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Vecchie glorie

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2023 23:20
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12/04/2011 14:00
 
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La prima di Falcão all'Internacional: «Voglio un calcio allegro»


Nel tardo pomeriggio (brasiliano) di ieri l'Internacional ha presentato al Beira-Rio il nuovo allenatore: Falcão si è "scusato" per i suoi anni di inattività, ha promesso un gioco brillante e ha dribblato secco Renato Gaúcho e le sue provocazioni.


È un Falcão sereno quello che si presenta ai suoi ex-colleghi giornalisti alla sua prima conferenza stampa da allenatore dell'Internacional: abbastanza sereno da evitare la polemica con l'allenatore del Grêmio e le sue provocazioni («Sono tanti anni che non allena: non sarà un po' "arrugginito"?») e da predicare subito un calcio allegro, leggero.

PRIME DICHIARAZIONI - «Voglio un calcio allegro, leggero, che diverta e ci diverta: dobbiamo entrare in un circolo virtuoso dove giocare significhi divertirsi e divertendosi si vinca: sento di avere un gruppo di persone intelligenti, e che riuscirò a trasmettere loro le mie idee». Allegria è la parola d'ordine dell'ex romanista, un'impostazione data fin dalla prima apparizione pubblica, che non cala nemmeno sulle domande più spinose: come quando gli viene chiesto di chiarire la sua posizione dopo le critiche fatte alla società lo scorso anno (secondo Falcão la società aveva sbagliato a puntare tutto sulla Libertadores ignorando il Brasileirão), e di come intende portare la sua filosofia al club: «Non entrerò in polemica con Falcão, per questa volta» -ha scherzato- «però in effetti voglio provare a vincere tutto. Non è facile, ovviamente, però non vedo perché non si possa fare: abbiamo una rosa forte, una commissione tecnica preparata, una grande storia. Ripeto, è difficile, ma io ci credo: in fondo abbiamo tutto da guadagnare, ed è questo il bello» ha concluso.

TORNARE A CASA - Sul suo tanto atteso ritorno all'amata casa-base, a diciotto anni di distanza, il neo-allenatore ha detto: «Inutile dire quanto questo momento sia importante per me: chiunque mi stia intorno sa del mio amore per l'Internacional. Avevo 27 anni quando andai alla Roma, ma il mio rapporto con la squadra non si è mai veramente interrotto, e oggi ringrazio tutti quelli che mi hanno chiamato ancora una volta qui, per dare il mio contributo. Durante questo periodo con la stampa, dal 1996, ero completamente assorto dal lavoro, e il mio rapporto con la società s'era un po' interrotto. Ma solo per una questione professionale. Per una questione di coerenza, soprattutto: come uomo d'opinione avevo bisogno di essere libero da ogni vincolo per essere più imparziale. Oggi tutto questo cambia, perché sono dall'altro lato della barricata».

L'ex centrocampista guiderà oggi il suo primo allenamento, dopodiché si preparerà alla sfida dei quarti di finale della Taça Farroupilha contro il Santa Cruz ed infine si giocherà, al Beira-Rio, la qualificazione agli ottavi di Libertadores contro l'Emelec: due gare che non si possono sbagliare. Non c'è che dire, si tratta di un vero battesimo del fuoco.

IL RAPPORTO CON I GIOCATORI - Interrogato su come intende gestire lo spogliatoio, l'Ottavo re di Roma ha risposto: «Sarò un volto tranquillo anche tra le mura dello spogliatoio: del resto, se uno è così in pubblico, in privato non può cambiare radicalmente... Il calcio deve essere un piacere, l'allenatore deve trasmettere tranquillità, voglia di fare e di divertirsi, deve anche istituire una gerarchia, senza però dimenticare che tutti sono importanti. Il calcio è importante, importantissimo, ma non fondamentale: non deve essere una guerra, deve trasmettere gioia e letizia. Il Falcão a casa con i suoi figli non sarà diverso dal Falcão al campo con i suoi giocatori.»

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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03/05/2011 09:57
 
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Aic: Damiano Tommasi nominato successore di Sergio Campana

Dopo 43 anni l'Aic è pronta a voltare pagina. Il direttivo dell'Assocalciatori ha nominato ieri Damiano Tommasi come successore di Sergio Campana, che alcuni giorni fa aveva annunciato alla stampa di essere pronto a passare il testimone a qualcun’altro. Lo storico fondatore dell’Aic, organizzazione nata nel 1968 per rappresentare i diritti dei giocatori italiani all’interno delle istituzioni calcistiche nazionali, lascerà il suo posto all’ex-giocatore di Roma e Verona, che in questi ultimi anni era divenuto consigliere dell’Assocalciatori. La nomina di Tommasi a presidente dell’Aic potrebbe già avvenire nel corso della riunione in programma il 9 maggio prossimo.

Nomina avvallata anche da Rivera - Per sostituire Sergio Campana non c'era in corsa solamente Tommasi. In molti nell'Aic avevano fatto anche il nome di Leonardo Grosso, l’avvocato 67enne che da anni occupa il ruolo di vicepresidente dell'Assocalciatori. Alla fine l'ha spuntata il giovane consigliere, grazie anche alla benedizione di Rivera, uno dei padri fondatori dell'Aic. Le prime parole di Tommasi da futuro presidente dell'Aic sono state le seguenti: "È una grande responsabilità, ma ci tenevo a passare da consigliere a presidente. La sfida più complicata che porterò avanti è il fondo di garanzia per i calciatori delle squadre minori".

La carriera di Tommasi - Tommasi è nato il 17 maggio 1974 a Negrar (Vr), paese dove muove i primi passi da calciatore. All'età di 16 anni viene notato dal Verona, che lo acquista e lo fa esordire in prima squadra nel 1993. Nel 1996 approda alla Roma, dove vince un Campionato, una Supercoppa Italiana e dove si mette in mostra soprattutto per le sue straordinarie doti umane. Dopo l'esperienza romana va a giocare in Spagna, Inghilterra e Cina. Ritorna in Italia nel 2009, e successivamente entra nello staff dell'Aic, del quale sarà il nuovo presidente il 9 maggio prossimo.

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Auguri !
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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24/05/2011 11:17
 
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Abel Balbo nuovo allenatore dell'Arezzo ( serie D )
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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non sapevo che allenasse
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25/07/2011 15:47
 
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i 90 anni di Amedeo Amadei

ROMA - L'ottavo Re di Roma viene da Frascati ed il 26 di questo mese compira' 90 anni. Prima di Paulo Roberto Falcao e Francesco Totti il titolo che ogni idolo giallorosso si trasmette e' stato infatti di Amedeo Amadei, l'attaccante detto il 'fornaretto' per via della professione di famiglia. Il suo primo ingaggio fu un impermeabile ma poi, nel 1942, divenne l'artefice del primo scudetto romanista, ''il piu' bel ricordo dei miei primi 90 anni''.

Nel 2001, quando Amadei ne compi' 80, a Frascati fu festa grande, con tanto di consegna di medaglie e banda in piazza, stavolta non sono previsti eventi particolari, ''ma solo una grande festa in famiglia - racconta Amadei - con i miei tre figli, nipoti e pronipoti, e anche il sindaco perche' e' un mio amico. Sara' emozionante''. Ne aveva solo 15 di anni Amadei quando, nel 1936, arrivo' a Testaccio, il campo di cui poi fece la storia (''aveva un terreno bellissimo, a schiena d'asino'').

Ma quel primo giorno, ''feci il provino arrivando in bicicletta e senza dire niente ai miei, che altrimenti non mi ci avrebbero mandato. Mi ricordo anche che al ritorno bucai, e mi diedero un passaggio su un carretto''. Fu subito ingaggiato (''e feci in tempo a giocare con Fulvio Bernardini''), la prima volta che venne pagato prese 450 lire (''ma nell'anno dello scudetto me ne diedero 1800, piu' un premio speciale per il tricolore'') e a 15 anni e 9 mesi divenne, record tuttora imbattuto, il piu' giovane esordiente in assoluto nella massima serie. ''Ci tengo molto spero che non lo battano'', commenta secco.

Veloce, in possesso di un'ottima coordinazione che gli permetteva di controllare il pallone anche in spazi ristretti, Amadei era anche dotato di un tiro al fulmicotone. Di lui si dice che con le sue doti avrebbe fatto bella figura anche nel calcio di adesso, ''ma sono paragoni che non si possono fare, parliamo di epoche troppo diverse''. Nell'anno del tricolore, con l'Italia gia' in guerra, fu decisivo segnando 18 gol in 30 partite, ma nemmeno quelle prodezze convinsero Vittorio Pozzo a chiamarlo in nazionale: il ct continuo', ostinatamente, a preferirgli altri attaccanti: ''diciamo che c'era una certa preferenza per quelli delle squadre del nord''.

C'e' una cosa che, anche adesso, da' fastidio al 'fornaretto' (eletto consigliere comunale a Roma nel 1952 con ben 17.231 preferenze): sentir dire che la conquista di quel primo scudetto romanista venne agevolato dal Regime, se non dal Duce in persona. ''Sono tutte storie - dice adesso -. Noi ci siamo resi conto dopo appena dieci partite che quell'anno eravamo forti e avremmo potuto vincere il campionato. Avevamo grandi giocatori come Masetti e Coscia, altro che il Duce. E poi i gerarchi erano tutti laziali, e a vedere la Roma veniva il popolo''. La Roma la segue anche adesso, ''da tifoso'', e guarda con curiosita' alla svolta americana (''ma finora si sono fatte troppe chiacchiere'') ed al 'largo ai giovani': ''spero che funzioni, ma con loro bisogna fare attenzione perche' si montano facilmente la testa''. Per il suo 90/mo compleanno Amadei non vuole farsi regali particolari.

''Ma sono certo - dice - che quel giorno ripensero' con orgoglio non solo a quanto ho fatto sul campo ma soprattutto nella vita, ed a come sono stato bravo a rialzarmi dopo gli schiaffi che mi ha dato. Nel 1943 gli americani bombardarono Frascati, e distrussero il forno che avevamo e la mia casa: la guerra mi aveva portato via tutto, ma sono stato forte e mi sono rialzato. Anche nel calcio, proprio in quello stesso periodo, ero 'andato per terra': mi avevano squalificato a vita per una cosa che non avevo fatto (un calcio ad un guardalinee dato in realta' dal compagno Dagianti n.d.r.), ma poi Dio mi ha aiutato, sono stato riqualificato e ho ripreso a giocare e segnare. Per questo ora posso essere soddisfatto di fronte ai miei figli''. La Roma dovette venderlo (lo voleva il Grande Torino ma ando' all'Inter, che gli offri' 10 milioni di lire per due anni, e poi al Napoli), pero' Amadei rimase sempre il 'sovrano' della gente di Testaccio, ''e infatti la Roma sara' sempre nel mio cuore''.

ansa.it

ho visto l'altro giorno a Frascati i manifesti...celebrazione la Comune e brindisi per il Fornaretto.. [SM=g8950]
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13/09/2011 10:10
 
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Il Corriere dello Sport ha intervistato diversi personaggi legati al mondo Roma per chiedere loro alcune opinioni sull'inizio di campionato. Ecco un estratto.


Luis Enrique va avanti con il 4-3-3 E' il modulo giusto per questo gruppo di giocatori? Se no, quale l'alternativa migliore?

Boniek: Con questo gruppo di giocatori faccio fatica a mettere in campo il quattro-­tre- tre. Osvaldo, per esempio, è un centra­vanti, così come Borriello, fanno fatica a giocare da punta esterna. Come alternativa potrebbe esserci quella di un trequartista dietro a due centravanti

Righetti: Il quattro-tre-tre di Luis Enrique è atipico. Per ora comunque mi pare giusto che il tecnico continui sulla sua strada, ha chiesto tempo, diamoglielo

Nela: Io credo che il quattro-tre-tre possa essere il modulo giusto, ma la squadra de­ve migliorare nella fase di transizione e nella velocità di gioco

Lanna: I moduli lasciano il tempo che tro­vano. L'importante è l'interpretazione che ne fanno i giocatori. Bastano un paio che non siano convinti per far diventare tutto un problema

Balbo: Mi pare prematuro dare giudizi sul modulo. Luis Enrique vuole un calcio of­fensivo. Se proprio dovessi dargli un consi­glio per cambiare, allora gli direi di prova­re il quattro-due-quattro



Ci sono stati errori sul mercato?

Boniek: Ho capito poco, valutazione com­presa, l'acquisto di Osvaldo che per me è un centravanti. E forse nella Roma di cen­travanti ce ne sono troppi, così come c'è qualche altro doppione

Giannini: Se proprio devo trovare un erro­re, allora dico che io sul mercato probabil­mente avrei preso un esterno offensivo in più, Palacio per esempio

Nela: Bisogna tener presente quello che ti consente di fare il mercato. Fosse dipeso da me avrei preso un esterno basso destro e un altro a sinistra

Faccini: Quello della Roma è stato un mer­cato coerente. Sono arrivati molti giovani, alcuni sono a Trigoria da pochi giorni, non si può avere tutto e subito

Balbo: Io avrei fatto un altro mercato sa­pendo di dover giocare con il quattro-tre-­tre. A me sembra che non siano stati risol­ti i problemi sulle fasce





Quale la sorpresa in positivo?

Boniek: Jose Angel si sta rivelando vera­mente una piacevole sopresa. Ha piede, corsa, personalità, può diventare un ottimo giocatore

Giannini: Senza dubbio Jose Angel. Non me lo aspettavo già così pronto per giocare nel nostro campionato

Righetti: Io aspetto con grande fiducia e ottimismo Lamela, un talento. Per quel po­co che ho visto bene anche Borini, un ra­gazzo molto interessante

Nela: Jose Angel che tra l'altro gioca nel mio stesso ruolo. E' bravo, mi sembra uno destinato a fare molto bene perché ha gran­di margini di miglioramento

Iorio: Jose Angel. Mi pare che abbia tutto per fare una carriera molto importante, non dimenticate che solo ventidue anni

Faccini: Jose Angel. Ha corsa, tiro, perso­nalità, è uno destinato a diventare deva­stante

Lanna: Jose Angel e Borini sono i due nuo­vi che mi hanno sorpreso di più, forse per­ché sono stati i meno reclamizzati

Balbo: Io penso che la Roma abbia preso tutti bravi giocatori, ma se devo indicare una sorpresa dico Jose Angel



Quale può essere l'obiettivo per questa stagione?

Boniek: Per poter continuare a fare un progetto ambizioso serve arrivare nei pri­mi tre, ma temo che non sarà facile

Giannini: Tra le prime tre, a patto di non perdere ulteriore terreno

Nela: Non c'è obiettivo. La Roma deve tor­nare a giocare un buon calcio, tutto il resto sarà una conseguenza

Iorio: L'Europa. Sperando che i problemi di questo momento si risolvano in fretta

Lanna: Può lottare per la qualificazione Champions ma a patto di risolvere in fret­ta i problei con cui si sta confrontando in questo momento

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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05/04/2012 20:59
 
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GIULY A “I SIGNORI DEL CALCIO” – Ospite al programma ”I signori del Calcio” in onda sulle canale satellitare di Sky Sport 1 alle ore 18, Ludovic Giuly ripercorre la sua esperienza alla Roma. Ecco le sue parole sull’esperienza capitolina:
Su Spalletti
Spalletti mi chiamò dicendo che avrebbe voluto portarmi a Roma, io telefonai a Mexes e lui mi disse che sarebbe stato bellissimo e che mi avrebbe aiutato ad inserirmi. Ero felice di andare dove mi desideravano, trovai uno stile di allenamento completamente diverso rispetto alla Spagna, dove usavamo quasi solo il pallone. A Roma facevamo molta palestra, soffrivo la preparazione fisica e dopo ogni allenamento ero davvero stanco. Il mese di agosto fu molto complicato, non ero sicuro di adattarmi al meglio ma per fortuna Mexes mi è stato vicino. Spalletti è un allenatore con molto carattere, quando arrivai a Roma non ne sapevo molto di tattica, lui me l’ha fatta studiare a fondo per tre mesi. All’inizio rimasi scioccato perché tutti facevano la stessa cosa e io mi sentivo quasi incapace di giocare a calcio, mi sembrava di vivere in un videogioco che si ripeteva identico ogni mattina. Poi però durante le partite si notava che il lavoro fatto in settimana aveva un senso, tutti sapevano alla perfezione cosa fare. Spalletti è molto preparato tatticamente, così come Puel, un altro allenatore col quale ho lavorato che vive talmente intensamente il suo lavoro da essere quasi brusco quando si relaziona con un giocatore. Spalletti era troppo diretto, non ti metteva a tuo agio e non accettava che si mettessero in discussione le sue idee, per questo ho avuto qualche problema con lui. In ogni caso abbiamo avuto un buon rapporto, mi ha insegnato tanto e ha fatto grandi cose per la Roma così come sta lavorando molto bene adesso allo Zenit.
Su Totti e De Rossi
Vedendo De Rossi e Totti ho capito cosa significa essere una bandiera in Italia, dove spesso un giocatore diventa il simbolo di una squadra, come è successo anche a Maldini e Del Piero. E’ stato interessante entrare nel loro mondo e spesso gli chiedevo perché non avessero mai accettato di lasciare la Roma. Sono troppo italiani, amano la loro città, la maglia, la squadra con la quale giocano da sempre e quindi non possono andarsene, per loro sarebbe drammatico. Io avrei voluto fare lo stesso al Monaco, ma De Rossi e Totti sono diversi, la Roma gli scorre nelle vene, iniziavano a parlare del derby quindici giorni prima dicendo che perdere sarebbe stata la fine del mondo. Questi valori oggi nel calcio sono molto rari, senza Totti e De Rossi la Roma non sarebbe la stessa cosa. Totti in fondo è ancora un ragazzino, l’ho frequentato anche fuori dal campo ed è un tipo divertentissimo. Con noi poteva essere se stesso e dimenticare la pressione che viveva ogni giorno, gli faceva bene passare il tempo insieme a noi perché non doveva fare attenzione a tutto quello che diceva o faceva. In uno spogliatoio può sentirsi libero. Come giocatore all’inizio mi sembrava buono ma non eccezionale, poi mi sono reso conto che difficilmente sbaglia una giocata, è sempre al posto giusto e ha una visione di gioco incredibile in rapporto a tutti i gol che ha segnato. Mi impressionava perché nelle partite importanti potevamo sempre contare su di lui, contro la Juve, il Milan era presente. Forse contro squadre più piccole si impegnava un po’ meno, ma è un grande giocatore con qualità straordinarie e un bravissimo ragazzo.
Sui tifosi giallorossi
I tifosi a Roma sono diversi rispetto a quelli francesi o di Barcellona, quando le cose non vanno sono sempre pronti a farsi sentire. Totti e De Rossi, per esempio, sono prima di tutto due tifosi, uguali a quelli che vanno allo stadio. All’inizio questa situazione mi scioccava, al ristorante sconosciuti si sedevano al mio tavolo per parlare di calcio e io non capivo cosa volessero. Per loro però funziona così: se giochi nella loro squadra si sentono in diritto di venirti a salutare, disturbarti se sei con la tua famiglia o in riunione. Ho imparato ad apprezzare tutto questo, anche se quando i risultati non arrivavano la situazione diventava meno simpatica. Lo spettacolo allo stadio però era fantastico.
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06/04/2012 09:31
 
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l'ho visto ieri lo speciale su Giuly,..ecco mi è sembrato uno onesto ed equilibrato, che dice che è stato bene ma nn di quelli che ti dicono "come sono stato a roma nn sono stato da nessuna parte"..cderto di carattere mi pare uno poco disposto a riconoscere errori tipo quando spiega il fallo di mano sulla linea con espulsione contro l'inter ( se la prende con l'angolo sbagliato e doni ) e credo anche che venendo dal barcellona si portasse dietro un pò di presunzione e autostima da sentirsi un pò in contrapposizione con certe scelte dei titolari da parte di spalletti .
A riguardare le immagini di gol e giocate di quell'anno da rivalutare il suo rendimento..è passato un pò in sordina e invece credo che il suo lo fece e bene.
Piuttosto non ho ben capito il discorso un pò freddo sui tifosi della Roma..ovvero che quando le cose vanno male non ti fanno tanti complimenti quando sei in giro..nn so quando abbia potuto avere a che fare co ste situazioni visto che lui è stato qua solo un anno in cui, a parte un derby perso abbiamo vinto 2 coppe, fatto i quarti in CL e sfiorato il titolo..e gli è andata pure di lusso..
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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06/04/2012 09:41
 
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perchè traspare che fondamentalmente vorrebbe che i tifosi restino a tre palmi dal culo.
gli da fastidio pure che si avvicinino.

traspare per me, a leggere quests poche righe, che sia un pò ...signorino.
signorino francese poi, te lo raccomando.

sulla qeustione di Spalletti e il videogioco.... mah... ma non era il Barclellona una squadra dove contavano gli schemi?
boh... ok che con Rijkaard non sarà stato come Guardiola...
ma mò a venire a sapere che al Barça non c'era tattica boh...

ricavo l'impressione del freddo e del signorino altolocato.


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06/04/2012 11:17
 
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Ricordo che dopo il suo addio ogni volta che lo intervistavano si lamentava degli allenamenti duri di spalletti.
E spalletti in conferenza stampa con la faccia che era tutta un programma diceva sempre:"mi sembra che ripeta più o meno sempre gli stessi concetti":)
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16/04/2012 20:36
 
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L'omaggio della Roma per Carlo Petrini

L’Associazione Sportiva Roma piange la scomparsa di Carlo Petrini, calciatore di valore e uomo di spessore, capace di commettere gravi errori e poi di farseli perdonare semplicemente riconoscendone la natura. Come in quel piovoso pomeriggio di dicembre del 1975 quando alzò le mani di fronte alla Curva Sud per chiedere perdono per i suoi sbagli sottoporta e poi le alzò di nuovo, per condividere con i suoi tifosi la gioia del gol della vittoria contro la Sampdoria. Straordinaria è stata la sua attività di cronista e scrittore, nella quale ha saputo riconoscere e denunciare ad uno ad uno tutti gli schizzi di fango del dio pallone, per primi quelli da lui stesso cagionati. L’ultimo saluto a Carlo sarà dato domani alle 14,30 a Lucca, dove ha vissuto negli ultimi otto anni, presso la Chiesa dell’Arancio, in via di Tiglio 192, davanti al Santuario di Santa Gemma. L’AS Roma si stringe ad Adriana e a tutti i suoi familiari in questo momento di estremo dolore.
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17/04/2012 15:09
 
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Ho letto che una sua intervista alle iene di pochi mesi fa non è stata mai mandata in onda,la moglie dice che qualcuno si è messo in mezzo per impedire la cosa.
Non è stato mai querelato e questo indica proprio che tutte le sue rivelazioni erano vere.
Cmq un personaggio ammirevole se si guarda il suo percorso di vita,si è davvero riscattato.

posto l'ultima intervista...

L’ULTIMA INTERVISTA DI CARLO PETRINI A ‘IL FATTO QUOTIDIANO’. Alla fine del 2011, Carlo Petrini, l’ex centravanti di Genoa, Milan, Roma e Bologna in una intervista a Il Fatto Quotidiano, continua a denunciare i mali del calcio italiano nonostante sia alle prese con la terribile malattia che lo ha portato alla morte. Tra gli altri, se la prende con personaggi come Mazzola, De Sisti e Borgonovo, che non dicono ciò che sanno, poi, durante l’intervista, una telefonata dell’attuale direttore generale della Roma, Franco Baldini: “Ho fatto molta chemio — gli dice l’ex giocatore — Sto cercando di superare il male. Io spero, Franco. Spero ancora”. Ecco alcuni stralci dell’intervista:

“Ho tumori al cervello, al rene e al polmone, sono cieco, mi hanno operato decine di volte e dovrei essere già morto da anni. Nel 2005 i medici mi diedero tre mesi di vita. E’ stato il calcio. Ne sono certo. Con le sue anfetamine in endovena da assumere prima della partita e i ritrovati sperimentali che ci facevano colare dalle labbra una bava verde e stare in piedi, ipereccitati, per tre giorni. Ci sentivamo onnipotenti. Stiamo cadendo come mosche”.


Petrini, come si racconterebbe a chi non la conosce?
“Un presuntuoso. Un coglione. Uno che credeva di essere un semidio e morirà come un disgraziato. Ero bello, forte, ricco, invidiato. Avevo tutto e ora non ho niente”.

Perché?
“I miei errori iniziarono a metà dei ’60, al Genoa. Siringhe. Sostanze. La chiamavano la bumba. Avevo 20 anni. Non smisi più. Il nostro allenatore, Giorgio Ghezzi, ex portiere dell’Inter, ci faceva fare strane punture prima della gara. Un liquido rossastro. Se vincevamo, si continuava. Altrimenti, nuovo preparato”.

Cosa c’era dentro?
“Mai saputo. L’anno dopo, disputammo a Bergamo lo spareggio per non retrocedere in C. Il tecnico Campatelli scelse cinque di noi come cavie. Stesso intruglio per tutti. Eravamo indemoniati. La punta, Petroni, sembrava Pelé. Vincemmo 2-0 e, in premio, ebbi il trasferimento al Milan”.

Perché non vi ribellavate?
“Venivamo da famiglie poverissime. Mio padre era morto a 40 anni, di Tetano. Rifiutare le punture, le pastiglie di Micoren o le terapie selvagge ai raggi X, significava essere eliminati. Fuori dal circo. Indietro, in cantina, senza ragazze o macchine di lusso. Nei nostri miserabili tinelli, con la puzza di aringa che mia madre metteva in tavola un giorno sì e l’altro anche”.

Quindi continuò ad assumere sostanze proibite?
“Ovunque andassi. A Roma il massaggiatore ce lo diceva ridendo: “A ragà, forza, fa parte der contratto”. A Milano, dove mi allenava Rocco, feci invece i raggi Roengten per guarire da uno strappo muscolare. Non so se Nereo sapesse. Con me aveva un rapporto particolare: “Testa de casso, se avessi il cervello saresti un campiòn”.

Di radiazioni Roengten, secondo la famiglia, morì anche Bruno Beatrice.
“Fu mio compagno a Cesena, Bruno. Se ne andò a 39 anni, a causa di una rara forma di leucemia, tra agonie e sofferenze atroci. Come tanti, troppi altri”.

Si muore di pallone?
“Hanno sperimentato su di noi. Non ci curavano, ci uccidevano. Vorrei sapere con quali ausili gli eroi contemporanei disputano 70 incontri l’anno”.

Lei insinua.
“Affermo, ma non ho le prove. Nonostante l’impegno di Guariniello, hanno nascosto tutto. Ai nostri tempi le punture le faceva chiunque e un minuto dopo, sentivi un mostro che ti sollevava e ti faceva volare”.

Chi ha nascosto tutto?
“Allenatori, calciatori, presidenti. Il sistema che ancora foraggia con le elemosine quelli capaci di non tradire. Gente che ogni mattina si alza con la paura e che continua a tacere anche se oggi, grazie agli ‘aiutini’ farmacologici o è una lapide con un’incisione o recita da vegetale”.

Di chi parla Petrini?
“Di quel piccolo uomo di Sandro Mazzola, che ha smesso di parlare al fratello Ferruccio. Di Picchio De Sisti, che nega l’evidenza nonostante la malattia. O del commovente Stefano Borgonovo. Uno che sta molto male, aggredito dalla Sla e che continua a sostenere che il pallone non c’entri nulla. Se non mi facesse piangere, verrebbe da ridere”.

E invece?
“Sono triste. Vedendo come sei e come potresti essere, persino peggio di ora, ti vengono mille domande senza risposte. Parliamo di gente che non ha respirato amianto o fumi in miniera. Ha inseguito una sfera e muore nell’indifferenza in una guerra non dichiarata. Non sono un dottore, ma non può non esserci una relazione tra le mie malattie e quelle di altri calciatori”.

Prova rancore?
“A volte li sogno. Con i loro sorrisi falsi. Le loro bugie. Vorrei cancellarli. Non ci riesco”.

Lei fu tra i protagonisti del primo calcioscommesse, quello della primavera 1980.
“E oggi succede la stessa cosa. Partite combinate, risultati compromessi, soldi gestiti dalla camorra, dalla mafia, dalla ‘ndrangheta”.

La ‘ndrangheta forse uccise Bergamini. Lei ci scrisse un libro.
“Che è servito per riaprire l’inchiesta, dopo più di 20 anni. Bergamini era l’ingenuo, il ragazzo pulito, smarrito in una vicenda più grande di lui. La scoprì, provò a uscirne e lo fecero fuori. Dentro la sua squadra, il Cosenza, c’era chi organizzava traffici di droga. Bergamini era l’anello debole e fu suicidato”.

Nel suo libro lei ha intervistato anche il compagno di stanza di Bergamini, Michele Padovano, appena condannato per traffico di stupefacenti. Il padre del calciatore Mark Iuliano lo ha chiamato in causa.
“La sua condanna non mi stupisce. A fine intervista, Padovano si alzò di scatto, mi mandò a fare in culo e provò a distruggere la registrazione. Sono sicuro che lui sappia tutto della morte di Denis. Tutto. Bergamini ne subiva l’ascendente. Del padre di Iuliano non so cosa dire, su Mark si raccontavano tante cose, non solo sulla sua presunta tossicodipendenza. Si raccontava che mandasse baci alla panchina rivolti a Montero, un’ipotetica ‘prova’ della sua omosessualità”.

Dica la verità. Lei ce l’ha con la Juve, fin dal 1980.
“Al contrario. La salvai. Nell’ 80 giocavo con il Bologna. Bettega chiamò a casa di Savoldi e ci propose l’accordo. Tutto lo spogliatoio del Bologna, tranne Sali e Castronaro, scommise 50 milioni sul pareggio. Prima della partita, nel sottopassaggio, chiesi a Trapattoni e Causio di rispettare i patti: “Stai tranquillo, Pedro, calmati”, mi risposero”.

Tutta la Juve sapeva?
“Certo. Rivedetevi le immagini, sono su Youtube. Finì 1-1. Errore del nostro portiere, Zinetti e autogol di Brio. Bettega ce lo diceva, durante la partita: “State calmi, vi faccio pareggiare io”. La gente ci fischiava e tirava le palle di neve. Una farsa. Quando lo scandalo esplose, Boniperti e Chiusano mi dissero di scovare Cruciani e convincerlo a non testimoniare contro la Juve: se li avessi aiutati, loro avrebbero aiutato me. Fui di parola, incontrai Cruciani al cancello 5 di San Siro, ero mascherato. Una scena surreale. Lui accettò e la Juve si salvò dalla retrocessione. Ma alla fine pagai soltanto io”.

Le è rimasta la possibilità di raccontare.
“Neanche quella. Ho dato fastidio a gente potente. Mi hanno minacciato di morte e poi coperto con gli insulti. Per i Savoldi e i Dossena ero un bugiardo, per Rivera un pornografo. Se l’era presa perché lo descrivevo per quello che era, una fighetta. I miserabili sono loro. Mi impedirono di andare persino a parlare nelle scuole. Zitto dovevo stare, ma non ci sono riusciti”.

E la scrittura?
“Mi è rimasta solo quella. Il nuovo libro, Lucianone da Monticiano, è ancora su Moggi. Il mio compaesano. Uno che pur squalificato continua a ricattare e a fare il mercato di mezza Serie A. Ma non sarà l’ultimo”.

Perché?
“Mi dedicherò a ricordare mio figlio Diego. Morì a 19 anni di tumore, mentre chiedeva di vedermi e io ero in Francia, in fuga dai creditori. Non me lo sono mai perdonato. Gli farò un regalo. Proverò a sentirmi vivo. Sono distrutto e sofferente, ma non mollo. Vivere, ancora, mi piace”.

Ci sarà tempo?
“Non è detto. Penso sempre al giorno in cui ci sarà giustizia. Aspetto ma non viene mai”.

[Modificato da lucaDM82 17/04/2012 15:11]
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13/06/2012 10:09
 
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La Roma saluta Tancredi, non sarà più il preparatore dei portieri

Il campione d’Italia dell’83’ Franco Tancredi non sarà più il preparatore dei portieri. Da un paio di giorni la società gli ha comunicato che non farà parte dello staff tecnico di Zeman. Una decisione dolorosa, soprattutto per Baldini che lo ha voluto riportare nella capitale un anno fa, chiedendogli di dividersi tra la Roma e la nazionale inglese. Alla base c’è qualche divergenza sui metodi di allenamento con almeno due dei tre portieri in rosa, forse qualcos’altro, stando a quanto riporta l'edizione odierna del quotidiano Il Tempo. Se Zeman ha dato l’ok per lavorare con Tancredi e l’altro preparatore Guido Nanni, la Roma ha scelto di fare diversamente. A questo punto il ruolo, per cui si è proposto anche l’ex giallorosso Miki Konsel, dovrebbe essere affidato proprio a Nanni che aspetta di rinnovare il contratto
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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13/06/2012 10:56
 
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Re:
Sound72, 13/06/2012 10.09:

La Roma saluta Tancredi, non sarà più il preparatore dei portieri



Mi dispiace molto che questa avventura sia già finita.Da una parte sono contento per konsel,da un'altra mi dispiace perchè tancredi rimane un simbolo della Roma nonostante le polemiche del passato.
C'è qualcosa sotto,mi chiedo cosa.
Forse proprio la possibile presenza ingombrante di Konsel.


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09/07/2012 12:37
 
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andata finale Copa do Brasil ..Palmeiras-Coritiba 2-0

Marcos Assuncao è sempre uguale..capitano e simbolo del Palmeiras di Scolari

globotv.globo.com/sportv/futebol-nacional/v/gol-do-palmeiras-marcos-assuncao-bate-falta-e-thiago-heleno-marca-aos-19-do-2o-tempo/...
[Modificato da Sound72 09/07/2012 12:37]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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21/01/2013 01:01
 
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prima della partita passerella sotto la curva per Giannini..molto serio ma credo anche emozionato..
Ha perso i capelli e messo su un bel pò di chili..cmq molti applausi e cori per lui.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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05/07/2013 09:43
 
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Giannini violento, condanna a sei mesi


CORSERA (G. DE SANTIS) - La corsa elegante, sempre a testa alta, unita a giocate di classe sopraffina ripetute per 319 partite in serie A gli hanno garantito il titolo di «Principe». Uno stile, però, che Giuseppe Giannini, capitano della Roma degli anni ’90, non avrebbe saputo trasferire nella sua seconda vita di allenatore, come farebbe pensare la condanna a sei mesi di reclusione con l’accusa di lesionI e minacce per aver picchiato l’ex presidente della Sambenedettese, Alberto Soldini, colpevole - secondo Giannini - di non avergli pagato lo stipendio (circa 24 mila euro).

La sentenza di primo grado ha accolto la ricostruzione operata dal pubblico ministero Gianluca Mazzei, che ha riassunto in aula la giornata nera del 17 novembre del 2006 vissuta da Giannini, da due giorni nuovo c.t. della nazionale del Libano. Ingaggiato come allenatore della Sambenedettese - allora in serie C1 - nella speranza di riportare la squadra in serie B, e affiancato dall’ex bomber Roberto Pruzzo, Giannini non decolla. Anzi, l’esperienza si rivela un fallimento. La Samb infila una serie di sconfitte che la portano al penultimo posto: cosi l’ex «Principe» viene esonerato. Tuttavia le fortune della squadra non cambiano, anche perché Soldini (rappresentato dall’avvocato Antonio Moriconi) non riesce a condurre fuori dalle difficoltà economiche la società, dichiarata poi fallita al termine della stagione. È a quel punto che si apre il contenzioso tra Giannini e il suo presidente. Come ricordato dal pm, l’ex giallorosso, stufo di aspettare il pagamento degli stipendi, va sotto casa di Soldini urlando frasi come «scendi sennò ti ammazzo, dammi i soldi». Il presidente scende ma la discussione finisce in rissa e Soldini all’ospedale.
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...perchè è mejo uno come panucci che attacca tutti ar muro...

[SM=x2478856] grande principe.Ecco perchè è fuggito in libano [SM=g7554]
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19/07/2013 12:52
 
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L'ex calciatore della Roma ed ora opinionista sportivo di Mediaset, Sebino Nela, racconta oggi la sua battaglia contro il cancro sulle pagine de Il Corriere dello Sport: otto mesi di inferno, di metastasi e di chemioterapie. Otto mesi di speranze e paure, di periodi durante i quali il fisico è stato debilitato dal bombardamento delle cure. Ecco alcuni stralci dell'intervista

Sebino Nela, quante partite ha vinto nella sua carriera? Quanti ricordi di imprese sui campi di calcio si porta dietro? Oggi però facciamo gli spogliatoi della partita più importante, la partita della vita.
«Sì, il calcio è ancora il mio mondo, non posso dimenticare nulla di quello che ho fatto. Lo scudetto, le coppe Italia, la Nazionale. La maglia della Roma. Ma adesso finalmente posso dire di aver sconfitto l'avversario più duro: la malattia».

I vecchi compagni sapevano, gli amici e i tifosi giornalisti pure. Ma intorno alla malattia c'è sempre un alone di discrezione e pudore, forse anche un pizzico di ipocrisia. Lei oggi ne parla con serenità.
«Domenica tornerò in campo dopo diverso tempo, ma la mia partita più importante l'ho già vinta. Ho fatto la Tac pochi giorni fa: è positiva, i valori sono tutti tornati normali. Sono stato operato a novembre e venti giorni fa ho fatto l'ultimo ciclo di chemio. Il tumore l'ho preso di petto, con grande coraggio, senza paura. Non mi sono tirato indietro, come ho fatto in tutte le partite che ho giocato da calciatore. Non sono mai uscito da un campo di calcio con il rimpianto di aver tirato indietro la gamba».

Un periodo terribile, le ansie, la paura di non farcela. Lei ha continuato a stare in mezzo alla gente, è andato anche all'Olimpico, qualche mese fa, a raccogliere gli applausi dei suoi vecchi tifosi, in una passerella sotto la curva sud, la sua curva. Teatro di mille successi, di imprese di una Roma che non c'è più.
«Questa è la vita, ma non mi sono mai perso d'animo. Gli esami avevano evidenziato delle metastasi, è stato necessario l'intervento chirurgico. Non c'era tempo da perdere. Adesso posso dire che è andato tutto bene. Ora voglio riposare un po', la partita è stata lunga e faticosa. L'occasione dell'amichevole di Brunico mi consentirà di fare qualche giorno di vacanza nella località dove vado da dodici anni e che mi ricorda molti momenti felici della mia carriera di calciatore. E poi c'è il richiamo della Roma, non potevo dire di no».

La sua famiglia, come una squadra, dove conta fare gruppo, dove c'è chi fa gol e chi riesce a fermare l'avversario sulla linea di porta.
«Il sostegno che ho avuto dalla mia famiglia è stato fondamentale. Senza l'aiuto che ho avuto forse avrei chiesto il cambio alla fine del primo tempo. Invece ho trovato la forza di reagire. Una feroce forza di reagire. Che cresceva giorno dopo giorno. Perché non accettavo l'idea di far soffrire le mie figlie facendo vedere loro che stavo male. Quel pensiero mi ha spinto a mettercela tutta, a cercare ogni energia dentro me stesso. A non mollare. A crederci. Il fisico ha reagito bene. Ora voglio dirlo a tutte le persone che soffrono: la famiglia è fondamentale. Non bisogna chiudersi in se stessi».



Lei ha dato una mano agli organizzatori per mettere insieme tanti ex campioni e dare vita alla partita amichevole di domenica.
«Ho raccolto volentieri l'invito di Roberto Muraro, ne abbiamo parlato per la prima volta in occasione di Chievo-Roma dello scorso inverno. Eravamo in tribuna, c'era ancora Franco Baldini alla Roma, era interessato per fini benefici a questo evento il procuratore di Bolzano. Quando mi hanno chiesto se potevo dare il mio contributo, ho offerto la mia disponibilità, mi fa piacere fare qualcosa che possa essere utile per chi soffre. Posso comprendere quanto sia preziosa la solidarietà».

Sarà l'occasione per rivedere vecchi amici in un momento particolare della sua vita.
«Sì, una fase importante, nella quale c'è la voglia di ricominciare. Ed è pieno di fascino anche il posto dove ci ritroveremo. Di Brunico ho tanti ricordi. Rivedere il campo dove ci allenavamo noi in quegli anni fantastici sarà una grande emozione. Stare a contatto con la squadra, conoscere il nuovo allenatore. Rivedere i tifosi, riabbracciarsi con i vecchi compagni... Qualcuno purtroppo non è potuto venire. Giannini per esempio da poco è il commissario tecnico della Nazionale del Libano. Per me sarà un tuffo al cuore. E il mio cuore è rimasto per la Roma. Adesso possiamo ripartire»
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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19/07/2013 12:55
 
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non lo sapevo,mi sembrava in forma quando lo vedevo in tv.
Meno male che sia rientrato tutto.
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22/01/2014 14:55
 
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Gallipoli, indagine sul club pugliese: "La camorra favorì la promozione in B". Indagato anche Giannini




Una promozione in serie B per il Gallipoli Calcio grazie all'intervento degli imprenditori Righi, vicini alla camorra: 50mila euro, dati - secondo gli investigatori - a giocatori del Real Marcianise affinche' perdessero un incontro con i pugliesi che a conclusione del campionato 2008-2009 di Lega pro, girone B, avevano bisogno di una vittoria per andare in B; cosa che avvenne. E' uno degli aspetti emersi dall'indagine che oggi ha portato all'arresto di 90 persone accusate di far parte del clan Contini.

Il mondo del calcio delle serie minori e' un settore in cui - hanno ricostruito gli investigatori - i Righi hanno nel tempo investito per impiegare le ingenti somme di denaro nero a loro disposizione e, in tale ambito, le indagini hanno svelato un intervento del clan Contini, su richiesta di Salvatore Righi, nei confronti di alcuni calciatori del Real Marcianise, affinche' perdessero. Nell'ambito di indagini svolte dai carabinieri di Roma - riferiscono gli investigatori - e' emersa l'attivita' illecita realizzata nel maggio 2009 da Salvatore Righi e dal figlio Ivano finalizzata alla realizzazione di una frode sportiva in favore della squadra di calcio del Gallipoli, che allora militava nel campionato di Lega Pro, prima Divisione girone B, ed era allenata dall'ex calciatore Giuseppe Giannini. Secondo quanto riferito dalla Direzione nazionale antimafia, prima della partita Gallipoli-Real Marcianise, valevole per il campionato di Lega Pro girone B, stagione 2008/2009, Salvatore e Ivano Righi, Giuseppe Giannini e Luigi Dimitri - questi ultimi rispettivamente allenatore e direttore sportivo del Gallipoli Calcio - si accordarono per consegnare la somma di cinquantamila euro a calciatori del Real Marcianise, tra cui Michele Murolo, Massimo Russo ed altri non identificati, affinche' questi si adoperassero per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra salentina, che in effetti si aggiudicava il decisivo l'incontro con il risultato di 3 a 2 conseguendo, cosi', grazie all'illecito, la promozione nella serie superiore e cioe' in Serie B. Tutti i soggetti coinvolti nella vicenda sono indagati per il reato di frode sportiva con l'aggravante della finalita' mafiosa.

Era l'ex calciatore Giuseppe Giannini l'allenatore del Gallipoli Calcio nell'anno in cui sarebbe avvenuta la promozione in B grazie all'intervento di imprenditori vicini alla camorra. Lui, insieme all'allora direttore sportivo Luigi Dimitri, e agli imprenditori Salvatore e Ivano Righi considerati vicini al clan Contini, sono ora indagati per frode sportiva con l'aggravante della finalita' mafiosa. Giannini, giocatore della Nazionale e capitano della Roma, tra l'altro, ora allena la nazionale del Libano.

(ansa)
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credo nell'onestà del Principe,non ce lo vedo a fare l'intrallazzatore con la mafia locale.
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