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Politica internazionale

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2024 17:50
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24/06/2016 12:16
 
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Londra fuori dalla Ue, cosa succede adesso

La Gran Bretagna ha parlato: dopo 40 anni, ha deciso di uscire dall’Unione Europea. “Un terremoto”, lo definisce la Bbc. E adesso cosa succederà? Molte le conseguenze, immediate e a lungo termine, che aprono un periodo di profonda incertezza.

Mercati. La sterlina è crollata al livello più basso dal 1985, si parla già di un intervento della Banca d’Inghilterra per sostenerla e di un’ascesa dell’inflazione. Alla borsa di Londra si prospetta il rischio di un “Black Friday”, un venerdì nero all’insegna del panico, come aveva ammonito il finanziere George Soros prima del voto: non è escluso che a un certo punto vengano sospese le contrattazioni per evitare un crollo di dimensioni storiche. Le cui avvisaglie si vedono già nelle borse asiatiche, come Tokyo, che hanno già aperto in calo vertiginoso. Ma questo è solo il “day after”: nei mesi a venire c’è il pericolo, anzi la concreta possibilità, di una fuga degli investimenti dal Regno Unito e di una grave recessione economica, come molti economisti avevano pronosticato in caso di vittoria di Brexit.

Primo ministro. David Cameron si dimetterà, e quando? E’ la domanda che circola su tutti i notiziari. Ieri sera 84 deputati conservatori “ribelli”, cioè pro-Brexit, dunque contrari alla linea pro-Remain del premier, hanno firmato una lettera chiedendo al premier di rimanere al suo posto in caso di qualunque risultato nel referendum. E tra loro c’è anche Boris Johnson, l’ex-sindaco conservatore di Londra, diventato il leader della campagna per Brexit e l’avversario numero uno di Cameron. Ma adesso si moltiplicano le voci di esponenti dei Tories che si domandano se Cameron sia l’uomo giusto per garantire la stabilità. E soprattutto bisognerà vedere se il leader conservatore si assumerà la tremenda responsabilità di quanto è accaduto: è stato lui a indire il referendum, lui a volerlo come antidoto a una crescita dell’Ukip che minacciava di fargli perdere le elezioni del 2015. E’ possibile che Cameron annunci o preannunci entro breve tempo le dimissioni. “Passerà alla storia”, twitta la scrittrice J.K. Rowling, “come colui che ha distrutto due unioni”: sottinteso, l’Unione Europea e il Regno Unito. Se Cameron si dimette, elezioni primarie decideranno chi è il nuovo leader del partito, che diventerà automaticamente primo ministro. Il candidato numero uno per l’incarico, in base ai sondaggi: Boris Johnson.

Scozia e Irlanda del Nord. “Noi abbiamo votato in massa per restare nella Ue”, è il primo commento di Nicola Sturgeon, premier indipendentista del governo autonomo scozzese: e gli scozzesi vogliono restarci. Due anni fa la Scozia votò in un referendum sull’indipendenza, scegliendo 55-45 per cento di rimanere nel Regno Unito. Ora è probabile se non certo che ne indirà un altro ed è più che possibile che stavolta lo vincano gli indipendentisti. Ma, oltre alla Scozia, anche l’Irlanda del Nord ha prodotto una maggioranza di voti per Remain, per restare nell’Unione Europea. E lo Sinn Fein, il partito cattolico indipendentista nord-irlandese, stamattina afferma: “Si pone a questo punto la questione della nostra riunificazione con l’Irlanda”. Potrebbe esserci un referendum per la secessione dalla Gran Bretagna anche a Belfast. Rinascerà un confine tra le “due Irlande” e sarà la frontiera tra Unione Europea e Gran Bretagna. Il conflitto mai del tutto sopito fra cattolici e protestanti rischia di riaccendersi. E il Regno Unito rischia di diventare una Little England, l’Inghilterra più il Galles, l’unica altra regione che ha votato per “Leave”, per lasciare la Ue.

Laburisti. Si profila una resa dei conti anche in casa del Labour. Ci saranno accuse a Jeremy Corbyn di non essersi battuto abbastanza per Remain. Una mozione di sfiducia nei suoi confronti potrebbe portare a nuove elezioni primarie e a un nuovo leader anche nella sinistra britannica.

Unione Europea. Martedì Cameron andrà a Bruxelles per una riunione del Consiglio d’Europa. Poi il governo e il parlamento britannico dovranno mettere ai voti l’articolo 50 della convenzione che regola la secessione dalla Ue: votato quello, entro due anni la Gran Bretagna dovrà negoziare un nuovo rapporto con l’Unione Europea. Tipo Norvegia, tipo Svizzera o di nuovo tipo, senza alcun legame, come gli Stati Uniti o come Singapore. Questo per quello che riguarda Londra. Per quello che riguarda Bruxelles, si profilano campagne per referendum secessionisti da parte di altri paesi euroscettici. Si vedrà se la Ue sopravvive, aumentando l’integrazione, o crolla perdendo uno dei suoi paesi più imporanti.

Londra. E resta da vedere cosa accadrà nella capitale, con una popolazione di stranieri, in gran parte europei, che sfiora la metà degli abitanti: una “isola” che, come la Scozia, ha votato a maggioranza per Remain. Nei giorni scorsi qualcuno prevedeva che, in caso di vittoria di Brexit, anche Londra dovrebbe fare un referendum per la secessione dall’Inghilterra e diventare una città-stato indipendente. Sembrava uno scherzo, un paradosso. Ora non è del tutto da escludere.
repubblica.it
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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