa in più: la pietà.”
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Grande pezzo sull'ultimo corridore italiano da corse a tappe prima dell'era Bugno/Chiappucci. Distrutto psicologicamente dal tradimento di Roche nella tappa di Sappada che raisport proprio in questi giorni ha ritrasmesso un paio di volte..io quel giorno ero avvelenato, è vera la storia degli insulti a Roche, quello era l'apice di Visentini e fu affossato dal compagno di squadra perche' psicologicamente era fragilissimo.
Ho odiato Roche tutto l'anno visto che poi vinse pure tour e mondiale.
Altra verità di quegli anni era l'altimetria da giro di Polonia disegnata ad arte da Torriani per far vincere i giri a Saronni e Moser che in salita oggi potrebbero valere un Ulissi ma che potevano contare su abbuoni a 30 e 20 secondi a raffica.
Poi l'anno in cui Fignon era riuscito a prendersi il giro nonostante il dislivello collinare, spuntarono le ruote lenticolari a salvare Moser..
Grande maestro dell'audience Torriani..sapeva che con le salite non c'era storia..Hinault venne 3 volte e 3 volte vinse,un'altra volta si impose Battaglin, l'unica possibilità per tenere in classifica Moser e Saronni era quella dei GPM a 50 km dall'arrivo..poi qualche anno dopo finito il duopolio nn si fece scrupoli a far transitare la corsa sul Gavia sotto la bufera di neve.

Tra l'altro nel giro di Roche arrivo' secondo Millar, scalatore scozzese, una rarità..riscoperto qualche anno fa quando ha cambiato sesso [SM=g27991]

www.gazzetta.it/Ciclismo/Primo_Piano/2007/07_Luglio/07/millardon...






BELLISSIMO!
grazie Ennio

il giro di Moser ancora più ridicolo di quello di Saronni.
Comunque ancora mi chiedo come fece Bugno a vincere un Giro in rosa dal primo all'ultimo giorno... l'anno prima aveva vinto Hampsten nell'assurda edizione del Gavia, gli anni Ottanta sono stati per il Giro un momento veramente mediocre.
Visentini piaceva anche a me, mi ricordo ancora una vignetta in cui si vedevano Visentini e Roche abbracciati di spalle e coi coltelli pronti...come infatti avvenne.
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09/08/2015 12:36
 
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Non m'ero accorto di questo topic!
Anch'io subisco il fascino di queto sport, un tempo riuscivo a seguire giusto Giro e Tour, poi adesso per lavoro devo seguire tutto, dalle Strade Bianche al Giro di Polonia

Proprio ieri stavo dando uno sguardo al parco partenti della Vuelta, l'Astana rischia di andare col tridente Aru-Nibali-Landa, per me rischia di implodere soprattutto per la presenza del siciliano
Vediamo Froome che combina, anche se punterei su Quintana che mi sembra entrato in forma un po' più tardi
[Modificato da ShearerWHC 09/08/2015 12:37]
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Con la cronometro individuale lunga dubito che Landa possa fare qualcosa più che una vittoria di tappa qua e là. Mi pare meno dura del solito, ma ho solo dato uno sguardo veloce. Ad occhio la scelta più logica mi pare Nibali capitano almeno all'inizio.

Si comunque anche per me Froome è agli antipodi di quello che amo io del ciclismo: doping o meno, sembra Ivan Drago, un prodotto di laboratorio, uno degli One Direction. Per dire, Nairo lo batte venti a zero sotto quel punto di vista.

Io tutto quel periodo là l'ho saltato: il mio primo mito è stato Chiappucci e poi, lo ammetto, stravedevo per Virenque (che comunque dopo la squalifica qualcosa l'ha comunque fatto). Comunque pure i Tour de Fraome ne non è che come altimetria fossero tutto sto sbrodolamento nei '90.
[Modificato da jandileida23 10/08/2015 13:41]
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Re:
jandileida23, 10/08/2015 13:37:

Con la cronometro individuale lunga dubito che Landa possa fare qualcosa più che una vittoria di tappa qua e là. Mi pare meno dura del solito, ma ho solo dato uno sguardo veloce. Ad occhio la scelta più logica mi pare Nibali capitano almeno all'inizio.




Quest'anno mancano l'Alto de Angliru e la mitica Bola del Mundo [SM=x2478856] ..solo una tappa sui Pirenei, anche se là possono attingere pure nelle Asturie o a sud..
Cmq dopo la seconda settimana dovrebbe essere tutto deciso salvo ribaltoni nella crono.




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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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Memorabile sta partecipazione di Nibali alla Vuelta.

Non proprio una gran figura.

Sarà casualità ma me pare che finisca per terra un pò troppo spesso.
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Bella figura...che poi al Tour ci fu Sepulveda squalificato per esser salito su un'ammiraglia per qualche metro
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Re:
ShearerWHC, 23/08/2015 21:31:

Bella figura...che poi al Tour ci fu Sepulveda squalificato per esser salito su un'ammiraglia per qualche metro




Dai, non è l'anno di Nibali, si vede. E secondo me andare a casa non gli dispiace manco.
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Beh, poteva trovare un modo piu' dignitoso per lasciare la Vuelta.

Hai vinto il Tour, hai la maglia da campione d'Italia e fai sta figura penosa?
Non ne esce bene e non gli fa bene stare nell'Astana.
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Al tour però gli è pure saltata la catena all'inizio dell'Alpe. Insomma io sono d'accordo con Giacomo: capitano anni così. Tra l'altro Nibali è uno modesto, almeno sembra, sempre gentile anche quando lo intervistano. Insomma io adesso manco lo appenderei alla croce: certo lui che se fa portà dalla macchinetta non è proprio una scena edificante, me pareva proprio ciclismo d'altri tempi.

Ma io questa prima settimana non la seguirò molto perché ci sono i Mondiali di atletica: una disciplina in cui l'Italia è completamente sparita da ogni radar, una cosa di una tristezza unica che meriterebbe approfondimenti strutturati e seri.
[Modificato da jandileida23 24/08/2015 12:21]
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