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Le vite degli altri

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2017 11:23
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07/01/2013 19:32
 
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chi l'avrebbe mai detto?


Italia, paradiso fiscale dei calciatori
Aliquote più basse di Spagna e Uk

Gli sportivi lasciano il Belpaese in cerca di nuovi stimoli e stadi pieni. I dirigenti si lamentano per le aliquote più vantaggiose all'estero, ma in realtà sono più vantaggiose solo in Francia e nei campionati secondari
di GIULIANO BALESTRERI

MILANO - Sorpresa. L'Eldorado dei calciatori è l'Italia. Niente Spagna, niente Inghilterra: è l'Italia il paese con l'imposizione fiscale più vantaggiosa per gli sportivi milionari. A patto - ovviamente - di voler giocare in campionato di primo livello e non voler emigrare verso Svizzera o Slovacchia. E sì perché un calciatore con uno stipendio di due milioni di euro in Serie A paga 874mila euro di imposte contro il milione della Liga spagnola, i 927mila euro della Premier League inglese e gli 876mila euro della Bundesliga tedesca. Insomma la tassazione resta più bassa di quella dei concorrenti anche dopo il contributo di solidarietà del 3% introdotto dal governo Monti per la parte eccedente i 300mila euro di reddito.

Certo qualche stella potrebbe scegliere il campionato francese dove l'imposta si ferma a 806mila euro, ma solo fino a quando il presidente Francois Hollande non riuscirà a imporre la super tassa sui redditi milionari: l'aliquota del 75% è stata bocciata dalla Corte costituzionale, ma l'inquilino dell'Eliseo non ha intenzione di mollare la prese e promette battaglia. A costo di assistere a una vera e propria migrazione di transalpini - come Gerard Depardieu - sta già pensando a una nuova forma di tassa patrimoniale.

Insomma dallo studio di Kpmg sulla diversa imposizione fiscale all'interno dell'Unione europea emerge un progressivo allineamento tra i singoli Paesi come negli auspici della Commissione che nella sua raccomandazione di dicembre chiedeva una maggiore armonizzazione tra i governi membri. Una strategia volta a disincentivare gli spostamenti da un Paese all'altro solo alla ricerca di una più favorevole imposizione fiscale.

Una raccomandazione che colpisce come un boomerang il mondo del calcio - italiano - mettendone a nudo tutti i limiti: mentre l'Uefa discuteva di fair play finanziario i club italiani si lamentavano della fuga dei calciatori verso la Spagna dove ad aspettarli c'era la "legge Beckham". La norma, introdotta nel 2005, prevedeva un'aliquota di tassazione ridotta dal 43% al 24% per tutti i lavoratori stranieri in Spagna con introiti superiori ai 600mila euro annuali. Una legge pensata per attrarre cervelli dall'estero, ma che, invece, ha attirato - soprattutto - piedi fini: da Beckham a Kakà fino a Ibrahimovic. Una norma che per i dirigenti italiani era fumo negli occhi, ma che una volta abolita, ha rivelato la fragilità dell'economia calcistica made in Italy e lo scarso appeal del campionato. Come dimostrano le numerose società in vendita e i pessimi risultati a livello di competizioni europee.

(07 gennaio 2013)


sicuramente non il geometra galliani. ecco quello che ci voleva far credere nel 2008.

CALCIO: GALLIANI, NOSTRO SISTEMA È AL COLLASSO

(ANSA) - ROMA, 18 LUG - "Se non facciamo niente rischiamo di scomparire e di retrocedere. Mi riferisco al sistema calcio, che, rispetto alla Spagna, da noi accusa un momento di crisi". Lo ha detto l'amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, al termine del Consiglio federale, uscendo dai locali della Federcalcio di via Allegri. "Non si può andare avanti - aggiunge Galliani - dovendo gestire in coabitazione gli stadi e in virtù di una fiscalità doppia rispetto alla Spagna, che ci costringe a pagare cifre nettamente superiori. Se i grandi acquisti, come nel nostro caso Ronaldinho, arrivano questo avviene solo grazie agli esborsi personali dei grandi imprenditori". (ANSA).


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Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.
(Samuel Beckett, Worstward Ho)
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