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Questo è il famoso "Processo di Pace israelo-palestinese"...

Ultimo Aggiornamento: 11/09/2014 11:00
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10/02/2011 16:43
 
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non so quanto questa sconvolgente notizia (sconvolgente fino a un certo punto, almeno per chi ne sa poco) sia assurta e con che volume, alle cronache recenti.
e c'è chi dice che Israele non è protetto...
sono stati da poco pubblicati da Al Jazeera e dal Guardian i cosidetti Palestine papers, che rivelano tutte le storture e i rapporti sbilanciati nelle forze in campo.
rivelano in pratica, a tutti coloro i cui timpani sono stati neglia nni tarlati dalla frase "processo di pace" "processo di pace" "processo di pace", che alla collanina delle prese per il culo della vita, possono infilare anche questa perla.


Le verità dei palestinesi
Seumas Milne e Ian Black, The Guardian, Gran Bretagna

I Palestine papers pubblicati da Al Jazeera e dal Guardian sono destinati a cambiare per
sempre il processo di pace in Medio Oriente

La più grande fuga di documenti riservati nella storia del conflitto in Medio Oriente ha rivelato che i negoziatori palestinesi hanno accettato in segreto l’annessione da parte di Israele di tutti gli insediamenti costruiti illegalmente a Gerusalemme Est, tranne uno. Questa concessione senza precedenti è solo una delle tante destinate a causare sconcerto tra i palestinesi e, più in generale, nel mondo arabo.
Al Jazeera è entrata in possesso di migliaia di documenti segreti palestinesi, che coprono più di dieci anni di negoziati con Israele e con gli Stati Uniti, e li ha condivisi in esclusiva con il Guardian. Queste carte offrono un punto di vista straordinario sulla progressiva disintegrazione di un processo di pace ventennale, che molti ritengono ormai morto e sepolto.
Le rivelazioni toccano varie questioni: la portata delle concessioni fatte in segreto dai negoziatori palestinesi sul delicatissimo nodo del diritto al ritorno dei profughi; il trasferimento di alcuni cittadini arabi nel nuovo stato palestinese richiesto in segreto dai leader israeliani; la stretta collaborazione tra le forze di sicurezza israeliane e l’Autorità
Palestinese; il ruolo centrale dei servizi di intelligence britannici nel mettere a punto un piano segreto per sconfiggere Hamas nei Territori occupati; il fatto che i leader dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) erano stati avvisati in segreto dell’invasione israeliana di Gaza a cavallo tra il 2008 e il 2009.
Oltre all’annessione di tutti gli insediamenti di Gerusalemme Est, tranne quello di Har Homa, i documenti palestinesi svelano che i leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) hanno segretamente suggerito lo scambio tra il quartiere arabo di Sheikh Jarrah, nell’infiammata Gerusalemme Est, e altre terre. E ancora più discutibile è la proposta, avanzata dagli stessi leader dell’Olp, di istituire una commissione congiunta per il controllo dei luoghi
sacri della Spianata delle moschee (il Monte del tempio per gli israeliani) nella città vecchia di Gerusalemme. Fu proprio
questo il nodo cruciale che determinò il fallimento dei negoziati di Camp David nel 2000.
Queste proposte risalgono a un periodo compreso tra il 2008 e il 2009, dopo la conferenza di Annapolis del 2007, promossa dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Secondo le dichiarazioni confidenziali di uno dei più importanti negoziatori palestinesi, Saeb Erekat, si trattava di dare a Israele “la più grande Yerushalayim (il nome
ebraico di Gerusalemme) della storia” per risolvere il più complicato conflitto del mondo. I leader israeliani, sostenuti dal governo statunitense, considerarono l’offerta inadeguata.

Contenuti affidabili
Gli sforzi dell’amministrazione Obama per riaprire il dialogo sono falliti a causa del rifiuto israeliano di estendere la moratoria sulla costruzione di nuovi insediamenti. Le prospettive sono ora incerte, segnate dalla convinzione sempre più forte che una soluzione al conlitto è sempre più lontana, e dai timori di una nuova guerra.
Gran parte dei 1.600 documenti che compongono i Palestine papers sono stati redatti da funzionari dell’Anp e da avvocati al servizio dell’unità di supporto ai negoziati dell’Olp finanziata dalla Gran Bretagna. I documenti comprendono i verbali degli incontri privati e il loro contenuto è stato confermato da persone che erano coinvolte nei negoziati, da fonti di intelligence e diplomatiche.
Per questo, i resoconti dei funzionari israeliani potrebbero mostrare delle discrepanze rispetto a quelli palestinesi.
Nel 2008 i leader palestinesi concessero a Israele l’annessione degli insediamenti di Gerusalemme Est, compreso quello di Gilo.
Questa colonia ha fatto molto discutere negli ultimi tempi dopo che Israele ha dato il via libera alla costruzione di 1.400 nuove abitazioni. Secondo il diritto internazionale,tutti gli insediamenti costruiti sui Territori occupati da Israele durante la guerra del 1967 sono illegali, ma quelli di Gerusalemme sono spesso descritti e considerati da Israele come “quartieri” della municipalità.
I governi israeliani hanno sempre cercato di ottenere l’annessione degli insediamenti più grandi in un eventuale accordo di pace, e nel 2000 a Camp David ci erano quasi riusciti.
Nel 2008 Erekat fece notare ai leader israeliani che era “la prima volta nella storia israelo-palestinese in cui veniva fatta
una proposta del genere”. L’oferta, però, fu respinta perché non includeva un vasto insediamento vicino alla città di Ma’aleh Adumim né Har Homa né molti altri in Cisgiordania, compreso quello di Ariel.
“Questa proposta non ci piace, perché non corrisponde alle nostre richieste”, rispose ai palestinesi l’allora ministra degli esteri Tzipi Livni. “Immagino che non sia stato facile per voi arrivarci, lo apprezzo comunque molto”.
I Palestine papers, che coprono un periodo di tempo che va dal 1999 al 2010, restituiscono nel complesso un’impressione di debolezza e disperazione crescente tra i leader dell’Anp, preoccupati che l’incapacità di raggiungere un accordo facesse vacillare la loro credibilità nei confronti dei rivali di Hamas. D’altro canto, i documenti rivelano la grande fiducia in sé dei negoziatori israeliani e l’atteggiamento spesso troppo frettoloso con cui i politici statunitensi
hanno liquidato i rappresentanti palestinesi.
Dopo la pubblicazione dei Palestine papers, Erekat ha dichiarato che i verbali degli incontri sono solo “un mucchio di bugie e mezze verità”. Secondo il capo dei negoziatori palestinesi Abu Ala “molte parti dei documenti sono state inventate per gettare discredito sulla leadership palestinese”.
Tuttavia, l’ex incaricata palestinese per i negoziati Diana Buttu ha chiesto le dimissioni di Erekat in seguito alle rivelazioni: “Saeb deve fare un passo indietro, altrimenti sarà evidente quanto distanti e poco
rappresentativi siano i negoziatori”.
I funzionari palestinesi e israeliani si difendono sottolineando che ogni presa di posizione durante i negoziati deve sottostare al principio del “niente è deciso finché non si è d’accordo su tutto” e che nessuna concessione può essere ritenuta valida in assenza di un accordo globale.


Un partner per il dialogo
Aluf Benn, Ha’aretz, Israele
I Palestine papers offrono uno sguardo nuovo sul modo in cui sono stati condotti i negoziati israelo-palestinesi. Questi documenti mostrano che, contrariamente all’opinione diffusa tra gli israeliani di non avere una controparte con cui discutere, i palestinesi stavano negoziando seriamente sui confini del loro futuro stato: hanno prodotto una mappa dettagliata dei territori che erano disposti a scambiare in Cisgiordania e un’altra con i quartieri di Gerusalemme est che erano disposti a cedere.
Tuttavia, i Palestine papers mostrano anche perché non è stato raggiunto nessun accordo e perché è improbabile che succeda in futuro: ci sono forti divergenze sul destino dei grandi insediamenti israeliani.
nel corso degli anni i leader di Tel Aviv hanno più volte ribadito che Ma’aleh Adumim, Gush etzion, Ariel e la zona intorno a Gerusalemme diventeranno parte del territorio di Israele. e la destra e la sinistra israeliane continuano a discutere del destino di un centinaio di insediamenti che si trovano oltre il muro di separazione con la Cisgiordania. le proposte di olmert e dell’ex ministra degli esteri Tzipi livni non erano minimamente accettabili per i palestinesi.
Probabilmente il primo ministro israeliano Benjamin netanyahu si sta godendo l’imbarazzo causato ai suoi due avversari, livni e Abu Mazen.
Ma quando l’oltraggio iniziale comincerà a svanire, i palestinesi potranno usare i documenti ottenuti da
Al Jazeera per raforzare le loro critiche a Israele. Guardate, diranno, abbiamo preparato una mappa e accettato di rinunciare al diritto al ritorno, ma non abbiamo ottenuto niente in cambio.


Come si comportano i protagonisti
Rami Khouri, The Daily Star, Libano
Di fronte alle richieste impossibili di Tel Aviv, i palestinesi hanno scelto una linea ragionevole. Ma fanno troppe concessioni e rischiano di tradire i loro princìpi
I Palestine papers chiariscono molti aspetti chiave dei lunghi negoziati israelo-palestinesi. leggere l’intero archivio formato da oltre 1.600 documenti fornisce un’utile panoramica e vari elementi di giudizio sui tre principali attori del processo: l’Autorità nazionale Palestinese, il governo israeliano e i funzionari statunitensi.
I documenti fanno luce sulle posizioni assunte dalle parti, sulle loro oferte, le concessioni fatte, le proposte respinte e i princìpi che le guidavano, insieme alle posizioni dei mediatori statunitensi su questioni chiave, che possono essere riassunte in questi termini: terra, conini, sicurezza, insediamenti, acqua, Gerusalemme e profughi.
I Palestine papers mettono in evidenza che gli israeliani sono ossessionati da tre dimensioni del loro stato e del loro popolo, che si traducono in richieste probabilmente impossibili da esaudire. Queste sono: 1) l’afermazione dell’identità “ebraica” dello stato israe liano, con implicazioni negative per i palestinesi che vivono in Israele e per i
milioni di profughi; 2) la richiesta di una “sicurezza” assoluta, a priori ed eterna, per gli ebrei di Israele e per chi vive negli insediamenti sotto la giurisdizione del futuro stato palestinese; 3) il riiuto intransigente di riconoscere ogni responsabilità verso i profughi che hanno abbandonato la Palestina nel 1947-1948.
Israele riconosce le “aspirazioni” e i “sogni” palestinesi, ma non i “diritti”. È disposto a riconoscere le “soferenze” dei profughi e il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, ma non il loro diritto a tornare nelle loro case. I palestinesi respingono queste richieste israeliane. Però, non avendo il potere per ammorbidirle, scelgono una linea negoziale ragionevole: 1) i conini del 1967 sono il punto di partenza per i colloqui; 2) gli
scambi territoriali con Israele devono avvenire con un rapporto di uno a uno; 3) le colonie israeliane sono illegali; 4) i profughi hanno diritto al ritorno. Tuttavia fanno continuamente concessioni che sembrano diluire o addirittura negare questi princìpi, come accordare il controllo israeliano sulle parti di Gerusalemme che in precedenza erano arabe. Alcune dichiarazioni dei negoziatori palestinesi sono già state interpretate come un grave tradimento del diritto dei profughi al ritorno, agli indennizzi e ad altri modi di mettere ine alla loro condizione di rifugiati. Il problema principale è l’ambiguità
ricorrente, che dà l’impressione che il diritto al ritorno dei profughi palestinesi sia “una carta” da giocare per contrattare su altri punti, o che ai profughi non sarà consentito esprimere il loro giudizio attraverso un referendum. La leadership palestinese dovrebbe subito chiarire pubblicamente il contenuto delle conversazioni private con i funzionari israeliani e statunitensi.

Mediatori incapaci
Quanto a Washington, i suoi funzionari appaiono come mediatori incapaci e poco propensi a sfidare le posizioni israeliane sulle questioni chiave. Gli Stati Uniti sembrano spesso il messaggero del governo israeliano e della lobby iloisraeliana negli Stati Uniti, invece di presentarsi come mediatori imparziali. Sembrano operare partendo dal presupposto che sono la politica interna israeliana e statunitense a deinire il modo di risolvere il conlitto, invece di fare
riferimento al diritto internazionale, ai princìpi basilari di etica e giustizia o alla semplice decenza.
Inine, dai documenti si ricava l’impressione che gli israeliani non siano davvero interessati a negoziare una pace che si avvicini a quella considerata giusta dalla comunità internazionale. I palestinesi sono seri nel volere l’accordo per una soluzione a due stati, ma incapaci di mobilitare la forza diplomatica in grado di smuovere gli israeliani.
Gli Stati Uniti comprendono l’importanza strategica di raggiungere un accordo permanente, ma non hanno la capacità o la volontà politica di far cambiare posizione a uno qualsiasi dei giocatori chiave.


Karma Nabulsi, The Guardian, Gran Bretagna
Karma Nabulsi insegna scienze politiche all’università di Oxford, in Gran Bretagna.
Dal 1977 al 1990 è stata una funzionariadell’Olp.

Se teniamo conto della natura, della portata e di quanto sono dettagliate le sconcertanti rivelazioni sul processo di pace in Medio Oriente, possiamo concludere che questo gioco sporco e apparentemente infinito è terminato una volta per tutte. Nessuno dei protagonisti palestinesi di questa storia ne uscirà incolume. Il piccolo gruppo di uomini che
ha inquinato la sfera pubblica palestinese con i suoi interessi privati è stato smascherato.
Molti palestinesi non si sono stupiti dei resoconti sulla rinuncia a tutti i loro diritti fondamentali riconosciuti a livello internazionale (il diritto al ritorno di milioni di profughi palestinesi, l’annessione della parte araba di Gerusalemme, l’illegalità delle colonie israeliane). È una resa che conosciamo bene – nonostante ufficialmente si affermi
il contrario – perché ne constatiamo ogni giorno gli effetti distruttivi. Lo stesso vale per il ruolo scandaloso giocato dagli
Stati Uniti e dalla Gran Bretagna nella creazione di un bantustan di massima sicurezza e nella progressiva rovina della nostra sfera civile e politica.
Per la grande maggioranza dei palestinesi, la politica ufficiale degli ultimi decenni è stata l’antitesi di una strategia legittima, rappresentativa e coerente per conquistare le libertà che ci vengono negate. Ma la presa di coscienza della situazione in cui viviamo, le manifestazioni e le campagne di protesta dei cittadini non sono bastate a scardinare
quella politica. La pubblicazione di questi documenti è un evento epocale perché distrugge le ultime tracce di credibilità del processo di pace. I funzionari coinvolti hanno fatto il doppio gioco con i palestinesi: ci hanno tradito, mentito e spogliato dei nostri diritti fondamentali, sostenendo allo stesso tempo di meritare la nostra fiducia.
L’idea che agissero in buona fede è stata completamente distrutta dalla pubblicazione dei Palestine papers.
I documenti fanno luce anche sulla prevaricazione antidemocratica, autoritaria e coloniale esercitata sui palestinesi dagli
Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dagli altri governi occidentali attraverso gli alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Lo strapotere statunitense è evidente in ogni singolo documento. Da queste carte risulta anche il totale fallimento della politica mediorientale di Washington, che ha portato i palestinesi alla rovina e ha creato un Israele sempre più aggressivo, imprevedibile e senza freni, sul piede di guerra e intento a sottomettere i palestinesi a una forma di apartheid. Questo squilibrio di poteri può essere affrontato con successo solo come ha fatto in passato ogni movimento di liberazione nazionale: con la forza inattaccabile di un mandato popolare. Se un giorno questi accordi fossero stati ufficializzati, i palestinesi li avrebbero respinti in toto.

I giovani traditi
Forse il tradimento peggiore è stato nei confronti dei giovani. I funzionari dell’élite li hanno portato a credere che fare politica sia una cosa spregevole ed egoistica, e che entrare in un partito sia il modo meno utile per sostenere dei princìpi e cambiare le cose.
L’opinione, sempre più diffusa, che la rivoluzione palestinese sia stata un fallimento in dall’inizio è falsa, ma ha acquisito credibilità per colpa di questo governo. Il suo comportamento ha praticamente cancellato ogni traccia del contributo di decine di migliaia di palestinesi che hanno combattuto per i loro princìpi e hanno creato un’autorappresentanza
reale e democratica in condizioni molto difficili.


I Palestine papers non sono una novità
Amira Hass è una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania, scrive per il quotidiano israeliano Ha’aretz

Per i lettori e i telespettatori stranieri, abituati dai mezzi d’informazione a pensare ai negoziati come a un “processo di pace” andato a monte chissà perché, le rivelazioni dei Palestine papers sono forse state clamorose.
Viste da qui, cioè dalla Cisgiordania occupata, non fanno lo stesso effetto.
A metà del lontano 1997 rimasi bloccata al check point di Erez, l’ingresso nord nella striscia di Gaza, chiuso per ore ai visitatori. Non lontano, sul versante palestinese, la segretaria di stato americana Madeleine Albright partecipava
a un incontro con alti dirigenti palestinesi e israeliani. In quel momento un centinaio di genitori e igli di detenuti
palestinesi tornavano da Israele, dove erano andati a trovare i parenti in prigione.
Si erano svegliati alle 3 del mattino e avevano afrontato un viaggio di ore per poter passare con i loro familiari una
mezz’oretta. Tornati esausti, erano stati costretti a restare chiusi a bordo degli autobus fuori dal check point, sbarrato perché gli alti papaveri erano in riunione. Le ore passavano e la rabbia si accumulava. A un certo punto avvistammo un’auto di lusso che usciva da Gaza. A bordo c’era Abu Ala, uno dei leader di Al Fatah. I parenti dei carcerati circondarono l’auto implorandolo di “fare qualcosa”. Lui non li guardò né disse una parola. In questi ultimi 17 anni di
negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, ci sono stati migliaia di episodi del genere. Da cui si potrebbero trarre
varie conclusioni sull’arrendevolezza dei funzionari palestinesi verso i loro interlocutori “superiori” (israeliani
e statunitensi) o sulla stridente contraddizione tra le loro solenni dichiarazioni (per esempio sull’affetto verso i palestinesi incarcerati) e il loro atteggiamento (e la loro indifferenza) reale.
Quella palestinese è una società piccola, dove tutti si conoscono, e nessun segreto rimane tale a lungo. Più ci si avvicina alla cerchia di Al Fatah, più è facile captare impressioni, riflessioni e informazioni che vengono dal suo interno. “Per arrestare quelli di Hamas noi collaboriamo con gli agenti della Cia”, mi ha detto di recente un funzionario dell’intelligence palestinese. Da un esponente di Al Fatah ho saputo che Abu Mazen, presidente dell’Olp e dell’Autorità nazionale palestinese, ha chiesto agli alti dirigenti di Al Fatah di non partecipare ai cortei contro il Muro, per evitare che gli israeliani si vendicassero revocandogli i permessi di viaggio di cui beneficiano in quanto vip. E quando non lo fanno i palestinesi,
sono fonti israeliane a far trapelare alla stampa la stretta collaborazione che c’è tra le forze di sicurezza israeliane e palestinesi.
Perciò i Palestine papers non rivelano molto ai comuni palestinesi. E non dicono tutto quel che c’è da sapere.
Per quanto siano sconvolgenti, le rivelazioni sul fatto che è stata l’Autorità palestinese a chiedere agli israeliani di rafforzare l’assedio su Gaza confermano quello che i comuni mortali di Ramallah sapevano già nell’estate del 2007: erano soprattutto i ministri dell’Anp di Gaza (in esilio a Ramallah) a sperare che Israele tagliasse del tutto l’erogazione di
corrente elettrica alla Striscia. L’indifferenza verso Gaza è un tratto distintivo – e non da oggi – dei leader politici della Cisgiordania.
Quel che invece i documenti mettono in luce è la complicità degli occidentali (cioè di americani e britannici) con la politica
e gli atteggiamenti arroganti di Israele. Basta pensare all’insistenza dei funzionari statunitensi sul fatto che i leader palestinesi devono essere Abbas e Salam Fayad e nessun altro. E questo mi ricorda anche un altro episodio. Nel 1998, in un raro gesto di sida, Yassir Abd Rabbo, capo della delegazione palestinese per i negoziati, chiese una sospensione delle trattative dicendo: non possiamo andare avanti finché gli israeliani continuano a costruire gli insediamenti.
Una o due settimane più tardi le trattative ripresero.
A quanto mi risulta, Albright prese il telefono e ordinò ad Arafat di risedersi al tavolo. Un’altra cosa che questi Palestine papers ci dicono è che i negoziatori palestinesi sono elastici e tenaci: e su questo la contraddizione tra dichiarazioni pubbliche e cose dette a porte chiuse è minima. I dirigenti palestinesi non si sono piegati alla pretesa israeliana di inglobare alcuni insediamenti colossali. Certo, erano disposti a scambiare le colonie nei dintorni di Gerusalemme
con terre disabitate: concessione amara ma in linea con il piano di Clinton del 2000. E anche la loro rinuncia più
grande, quella alla piena applicazione del diritto al ritorno dei profughi, è un segreto di Pulcinella da anni.
“Quando pretendiamo una soluzione a due stati”, mi ha detto anni fa un alto dirigente di Al Fatah, “non intendiamo
mica due stati palestinesi”.
Insomma, queste notizie sui negoziati confermano solo quel che già sappiamo da vent’anni, e cioè che Israele non vuole la pace, ma imporre una resa ai palestinesi.
E l’Autorità nazionale palestinese, malgrado tutti i suoi difetti, non può cedere. Si adatta a uno status quo umiliante (e conveniente per le élite) sperando che la comunità internazionale intervenga per amore della stabilità mondiale. Ma non firma certo una resa.


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10/02/2011 17:31
 
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La rivolta dei blogger di Gaza
contro Hamas, Fatah e Israele


Manifestanti a Gaza city sventolano una bandiera egiziani in solidarietà con i dimostranti di piazza Tahrir al Cairo

«Come vedo la rivoluzione del Cairo? Eccola, una strada sbarrata» dice il cinquantenne Youssuf indicando la barriera che si scorge oltre i palazzi incompiuti all’estrema periferia di Rafah. Dal 25 gennaio il confine tra Gaza e l’Egitto è sigillato e l’unica via di transito corre nei tunnel sotterranei costruiti nel 2007 per aggirare l’embargo internazionale. Da lì sono tornati a casa numerosi militanti di Hamas, fuggiti dalle prigioni nei giorni convulsi della rivolta egiziana ma anche il corpo di suo cugino Ali Younis, morto d’infarto una settimana fa mentre si trovava per affari a El Arish.

L’eco della rivolta
L’eco di piazza Tahrir arriva a Gaza forte ma distorta. L’instabilità ha reso più difficile attraversare il Sinai e i prezzi delle merci contrabbandate sono schizzati alle stelle. «A ogni carico che ricevo devo aggiungere 300 schekel (circa 60 euro) per la scorta del camion» calcola Abu Khalid, uno dei proprietari dei tunnel.

Con il risultato che la benzina è raddoppiata e il cemento è passato da 430 a 900 schekel la tonnellata. Tra aspirazioni abortite e difficoltà quotidiane la vita a Gaza non è cambiata, in apparenza. Per la prima volta nella leggenda della piazza araba, un’intifada vede i palestinesi spettatori. Ma la quantità di automobili della polizia agli angoli dei viali sterrati suggerisce un’altra storia. Tutti aspettano di vedere cosa accadrà domani, se si svolgerà o meno la manifestazione indetta su Facebook al grido di Revolution dal gruppo Karama. Impossibile leggere oltre la sigla per capire chi siano gli organizzatori, ma molti sospettano si tratti di uomini di Fatah.

«Non andrò perché se qualcuno scenderà in strada la sicurezza sparerà per uccidere» dichiara la giornalista ventinovenne Asmaa Alghoul, giacca di pelle anni settanta, smalto violaceo, kajal intorno agli occhi. Non ha paura, al contrario. Da cinque anni è ai ferri corti con Hamas di cui denuncia regolarmente «l’islamismo liberticida mascherato da lotta contro l’occupazione israeliana», nel 2009 è stata licenziata dal giornale di Ramallah al Ayyam perché raccontava le torture commesse da Fatah, ora che la rivolta tunisina e egiziana ha messo le ali ai desideri di milioni di ragazzi arabi il suo blog è finito sul serio nel mirino di Hamas che prima ha arrestato lei, poi il fratello e il padre.

Revolution
Asmaa si affaccia al balcone e mostra l’automobile scura che la segue da giorni: «Mi hanno picchiato, mi hanno minacciato di morte, dicono che sono nemica del governo e che ho organizzato la manifestazione Revolution, ma non è vero e non andrò perché non sto con nessun partito, quando la nostra rivolta esploderà sarà popolare». Asmaa non è sola. Da quando ha preso il potere a Gaza la popolarità di Hamas è calata a picco. Lo mormorano le mamme al mercato, i padri pescatori seduti sulle barche che non prendono il largo, il ferramenta Mahmoud che conta un cliente ogni ora e mezza.

«Non ci abbiamo guadagnato niente dal cambio con Fatah», ripetono. Ma nessuno ha voglia di esporsi. I figli sì. E non solo contro Hamas. Da due mesi, prima ancora che la rivolta tunisina suonasse la carica, otto universitari tra i 20 e i 25 hanno lanciato via Facebook il «Manifesto dei Giovani di Gaza» che suona più o meno così: «Vaff... Hamas. Vaff...Israele. Vaff... Fatah. Vaff.. Onu. Vaff... Unrwa. Vaff... Usa».

Rifiutano la cultura del vittimismo e chiedono che la frattura tra Hamas e Fatah venga sanata per il bene del popolo palestinese. «Il cambiamento comincia prendendosi le proprie responsabilità», sostengono. Quando hanno inziato c'era con loro Wael Ghonim, il blogger diventato simbolo della rivoluzione egiziana. I sostenitori oggi sono a quota 20 mila. Per incontrarli in un caffè-pasticceria della zona di Alrimal, a Gaza City, bisogna passare attraverso un mediatore e accettare di tenere celati i nomi e i dettagli che potrebbero farli identificare.

Dove studiano, cosa, il quartiere in cui vivono. Arrivano in tre, jeans, felpe, snikers, potrebbero essere studenti di Londra, Parigi, New York. Ascoltano i Beatles ma anche la cantante libanese Fairouz e conoscono a memoria le battute del film «Il Padrino». «È cominciato tutto per gioco, ci chiedevamo tra amici cosa volessimo fare da grandi ed è venuto fuori che non potevamo far nulla, non mettere a frutto i nostri studi, non sposarci senza un lavoro, non fuggire» spiega Abu Yaza. Interviene Abu Oun: «Il manifesto l’abbiamo scritto così, di getto, ma solo perché eravamo tra amici, siamo cresciuti con la consapevolezza che non puoi fidarti di nessuno».

Il poliziotto
Entra un poliziotto in uniforme nera a comprare dei dolci e loro scartano parlando di calcio, Inter, Milan, Real Madrid. Poi riprendono: «Non vogliamo più stare in panchina. La nostra rivolta è diversa da quelle tunisina e egiziana, noi abbiamo tre nemici, Hamas e Fatah che combattendosi hanno dissanguato la nostra causa, e Israele». La rete si allarga. Con Asmaa sono usciti allo scoperto un’altra ventina di blogger, tra cui il giovanissimo Afun. Via passaparola, amico chiama amico, il Manifesto è sulla bocca di molti, sottovoce.

Sarà un caso, ma Hamas non ha rilasciato una sola dichiarazione ufficiale sulla situazione in Egitto. Nel frattempo la security ha chiuso il centro di aggregazione giovanile Sharik. «In comune con gli altri coetanei in rivolta in tutti i Paesi del Medioriente abbiamo la volontà di non essere strumentalizzati» insiste una ragazza velata, bevendo tè sulla terrazza dell’hotel Beach. La religione conta, dice, ma non nell’arena politica: «Finora abbiamo fatto comodo a tutti, all’Iran che paga Hamas, all’America che paga Israele e Fatah, vogliamo poter cacciare via i governanti che non ci rappresentano». «Degage», via, urlano per le strade di Tunisi. «Fuori Mubarak», rispondono dal Cairo. Sono i figli a maturare la frustrazione dei genitori. Gaza inizia a mormorare.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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11/07/2011 12:13
 
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Onu pronta al riconoscimento della Palestina. Obama prepara il veto


Oggi vertice del Quartetto. Gli Usa: no a una decisione unilaterale


Con la riunione di oggi a Washington del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) le grandi potenze tentano di scongiurare il riconoscimento dell’indipendenza della Palestina da parte della Assemblea Generale dell’Onu di settembre consapevoli che potrebbe innescare una seria crisi in Medio Oriente. Il pericolo di uno «tsunami diplomatico», come lo ha definito il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, nasce dalla volontà del governo di Ramallah guidato da Abu Mazen di chiedere all’Assemblea Generale di votare a maggioranza qualificata - due terzi dei 192 voti la proclamazione del nuovo Stato sui territori di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Sulla carta i voti ci sono perché oltre 100 nazioni hanno già riconosciuto la «Palestina» ma Barack Obama si è detto contrario affermando che «l’indipendenza palestinese deve essere raggiunta attraverso il negoziato con Israele» e al fine di ostacolare il voto ha dato mandato al Segretario di Stato Hillary Clinton di studiare una controstrategia basata sul regolamento dell’Onu.

Poiché serve una «raccomandazione del Consiglio di Sicurezza» per poter votare sull’ammissione di un nuovo Stato, gli Usa sono pronti a porre il veto ma vorrebbero agire d’intesa con europei e russi. Il britannico David Cameron è in sintonia con Obama mentre il francese Nicolas Sarkozy ha fatto intuire a Ramallah la possibilità di un aperto sostegno, in sintonia con il ruolo di alto profilo di Parigi sulle rivolte arabe: «Se non ci sarà un processo di pace, la Francia si assumerà le sue responsabilità sulla Palestina».

E’ proprio tale convergenza fra offensiva Onu dell’Autorità nazionale palesinese (Anp) e rivolte arabe che fa temere il peggio a Israele, come il premier Benjamin Netanyahu ha spiegato al Congresso, soffermandosi sul rischio che il voto dell’Assemblea Generale possa essere seguito da una sollevazione generalizzata dei palestinesi capace di innescare un conflitto. Il Congresso condivide tali timori: Camera e Senato hanno approvato a larga maggioranza identiche mozioni che chiedono alla Casa Bianca di bloccare il tentativo dell’Anp. Per riuscirci Hillary conta su un’intesa in seno al Quartetto sul rilancio del negoziato israelo-palestinese, congelato da quasi un anno. È un approccio che converge con quello di Catherine Ashton, il ministro degli Esteri dell’Unione Europea, che auspica «colloqui di riconciliazione» per trasformare il pericolo del voto all’Onu nell’acceleratore del negoziato sullo status definitivo.

Resta da vedere se Usa e Ue riusciranno a trovare una formula capace di far incontrare Netanyahu e Abu Mazen. Quest’ultimo è convinto di avere il sostegno della Russia anche se al termine della sua recente visita a Mosca, il ministro degli Esteri Serghey Lavrov si è limitato a dire: «Vogliamo la creazione di una Palestina democratica e indipendente» senza accenni all’Onu. Se Hillary riuscirà ad ottenere una posizione comune del Quartetto, il passo seguente sarà tentare di riportare le parti al negoziato per arrivare alla riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu del 26 luglio con un risultato politico in base al quale votare, d’accordo con Ue e Russia, contro il pronunciamento dell’aula. Lo scenario migliore per Hillary sarebbe se l’Anp facesse marcia indietro. Per questo David Hale, inviato Usa per il Medio Oriente, ha suggerito al negoziatore palestinese Saeb Erakat di «rinunciare al voto perché è una cattiva idea», ma l’Anp è disposta a farlo solo in cambio dell’accettazione da parte di Israele di confini basati sulle linee del 1967, considerate «indifendibili» da Netanyahu.
A confermare l’importanza della mediazione del Quartetto c’è un altro scenario: in caso di opposizione del Consiglio di Sicurezza, l’Anp potrebbe andare comunque in Assemblea Generale, in base a un precedente risalente alla Guerra di Corea, innescando un corto circuito istituzionale dentro l’Onu dalle conseguenze imprevedibili.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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27/11/2012 17:08
 
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anche io non mi documento più molto da quando non devo più litigare con te...

allora ce l'hai proprio con me.
[SM=x2478856]

ho appena letto il primo link.

io ti dico alcune cose (che ti dissi già, ma i nostri rapporti si erano ormai deteriorati e non so se li leggesti o... facesti "il superiore" : le mie fonti principali sono sempre state Amira Haas e Gideon Levy, due giornalisti israeliani che scrivono su un giornale israeliano, Ha'arets. ne hai mai letto un articolo? dovresti...
sono cittadini che criticano il loro stesso governo, dall'interno.
non ti sfuggirà la differenza...

ogni tanto visito il sito inglese di ha'arets. so già da tempo e non mi stupisce che ci sono giornalisti israeliani che criticano il loro stesso governo dall'interno. lo fanno legittimamente nel senso che è un loro diritto e un dovere morale farlo. altrove (in altri tempi e oggi) direbbero che sputano sul piatto in cui mangiano e sarebbero vittime di persecuzioni se non di attentati.

ricordo bene che mi scrivesti che la critica dall'interno in Israele c'è. ma ricordo bene che ti sissi che lo sapevo bene, dato che mi documentavo principalmente da due gioranlisti ebrei.
e ti contestati anche che c'era "tantissima" gente contraria.
sapevo che c'era e c'è, ma sapevo anche bene che sono una sparuta minoranza. i partiti al potere in Israele sono tutti di destra, il socialismo (e con esso il messaggio di empatia) è ridotto ai minimi termini.
più sotto mi dici "lo dici anche tu che c'è libertà di stampa in Israele"...
non è che "lo dico".. lo vedo. se leggo articoli loro, non posso che vederelo. non c'è nulla da ammettere.
ma io credo che tu sia stato molto critico con i media in questo ultimo ventennio italiano, con editti bulgari, informazione pilotata, ecc... anche in Italia si leggevano cose "contro", però poi sparivano i Santoro e i Biagi (e io chi è sparito in Israele non lo so).
ma se fossimo stati due mediorientali io e te, avremmo parlato del TG3 e avremmod eto: "visto che la libertà c'è?"... già... ma Santoro? Biagi? e tutto il resto?
stando qui sappiamo che in Italia una vera informazione libera non c'è. anceh se poi ci sono 2 voci critiche.
conta il quadro generale, non credi?
e se in Israele le elezioni le vince sempre chi bombarda e rompe culi, e chi non sia mai dica: "stop alla colonizzazione della Cisgiordania", vorrà dire qualcosa sulla "ampia tendenza dell'opinione pubblica", o no?
e d'altra parte, due voci in un gioranle, non fermano certo le ruberie di terra, acqua, diritti e libertà...
al massimo servono a far parlare qualcuno, per abbindolare qualche altro: "visto che c'è libertà?"
ti ricordo che per anni il vero volto di Berlusconi è stato mascherato da una cosa che io capivo a 25 anni ma che evidentemente gente più maturra di me non afferrava:
dicevano: "ma quale killer dell'informazione, ma se ha messo Mentana, uno di sinistra, a dirigere il TG5!!"
...lo specchietto per le allodole.
ma io non sono un'allodola, benchè una parte di me vorrebbe liberarsi di tante preoccupazioni e passare il suo tempo a sbeccucciare qua e la...


CBS non so a chi appartenga... però vedo una serie di omissioni che in tutta sincerità ritengo che non sarebbero dovute sfuggire a una persona estremamente intelligente come te.

intanto molto spesso è scritto genericamente "la disputa Israele-Hamas", "Israel-Gaza violence"... tutto sullo stesso piano.... quando il rapporto in numero assoluto, di atttacchi, vittime, ecc è palesemente sbilanciato. parla di tot missili sparati di qua e tot sparati di là.
non dice che a fronte di 4 razzi farlocchi sparati da Hamas, Israele arriva con la tecnologia più avanzata, i missili telecomandati.

i missili di hamas tanto farlocchi non sono. in ogni caso non vorrei averne puntato uno addosso. e non credo che haas e levy ne parlino come se stessimo parlando di petardi di capodanno.
ma il paragone che senso ha? anche israele dovrebbe usare razzi farlocchi per giocarsela alla pari? non credo che in tutta la storia dell'umanità due fazioni opposte e in guerra tra di loro abbiano mai fatto questo.


io, un pò mi conosci, alle volte non uso mezze misure.
ma ne conosco il valore.
e non è molto difficile ammettere che tra "sparo un razzetto farlocco" e "ti entro con droni, navi, esercito, carrarmati, sfondo tutto e uso pure le armi non convenzionali" la via di mezzo c'è.

ma del resto, ed è uno dei cardini principali su cui si fonda tutta la mia visione della problematica, io credo che in una disputa sia sempre la parte più forte che debba tendere la mano.
il debole per chiudere la disputa può solo... portarla alle estreme consguenze. o diventa kamikaze e si fa strminare, o apre definitivamente il culo e quando ti va un inchiappetatina fai uno squillo e se non hai tempo per farlo, fa niente, vieni e inculami quando vuoi.

bene. ma allora tira sta bomba atomica e facciamola finita di prenderci per il culo.
se sei più forte e vuoi la pace DEVI fare le concessioni TU.
il debole può solo o suicidarsi o annichilirsi.
ma non credo che sia pace questo.

se non si capisce questo piccolo assioma dato fondamentale...

quanto ho appena scritto (e un pò tutto del resto) è strettamente collegato con quanto di seguito.
ma fondamentalmente se Israele non si ferma, demolisce e RESTITUISCE le terre della Cisgiordania, è Israele nel torto, per quanto mi riguarda. e per quanto riguarda la giustizia assoluta.


figuriamoci poi se menziona le bombe al fosforo (vietate dalle convenzioni internazionali)....

qui sono d'accordo con te. anche se non se all'utilizzo delle bombe al fosforo sia seguita un'inchiesta e come sia finita.

beh... le inchieste hanno detto che Israele ha usato (eh già) armi di distruzione non convenzionali.
dicono che i soldati dicevano ai civili "andatevi a riparare dentro quella casa" e poi ...bombardavano quella casa...
che gli dicevano "stanno arrivando i bombardieri, fuggite di la" ... e li mandavno prorpio in bocca ai bombardieri...
che il carico della Freedom Flotilla fu controllato (per paura che portasse materiale militare a Gaza, dopo l'operazione Piombo Fuso) in Turchia, da delegati internazionali, presenti anche gli Israeliani. ma ciò non ha impedito all'esercito di abbordarla e uccidere anche qualcuno (sennò che abboraggio è...)
dicono un sacco di cose... ma a proposito della "libertà di stampa", come vedi e come sai, a volte le cose escono pure.
è che non si ha interesse a combatterle. e il mondo ocidentale "di vertice" non ha l'interresse.
un pò per centomila interessi ramificati che vedono gli stessi protagonisti essere un pò nemici un pò amici (il "doppio gioco" di cui parlavi) tanto che paradossalmente Hamas e Israele sono "alleati".
ad Israele fa comodo poter dire che c'è un pericolo che gli spare razzi e lo sono sotto assedio... e ad Hamas fa comodo dire "siamo gli unici veri difensori, Al Fatah non fa niente, l'ANP è nulla".

ma... hai mai pensato (magari anche uando sei stato tu la parte forte di un qualsivoglia rapport: "e se io smetto di offendere? se smetto di colpire? se concedo? ci sarebbe ancora ragione per essere attaccato?

facile no?

lo sarebbe... se non fosse che Israele col cazzo che le rivule dare indietro le terre, l'acqua, la libertà. se ne è appropriato e SA che continuando la Faida, tanto piano piano si frega tutto...
ergo è la "parte forte" del rapporto. e non ha interesse alcuno a una vera pace. una vera pace significherebbe toranre ai confini del 67 o anche prima. e Israele si vuole fottere tutto.
ma approfondisco nella parte della "pietra dello scandalo"


(ps. ho letto che il Talmud dice che se c'è un conflitto, bisogna uccidere non solo i soldati ma anche i civili e che con ciò si fa cosa "di cui Dio ti sarà grato"... non conosco il Talmud, forse tu lo conosci meglio e puoi confermare o smentire...)


il talmud ha la stessa valenza della bibbia o del corano. c'è scritto di tutto e il contrario di tutto. non mi azzarderei a giustificare o contestatre azioni politiche o militari con testi religiosi. le guerre si fanno per interessi concreti e non per motivi religiosi.

no ma infatti io non giustifico nulla... sono gli ebrei ortodossi che lo giustificano, e il talmud è il tsto di riferimento cui tanti ebrei religiosi si ispirano,e che ritengono sia giusto seguire.
io? ma io mica vado in piazza a fare proseliti sbandierando il Talmud... lo fanno gli ebrei.
e non vedo perchè se lo chiamo in causa sarei io che mi "azzardo a giustificare"...


questo articolo, e come dicevo prima è accaduto anche in Italia, ti da i dati, ma poi te li commenta come gli pare. ma non fanno menzione alcuna del fatto che da decenni, ininterrottamente, Israele ruba la terra ai palestinesi. che è poi l'elelmento NODALE.

una cosa che non si può risolvere con le armi.
la "pietra dello scandalo" (tanto per citare la lettera ai romani restando nel contesto di testi religiosi) le due fazioni la posizionano in modo diverso.
non può essere la base di trattative serie definire che ha incominciato a fregare le scarpe all'altro. alla popolazione israeliana e a quella palestinese interessa ben poco perché hanno lo stesso interesse e lo stesso diritto di vivere in maniera tranquilla. i contendenti vanno forzati a sedersi al tavolo delle trattative per trattare seriamente. e qui l'occidente ma anche le potenze emergenti fanno un po' come cazzo gli pare perché ognuno ha i suoi interessi economici e geopolitici in quella zona. per esempio oggi come oggi è un mito sostenere che tutto l'occidente sia schierato con israele mentre giusto l'iran sostiene l'hamas. questo è vero nei discorsi di raprresentanza che fanno la domenica, mentre il business quotidiano dice che fanno il doppio gioco un po' tutti quanti.


vedi patric... pure l'Italia c'aveva l'Istria, c'aveva Nizza... e i Romani avevano addirittura tre quarti d'europa... o vogliamo parlare dell'età Vittoriana? facciamo una guerra per restituire il nordamerica a Sua Maestà la Regina???
allora non attacchiamoci ad argomenti puerili.
le storia evolve e le cose cambiano, e con esse i confini.
Israele none r più là (forse non c'è mai stato come nazione) da millenni...
ora, pur esendo giusto e sacriosanto, arrivati nel XX secolo, ridare una terra, ricollocare un popolo, nel suo luogo di origine, tirando un confine di qua, uno di là, facendo spazio... non è che poi ti devi riprendere tutto (e lo fai perchè sei spalleggiato da mezzo mondo) con degli atti di forza.
magari sfruttando una provocazione per partire in contropiede.
è chaira anche sta cosa no?
a Israele hanno ridato uan terra per il suo popolo. lo trovo giusto, e trovo giusto che gli sia stata data là, dove sono le sue origini i suoi culti..
ma STOP.
non è difficle capire nemmeno questo.
i Palestinesi moderati ci stanno, lo stanno caldeggiando ovunque (grazie, sono la parte con il culo rotto, mi dirai tu..), anche all'ONU.
gli Israeliani si stanno... col cazzo.
quello che si sono fottuti ormai è loro.
anzi devono "completare l'opera".
e si torna al discorso del "più forte che deve tendere la mano"....
se io tengo un cane legato, con un goccio d'acqua e un pezzo di pane al giorno, lo picchio lo asseto e lo affamo...e poi una volta che gli do le spalle lui mi morde... è colpa sua?
vado ingiro a dire "quel bastardo mi ha morso?"


...se qualcuno va a raccontare che Giove e Beautiful Loser si prendono a schiaffi vicendevolmente da due anni, ma evitano di menzonare che sono decenni che Giove si frega le scarpe di BL, gli mette le mani in tasca, gli apre i casetti, si impossessa di ante dell'armadio di BL...sta distorcendo la realtà. la sta manipolando.

quello che evinco io da giornalisti israeliani e perciò aldisopra di ogni sospetto (non CBS che ripeto non so a chi appartenga anche se qualche sospetto mi balza subito all'occhio) è che Israele è uno stato espansionista e che Hamas è un'organizzazione terroristica.
e che entrambi hanno interesse a mantenere alto lo scontro.
Israele così può dire al mondo: "visto? ci atttaccano, dobbiamo difenderci".
Hamas può dire ai palestinesi: visto? l'ANP (l'autorità palestinese moderata) non fa niente, se non ci fossimo noi che ci faccaimo sentire, che colpiamo, voi sareste indifesi.

sono una specie...di alleati, insomma. sono nemici, si ammazzano, ma nella dinamica della rivendicazione, conservazione del potere sono dalla stessa parte.

le vere vittime sono i tantissimi palestinesi moderati, che vorrebbero la fine una volta per tutto del conflitto.

anche su questo sono più o meno d'accordo.

ma CBS (e il 90% dei media occidentali) evita di precisare che mentre la posizione e le azioni di Israele sono dettate "dal governo" di Israele, Hamas NON E' il governo dei palestinesi. ma soloo un'ala armata. tanto che se un Palestinese dimostra in piazza contro Hamas, viene preso e mazzolato. "sei a Gaza, devi fare pippa, altrimenti ti sopprimiamo noi".

anche questo non dovrebbe sfuggire alle persone intelligenti.

non penso che sia il 90% dei media occidentali fare pippa. e chi lo fa, lo fa non perché sia tanto amico di israele ma perché è conscio del doppio gioco di cui sopra.
inoltre credo che nel 2006 hamas abbia vinto un'elezione. dire che si tratta di un'ala armata è riduttivo.


guarda... se persino Odifreddi viene forzato ad andarsene perchè ha semplicemtne operato una critica corrosiva, capisci da te....ma viva Berlusconi... almeno lui con l'editto Bulgaro ci ha messo la faccia sua... non questo ...blob... questa nube informe... tipo Galacticus divoratore di Mondi, ricattatore di Silver Surfer... che ci avvolge, impalpabile ma consistente, invisibile ma presente...
tu ti sei spesso scandalizzato per molto meno... strano che non lo faccia qui.
ma come mi hai detto una volta, sei di parte, si capisce (anche se non ho mai capito se sei ebreo o se il passato della tua famiglia è legato a qualcosa del genere, o semplicemtne da tedesco hai fatto un atto estremo, forse eccessivo all'opposto, di contrizione per le macchia immonda di cui il tuo popolo si è insudiciato solo 70 anni fa (anche il mio, lo dico per par condicio). e perciò poco disposto a portare tutti i ragionamenti alle estreme conseguente delle tue notevoli capacità intellettive.
io invece pensa, parto pure con un pregiudizio positivo verso gli ebrei: da bambino erano per me "quelli che avevano tanto sofferto ingiustamente".
poi uno cresce e si informa e distingue.


in sostanza io non difendo la posizione di Hamas, mettendo la mia mente in salamoia solo perchè detesto Israele e il suo imperialismo prevaricatore. forse è questo ciò che sfugge.
non difendo una parte geografica o razziale. non parteggio per Hamas.
difendo la giustizia. e Hamas non è "giusto".

CBS, ma anche i nostri media, hanno tutti titolato che "il conflitto ha avuto una tregua. Hamas cesserà il lancio di razzi da Gaza, e Israele cesserà gli attacchi navali, di terra e aerei"...

manca "la coda": "..nel frattempo Israele continuerà a prevaricare, fregandosi ininterrottamente le terre della Cisgiordania".

questo non te lo dicono. ma chi vuole (e dovrebbe) sapere, sa.

se lo sai qualcuno te lo dice. ripeto: non è che ci sia un complotto mediatico mondiale a sfavore della palestina al quale si oppongono proprio dei giornalisti critici israeliani.

"qualcuno CE lo dice"... poi bisogna vedere chi ci presta occhio e orecchio.
lo sappiamo tutti, anche gli informati di striscio, che Israele non ha mai fermato l'opera di colonizzazione. ma dai?! ma vogliamo davvero questionare su questi dati di fatto?
eccerto che poi si parla e riparla... se vogliamo far finta di nulla...
qui ci sono dei dati assodati:

1) Israele ruba in ogni momento (e quindi esaspera anche i più miti) le terre, l'acqua dei palestinesi.
2) nelle terre "diciamo così...condivise" Israele "amplifica la rilevanza dei propri luoghi di culto" e spesso "annienta o annichilisce" quelli musulmani... non "maneggia con cura", non tende la mano, sempliemnte si appropria, schiaccia, segrega, lenatmente e inesorabilmente "soppianta". ma lì ci sono moschee, luoghi sacri.
per fottertene devi essere solo due cose: o un pezzo di merda o un pezzo di merda ben spalleggiato.

è tutto fin troppo collegato con quanto dico sotto e di cui "non sei convinto".


sa che se anche Hamas sparisse, il sogno del "Grande Israele" è vivo da sempre nel governo Israeliano.

in alcune parti del governo che però non deve rimanere quello, perché almeno in israele si vota.

e anche se le ostilità armate cessassero per sempre, la Cisgiordania mano a mano sparirebbe, nel silenzio o quasi, di tuti i nostri bei mezzi di informazione telecomandati. e divenerebbe la terra di Israele.
Israele non si fermerà mai. e nessuno ha il coraggio, la forza o la convenienza per intimargli di farlo.

di questo non sono convinto. se lo fossi, dovrei giustificare anche le attività di hamas come uno dei possibili mezzi per evitare quello che sostieni.

io invece sono arciconvinto e ne ho pure ababstanza indizi da porter sostenere di avere le prove in mano.

tutto ciò dovrebbe far pensare che se poi le ricostruziuoni e le timeline raccontano solo delle pizze che se semo dati io e te, ma non dicono che anche quando non ci picchiamo, io mi frego la roba tua e ti esaspero... tutta l'informazione salta per aria.

restano solo le stronzate precotte che ti vogliono propinare.

quando l'Italia fece il voltafaccia ai Nazisti, questi misero la legge del "taglione al cubo", ogni soldato tedesco ucciso=10 civili italiani ammazzati.
sta succedendo la stessa cosa da anni.

nel 2009... a cavallo dell'operazione "piombo fuso"... vai a documentarti del rapporto di vittime.
non bastava ucciderne in egual nulmero? il doppio? il triplo?
no ci volevano persino le armi non convenzionali.

ma del resto non è la sola analogia, basti pensare che questo sedicente "popolo eletto" è stato sterminato da... un sedicente "popolo eletto".
le deportazioni, le invasioni, gli stermini, la stessa Gaza il "campo di concentramento" più grande del mondo messo su da un popolo vittima dei campi di concentramento.

spesso gli opposti si attraggono. i simili poi...

il discorso del popolo eletto che dovrebbe imparare dalla storia, proprio loro che hanno sofferto tanto e che dovrebbero imparare per primi, è un discorso molto ambiguo.
in primis perché assegna una specie di funzione educatrice alla shoah, nel senso di: almeno i campi di sterminio sono serviti a creare un popolo moralmente migliore degli altri (e alla fine sarebbe un popolo veramente "eletto").
inoltre questo ragionamento è sempre stato un veicolo retorico della destra antisemita e della sinistra nazionalpopolare.
e questa retorica non la condivido. per quanto sia inumana la situazione a gaza, in un campo di concentramento non ci sono organizzazioni terroristiche, missili, infrastrutture autogestite e finanziate da stati terzi, elezioni e quant'altro.


non pretendo, perchè il bene e l'altruismo sono sempre una scelta e non un'imposizione.
ma faccio le mie valutazioni.
e secondo me chi reitera la faida è deprecabile, chi migliora è apprezzabile.
del resto se oggi non invadiamo, stupriamo, spariamo in bocca ai bambini, deturpiamo opere d'arte, gettiamo bombe atomiche... è perchè, poco, ma siamo migliorati.
poi c'è pure chi non lo ha fatto. e da buon nazista quale è sempre stato, appena ha finito di essre vittima dei nazisti, è tornato a fare il nazista.
ci sta. è umano. infidamente umano. è nelle cose.


io non riesco a comprendere come persone di grande intelligenza non riescano a capire cose tanto semplici.
che con l'esempio delle pizze tra me e te ho cercato di rendere così ancora più semplice che lo capirebbe anche ... Cellino.

non è questione di "non comprendere". è semplicemente che valgono anche altri punti di vista in un conflitto. e non si tratta nemmeno di fare la conta dei dispetti e dei schiaffi che ci scambiamo noi due nel tuo esempio e di definire chi è stato il primo. si tratta di trovare consensualmente un percorso agibile per la risoluzione del conflitto. o, almeno, di gettare le basi del percorso, partendo da adesso subito.

magari interrompendo per sempre le ruberie di terre? che dici patric?
potrebbe essere un buon inizio?
no perchè altrimenti possiamo lasciar tutto così, ci/si/vi/ti/mi pigliano per il culo dichiarando di essere "pronti ai passi necessari", che "faranno partire i negoziati"... ma intanto fregarsi la terra, facendo esasperare i palestinesi, finchè qualcuno di Hamas per farsi vedere "attivo" spara un razzo e allora "EH NO! FERMI TUTTI! QUESTI SPARANO!"
ma è un percorso-giochino che è talmente idiota e scontato che a me fa ridere che ancora non sia stato ben compreso....


per riprendere il tuo esempio della resistenza italiana. in un determinato momento storico sono stati tutti d'accordo sulla necessità di determinate azioni, al di là dell'appartenenza politica.
nessuno si è messo fare discussioni del tipo con quello no perché non è di sinistra, con quello no perché prima era pagato dai fascisti e scriveva articoletti del cazzo dal fronte russo.
se qualcuno durante la seconda guerra mondiale avesse assassinato hitler sti cazzi se era un comunista, un ebreo, un ariano, uno del partito nazista, un attentatore britannico, o un ufficiale della wehrmacht. e sti cazzi dei suoi "veri" motivi. oggettivamente avrebbe fatto un'opera di bene e avrebbe salvato la vita di decine di milioni di persone.


d'accordo, ma io qui facevo solo un parallelo su una delle tante "affinitòà" di comportamento dei nazisti e degli ebrei.
ho citato anche le armi di distruzione non convenzionali, i campi di concentramento, le deportazioni, le violazioni dei diritti umani...
tutte cose ben rinverdite da Israele.


siamo sotto una vera e propria "cappa".
e ti faccio un ultimo esempio.

Saviano... che stimo, ammiro e seguo... è un pò calato nella mia considerazione. è quasi un lutto.
lo ritenevo impeccabile.
un ragazzo di una terra in mano alla Camorra, che ha trovato la forza, a suo rischio e pericolo, di ribellarsi alle sue stesse radici, o meglio, alla deriva distorta delle sue radici... uno dei cui più bei "pezzi" è stato quello sulla ragazza di famiglia cammorrista che era onesta e si è ribellata, li ha denucniati e si è inimicata il suo stesso sangue... che bell'articolo e che bel "manifesto".
ho scoperto che Saviano è ebreo, poco male, non è un problema, altrimenti mi ndrei a documenrtare preventivamente su chi legere e chi no. e non leggerei Hamira Hass e Gideon Levy...
nel 2010 in un convegno di ebrei ha dichiarato che "israele è la patria dell'accoglienza e della tolleranza".

quello che dice saviano sotto certi punti di vista è anche vero, se si prescinde dal conflitto in medioriente. israele tollera la critica all'interno. lo dici anche tu. i dissidenti palestinesi è difficile trovarli a gaza.

ti ripeto, sappiamo entrambi perchè. è un circolo vizioso che Isrele non ha alcuna voglia di stopare, facendo concessioni. altrimenti non ci sarebbero palestinesi incazati, non ci sarebbe il pericolo missili o attentati, e nemmeno più il modo di giustificare le violazioni del diritto internazionale operate da Israele rubando le terre di un altro stato.

oh... a proposito, in Cisgiordania, le zone dei coloni, sono sotto la giusrisdizione di Israele, eh? mica se sò fatti solo casa. se sò fatti casa, bottega e giurisdizione


se fossi nell'assurda situazione di dover scegliere per forza un "progetto di società" e dovessi scegliere tra quello che attualmente si prospetta in palestina e la realtà israeliana
last but not least, in tutta questa discussione hai attentamente sorvolato sul piccolo particolare che la Palestina NON è Gaza e Hamas. hai spesso generalizzato non considerando nella maniera più assoluta, l'opzione pacifica palestinese, che c'è, non hai lontanamente considerato che questa entità moderata sta percorrendo anche ora la strada dell'ONU.
e non hai nemmeno considerato che chi ha posto il veto alla già programmata, e poi slittata ammissione della Palestina alle Nazioni Unite... sono stati gli USA... che è un dato che a me torna. forse a te no.
ma generalizzare e considerare la palestina=gaza=hamas è l'errore più marchiano che ritrovo nelle tue argomentazioni, almeno quelle che non condivido. e non c'è nemmeno necessità di spiegare perchè


perché (sempre per assurdo) non ci sono altre possibilità di scelta, scelgo di corsa e sempre quest'ultima. con questo non voglio negare o avvallare crimini di guerra, ingiustizie, o una politica che predica che l'attacco devastante sia la miglior difesa e che in alcuni casi giustifica le proprie azioni in modo piuttosto infame con le sofferenza della shoah.


che poi da qui si evince quali siano le tue valutazioni di fondo... poi non so perchè però ti blocchi li

ha combattuto l'ingiustizia della sua terra, non ha trovato la stessa forza in questo caso.
e se capita a Saviano, l'Uomo Giusto, Equidistante... hai solo nuove e pesanti conferme.

ho citato Saviano solo per dirti che ti capisco (anche se non condivido) se insisti a considerare la situazione così acriticamente.
Saviano è colto intelligente e sveglio. come te.
Saviano ha saputo mettersi contro, ne ha trovato la forza, le sue stesse radici.
quando si trattava di radici "campane".

quando è dovuto andare lì, con un pò di fegato, a dire magari cose belle, ma... (sai... E' SAVIANO!) magari lanciare un minito... ha fatto pippa e ha preferito l'imbonitura generale...
ha fatto il mimmetto, il petruccetto... Saviano...
e capisci che se la cappa è tale da impedire, da tenere legata la lingua di gente di questo calibro... è chiaro che non abbiamo un'informazione libera, e che a soffocarla subdolamente, sono anche i Grandi e Giusti Uomini come Saviano.

stasera mi leggo l'altro link.
[Modificato da giove(R) 27/11/2012 17:16]


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Israele e Hamas, domande e risposte

I tre ragazzi rapiti e uccisi. Lo scorso 12 giugno tre adolescenti di età compresa tra i 16 e i 19 anni sono stati rapiti mentre facevano l’autostop nei pressi di Gush Etzion, un raggruppamento di colonie israeliane nella Cisgiordania, o West Bank. I loro corpi senza vita sono stati ritrovati lunedì 30 giugno, nascosti sotto un cumulo di pietre in un appezzamento nella cittadina palestinese di Halhul, che probabilmente appartiene ai Qawasameh, un noto clan di Hebron. Il luogo del ritrovamento dei copri dista di pochi chilometri dal punto in cui gli adolescenti sono stati rapiti e si suppone che i tre siano stati uccisi nel momento stesso del loro sequestro. Eyal Yifrach aveva 19 anni, Naftali Fraenkel e Gilad Shaar ne avevano 16.

Chi è stato – la posizione israeliana.
Fin dall’inizio, il governo israeliano ha sempre incolpato Hamas. Quando ancora si sperava che i tre ragazzi potessero ancora essere ritrovati vivi, l’esercito israeliano ha lanciato una serie di operazioni di ricerca nella Cisgiordania, cui si sono aggiunte azioni punitive nei confronti di Hamas, inclusi omicidi mirati e bombardamenti di siti del movimento. Quando sono stati ritrovati i cadaveri, il governo israeliano ha annunciato che Hamas “la pagherà cara.” Il premier Benjamin Netanyahu ha anche intimato ad Abu Mazen – il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, che da poco ha formato un governo di unità nazionale proprio con Hamas – di porre fine all’alleanza politica con il movimento estremista, salvo pagarne le conseguenze. Le autorità israeliane avrebbero identificato due uomini responsabili del triplice omicidio: si tratterebbe di Marwan Qawasmeh e Amar Abu Aisha, entrambi militanti di Hamas. Negli ambienti militari e dei servizi di sicurezza, tuttavia, c’è chi dubita che l’ordine sia partito dall’alto. L’ipotesi, insomma, è che i due uomini abbiano agito da soli, senza alcuna autorizzazione dei vertici di Hamas. L’ex capo del Mossad, Danny Yatom, ha pubblicamente invitato il governo a distinguere tra i responsabili degli omicidi e l’ala politica dell’organizzazione.

Chi è stato – la posizione di Hamas.
Hamas non ha mai rivendicato il sequestro e, ufficialmente, declina ogni responsabilità. In compenso Khaled Meshaal, uno degli storici leader del movimento, ha lodato l’operazione, dichiarando che va gestita collettivamente da tutti i gruppi palestinesi. Le dichiarazioni di Meshaal, che risalgono a prima del ritrovamento dei tre cadaveri, erano in pratica un invito a negoziare la liberazione di alcuni prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane (ce ne sono di tutti i gruppi: Hamas, Fatah, Pflp, eccetera) in cambio delle vite dei tre ragazzini. In breve, la posizione ufficiale di Hamas è: non siamo stati noi, non ne sappiamo nulla, ma è stata una bella idea. Non appena Israele ha lanciato, dopo i rapimenti, le operazioni contro Hamas, a Gaza e in Cisgiordania, il gruppo ha risposto lanciando razzi sulle cittadine nel sud di Israele. Quando, trovati i tre cadaveri, Israele ha annunciato una dura risposta, Hamas ha replicato che è stato Israele ad “aprire le porte dell’inferno”.

Chi è stato – la posizione di Abu Mazen.
Abu Mazen non ha né respinto né sposato la posizione israeliana secondo cui Hamas sarebbe responsabile. Abu Mazen ha condannato esplicitamente il sequestro dei tre ragazzi e ha aggiunto che, se il coinvolgimento di Hamas dovesse essere confermato, questo significherebbe la fine del governo di unità nazionale. Sotto ordine di Abu Mazen, le forze di sicurezza palestinesi in Cisgiordania avevano collaborato con l’esercito israeliano nelle operazioni di ricerca. In realtà, pare sia stata proprio l’Autorità nazionale palestinese a segnalare agli israeliani la scomparsa dei tre teenager. La Cisgiordania, formalmente, rientra nella giurisdizione dell’Anp.
Nonostante i suoi legami con Hamas, il clan Qawasmeh è noto per agire spesso contro le direttive del movimento (in alcuni casi, forse, anche con l’obiettivo di farne saltare i piani)

Il clan del rapitore. Come già accennato, Israele ha identificato in Marwan Qawasmeh e Amar Abu Aisha i due assassini. L’esercito israeliano ha già provveduto a radere al suolo le abitazioni dei due sospettati. Inoltre, si diceva, i corpi senza vita dei tre ragazzi rapiti sono stati ritrovati in un terreno appartenete alla famiglia di Marwan Qawasmeh. Si tratta di uno dei clan più grandi e conosciuti della zona di Hebron. Spesso coinvolti in attività di Hamas, i Qawasmeh – una famiglia allargata di quasi 700 persone – hanno anche la fama di attaccabrighe. Una decina dei membri del clan si è resa responsabile di attentati suicidi contro israeliani. Soprattutto, come fa notare Shlomi Eldar in questo interessante approfondimento su Al Monitor, i Qawasmeh in passato hanno lanciato attentati suicidi… proprio quando Hamas aveva negoziato tregue con Israele. In altre parole, nonostante i suoi legami con Hamas, il clan è noto per agire spesso contro le direttive del movimento (in alcuni casi, forse, anche con l’obiettivo di farne saltare i piani): le forze dell’ordine dell’Anp ritengono che è esattamente quello che è successo anche questa volta.

Che cosa ci guadagna Hamas? “Perché Hamas dovrebbe provocare una guerra con Israele proprio quando la comunità internazionale ha appena riconosciuto il suo governo di coalizione?” è una delle domande poste da chi non è convinto delle accuse israeliane. Insomma, che cosa ci guadagna Hamas dal fare precipitare la situazione? Non è nell’interesse del movimento mantenere la calma? Obiezioni valide, anche se la situazione sul campo è un po’ più complicata. Vanno considerati due fattori: 1) Hamas non è un blocco monolitico, dunque ci possono essere elementi al suo interno (come il clan Qawasmeh) a fare un gioco diverso dalla leadership; 2) anche dal punto di vista della leadership, fare precipitare gli eventi potrebbe non essere così irrazionale: un modo di sbarazzarsi per sempre di Abu Mazen.
Abu Mazen rischia di passare come collaborazionista. Qualsiasi cosa succeda, lui ne uscirà indebolito.

Come si mette per Abu Mazen? In una parola: malissimo. Se salta fuori che Hamas è colpevole, Abu Mazen sarà costretto a rompere l’alleanza con Hamas, come del resto ha promesso. Se Israele lancia una offensiva su vasta scala, indipendentemente dal fatto che Hamas sia responsabile o meno, Abu Mazen rischia di passare come collaborazionista (a dire il vero, la fama di quisling già ce l’ha). Qualsiasi cosa succeda, lui ne uscirà indebolito. Pare che gli israeliani puntino a fare saltare il governo di unità nazionale. Dal loro punto di vista, l’obiettivo è fare saltare Hamas. Ma in realtà chi rischia di perderci di più è proprio Abu Mazen. Questa la situazione: Abu Mazen ha bisogno di Hamas per avere un minimo di legittimità sul campo (in realtà pure Hamas sta perdendo popolarità, ma non è questa la sede per discuterne…); Hamas ha bisogno di Abu Mazen per avere una sorta di legittimazione nazionale. Se la grande coalizione salta, però, proprio mentre Israele lancia un’offensiva, Abu Mazen potrebbe trovarsi in un punto di non ritorno: la credibilità persa sarebbe troppo. Hamas invece ci guadagnerebbe in popolarità – specie se Israele dovesse fare tante vittime – e da lì, in mancanza di altre figure, potrebbe tentare di accreditarsi internazionalmente

Dove va a parare Israele? L’obiettivo del governo israeliano pare non solo stanare i responsabili delle uccisioni ma cogliere l’occasione per dare una lezione ad Hamas, insomma indebolire il movimento. Non è la prima volta che Israele tenta un’operazione simile, tuttavia, senza sortire gli effetti desiderati: sradicare Hamas dai Territori palestinesi pare impossibile. Da notare che, stando le indiscrezioni apparse sulla stampa israeliana finora, gli ambienti militari e dell’intelligence non sembrano condividere questa strategia. I generali e il Mossad preferirebbero una risposta contenuta e mirata, che non punti a decapitare Hamas.

www.rivistastudio.com/editoriali/politica-societa/ragazzi-israeliani...
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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questa parte è assurda, non la scriverebbe nemmeno un bambino marziano (cioè che di quelle vicende non sa nulla) e minusdotato.

2) anche dal punto di vista della leadership, fare precipitare gli eventi potrebbe non essere così irrazionale: un modo di sbarazzarsi per sempre di Abu Mazen.
Abu Mazen rischia di passare come collaborazionista. Qualsiasi cosa succeda, lui ne uscirà indebolito.

"sbarazzarsi per sempre"? ma di che? ma il 2009 qualcuno lo ricorda? eppure all'epoca Hamas poteva sembrare sicuramente più "stimabile2 agli occhi dei palestinesi (visto che praticamente Israele fece tuto da solo, non esagerando ma STRAIPERULTRAesagerando nella reazione).
eppure Abu Mazen non è stato tolto di mezzo "per sempre".
figuriamoci qui, quando comunque vada, Hamas parte da una posizione molto peggiore. Hamas o gli affiliati mezzi dissidenti. in ogni caso partirebbe tutto da una Provocazione (chiamiamola così) molto grave fatta da parte palestinese.
e chi pagherebbe? la parte moderata palestinese?
no veramente i bambini delle elementari....


Come si mette per Abu Mazen? In una parola: malissimo. Se salta fuori che Hamas è colpevole, Abu Mazen sarà costretto a rompere l’alleanza con Hamas, come del resto ha promesso. (e quindi ne esce bene!)
Se Israele lancia una offensiva su vasta scala, indipendentemente dal fatto che Hamas sia responsabile o meno, Abu Mazen rischia di passare come collaborazionista (a dire il vero, la fama di quisling già ce l’ha). (eeeeeeehhhh???) Qualsiasi cosa succeda, lui ne uscirà indebolito. arispiegamelo un pò? anzi aspetta famme prima dà sette-otto capocciate al muro così mi rincoglionisco a sufficenza da essere sufficientemente idiota per capire sta cosa.
Pare che gli israeliani puntino a fare saltare il governo di unità nazionale. Dal loro punto di vista, l’obiettivo è fare saltare Hamas. Ma in realtà chi rischia di perderci di più è proprio Abu Mazen. Questa la situazione: Abu Mazen ha bisogno di Hamas per avere un minimo di legittimità sul campo (in realtà pure Hamas sta perdendo popolarità, ma non è questa la sede per discuterne…); Hamas ha bisogno di Abu Mazen per avere una sorta di legittimazione nazionale. Se la grande coalizione salta, però, proprio mentre Israele lancia un’offensiva, Abu Mazen potrebbe trovarsi in un punto di non ritorno: la credibilità persa sarebbe troppo. Hamas invece ci guadagnerebbe in popolarità – specie se Israele dovesse fare tante vittime – e da lì, in mancanza di altre figure, potrebbe tentare di accreditarsi internazionalmente


[SM=g27993] [SM=g27993] [SM=g27993]
vabbè allora scrivi pure che è tutta colpa di Israele, che se li è rapiti da soli i ragazzini, così da avere la scusa (modello teoria del complotto sull'attentato alle torri gemelle)...
cioè se per tutto quanto scritto alla fine come va va, conviene a Israele, io un penserino ce lo farei!
oppure potrebbe darsi che il clan dissidente di Hamas, in realtà siano dei collaborazionisti israeliani...

dopo st'articolo che parte bene per poi cadere rovinosamente, potrebbe valere davvero tutto.


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Re:
giove(R), 03/07/2014 12:56:

questa parte è assurda, non la scriverebbe nemmeno un bambino marziano (cioè che di quelle vicende non sa nulla) e minusdotato.

2) anche dal punto di vista della leadership, fare precipitare gli eventi potrebbe non essere così irrazionale: un modo di sbarazzarsi per sempre di Abu Mazen.
Abu Mazen rischia di passare come collaborazionista. Qualsiasi cosa succeda, lui ne uscirà indebolito.

"sbarazzarsi per sempre"? ma di che? ma il 2009 qualcuno lo ricorda? eppure all'epoca Hamas poteva sembrare sicuramente più "stimabile2 agli occhi dei palestinesi (visto che praticamente Israele fece tuto da solo, non esagerando ma STRAIPERULTRAesagerando nella reazione).
eppure Abu Mazen non è stato tolto di mezzo "per sempre".
figuriamoci qui, quando comunque vada, Hamas parte da una posizione molto peggiore. Hamas o gli affiliati mezzi dissidenti. in ogni caso partirebbe tutto da una Provocazione (chiamiamola così) molto grave fatta da parte palestinese.
e chi pagherebbe? la parte moderata palestinese?
no veramente i bambini delle elementari....


C



e infatti stanno pagando i ragazzini...


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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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comunque a Israele non gli pare vero di scatenare le stragi ogni volta che gli tirano due, tre razzetti.

mi tiri un razzetto? hai distrutto ..un cassonetto?

e allora via con l'offensiva che se non ti trucido 7-800 persone minimo non sono contento.

se fosse per Israele si farebbe lanciare un missile al giorno, così nel giro di 3, 4 mesi ti risolvono la "questione palestinese" una volta per tutte.


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Che poi se non so ragazzini manco se li gustano sti 700/800
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...Pedophile Bombing


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29/07/2014 11:20
 
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vabbè ormai da quando tutto il mondo si è bevuto la fregnaccia galattica che HAMAS nasconde le armi nelle scuole e che mette i bambini a scudo umano dei covi terrorstici, Israele non si tiene più.
birrone ghiacciato, frittatone di cipolle e sterminio libero.
chissà se poi si placherà la sua sete di sangue.


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08/09/2014 15:05
 
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avete sentito la notizia che puntale e precisa, manco un orologio svizzero, è arrivata nemmeno da una settimana?

ISRAELE ha ripreso l'esprorprio dei territori in Cisgiordania!
grazie a una legge...del 1858... può arbitrariamente decidere che se i palestinesi non coltivano certe terre se le prende lui!

e sapete che c'è di nuovo? niente! solo che questo esprorprio, pari a 400 ettari (!!!) è il più grande DA PIU' DI 50 ANNI (!!!!) che fa Israele ai danni dei palestinesi.

lo devo ripetere un'altra volta? dobbiamo un'altra volta, DOPO QUESTA ENNESIMA DIMOSTRAZIONE CHE NON E' LAMPANTE, DI PIU', di quanto da anni, vado spiegando sulla questione israelo palestinese, con buona pace di chi anche qui, con argomentazioni vigliacche, oltre che false e infami, ha cercato di divulgare ciò che più è presente, oltre la morte e l'odio, in questa faida, e cioè la DISINFORMAZIONE, o l'informazione PILOTATA.

va bene lo rispiego:

ogni volta che scoppia una crisi da quelle parti, è SEMPRE raccontato che "Hamas viola la tregua e lancia dei razzi, allora Israele non può non rispondere".

vi dicono SEMPRE così.
e infatti SAREBBE esattamente così, se non fosse che viene saltato REGOLARMENTE il passaggio precedente.
e cioè la continua e ininterrrotta opera di sottrazione di territori NON propri, da parte di Israele.

Hamas è una organizzazione terroristica, è una specie di mafia, di ndrangheta, di governicchio locale. ed è una delle due anime del Governo dei palestinesi.
l'altra è la moderata ANP che fa capo ad Abu Mazen.

ora qual'è il punto?
il punto è che AVOGLIA TE a chiedere una soluzione pacifica, o a condannare il lancio di missili di Hamas!
se tu Israele continui incessantemtne a RUBARE terre e risorse, AVOGLIA ad appellarsi alla parte "moderata" della palestina (l'ANP, appunto) quando tu, RUBANDO terre e risorse in ogni istante, ANCHE IN QUESTO PRECISO MOMENTO, non fai che "sfruguliare" (invece di calmare) la parte "estremista", la parte "ribelle".

qual'è il nocciolo del discorso?
è molto semplice: quando ci sono due fazioni talmente divise, per mentalità, tradizioni, richieste, rivendicazioni, aspettative, o per tragedie passate che è difficloe dimenticare o perdonare... la prosecuzione della contesa può portare a un unico risultato: l'annientamento, o il soggiogamento della parte più debole.

non c'è un piano B. Se E' VERO che si vuole una soluzione pacifica, E' SEMPRE DOVERE DELLA PARTE PIU' FORTE E PIU' POTENTE accompagnare la transizione, l'ammorbidimento, l'avvicinamento, la fine delle ostilità e delle rivendicazioni.

terminando questa veloce "RI-spiegazione", partiamo dalla "fine" del solito film che solitamente e ciclicamente rivediamo tra Israele e Palestina.

I Palestinesi, strabombardati, stramassacrati, strarasi al suolo dalla controffensiva israeliana (stavolta 2000 vittime nella Striscia di Gaza), chiedono "basta con i bombardamenti".
Israele allora dice: "ma è colpa vostra, colpa di Hamas, che ci ha provocato PER PRIMO, lanciandoci dei razzi in un periodo di tregua".

e qui solitamente tutte le analisi finiscono.
si dice: eh! certo che Israele è davvero spietato quando c'è da reagire. così non va, PERO' pure i palestinesi! è colpa loro, perchè è inutile che li facciamo passare da vittime! quelli hanno sparato i razzi per primi. ed era periodo di tregua!.

e come al solito NESSUNO dice mai, FA MAI PRESENTE, che non si può pretendere che nessuno reagisca quando è sistematicamente vessato e provocato.

perchè in tutta questa catena infinita, nella quale la gente è presa regolarmente per il culo, con una retorica del "tutti colpevoli, nessun colpevole", "alla fine che ci vuoi fare, lì non c'è rimedio, hanno ragione tutti e non ha ragione nessuno"... è VERO che Hamas è sicuramente una organizzazione malefica, terroristica, e l'unico modo per legittimarsi, è far vedere che LEI SI che sa fare rispettare i palestinesi, LEI si che reagisce di fronte alle prevaricazioni, NON l'ANP, che è troppo moderata e non muove un dito mentre ci espropriano le nostre terre.
ma a Israele tutto questo fa gioco, perchè può continuare a rubare le terre in Cisgiordania, aspettare che "quei pazzi di Hamas" reagiscano scompostamente, e poi RIVENDERSI il fatto che è costretto a bombardare perchè Hamas lo ha provocato.

Israele insomma, NON FA NULLA, di ciò che sarebbe fondamentale per distendere davvero la situazione: PORRE FINE ALLA RAZZIA DI TERRITORI NON SUOI.
Israele invece continua a seguire la sua stategia di ESPANSIONE, finchè i palestinesi che vorrebbero la pace, non trovano in ANP le risposte giuste, perchè ANP è moderato e non ricorre alla violenza. e allora arriva sempre HAMAS. che si pone come quello che, lui sì, che sa rispondere a tono, lui si che non si fa mettere i piedi in testa.

e la giostra ricomincia.

finchè Israele sarà quello che è, e che vergognosamente viene negato da persone maligne consapevoli, e tante, tantissime persone inconsapevoli, disinformate, pigre, superficiali.


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11/09/2014 11:00
 
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A proposito della forza d'Israele..

In Israele ogni anno esaltano il famoso raid di Entebbe del 1976 quando liberarono in 90 minuti piu' di 100 persone in ostaggio dei terroristi palestinesi e tedeschi che avevano dirottato un Air France da Atene fino in Uganda col consenso del dittatore folle Amin.
Festeggiano la liberazione e celebrano Yonatan Netanyahu, il fratello del primo ministro, l'unico militare caduto in quella spedizione.
Ignorano però totalmente i 4 civili caduti ad Entebbe, 3 all'aeroporto piu' una cittadina britannica che era stata inizialmente liberata e ricoverata in ospedale a Kampala per motivi di salute durante il sequestro e poi fatta uccidere per ritorsione da Amin dopo il raid israeliano.
Incredibile poi la storia di uno dei 3, Jean Jacques Maimoni: aveva la doppia cittadinanza israeliana e francese , stava tornando da Tel Aviv a Parigi a trovare le sorelle. Durante il sequestro i dirottatori separarono gli israeliani e liberarono gli altri stranieri : Maimoni, 19 anni, da francese poteva andarsene, ma scelse di rimanere. Durante l'assalto fu colpito dal fuoco amico.
A Tel Aviv quando rientrarono i passeggeri liberati era atteso dai genitori perchè nessuno sapeva di ostaggi morti durante il raid.
I familiari furono informati all'aeroporto mentre gli altri festeggiavano.
Da quel momento il silenzio. Per Israele Entebbe doveva essere il trionfo del MOssad e a celebrazione della sua efficienza militare.
L'unica polemica rimata negli anni ha riguardato Yonatan Netanyahu: per i parenti e l'opinione pubblica è stato un eroe caduto ad Entebbe, per quei militari che adarono in Uganda uno sprovveduto che rischiò di far saltare la missione perdendo la vita in un conflitto a fuoco che non doveva esserci con i soldati ugandesi di guardia all'aeroporto.

www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3270314,00.html



Anni fa avevo letto un libro su Entebbe in cui si evidenziavano alcuni..misteri legati a quell'operazione, come sul fatto che non si seppe nulla dei terroristi uccisi e sul doppiogioco di Amin.
Qualcosa di simile si era verificato nel 1973 per l'attentato a Fiumicino, da cui sarebbe poi scaturito il tacito accordo tra Moro e i palestinesi. Dei terroristi non si seppe piu' nulla.
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