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Calciopoli 2....

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2011 13:36
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23/11/2010 16:40
 
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Calciopoli, altre 300 telefonate. L'addetto agli arbitri del Milan si raccomanda.

Meani chiama Rosetti: "Il boss mi dice di...".


Trecento nuove telefonate, colloqui ritenuti irrilevanti o quasi dagli investigatori. Questa mattina, la difesa di Luciano Moggi, ma anche quella di uno dei due designatori dell’epoca, Pierluigi Pairetto, chiederanno al collegio giudicante della nona sezione del tribunale di Napoli l'acquisizione agli atti di altre intercettazioni fino ad ora inedite.

Il processo penale su Calciopoli si avvia alle svolte finali: l’udienza in agenda oggi servirà per terminare l’esame degli ultimi teste delle difese, poi, il 14 dicembre, toccherà agli imputati farsi interrogare qualora lo ritenessero utile. La sentenza di primo grado potrebbe arrivare già nella prossima Primavera. Fra le nuove telefonate, il consulente tecnico di Moggi, Nicola Penta, ha ascoltato un colloquio fra l’addetto agli arbitri del Milan ai tempi di Calciopoli (Meani è imputato per frode sportiva) e il fischietto torinese Roberto Rosetti, oggi designatore per la serie B. La difesa dell’ex direttore generale bianconero si chiede come mai una telefonata di questo tenore non sia entrata a processo. Il colloquio avviene l’8 aprile del 2005, Rosetti è stato designato per LecceSiena e, il Siena, la settimana dopo sarà l’avversario del Milan.

Meani : «...oh mi raccomando non espellerne solo uno del Siena fai due o tre». Rosetti : «...ma smettila và...». Meani : «Io ti ho madonnato quella volta che hai fatto il Livorno che hai ammonito i due Lucarelli tutti e due diffidati che la domenica dopo questi qua dovevano giocare con la Juve». Rosetti : «ah guarda, per quanto mi riguarda ma veramente, io non ho mai visto una roba del genere, cioè io devo essere in campo libero, tranquillo... ». Meani : «...io ti dico, quando a me magari sai, succede che lo stesso boss mi dica mi raccomando eh, se può, che abbiamo Maldini e Nesta diffidati...».


Il consulente tecnico di Fabiani: «Le sim svizzere erano intercettabili, non erano certo segrete»

COLPO DI SCENA - Il consulente tecnico di Fabiani: «Le sim svizzere erano intercettabili. E certo non erano un sistema di comunicazione segreta. E si poteva anche abbinare il telefono alla sim svizzera, scoprendo il possessore. Non so perché non l'abbiano fatto». Al perito De Falco chiedono come abbia ragionato nel suo lavoro, perché non avesse chiesto a Fabiani i luoghi esatti di lavoro a Messina. I pm provano ad incalzare: ma il suo è il lavoro di un perito di parte che deve smontare le tesi dell’accusa. E così la giudice Casoria interviene: «Lui ha ragionato come hanno ragionato i carabinieri». E riportato alla luce l’estrema improbabilità dell’associazione delle celle locali all’effettivo utilizzo dell’imputato della scheda. A dire il vero, però, il meglio arriva poi quando al consulente, esperto da oltre 25 anni di questo genere di indagini delle Forze dell’Ordine, spiega qualcosa che ai più sembrerà novità, viste le risposte fornite finora: hanno intercettato le utenze normali per 170 mila volte, perché delle sim svizzere che agivano sul territorio italiano c’erano solo i tracciati e i mitici agganci delle celle, che proprio in udienza abbiamo capito essere tutt’altro che un’assicurazione di abbinamento persona-telefono-spazio geografico di permanenza.

Così l’avvocato Morescanti domanda: «Quindi chi ha effettuato l’indagine ha usato tutti gli accorgimenti per sapere da dove partissero le telefonate?»
De Falco: Si doveva fare il lavoro in tempo reale e non è stato fatto, si sarebbe potuto accompagnare ogni singolo spostamento dell’imputato. Ma anche successivamente si poteva fare di più.
Avv. Morescanti: Le celle di cui lei ha parlato sono state veramente interessate da queste telefonate, o i carabinieri hanno visto le 60 telefonate provenienti dal quartiere di Primavalle in cui abitava Fabiani e le hanno associate a lui?
De Falco: Hanno fatto solo un collegamento logico. Se il territorio di copertura della cella fosse stato piccolo, si sarebbe potuto fare questo sillogismo. Oggettivamente non si può dire che ci sia un riscontro reale, non solo con la persona ma anche proprio con la zona di Primavalle.
Avv. Morescanti: È giusto identificare la scheda svizzera come segreta, non intercettabile?
PM: Opposizione!
Presidente Casoria: E perché? Risponda, se lo sa.
De Falco: Il cellulare è parte della rete, quindi quando lo accendo tutti sanno o possono sapere dove sono. La rete vede il telefonino e se non lo ha nei database chiede al gestore straniero se può dare la linea: in quel modo scatta la fatturazione in roaming. E anche una scheda straniera non è segreta per niente. I telefonini sono tutti intercettabili se si conosce il numero del telefonino. Quando c’è una telefonata il gestore non segna solo il numero della sim ma anche il numero del telefonino. Sarebbe stato interessante vedere se questi numeri erano associati anche ad altri numeri cellulari ma non è stato fatto.
Avv. Morescanti: Quindi quali sono le sue conclusioni?
De Falco: Non vi è collegamento certo tra zona e persona ma anche in termini di zona e abitazione della persona siamo a percentuali molto basse, al di sotto del 5%
Avv. Morescanti: Nessuna altra domanda.

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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