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Ultimo Aggiornamento: 02/06/2023 00:32
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25/01/2016 08:51
 
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Emanuele Gamba:

«La Roma non ha gente di quel livello [della Juventus] . E se crede di averne, magari riferendosi a Salah o a Dzeko o a Pjanic, o è sopravvalutata oppure non ha la personalità per distinguersi nelle situazioni di difficoltà.»
[SM=g10633]
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20/02/2016 10:08
 
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Dal “Il Fatto Quotidiano” del 19 Febbraio 2016

Che rischio il pubblico senza ordine all'Olimpico

Qualche ora prima la premiata ditta Montezemolo-Malagò aveva declamato tra sogni e promesse l’ode a Roma Olimpica 2024, altro che Parigi e Los Angeles, figurarsi. Qualche ora dopo, intorno allo stadio chiamato (ironia della sorte) Olimpico, si è rischiata la tragedia, come neppure ad Accra o Abidjan. Mercoledì sera, a pochi minuti dall’inizio di Roma-Real Madrid eravamo lì, schiacciati con migliaia di persone contro le barriere metalliche che circondano l’impianto, mentre altre migliaia di persone spingevano per entrare prima che la partita avesse inizio.

Del resto, se con un affluenza prevista di 60 mila persone i varchi per l’ingresso nei settori Tevere e Nord sono ridotti a tre, con i rallentamenti dovuti alle laboriose operazioni di controllo antiterrorismo, è inevitabile che si crei un pericolosissimo effetto imbuto con urla, panico, bambini sollevati in aria per farli respirare e la sensazione che stesse per accadere qualcosa di irreparabile.

Avremmo tanto voluto lì con noi il prefetto della Capitale Gabrielli (quello con i superpoteri come Nembo Kid) giustamente orgoglioso dello slogan “fuori i violenti e più famiglie allo stadio”, perché avrebbe potuto constatare come una violenza forse più pericolosa contro i cittadini possa provenire da coloro a cui è stato demandato l’ordine pubblico. Si tratta di personaggi piuttosto creativi che dopo aver escogitato la formula dell’ordine senza il pubblico, desertificando di fatto lo stadio con misure degne di Guantanamo, mercoledì sera hanno sperimentato la soluzione opposta, quella del pubblico senza l’ordine con il rischio che qualcuno si facesse male. Effetti collaterali della ricerca applicata all’inettitudine. Non ce l’abbiamo con agenti e steward mandati allo sbaraglio, e siamo sicuri che nel settore della tribuna autorità sia andato tutto nel migliore dei modi.

Si replica domenica quando per Roma-Palermo, partita per pochi intimi, i varchi saranno aumentati e allargati. Tranquilli, le teste pensanti non vanno mai in vacanza.

Antonio Padellaro


Impeccabile [SM=g10633]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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15/10/2016 21:49
 
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Francesca Ferrazza a Rete Sport: “Nelle difficoltà spero che la Roma tiri fuori una grande prestazione. A Napoli finisce 3-1 per i giallorossi”.


[SM=g7557]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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è proprio vero, la saggezza dell'incoscienza
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15/10/2016 22:33
 
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Galopeira ha quasi preso il suo pronostico [SM=g7302] [SM=g7357]
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Sono la rovina della Roma


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18/12/2016 10:14
 
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a volte ritornano: ancora Gamba secondo me ci ha preso:

«Come la Juve a Higuain, la Roma ha somigliato a Dzeko: bellina, freddina. Diminutivi, Saltando dalle colpe ai meriti, però, ne ha una moltitudine Allegri, che ha cambiato tre volte il modulo (dal 4-3-1-2 al 3-5-2 passando per il 4-3-3) adattandone uno a ogni momento della partita e dosando il talento dei fuoriclasse con l’energia dei gregari, perché Rugani, Sturaro e Mandzukic hanno giocato con un vigore impressionante, come se il muro se lo sentissero sulla spalle loro. La Juve, che venerdì a Doha contenderà la Supercoppa al Milan, ha fatto 100 punti nel 2016. Ha vinto la 25ª partita consecutiva allo Stadium, eguagliando il record stabilito tra il 2013 e il 2014, la Roma vi ha perso per la settima volte su sette: la storia recente viaggia su un binario e non scarta di un millimetro.»
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02/03/2017 15:37
 
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IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Ha sbagliato l'approccio, la Roma. Forse vittima ancora una volta di quel complesso di superiorità che più volte le è costato caro. Perché si sentivano più forti i romanisti, (...) e per un percorso di crescita che sembrava fin troppo scontato. Invece per vincere le partite, soprattutto quelle delicate come il derby della Capitale, serve concentrazione, voglia e cattiveria. Alla Roma è mancato tutto questo, non c’è mai stata la scossa in grado di dare la svolta alla serata che invece Nainggolan &Co. hanno subito: soprattutto di testa.


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26/04/2017 13:59
 
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Un inganno da mille gol, in Serie A segnano tutti lo spettacolo non c’è e le difese sono sparite

LA REPUBBLICA (M. CROSETTI) - Difese più allegre e tifosi più felici? La somma algebrica dei gol segnati è il principale indicatore di qualità del calcio? Il campionato delle 261 vittorie, dei 946 gol e delle 48 reti in un solo turno, l’ultimo, rappresenta il migliore dei mondi possibili? Ma, soprattutto, uno scudetto (sesto consecutivo) assegnato di fatto ben prima di Natale, e retrocessioni definite sempre di fatto ben prima di Pasqua, ci dicono che l’Italia è il paese dello spettacolo? Per alcuni sì, o forse no. Se tutto questo fosse vero, non dovremmo avere come modelli ideali il Real Madrid, il Barcellona o il Bayern ma The New Saints of Oswestry Town & Llansantffraid Football Club, più noto come TNS, cioè il dominatore del campionato gallese. I suoi baldi giovani sono gli eroi di Oswestry: guidano la classifica con 85 punti in 32 partite, hanno segnato 99 gol e hanno 27 punti di vantaggio sul Connah’s. Considerate questo esempio come un omaggio a Cardiff, sede della prossima finale di Champions, anche per non tirar fuori la solita Olanda dove ci sono da sempre Feyenoord, Ajax e Psv (attualmente in quest’ordine) e la quarta, l’Utrecht, viaggia a 15 punti dalla terza. Insomma, i campionati dove segnano molto e vincono quasi sempre i soliti non brillano per originalità, e forse neppure per divertimento. Certo, come qualcuno ha scritto, se il gol è l’orgasmo del calcio nessuno vorrebbe assistere a in contri fatti solo di preliminari, dove alla fine non si conclude mai. Però attenzione a non confondere quantità e qualità. Teniamoci piuttosto l’apparente paradosso del campionato più pirotecnico e scontato degli ultimi decenni, e prendiamo il molto di buono che c’è. Tutti questi bomber (in 6 dai 20 ai 25 gol) e tutte queste novità, tipo la pri- ma rete di un nordcoreano (Han Kwang Song del Cagliari) e le prime di un libico (Benali del Pescara). E se in A continua a giocare e brillare, a 39 an- ni poi, uno dei più grandi portieri della storia, la somma dei gol presi da Juventus, Roma e Napoli è 83, anche se d’altro canto ne hanno già fatti 219, uno sproposito. E mica si va allo stadio sperando nello 0-0, con buona pace di Annibale Frossi (cari lettori giovani, c’è Wikipedia) che lo teorizzava come il risultato perfetto, la somma delle forze che opponendosi si elidono.
Ormai in Italia si segna quasi quanto in Spagna e molto più che in Germania e Inghilterra, anche per la gioia di chi gioca al Fantacalcio (se non aveva messo Handanovic o Posavec) e di chi scommette soldi sugli “over”. Anche perché si è tornati alla tecnica (non dei difensori centrali, parrebbe) e ai campioni più che alle tattiche e alle lavagne. Ci sarebbe quasi da riscrivere il famoso detto: il calcio è quella cosa dove si segnano mille gol e vince sempre la Juve.
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28/05/2017 11:27
 
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Nonostante l'intervistatore (e la domanda: in che lingua avranno parlato?) Pluto è sempre Pluto

IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Anche il 31 ottobre del 1998, sul calendario personale di Totti, resterà per tutta la vita una data speciale. Il flash back lo fa tornare all’Olimpico, per Roma-Udinese finita 4 a 0: Francesco diventa capitano, incoronazione festeggiata con una doppietta (gran gol al volo di sinistro e rigore piazzato). Non è quella per la prima volta: il 17 ottobre dello stesso anno, gara casalinga contro la Fiorentina, la provò stringendo la mano a Batistuta. Segno pure quello del destino: due anni dopo, fecero coppia per lo scudetto. «Sarò allo stadio e mi emozionerò, commuovendomi, insieme con i tifosi giallorossi. Perché, come loro, l’ho visto crescere. E siamo diventati amici». Aldair, 51 anni e anche lui campione del mondo, si presenterà in tribuna. Anche perché fu proprio l’ex difensore della Seleçao a promuoverlo e a mettergli la fascia al braccio. Per sempre (quasi 17 anni).

Perché decise improvvisamente di rinunciare al ruolo di capitano?
«In quel momento avevo qualche discussione aperta con la società. E non era giusto, magari indirettamente, coinvolgere i miei compagni. In campo, da capitano, non si può essere nervosi o con la testa da un’altra parte. In più non ero proprio abituato. Non mi trovavo a mio agio, essendo straniero».

E’ vero che non le piaceva parlare con gli arbitri?
«Preferivo farmi sentire dai compagni, guidandoli nei movimenti e magari dando loro qualche consiglio. Ero più concentrato sulla squadra e sulla partita».

Con gli arbitri non riusciva a spiegarsi come avrebbe voluto?
«La lingua non mi ha mai aiutato. Quando parli con l’arbitro devi essere chiaro e diretto. Se sbagli, rischi di peggiorare la situazione».

Come mai è stato scelto Totti che, nell’ottobre del 1998, aveva appena 22 anni?
«Semplice. In quel momento era la soluzione migliore per la nostra squadra. Giovane, nato a Roma e tifoso giallorosso. L’ideale per essere capitano. Anche perché ai miei occhi è sempre stato un giocatore importante. Ero certo che avrebbe fatto una gran carriera. E, a quanto pare, non mi sbagliavo. Francesco è nato campione».

Quando ha deciso, si è confrontato con Zeman e con gli altri compagni?
«No, ho fatto di testa mia. L’ho scelto io, dicendo all’allenatore e ai compagni che era la soluzione giusta».

Non è che è stato proprio Totti a chiedergliela?
«In quel momento lui non ci pensava. Non mi aveva mai detto niente. Anche perché sapeva che, prima o poi, sarebbe diventato capitano. Quando gli ho comunicato la mia decisione, ha subito accettato. Ma l’ho preso in contropiede. È stata una sorpresa, a quanto pare».

Quali consigli ha dato al nuovo capitano?
«Gli dicevo di stare calmo e cercavo di aiutarlo. Il capitano deve far star bene gli altri, mettere tutti d’accordo e garantire serenità alla squadra. Non è solo indossare la fascia al braccio».

La Roma dell’ultimo scudetto ha avuto diversi leader: da Cafu a Samuel, da Emerson a Batistuta, da Tommasi ad…Aldair. Totti, tra tanti campioni, è riuscito a mostrare subito la sua personalità?
«Francesco ha portato, fin da ragazzino, sulle sue spalle il peso del grande calciatore. Ma, vivendo quotidianamente a contatto con i big di quel gruppo, è cresciuto in fretta come calciatore e come uomo. Ha acquistato esperienza e soprattutto carisma. Ma il suo carattere è rimasto lo stesso. Non l’ho mai visto discutere con i compagni. Si è sempre fatto capire. E, se doveva affrontare qualche argomento delicato o comunque importante,magari preferiva non farlo in pubblico. Ti chiamava, parlando a quattr’occhi».

Come ha vissuto Totti da compagno di squadra?
«Un ragazzo allegro e spiritoso. Ha sempre scherzato con tutti. E ha preso in giro un po’ tutti. Senza mai essere cattivo, però. O pesante. Un chiacchierone che faceva divertire il gruppo. Ma anche un generoso. Ha sempre coinvolto e rispettato i dipendenti del club».

E fuori dal campo?
«Quando giocavo, l’ho frequentato poco. Questione d’eta. Noi tra l’altro uscivamo tra di noi, tra brasiliani, con le famiglie. L’ho visto di più quando smesso. Anche con Zeman, a cena. A conferma che non ho mai avuto niente di personale nei confronti di quel tecnico. Con lui ho sempre discusso sul modo di stare in campo. Gli contestavo la linea troppo alta della difesa. Ci confrontavamo, insomma, sulla tattica».

Ha mai suggerito a Totti di provare un’esperienza all’estero?
«Francesco ha avuto tante offerte da grandi club, ma non mi sono mai sentito di spingerlo, conoscendo il suo legame con la Roma e la città, ad andarsene. Nemmeno quando altre squadre italiane erano più competitive della nostra. Voleva vincere qui, non gli sono mai bastati quello scudetto e i successi in Coppa Italia. Ci ha provato fino all’ultimo. E, secondo me, ha ritardato l’addio proprio per insistere».

Gli ha mai consigliato di smettere prima?
«Pensavo che a trentacinque anni avrebbe lasciato. Più o meno facciamo tutti così. È l’età giusta. Solo i portieri sono propensi a fare qualche anno in più, riuscendo ad arrivare ai quaranta. Francesco, invece, ha preferito non fermarsi».

E’ questo il momento giusto per dire addio?
«La carriera, se non hai infortuni seri nella fase finale, non ha mai una fine scritta. Dipende da come stati e da come ti senti. Uno di solito finisce prima. Come ho fatto pure io. Ma c’è pure chi va avanti. Penso a Junior che ha giocato fino a 42 anni con il Flamengo. Anch’io ho provato a ricominciare all’età di Francesco: a quarantuno anni mi chiamò Agostini per giocare a San Marino. Mi ha subito convinto e io ho accettato con entusiasmo. Ho provato, ma non c’è l’ho fatta. Non ero più allenato e mi sono fatto male».
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28/05/2017 13:35
 
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Aldair è veramente speciale.
Di spessore. Anche per conoscenza diretta o quasi.
Lui, Taddei..questi hanno veramente la Roma nel cuore.
E non si sono mercificati negli anni.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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28/05/2017 15:56
 
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Quel che non capiscono (o fanno finta di non capire) quelli del «tifiamo solo la maglia» è che la maglia la fanno anche i giocatori che la indossano, che diventano mitici anche tramite la maglia, e ti restituiscono qualcosa, ti fanno appassionare. Non l'una senza gli altri. Per essere la Roma, la Roma ha bisogno di essere incarnata in figure vive e vegete.
Per me la Roma è la Roma, e la Roma è anche Conti, Pruzzo, Falcão, Aldair, Giannini, Völler, Agostino, Francesco Totti, Cerezo.
Senza i giocatori, quei giocatori, non saremmo così innamorati della Roma.
Penso che sia successo pure con Giacomo Losi e altri prima di noi.

Quando leggo le interviste di Aldair (uno davvero mai banale) mi sento orgoglioso che abbia giocato con la Roma.
Anzi, amo ancora di più la Roma perché ha fatto innamorare di sé persone e campioni così, come amo la mia città.
Scusate la sviolinata, ma Pluto è Pluto.
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30/05/2017 10:28
 
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Quando muore Ettore

LA STAMPA (M. FELTRI) - Era così vero, un dramma collettivo così popolare e teatrale, di un’autenticità così elementare che è diventato impossibile girarsi dall'altra parte. Non si era mai visto un addio al calcio simile, un intero stadio in lacrime, e al centro l’idolo, in lacrime anche lui, e tutti in lacrime davanti alla tv, a dimostrazione che il calcio non è una semplice pozione per gonzi, ma una faccia della vita: è un romanzo emotivo con poca finzione e quel tanto che resta dell’epica.

È andata come nessuno aveva previsto. Francesco Totti ha rifiutato la divinizzazione che stava calando su di sé. Ha detto quello che nessuna divinità aveva detto prima: che sia maledetto il tempo, ho paura, ho bisogno di voi. Non era il campione, solo un uomo alle prese con questioni tanto umane, lo smarrimento per le stagioni della vita, l’irrecuperabile che rimane dietro e il buio davanti. Ha tenuto un lungo discorso senza parlare di calcio, il calcio non c’entrava più e a rifletterci bene non c’era alternativa.

Nessuno era andato allo stadio a celebrare una collezione di trofei, perché di quelli ne ha vinti pochi, ma un ragazzo che è rimasto lì, per venticinque anni, a esercitare il suo sconfinato talento in una comunione spirituale con una squadra e una città. «Ho bisogno di voi». Che dispiacere per chi non capisce. Piangevano i bambini, gli adulti, i vecchi, ognuno piangeva sull'irrimediabile e sull'unica grande verità dello sport e delle nostre esistenze: vincere al massimo è un effetto collaterale. Quando perde Ettore, lo piange anche Achille.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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30/05/2017 12:15
 
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si',mi aveva colpito quell'articolo.
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19/01/2018 09:28
 
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Chiude El Grafico, leggendaria rivista argentina

“El cierre”, la chiusura, è arrivata in modo repentino e fondamentalmente inatteso, nonostante la crisi mondiale delle carta stampata e dei periodici in particolari. Però El Grafico era qualcosa di più di una semplice rivista: era un’icona e un simbolo del calcio e dello sport argentino, era un monumento del giornalismo del paese e sportivo in genere, era un pezzo di storia. Nel maggio 2019 avrebbe compiuto cento anni, venerdì sarebbe andato in stampa col numero di febbraio, martedì ha chiuso, almeno per la sua edizione cartacea, in attesa di trovare un modo per “generare contenuti al di là della sua forma tradizionale”, come si legge nel comunicato dell’editrice “Torneos”.

Nata nel 1919 come rivista generalista, era presto passata ad occuparsi di sport: settimanalmente fino al 2002, poi con un’edizione mensile. Da anni i tempi delle tirature monstre (690.998 copie dopo la vittoria nel Mundiale 1986) erano passati, ma El Grafico continuava a essere riferimento anche all’estero. In altro trovate la prima e l’ultima copertina, sotto una carrellata di “tapas historicas”.

Finire in copertina era entrare nella storia dello sport argentino.

Sul sito del giornale potete consultare ancora l’archivio storico:

www.elgrafico.com.ar/


tropicodelcalcio.gazzetta.it/2018/01/17/chiude-el-grafico-leggendaria-rivista-ar...
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/03/2018 15:37
 
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Addio a Giuseppe Pistilli, prima firma storica del Corriere dello Sport

www.corrieredellosport.it/news/calcio/fuori-dal-campo/2018/03/21-40349423/addio_a_giuseppe_pistilli_maestro_di_tu...

Indubbiamente è vero, per Pistilli e molti altri della sua generazione..La lingua italiana con lui era al sicuro. Il calcio pure. Non lo erano i ragazzi che incappavano nelle sue rampogne quando pensavano di scherzare con il congiuntivo o di prendersi qualche licenza con la punteggiatura. Giuseppe Pistilli era il giornalismo autorevole, rispettato, senza cedimenti, senza deroghe. Aveva uno stile inconfondibile, nella vita come nel lavoro.

C'era un'altra preparazione, una vera scuola di giornalismo e si notava. A prescindere poi dai contenuti e dalle argomentazioni che a volte potevano scadere abbastanza banalmente nella retorica, specie quando si parlava di partite della nazionale.
Ma questi avevano la stoffa per farlo.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/03/2018 17:23
 
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Re:
Sound72, 22/03/2018 15.37:

Addio a Giuseppe Pistilli, prima firma storica del Corriere dello Sport

www.corrieredellosport.it/news/calcio/fuori-dal-campo/2018/03/21-40349423/addio_a_giuseppe_pistilli_maestro_di_tu...

Indubbiamente è vero, per Pistilli e molti altri della sua generazione..La lingua italiana con lui era al sicuro. Il calcio pure. Non lo erano i ragazzi che incappavano nelle sue rampogne quando pensavano di scherzare con il congiuntivo o di prendersi qualche licenza con la punteggiatura. Giuseppe Pistilli era il giornalismo autorevole, rispettato, senza cedimenti, senza deroghe. Aveva uno stile inconfondibile, nella vita come nel lavoro.

C'era un'altra preparazione, una vera scuola di giornalismo e si notava. A prescindere poi dai contenuti e dalle argomentazioni che a volte potevano scadere abbastanza banalmente nella retorica, specie quando si parlava di partite della nazionale.
Ma questi avevano la stoffa per farlo.



me lo ricordo.C'erano pure ghirelli,dominici e altri giornalisti veri.


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28/03/2018 10:50
 
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De Cesari pure. E quell'altro del sud con gli occhi storti, direttore del Corriere che Ciccone imitava ripetendo "si è rotto il giocattolo"


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08/01/2020 16:00
 
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trasponendo il detto non viene poi male: Diamo ad Augusto ciò che.....
Ecco, dopo averne lette e sentite, poche delle quali, ovunque le abbia lette o sentite, hanno centrato il punto, semmai si sono disperse e incartate, tante critiche (o alini, perché pure quelli ci sono stati), ecco dicevo la MIGLIORE analisi di Roma - Torino e di ciò che ne concerne (questo è il nodo...).
bravo Ciardi.

LR24 (AUGUSTO CIARDI) - INUTILI NUMERI

Se fino a due settimane prima hai giocato, vincendo e convincendo, Fiorentina-Roma, la partita che sembrava avesse certificato l’età della maturità, non puoi ripresentarti a inizio anno con Roma-Torino. E lasciamo stare i dati statistici del match, che se vengono letti male imprigriscono le analisi delle partite, allontanandoci dal cuore delle questioni.

Al tempo di Luis Enrique, c'era gente che parlava solo di percentuali. Vincevi o perdevi? Per loro contava soltanto il possesso palla. “67%! Anche se abbiamo perso siamo saliti di cinque punti percentuali nel possesso palla! La strada è giusta!”. Ci si impigriva. Poi siamo arrivati al conteggio ossessivo dei passaggi riusciti, la voce più stupida dei numeri legati alle partite. Quindi dei tiri nello specchio. Come se una conclusione da quaranta metri, centrale, col portiere avversario che stoppa di piatto la conclusione ciabattata, valesse quanto un tiro a cento all’ora all’incrocio dei pali. A Roma sono stati spacciati per fenomeni portieri come Sorrentino, perché due anni fa fu oggetto di una quindicina di tiri più che in porta addosso a lui, e Sirigu, buonissimo portiere, che ieri ha giocato da sei in pagella, da ordinaria amministrazione.

Il punto è che la Roma doveva vincere contro il Torino. Lo imponeva il momento storico. Non soltanto perché la Lazio le sta vincendo tutte. Semmai anche per questo. La Roma ieri doveva vincere perché dopo una crescita così evidente, con miglioramenti acclarati e dichiarazioni di intenti, è inaccettabile una prestazione caratterizzata da un’accozzaglia di errori. Di impostazione, di posture, di ritmo, di coesione. Di scelte. È mancato il mutuo soccorso, è mancata la sostanza
, perché ieri la Roma è stata forma e apparenza, quasi cercasse più l’esibizione che la prestazione.

Sono state sbagliate tutte le scelte. Palesemente inadeguate anche nelle proteste nei confronti di un arbitro che non deve finire sul banco degli imputati, pur avendo diretto in modo indisponente, perché la Roma ha deciso di suicidarsi non volendo mai mettere in discussione gli arbitri, con risultati che certificano il fallimento della politica del club riguardo i direttori di gara. Ieri sera non è finita la stagione della Roma. Non ci si rimangia quanto detto fino al pomeriggio. Ma la Roma ieri ha profondamente deluso. E se si cerca di mitigare la delusione parlando di sfortuna per via dei trenta tiri in porta, si commette un errore macroscopico.
In the box - @augustociardi


CAPITO FONSè????? ci mancava sta chiosa che ce la metto io, sull'ultima frase.

Questo si è presentato ai microfoni con due concetti:
"abbiamo fatto 30 tiri......."
"pure se giocavi fino a domani non sarebbe entrata....."

Ecco, Ciardi non si spinge la dove mi sono spinto io, che ho già indicato a Fonseca ..."la Vetta Garcia".
"Finirai così, se credi, se questi pochi mesi di Roma, ti hanno fatto capire solo e soltanto che 'Tanto qui sì accontentno, so contentoni, bambinoni, due calle, due risultati, e i bagni di folla, i complimenti... ho capito dai, i romani so gente orgojona, dei pupazzotti allegroni....".

Perché il modo come ti sei presentato ai microfomni,"30 tiri non segnavamo manco fino a domani" E' NA PRESA PER CULO CHE TI DARAI INFACCIA BELLO MIO.
Se non capisci che serve la SOSTANZA, e che le chiacchiere, i paladini e i calmieratori nelle radio BON TI BASTERANNO, quando t'avranno sgamato pure loro.

La cosa buona, Fonsè.... è che io ARRIVO DI SOLITO CONLARGO ANTICIPO, e che io La parabola de Garcia te l'ho indicata, chiara e semplice.
Se te dice CULO, che capiti di qui.... leggi sti post.
Poi avrai dai 6 agi 18 mesi, questo il tempo medio entro il quale, 8 su 10, le mie "letture" si avverano.
C'hai da qualche mese a un annetto per legge ste parole e capì PRIMA ciò che NON TI DEVI PIU' PRESENTARE A DIRCI, e ciò che accadrà quando, se non capisci, t'avranno sgamato tutti.

A partire dal "anticipo di Giove", mò c'hai qualche mese di conto alal rovescia per capì. Sennò lo so meglio io di te come finisce.


Così capsici che le chiaccheire non durano. Se hai pensato che tanto qui bastano quelle.
Bastano si.
Per un po'.
E poi finirà con te lontano e noi qui a sfondarti ogni volta che capit il discorso.

Leggi che si scrive di un altro che aveva iniziato bene, ,a poi era più PAROLE e MENZOGNE, e TENTATIVI DI SUPERCAZZOLA, che tecnico.
[Modificato da giove(R) 08/01/2020 16:20]


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08/01/2020 22:14
 
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Stasera sto facendo serata junk tv di televisioni sportive e sono capitato su Ciardi.
Me pare Rasputin.
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09/01/2020 10:41
 
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si si, io a suo tempo, mi sa che avevo detto Mefistofele.



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