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Ultimo Aggiornamento: 29/06/2022 14:31
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23/06/2011 17:56
 
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Jeannie Longo non ha limiti. La leggendaria ciclista francese ha vinto l'ennesimo titolo nazionale a 52 anni (i 53 li compirà ad ottobre), imponendosi nella cronometro di 19 chilometri a Boulogne sur Mere. Un successo netto per la fuoriclasse delle due ruote, che ha preceduto Christel Ferrier Bruneau di 34" e Audrey Cordon, due atlete che potrebbero essere benissimo sue figlie - più giovani rispettivamente di 21 e 31 anni.

Si tratta del 58esimo oro entro i confini transalpini per Jeannie, il quarto consecutivo nella corsa contro il tempo. Nel corso della sua eterna carriera la Longo ha conquistato 14 medaglie d'oro, 10 d'argento e 6 di bronzo tra Olimpiadi e Mondiali, su strada e su pista.



Chapeau
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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06/07/2011 11:27
 
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La triste parabola di Mika Myllylae

Nel suo appartamento nella città di Kokkola, borgo di 50.000 abitanti sulla costa nord-orientale della Finlandia, e' stato trovato morto l'ex fondista finlandese Mika Myllylae. Le forze dell'ordine non escludono che possa essere stato vittima di un crimine, e si sono riservate di rilasciare ulteriori dettagli solo dopo l'autopsia.
Mika Myllylae era nato il 12 settembre del 1969 a Oulu, in Finlandia.
Myllylae esordì in Coppa del mondo nel 1991 e partecipò alle Olimpiadi di Albertville 1992 dove raccolse un quattordicesimo posto come miglior risultato. Nel dicembre del 1992 arrivò il primo piazzamento nella top ten, quando si classificò quarto in una 10 km a skating a Ramsau.

A partire da quel momento la sua ascesa a campionissimo fu inarrestabile: alle Olimpiadi di Lillehammer nel 1994 conquisto' 3 medaglie (bronzo nella 30 km a skating, l'argento nella 50 km in alternato e un altro bronzo con la staffetta).
In seguito, ai Mondiali di Thunder Bay del 1995 conquistò il bronzo nella 10 km in alternato. Per la prima vittoria in Coppa del mondo dovette però attendere il dicembre del 1996, quando vinse una 10 km a tecnica classica a Davos.

Dai Mondiali di Trondheim nel 1997 inizia il periodo di massimo splendore per il fondista finlandese: 4 medaglie, tra cui l'oro nella 50 km in alternato a cui vanno aggiunti un argento e due bronzi. Alle Olimpiadi di Nagano 1998 vinse la medaglia d'oro nella 30 km a tecnica classica, e quella di bronzo nella 10 km e quello in staffetta. Fu poi l'assoluto dominatore dei Mondiali di Ramsau 1999 dove conquistò 3 medaglie d'oro (10 km e 50 km in alternato oltre alla 30 km a skating) e 1 d'argento (gundersen).
Nel dicembre del 2000, a 31 anni, Myllylae vinse la sua decima, e ultima, gara di Coppa del mondo.

Da questo momento, quello che venne definito il piu' vincente fondista finlandese di sempre, venne travolto dallo scandalo doping che coinvolse tutta la squadra finlandese ai mondiali di Lahti 2001.

Come brillante fu la sua ascesa all'Olimpo dello sci di fondo, triste e rovinosa ne fu la caduta. Dopo due anni di squalifica il finlandese rientro' alle gare nel 2004, ma con scarsissimi risultati.

Sopraggiunsero la depressione, i problemi di alcolismo e nel 2007 il divorziò dalla moglie Sumi, con la quale aveva avuto tre figli.

Il doloroso divorzio spinse Myllylae a disintossicarsi, riuscendo a recuperare il rapporto con la famiglia, ma il periodo di astinenza duro' due anni, quando nel 2009 Mika ricadde nel vortice dell'alcool. L'abuso di alcol e la latente debolezza psichica portarono il campione finladese ad avere altri guai con la legge; nel gennaio del 2010, in stato di ebbrezza, aggredì due ragazze in una pizzeria di Kokkola.

A detta di chi lo conosceva bene, il suo ritorno alla bottiglia coincise con l'inchiesta giudiziaria STT, in merito all'uso di sostane anabolizzanti. In quell'interrogatorio Myllylae ammise di aver fatto uso di Epo sul finire degli anni '90, ovvero nel periodo del suo massimo successo. Tale confessione fu confermata in aula di tribunale nel marzo del 2011.

La sua morte ha messo fine ad una storia fatta di grandi successi e dolorose cadute.
L'ammissione di aver fatto uso di sostanze dopanti oscuro' il mito che si era creato a forza di gambe di poderose bracciate.
Un altro tristissimo epilogo di un campione in decadenza, del connubio tra sport e droga che continua a seminare morte e disperazione.

(bluewin.ch )

Un altro atleta bruciato dal doping.....RIP!
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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07/07/2011 18:27
 
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Jack La Motta compie 90 anni
Il 'Toro scatenatò del Bronx


102 incontri per un record di 83 vittorie, 30 delle quali per ko. Dal titolo mondiale al lento declino, passando per il carcere e lo spettro della combine. Una vita sempre sopra le righe per l'ex pugile che fu il simbolo del riscatto degli italo-americani del Bronx negli anni dopo la Grande Depressione americana


Buon compleanno Jack. Fu il simbolo del riscatto degli italo-americani del Bronx negli anni dopo la Grande Depressione americana: 102 incontri per un record di 83 vittorie, 30 delle quali per ko, quattro pareggi e 19 sconfitte. Jack La Motta, leggenda del pugilato mondiale, domenica compirà 90 anni. Per i più giovani avrà per sempre le sembianze di Robert De Niro, quello da oscar di 'Toro scatenato', l'indimenticabile film di Martin Scorsese. Per gli altri sarà uno dei più grandi pesi medi della storia della boxe, nonostante non fosse né il più potente, né il più tecnico, né il più veloce, né il più bello a vedersi. Ma fu sicuramente il più coraggioso.

GLI ESORDI - Jack La Motta è nato a New York il 10 luglio 1921. Il padre era originario di Messina, la madre invece era ebrea: per questo gli fu imposto il nome di Jacob. Fu subito un ragazzo inquieto, uno dei tanti ragazzi di strada della New York più violenta. Una volta raccontò di aver aggredito con un tubo di metallo un allibratore lasciandolo agonizzante a terra. Per anni credette di averlo ammazzato, poi però gli riapparve nel suo camerino il giorno in cui diventò campione del mondo. Pur non essendo molto alto (solo 1,73) sul ring diventava una furia. Debuttò a soli 19 anni, non era potente ma aveva in dota un'aggressività unica che non dava respiro. La svolta per la sua carriera fu il doppio confronto con Ray Sugar Robinson. Nel primo, il 22 ottobre
del 1942 a New York, fu sconfitto, nel secondo, il 5 febbraio dell'anno dopo a Detroit, vinse, sempre ai punti, dopo aver spedito Robinson - che non era mai stato battuto fino ad allora - ko all'ottava ripresa. Sugar Ray però si rifece 21 giorni dopo nella 'bellà di New York, e batté ancora La Motta due volte nel 1945.

L'OMBRA DELLA COMBINE - Continuò ad affrontare avversari di grande valore. I quattro duelli con il croato Fritzie Zivic, fra il 1943 e il 1944, sono passati alla storia come i match più scorretti della storia della boxe. Sui match di La Motta aleggiò spesso lo spettro della combine. La prima volta nel '47 dopo il ko subito al quarto round da Bill Fox: ci fu anche un'inchiesta che lo giudicò colpevole, tanto che gli venne perfino ritirata la licenza. Ma quando tornò a combattere ritrovò la vittoria, tanto da meritarsi finalmente la sua chance mondiale contro Marcel Cerdan. L'incontro avvenne il 16 giugno '49 a Detroit, La Motta vinse il titolo contro tutti i pronostici. Il francese giurò che si sarebbe ripreso il titolo, ma prima un rinvio per un infortunio dell'avversario italo-americano poi il tragico incidente aereo in cui perse la vita gli negarono la rivincita.

DAL TITOLO MONDIALE AL DECLINO - Da campione il primo avversario che La Motta trovò sulla sua strada il 12 luglio '50 fu Tiberio Mitri, ed in un Madison Square Garden pieno come un uovo fu match a senso unico. La Motta vinse largamente ai punti ma nella vita i due finirono alla pari, con punti in comune come il carcere, la scomparsa dei figli in tristi circostanze, le sfortunate carriere da attori, come quelle delle rispettive mogli reginette di bellezza. Nel '52 il 'Torò si ritrovò davanti Sugar Robinson, per il loro sesto confronto. Fu una lotta impietosa, crudele. Robinson dominò il combattimento, La Motta resistette stoicamente sino al 13/o round, fino a quando l'arbitro non fermò il match, che da allora venne chiamato 'Il massacro di San Valentino'. La crudeltà del match lasciò tracce sul fisico di La Motta che da allora non fu più lo stesso e chiuse con la boxe nel '54 con una sconfitta ai punti per mano di Billy Kilgore.

LA VITA FUORI DAL RING - Appesi i guantoni al chiodo fu chiamato spesso in show televisivi e spettacoli di intrattenimento, come il suo amico fraterno Rocky Graziano. Uomo dal carattere impossibile, sempre destinato a far parlare di sé, La Motta riuscì ad essere un grande protagonista anche fuori dal ring. Si sposò sei volte, non ebbe mai un buon rapporto con i suoi manager, nel 1961 ammise finalmente di avere perduto di proposito con Billy Fox, perché solo perdendo gli sarebbe stata data la chance di battersi per il titolo. In verità Jack arrivò al campionato del mondo quando Mike Capriano, uomo di Frankie Garbo (il gangster che controllava la boxe di allora) divenne suo manager. Finì anche in prigione per una denuncia di violenza ad una minorenne. Una volta disse: "Sono stato fortunato perché sopra il ring non mi sono mai fatto male, e perché tante donne mi hanno voluto bene". Una vita speciale, una vita da film.

Auguri Jack [SM=g8950]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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20/07/2011 10:10
 
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Pistorius ai Mondiali, a Lignano fa il tempo sui 400 metri: 45”07. Ad agosto in Corea sfiderà i normodotati


Non ci sono più confini, cadute le distinzioni. E con loro anche le barriere. Oscar Pistorius ce l'ha fatta, ha coronato il suo sogno e quello di un mondo che ci piacerebbe vedere uguale anche quando il destino o la natura non ci sta: il quattrocentista sudafricano si è qualificato per i mondiali di atletica (in programmna a Daegu dal 27 di agosto). Correrà con i normodotati, primo nella storia a farlo, lui che al posto delle gambe ha altrettante protesi. Ha divorato i 400 metri in 45”07, la sua miglior prestazione di sempre, al di sotto di quel 45”25, il tempo necessario per essere come tutti gli altri. La chiave per il suo paradiso. Ventiquattro anni, nato con una malformazione (senza i peroni e con i piedi straziati da un atroce scherzo della natura) ha perso le gambe a undici anni, ma non ha mai smesso di fare sport e di pensare a una vita come quella degli altri.

La sua salvezza si chiama fibra di carbonio, il materiale che ha forgiato le protesi utilizzate per correre. Si chiamano cheetah: sono le sue inseparabili amiche. Compatito nelle prime corse, ascoltato perché diversamente non si poteva fare, quel ragazzone sudafricano conteneva nel suo fisico così tanta esplosività da non poter essere ignorata né cancellata. Sboccia alle Paralimpiadi di Atene nel 2004, vince un paio di medaglie, ma lo notano in pochi. Lui ha già deciso la sua missione: correre con quelli più fortunati di lui. Anzi, correre con quelli come lui. Raggiungerli: Oscar si sente normale, alla sfortuna non ha mai creduto, la tragedia è il passato remoto. La sua è una vita coniugata al futuro. Nel 2005, il primo assalto alla Iaaf, la federazione mondiale dell'atletica: «Voglio correre le Olimpiadi di Pechino con i normodotati».

Impreparati, i padroni dell'atletica si guardano in faccia, un punto di domanda che non può avere una risposta se non negativa: «Un atleta che utilizzi queste protesi ha un vantaggio meccanico dimostrabile (più del 30 per cento) se confrontato con quelli che non le usano». Burocrazia. Materiale buono per prendere tempo e per mettere spalle al muro il sudafricano. Che, allenato sui 400, comincia la sua maratona. Carte, studi di dinamica applicata all'atletica, forze uguali e contrarie. Non tutti sono d'accordo, quelle leve sembrano molle, assomiglia a uno dei Fantastici 4, ma non insegue i cattivi. Lui insegue un sogno. Nel luglio 2007 corre a Roma, Stadio Olimpico, e lo fa con i normodotati, arriva secondo in una gara minore. Il rischio è che diventi fenomeno da baraccone, lui lo corre fino in fondo. Altra sfida. Il 16 maggio 2008 la sentenza che gli cambia la vita: il Tas, il tribunale arbitrale dello sport, gli dà ragione.

Le perizie dei suoi legali mettono ko i pregiudizi della Iaaf: premio Oscar. Il tempo però non arriva, a Pechino ci va ma tra i paralimpici. «Non sono bionico, ma solo un uomo». La lunga rincorsa è cominciata quell'anno, Londra è ancora da conquistare, ma in mezzo ci sono i Mondiali di Daegu. Nessuno sconto, un minimo vero da raggiungere e zero concessioni all'emozione. Nemmeno dal Sudafrica che non regala visti speciali a Oscar, il muro è quel 45”25: correre i 400 metri in un tempo inferiore è il solo modo per Pistorius di vedersela con i grandi. In fondo, una cosa normale. Come per tutti gli atleti: questo lui voleva, questo lui ha ottenuto. Non a caso ha scelto l'Italia per abbattere quella barriera. Roma l'aveva adottato in quel 2007, Milano gli ha sempre voluto bene. Un tentativo, fallito domenica a Padova: non gli restava che un ultimo colpo da sparare. L'ha fatto ieri sera a Lignano Sabbiadoro. 45”07: gli occhi fissi sul crono che ha cambiato la sua vita. E forse non solo la sua. «Piacere sono Oscar Pistorius. Da ieri sera uguale agli altri».
LASTAMPA.IT
[Modificato da Sound72 20/07/2011 10:10]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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28/08/2011 16:00
 
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incredibile la cazzata commessa da Bolt oggi nella finale dei 100 metri ai mondiali..una partenza falsa ( e di tanto ), squalifica e titolo lasciato nelle mani del connazionale Blake....
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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29/08/2011 13:10
 
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quanto siamo diversi ennio!... [SM=x2478856]

pensa che per me l'incredible cazzata è questa regola idiota di squalificare un anno di lavoro al primo errore.
dove siamo nella Germania di Hitler, nella Persia di Hammurabi... dove...
ma quali fenomenali idioti possono partorire certe idee e sopratutto come mai nei posti decisionali ci vanno sempre questi fior fior di idioti della peggiroe risma?

[SM=g7305]

una gara è adrenalina, è tensione, sono nervi... la cosa più facile che può capitare è un riflesso incontrollato.

si può squalificare, annullare il lavoro, annichilire uno spettacolo (molta gente avrà certamente cambiato canale per prinicpio una volta scoperta la regola cervellotica rifiutandosi di essera anche solo alla lontanissima compartecipe di tale e tanta idiozia demenziale).

ma poi... una tale sanzione di dimensioni così enormi, nette, per far fronte ... a cosa...
posso capire l'impiccagione di fronte al mostro di Firenze, la sedia elettrica per Manson, ecc...

ma quale crimine efferato irreparabilmente grave vuole andare a punire una regola così idiota boh?

fatto sta che il danno non è solo per Bolt, ma è per l'atletica e per le gare di velocità in particolare.
primo rischi di perdere i protagonisti, secondo proprio dalpunto di vista della spettacolarità della gara, un precedente del genere e la paura fottuta che d'ora in poi attanaglierà qualunque sprinter, farà si che si aspetterà una frazione di secondo in più per partire.
addio record del mondo in finale.

i record del mondo sui 100 metri sono destinati a farsi ..nei meeting.

il problema è uno ci vorrebbe un'arma suprema contro l'idiozia.
senza idioti il mondo starebbe molto meglio.

chi paga l'idiozia alla fine sono sempre gli innocenti.


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29/08/2011 13:52
 
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sull'assurdità della regola sono d'accordo con te..
però parliamo di un fenomeno..di gente abituata a giocare sul filo del centesimo..là la concentrazione fa tutto...lui lì ha proprio toppato e di tanto..è andato fuori giri di un'alzata di gamba..
La regola la conosci..devi lavorare esclusivamente su questo..perchè sei talmente piu' forte degli altri che solo se ti strappi perdi..
Ora io nn so se l'errore dipenda dal fatto che lui affronti le gare in modo spacconeggiante, spavaldo, guascone, cmq cazzeggiando ecco..però vista anche l'entità dell'errore..( nn parliamo di una partenza falsa di pochi millimetri.. ) tendo piu' ad accollarla a lui e poi alla regola!
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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29/08/2011 15:12
 
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ah l'errore è macroscopico perchè l'anticipo con cui parte è enorme.
ma la tensione fa brutti scherzi questo lo sa chiunque ha fatto sport. (quante volte abbiamo detto che la testa conta più di....)
ma nemmeno è... "poteva stae calmo che tanto vinceva con la pippa in bocca".
quell'altro ha fatto 9.93... e comunque siamo ai mondiali e nessuno può sottovalutare nessuno, anzi.
se vedi che l'avversario è in forma, se (ed è umano) qualche tua certezza si mina...puoi essere più teso.
e in ogni caso non puoi pensare di partire tranquillo "annate tanto ve ripìo tutti". stiamo sempre parlando di roba di centesimi o millesimi e nonv ale che "sei talmente più forte".
ne abbiamo pur visti di "talmente più forti" battuti.
una regola così accentua e aggiunge un pathos gratuito a una gara che semplicemente andrebbe lasciata stare per quello che è, questo è il fatto.
la regola sbaglaita per mille motivi, tende pure ad aggiungere nervosismo a una gara che è già un mozzico. un mozzico di adrenalina.


in soldoni, l'errore c'è, ma una regola così meritava un fulmine dal cielo a incenerire chi solo l'avesse pensata (ulteriore dimostrazione che Dio non esiste).

anche perchè è proprio controproducente a tutto, allo spettacolo, alla godibilità, al merito, e in ultimo è l'affermazione dell'assurdo di una sanzione che è troppo enorme per evitare che... ecco appunto... per evitare ...che?...cosa?

cioè chi muore, quali stragi, quali danni ci sono se si danno due possibilità?

è proprio la negazione dello sport sta regola. proprio dello spirito dello sport.
uscire per nona ver fatto nulla per demeritare. così.
perchè qualche idiota ha partorito questo aborto.

ha rovinato l'Atletica Leggera una regola così.
io ricordo Christie, che era lui, sbaglio? parlo del velocista britannico che perse la finale per doppia infrazione.
ma cazzo, e a dispiacere dispiace sempre eh? però almeno ebbe un'altra possibilità.
[Modificato da giove(R) 29/08/2011 15:16]


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29/08/2011 17:25
 
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per tanti anni ho fatto atletica leggera , proprio i 100 e 200 , lungo e staffetta.
Alle mia epoca avevi le 2 possibilità quindi si era relativamente tranquilli e questa tranquillità mi faceva fare un giochino con lo starter . Dopo il "pronti" non attendevo lo sparo ma cercavo di "sentire" il momento in cui lo starter avrebbe tirato il grilletto e partvo in quel momento.
Chiaramente è una lotteria , a volte mi davano la falsa partenza, a volte quando gli altri stavano ancora sui blocchi io avevo già staccato, avolte mi soprendeva perchè sparava presto e rimanevo come un coglione fermo a realizzare ....dovendo fare un bilancio credo che il più delle volte mi sia andata bene .
I cambi della staffetta poi sono arte pura, non sapete quanto lavoro c'è dietro quel passaggio del testimone, dev'essere un meccanismo perfetto.
Bellissimo se ci ripenso mi commuovo
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29/08/2011 17:45
 
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Re:
lucolas999, 29/08/2011 17.25:



ho fatto atletica leggera , proprio i 100 e 200 , lungo e staffetta.




il nostro Jesse! il nostro Figlio del Vento!
mi sarebbe piaciuto sfidarti...

PS. a proposito auguri che ancora non te li avevo fatti.
bella "mattata" la sorpresa. se un giorno sarà mi piacerebbe averci la "pompa" di fare altrettanto.
mi devo ancora sentire la scaletta...


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15/09/2011 12:07
 
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Addio a Bonatti leggenda dell'alpinismo
Nel 1954 partecipò alla spedizione italiana che conquistò il K2


Si è spento martedì sera a Roma dopo aver lottato fino all’ultimo con la malattia che lo ha infine sopraffatto. Walter Bonatti, nato a Bergamo 81 anni fa (ovvero il 22 giugno 1930), sarà sempre ricordato come una leggenda dell’alpinismo italiano, cittadino del mondo e della montagna.
Alpinista e guida alpina, poi autore di numerosi libri e reportage, Bonatti iniziò a scalare le Prealpi lombarde nel 1948, ma già nel 1950 conquistò la parete est del Grand Capucin, nel gruppo del Monte Bianco. Nel 1953 compì la prima invernale alla parete nord della Cima Grande di Lavaredo e quella alla Cima Ovest.
Conquistò poi la vetta del Cervino aprendo una variante direttissima lungo la cresta del Furggen e poi altre prime scalate sulle Alpi Centrali, sul canalone nord del Colle del Peuterey del Monte Bianco.
Ma Bonatti è passato alla storia dell’alpinismo soprattutto per la conquista del K2. Nel luglio 1954, a 23 anni, partecipò alla spedizione italiana capitanata da Ardito Desio, che portò Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima della seconda vetta del mondo. Il giorno prima, Bonatti, il più giovane della spedizione, era sceso al campo inferiore per recuperare le bombole di ossigeno e quando era tornato aveva scoperto che il nuovo campo, a sorpresa, era stato allestito 250 metri più in alto. Bonatti ci arrivò solo poco prima del tramonto, ma Compagnoni e Lacedelli si limitarono a suggerire da lontano di lasciare l’ossigeno e tornare indietro. Vista l’impossibilità della cosa (era quasi buio), Bonatti e il portatore Mahdi trascorsero la notte a -50° C, senza alcun riparo, raggiungendo il campo solo all’alba. Mahdi, semiassiderato, subì l’amputazione di numerose dita. A causa di un contratto Bonatti non potè parlare dell’accaduto per due anni e lo fece solo nel 1961 nel libro «Le mie montagne».
Soltanto nel 2004 la commissione d'inchiesta del Club Alpino Italiano riconobbe la versione di Bonatti. Quindi fu la Società Geografica Italiana a chiarire il ruolo di Bonatti nel raggiungimento della vetta. «A 53 anni dalla conquista del K2 - scrisse Bonatti - sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione Ardito Desio. Si è così ristabilita, in tutta la sua totalità, la vera storia dell’accaduto in quell’impresa nei giorni della vittoria... Si è dato completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano, un’affermazione che ha saputo risvegliare, dopo gli anni bui, il vanto e l’orgoglio di tutti noi».
Le imprese di Bonatti non si sono limitate alla montagna: negli anni Sessanta viaggiò lungo l’Alto Orinoco, con due spedizioni andò alla ricerca delle sorgenti del Rio delle Amazzoni, viaggiò a Sumatra per studiare il comportamento della tigre al cospetto dell’uomo, nelle Marchesi ripercorse nella giungla il viaggio di Melville quando era scappato dalla baleniera su cui prestava servizio, ed era poi stato prigioniero dei cannibali, e riuscì a provare la veridicità di tale storia. Sono degli anni Settanta le spedizioni in solitaria a Capo Horn, lungo 500 chilometri di fiordi della Patagonia, lungo il corso del fiume Santa Cruz, in Congo, in Guyana e Antartide. Sempre raccontando tutto in libri e reportage pubblicati dal settimanale Epoca, che ne hanno reso famoso il suo amore per la natura e l’avventura.
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08/11/2011 13:29
 
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Addio a Joe Frazier, mito del pugilato


WASHINGTON - E' morto a soli 67 anni, nella sua casa di Filadelfia, stroncato da un tumore al fegato, Joe Frazier, uno dei miti della boxe degli anni '60 e '70, uno degli avversari piu' famosi di Mohammed Ali.

Da giorni i media Usa avevano annunciato che solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo da un cancro al fegato diagnosticatogli appena un mese fa. E oggi gli appassionati di pugilato di tutto il mondo piangono questo grande campione. Dotato di una forza brutale, ed in particolare di un devastante gancio sinistro, Frazier e' stato un campione vero anche da dilettante, vincendo l'oro olimpico a Tokyo 1964. Quindi ha detenuto il titolo mondiale ed e' entrato nella Hall of Fame.

Fuori dal ring era invece considerato un autentico gentleman, che ha tentato la carriera di cantante con il gruppo dei 'Joe Frazier and the Knockouts'. Figlio di un raccoglitore di cotone in una piantagione della Carolina del Sud, si e' trasferito a Filadelfia a soli 17 anni per intraprendere la carriera pugilistica. Da professionista Smokin' Joe ha sostenuto 37 incontri, vincendone 32 (27 prima del limite), perdendone 4 e pareggiandone uno.

Per tre anni (1967, 1970 e 1971) e' stato proclamato 'pugile dell'anno' dalla rivista americana 'Ring Magazine'. Lascia 11 figli, tre dei quali, due maschi e una femmina, hanno cercato di ripercorrere le sue orme sul ring. Nei giorni scorsi, quando le sue condizioni si sono terribilmente aggravate, ha pregato per lui anche il grande Ali: ''Le ultime notizie a proposito di Joe sono difficili da credere e ancora piu' difficili da accettare - aveva detto l'ex campione, da tempo affetto dal morbo di Parkinson -. Joe e' un combattente e un campione, e io prego che lotti anche adesso''.

Fu proprio Frazier il primo a battere Ali ai punti nel 1971 al Madison Squadre Garden di New York, per decisione unanime dopo 15 durissimi round, in quello che allora fu definito il ''match del secolo''. Ali si prese la rivincita tre anni dopo, sempre ai punti ma dopo 12 round, prima di aggiudicarsi anche la 'bella' a Manila nelle Filippine al termine del 14/o round, in un altro match mondiale ormai entrato nella storia della boxe.

ansa.it
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15/11/2011 22:09
 
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i pugili non so perchè,fanno spesso una brutta fine.
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15/11/2011 22:13
 
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Re:
Sound72, 28/08/2011 16.00:

incredibile la cazzata commessa da Bolt oggi nella finale dei 100 metri ai mondiali..una partenza falsa ( e di tanto ), squalifica e titolo lasciato nelle mani del connazionale Blake....



[SM=x2478856] ricordo a mai dire gol quando fecero vedere un atleta durante l'ultima gara della sua vita (lancio del martello, non ricordo il suo nome);praticamente impiegò troppo tempo per preparare il lancio (hai presente quando fanno le giravolte?),suonò la sirena e lo squalificarono.


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20/01/2012 17:39
 
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Morta Sarah Burke, bella campionessa canadese di freestyle


La 29enne Sarah Burke, campionessa di freestyle, è morta: la sportiva canadese si era infortunata l’11 gennaio durante un evento organizzato da un suo sponsor personale subendo “irreversibili danni cerebrali a causa della mancanza di ossigeno e sangue al cervello dopo un arresto cardiaco”.
A nulla è valso un intervento chirurgico: a dare la notizia della morte della ragazza è stato il presidente della federazione canadese di sci freestyle Peter Judge.

La vita di Sarah:
Nata il 3 settembre 1982 nello stato canadese dell’Ontario, la Burke aveva cominciato la sua attività agonistica nel 2001 partecipando nella categoria halfpipe allo US Freeskiing Open. In coppa del mondo di freestyle aveva vinto tre volte tra il 2006 e il 2008, ottenendo altrettanti risultati positivi anche nella Nor-Am Cup tra il 2004 e il 2007
L’incidente:
Al Park City Mountain nello Utah durante un evento organizzato dal suo sponsor Sarah è caduta. Una caduta purtroppo rivelatasi mortale: l’aver battuto violentemente la schiena le aveva infatti riportato danni cerebrali in seguito a una emorragia interna dovuta alla lacerazione dell’arteria vertebrale.

La canadese aveva vinto per quattro volte il titolo ai Winter X Games ed era l’atleta più conosciuta ed amata dai fan nel suo sport: il freestyle, una replica con gli sci dello snowboard halfipipe che farà il suo debutto olimpico a Sochi 2014, perde il suo elemento di spicco. E il Canada perde una delle donne più apprezzate degli ultimi anni: un vero peccato per sportivi e non.

www.qnm.it/sport/morta-sarah-burke-bella-campionessa-canadese-di-freestyle-post-61...

bella è riduttivo..direi..

RIP [SM=g27992]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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25/03/2012 12:52
 
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Pallavolo, il dramma di Bovolenta
Muore in campo stroncato da un malore
Stava giocando con la Volley Forlì contro la Lube a Macerata. «Mi gira la testa, cado». Poi la corsa, inutile, all'ospedale
su tutti i campi della serie A sarà osservato un minuto di silenzio per ricordarlo

Pallavolo, il dramma di Bovolenta
Muore in campo stroncato da un malore

Stava giocando con la Volley Forlì contro la Lube a Macerata. «Mi gira la testa, cado». Poi la corsa, inutile, all'ospedale

MILANO - Il centrale ed ex azzurro di pallavolo Vigor Bovolenta, 37 anni, è morto stroncato da un malore accusato nel corso della partita di B2 che stava disputando con la sua Volley Forlì contro la Lube a Macerata. La notizia è stata diffusa nella notte dalla Lega pallavolo serie A. Oggi, per ricordarlo, verrà osservato un minuto di silenzio su tutti i campi della serie principale.

Dramma nel volley, muore in campo Bovolenta


IL MALORE IN CAMPO - Particolarmente drammatiche,secondo quanto si è appreso, le circostanze della morte dell'atleta: nel terzo set è andato in battuta, ha gettato la palla oltre la rete e ha chiesto soccorso, dicendo che gli girava la testa e toccandosi il fianco sinistro. «Mi gira la testa, aiutatemi che cado» è riuscito solamente a dire ai suoi compagni. Poi è svenuto. I soccorritori presenti nel palazzetto hanno immediatamente cercato di rianimarlo. Bovolenta è stato poi trasportato in condizioni disperate all' ospedale di Macerata e tutti i tentativi dei medici sono stati vani. L'atleta, che avrebbe compiuto 38 anni il 30 maggio, è morto poco dopo, tra le lacrime dei compagni di squadra, dell' allenatore Stefano Mascetti e dei giocatori e dirigenti di Macerata.

LA FAMIGLIA E LA CARRIERA - Vigor Bovolenta abitava a Ravenna con la moglie, Federica Lisi - anche lei ex giocatrice di pallavolo - e i quattro figli. Nella sua carriera da professionista aveva disputato 553 partite in serie A1 in 21 anni, fino al 2011. Nel suo curriculum due scudetti, due coppe campioni, altre coppe europee, un Mondiale per Club, un argento alle Olimpiadi di Atlanta 1996, un Europeo e quattro World League. In nazionale aveva esordito nel 1995, a L'Avana, contro Cuba e aveva poi giocato contro l'Olanda in finale nell'Olimpiade di Atlanta del 1996 nella squadra azzurra allenata da Velasco. Con la Nazionale, oltre alla medaglia olimpica, ha vinto quattro edizioni della World League, una Coppa del Mondo e due Europei.

LA SCELTA DELLA B2 - Bovolenta aveva accettato la scorsa estate di mettersi in gioco in B2 sposando il progetto del presidente Giovanni Gavelli. «Nel momento in cui ho scelto Forlì - spiegava l'atleta in una lettera aperta al mondo del volley - sapevo che non sarebbe stato semplice; la società, mostrando serietà, ha deciso, nonostante il difficile momento economico generale, di proseguire l'attività e ripartire dai giovani attraverso una più modesta B2. Ho deciso comunque di rimanere qui, lavorando alla ricostruzione di questa squadra, convinto in questo anche dalla volontà di rimanere vicino alla mia famiglia, che mi ha fino ad ora sempre seguito nelle varie città in cui ho giocato. Dopo che loro sono stati al mio fianco, credo sia arrivato il momento che io cammini al fianco loro». La lettera si concludeva con una dedica al fratello Antonio «che mi guarda da lassù».

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[SM=g27993] Che angoscia,me lo ricordo bene,ha giocato pure con noi...pensavo avesse smesso...che tragedia [SM=g27992]
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26/03/2012 09:43
 
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la moglie la conosce bene mia moglie ,andavano in vacanza insieme anni fa .
che brutta cosa [SM=g27992]
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26/03/2012 16:00
 
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ho letto che 15 anni fa era stato fermato per aritmia cardiaca..si saprà di piu' con l'autopsia..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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29/03/2012 10:49
 
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Dennis Rodman rovinato dalle sbronze
Il Verme non ha più un dollaro


L'ex lungo di Pistons e Bulls, cinque volte campione Nba, è ormai schiavo dell'alcool e rischia il carcere per mancato pagamento degli alimenti a una delle ex mogli. Il suo consigliere finanziario: "Peggiora ogni giorno

Per chi ha amato il grande basket degli Anni 90 la notizia è uno schiaffo in faccia. Anche se, diciamo la verità, non sarete sorpresi come se Gisele bussasse alla vostra porta chiedendovi di portarla su un'isola deserta. Dennis Rodman, ex stella dei Detroit Pistons di Chuck Daly e dei Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie PIppen e coach Phil Jackson, è in bolletta, "alcoolizzato e gravemente malato". E ora rischia 20 giorni di carcere non avendo pagato gli alimenti a Michelle, la terza moglie, madre di due dei suoi figli.

SITUAZIONE SERIA — È quanto sostengono i legali rappresentanti di Rodman, citati dal Los Angeles Times. Rodman, 50 anni, deve in totale 860.000 dollari in alimenti arretrati. Per ora ha evitato il carcere, ma il 29 maggio dovrà affrontare un'altra udienza. Secondo quanto riportano i documenti presentati al tribunale di Orange County (California), Linnea Willis, avvocato del "Verme", ha dichiarato che Rodman è "gravemente malato" e le sue condizioni economiche sono pessime. Per non parlare dei 5.000 dollari che deve versare per il mantenimento di un bambino avuto da un precedente matrimonio. "In tutta sincerità, Dennis è alcolizzato - ha affermato il suo consigliere finanziario Peggy Williams -. La sua malattia gli impedisce di trovare lavoro, quest'ultimo divorzio l'ha portato sull'orlo del baratro. È molto provato e malato. E non fa che peggiorare" ha aggiunto.

PERSONAGGIO UNICO — Noto soprattutto per i suoi atteggiamenti sopra le righe fuori dal campo, Rodman è stato però anche un grande giocatore, soprattutto in difesa, dove la sua atleticità gli permetteva di intimidire gli avversari, di stoppare e prendere caterve di rimbalzi. Phil Jackson ha più volte ribadito di non aver mai allenato nessuno che avesse le sua qualità atletiche. È stato il miglior rimbalzista dell'Nba per sette anni consecutivi e in 14 anni di Nba ha vinto cinque titoli, tre a Chicago accanto a Michael Jordan e Scottie Pippen. Gli aneddoti sulla carriera di Dennis sarebbero centinaia. Famoso per i tatuaggi che gli ricoprono tutto il corpo, i capelli tinti coi colori più assurdi e i piercing in ogni parte del corpo, Rodman fuori dal campo non si è mai fatto mancare niente. Protagonista di colossali bevute anche prima delle partite, ha amato migliaia di donne, che hanno sempre subito il suo fascino. Tra le storie più chiacchierate quella con Madonna, che per Rodman prese una cotta clamorosa fino a dichiarare: "Vorrei un figlio da lui", la Venere Nera Naomi Campbell e la sexy Carmen Electra, che sposò anche a Las Vegas. Salvo poi farsi cancellare le nozze perché, parole sue "non ricordo nulla di questo matrimonio del c..., del resto sia io che Carmen eravamo talmente bevuti che non mi sorprende".
FUORI DI TESTA — Durante le finali Nba del 1997, giocate dai suoi Bulls con gli Utah Jazz di Stockton, Malone e Jerry Sloan, era il più odiato dal pubblico mormone. Figuratevi, i morigerati padri di famiglia dello Utah con un soggetto del genere. E Dennis, grande istrione, a provocarli dopo ogni stoppata o rimbalzo. Con anche delle inequivocabili imprecazioni che facevano impazzire di rabbia il devoto pubblico dell'allora Delta Center. "Ma come si fa a vivere in questo posto?", diceva di Salt Lake City. Così, appena finiva la partita delle finali Nba, prendeva l'aereo, andava a Las Vegas (non lontanissima da lì) e passava la notte tra casinò e maratone di sesso. Poi tornava a Salt Lake City e marcava Karl Malone. Un personaggio unico, che meritatamente è nella Hall of Fame della pallacanestro.
FUORI DAL CAMPO — Dopo l'ultimo titolo coi Bulls nel 1998, si è dato per un breve periodo al wrestling. Poi la sua carriera cestistica si è spenta presto, passando anche per posti come la Finlandia. Dopo aver tentato con scarso successo la carriera di attore, Rodman ha ballato fra programmi televisivi (perfino il Grande Fratello Vip inglese) e qualche guaio con la legge, come quando è stato arrestato nel 2008 dopo aver picchiato una sua amante. Ovviamente a Las Vegas, sua seconda casa. Da allora la sua situazione è peggiorata. E sembra proprio che la sua mancanza di equilibrio gli stia presentando il conto.
gazzett.it
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29/03/2012 13:01
 
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c'ha 50 anni...cazzo come passa il tempo..


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