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Il topic del Principe

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2023 15:13
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25/05/2020 09:29
 
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Tempestilli si e' ricollocato subito [SM=g10781]
Un cicoria per amicooo [SM=g8956]
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25/05/2020 10:24
 
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mo' la folta chioma... è che se li faceva crescere lunghi per farsi il riportone :)
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15/06/2020 00:26
 
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[SM=g28000]
Morto Gildo Giannini, papà di Peppe: portò Francesco Totti alla Roma

Gildo Giannini si è spento oggi ad 82 anni dopo una lunga malattia. Era il papà di Giuseppe Giannini, il Principe di Roma, capitano giallorosso per un decennio, che proprio il 14 giugno di 30 anni fa segnava contro gli Usa a Italia ’90. Ma bisogna dire grazie a Gildo anche per un altro grandissimo regalo fatto alla Roma.

Fu lui, infatti, a portare Francesco Totti alla Roma essendo responsabile del settore giovanile e grande amico della famiglia dello storico capitano. Gildo, che appare in una foto accanto a Viola mentre stringe la mano a un giovanissimo Totti, è stato anche storico responsabile dell’Almas Roma. Insomma, una vera e propria istituzione del calcio romani che oggi lo piange insieme al figlio Peppe e a tutta la sua famiglia.
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15/06/2020 00:27
 
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Scomparso Gildo Giannini, papà del “principe” Giuseppe e scopritore di Francesco Totti

www.fanpage.it/sport/calcio/e-morto-gildo-giannini-papa-del-principe-giuseppe-e-scopritore-d...

Rip Gildo [SM=g27992]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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21/03/2023 13:53
 
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Viola gli regalo' Policano per il matrimonio [SM=x2478856]


non si meritava quella partita di addio. Una delle serate piu' brutte di sempre.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/06/2023 14:14
 
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Un punto di riferimento per i giovani del territorio di Roma e non solo. Un club che possa rappresentare un trampolino di lancio verso il calcio che conta per i talenti della Capitale e della regione. Il settore giovanile del Monterosi targato Giuseppe Giannini è pronto a compiere il salto di qualità: dal trasferimento di tutte le squadre a Roma - in via degli Alberini casa del Tor Sapienza – al grande lavoro di scouting, tutto è pronto per la stagione della consacrazione. Le trattative con alcuni dei migliori talenti laziali è già nel vivo, come dimostra il telefono che squilla di continuo: "Stiamo lavorando tantissimo" ci confida in questa lunga chiacchierata il responsabile tecnico del settore giovanile. Con un'idea fissa in testa: portare più ragazzi possibili in orbita prima squadra, una strada da percorrere con ambizione e coraggio, con professionalità e cura dei dettagli. Tutte doti che hanno contraddistinto la sua luminosa carriera calcistica e che ora vuole trasmettere ai suoi ragazzi, per condurre il Monterosi in una nuova dimensione.

Come nasce la tua avventura a Monterosi?
“Sono entrato in punta di piedi, in maniera non ufficiale, a dicembre scorso. Ho osservato le squadre, l'operato dei tecnici, come si allenavano, il livello dei gruppi. Dopodiché ho consegnato una breve relazione al patron Mauro Fusano e a gennaio è iniziata ufficialmente la mia avventura come responsabile tecnico del settore giovanile”.

Qualche mese di transizione che ti ha permesso di capire da chi ripartire.
“Non sono uno che arriva e vuole cambiare tutto per partito preso, i tecnici e i preparatori che c'erano quando sono entrato in società sono rimasti tutti al loro posto e qualcuno sarà confermato. Poi è chiaro, ci saranno quelle novità che ritengo opportune".

Che bilancio hai stilato dopo questa prima parentesi?
“Devo dire che le rose non erano male. Abbiamo partecipato al Viareggio superando il primo turno in maniera brillante con la rosa più giovane del torneo. Ci siamo presentati con tantissimi 2007 e addirittura un 2008 e ci siamo tolti una bella soddisfazione. Soprattutto perché molti club blasonati dopo quell'esperienza ci hanno contattato per alcuni giocatori. Sul 2008 ci sono almeno tre club, ma abbiamo intenzione di confermarlo. Abbiamo avuto coraggio e l'interesse che si è acceso su di lui e qualche suo compagno è motivo di grande soddisfazione”.

Lanciare i giovani come primo obiettivo.
“Questo è quello che mi è stato chiesto e quello che vorrei portare, creare calciatori e un domani, se qualcuno calcherà palcoscenici importanti, poter dire con orgoglio che è cresciuto a Monterosi. Questa è l'idea del nostro settore giovanile”.

Un settore giovanile propedeutico alla prima squadra.
“Lanciarli in Lega Pro deve essere un obiettivo. Naturalmente senza mettere a rischio la Serie C, che speriamo si salvi con qualche domenica di anticipo e non all'ultima curva come in questa stagione. In questo modo far esordire i ragazzi che meritano diventa più semplice”.

Durante la tua presentazione sei stato chiaro: «Il Monterosi deve valere la Roma e la Lazio come giovanili».
“Assolutamente, abbiamo tutti i mezzi per farlo. La proprietà è solida, ci lascia lavorare e siamo guidati dall'amministratore delegato Anthony Aliano, con il quale c'è massima sintonia. Inoltre il bacino della Capitale è sconfinato. Quest'anno dobbiamo migliorare le rose, non abbiamo fatto molto bene sotto il profilo dei risultati e vogliamo migliorare il trend”.

La prima grande novità, però, non riguarda i gruppi da formare, ma il campo di gara e allenamento.
“Esattamente. In questa stagione le nostre squadre, dalla Primavera all'Under 14, si alleneranno e giocheranno a Roma”.

Un cambiamento importante.
“Fondamentale. La frase che hai citato prima è legata ad un prosieguo, stare a Roma cambia tanto, tutto. A gennaio in molti hanno preferito rimanere in Elite che spostarsi da noi nonostante la possibilità di disputare campionati nazionali”.

Come è nata questa decisione?
“È stata semplice, in realtà. La proprietà ha voluto dare al Monterosi l'impronta di un club professionistico di Roma. Così abbiamo iniziato questa collaborazione con il Tor Sapienza, ci alleneremo in via degli Alberini in un centro sportivo adatto alle nostre esigenze. Un passo importante e determinante, sia per la nostra immagine sia per convincere i genitori ad accompagnare i propri figli”.

Al via anche il progetto Academy.
“La nostra prima Academy sarà ad Ariccia, grazie alla collaborazione con lo Sporting. Il 22 ufficializzeremo il tutto, sono sicuro che ci daranno una grossa mano con l'attività di base in un territorio come quello dei Castelli da sempre ricco di talenti e prospetti interessanti”.

Non è comunque il tuo primo ruolo in un settore giovanile. C'è stato il Latina e l'incarico di Responsabile del Centro Tecnico Federale di Monte Compatri.
“L'esperienza a Monte Compatri mi è servita molto. Ho osservato con attenzione le metodologie di lavoro ha aiutato a comprendere molte sfaccettature delle giovanili. Il Monterosi è un mondo che si sta aprendo, siamo una società di Lega Pro, di professionisti, per questo dico che dobbiamo arrivare a fare quello che fanno Roma e Lazio. Naturalmente loro hanno altri mezzi e un altro blasone, ma l'idea e la mentalità devono essere quelle: nei dirigenti, nei tecnici e in tutto il contorno”.

Cosa ti attira di un ragazzo quando lo osservi?
“Negli ultimi anni va di moda parlare di struttura fisica, ma io sono uno di quelli che prima cerca ancora il talento, lo spunto, l'indicazione che il ragazzo mi dà al primo impatto. Cerco l'intuizione, la capacità di fare la giocata giusta in movimento e mi immedesimo in lui: avrei fatto anche io al suo posto la stessa scelta? Parto da questo, poi ho i miei parametri di giudizio e cerco di comprendere se ha un talento sul quale si può lavorare”.

C'è anche l'aspetto comportamentale, sul quale hai una teoria molto interessante.
“La disciplina è importantissima, ma sono convinto che con il dialogo giusto anche i giovani più focosi possono lavorare con serenità. A me piacciono le teste calde, sportivamente parlando, sono convinto che in un gruppo quello un po' sopra le righe può essere un valore aggiunto. È importante avere calciatori solidi, seri, professionali, ma serve anche chi ha stravaganza, spregiudicatezza, quella personalità a volte anche eccessiva. Il calcio è anche arte e fantasia, a volte serve l'istinto, l'imprevedibilità. Ecco perché non sono d'accordo nel bocciare un calciatore perché troppo "caldo". Sta a noi trovare la chiave giusta per farlo rendere al meglio”.

Credi che ci sia un impoverimento tecnico nelle nuove generazioni?
“Quando sento queste cose mi viene da ridere. Non manca il talento, manchiamo noi come tecnici. Manca il lavoro sulla specializzazione del ruolo, soprattutto per gli attaccanti. Noi in questi sei mesi abbiamo seguito oltre 300 ragazzi e alcuni sono incredibili. Però devono trovare le persone giuste che li seguono sotto tanti aspetti: gli allenamenti, la palestra, l'alimentazione, l'aspetto psicologico. Il talento c'è, ma se non lo coltiviamo...”.

Eppure in Italia si fa fatica a buttare il giovane talento nella mischia.
“C'è paura di lanciarli, c'è paura di rischiare. È un aspetto che comprendo, sono stato allenatore in piazze roventi dove se non fai risultato nelle prime due partite ti mandano via. Ma noi siamo una piazza giovane, dove non c'è pressione di tifo o di stampa locale. Questo è un vantaggio che dobbiamo sfruttare”.

Perché un ragazzo dovrebbe scegliere Monterosi?
“Quando mi approccio con i genitori e con i ragazzi la prima cosa che dico è che a Monterosi ora c'è un'opportunità concreta di debuttare nei prof, più semplice che con Roma, Lazio e Frosinone. Può accadere ogni settimana, basta una squalifica, un infortunio e se uno ha qualità e talento...”.

Siamo in pieno mercato: già si notano i benefici del trasferimento a Roma?
“Sì, la distanza dalla Capitale era un po' il nostro freno a mano. Per un ragazzo che abita a Ostia, per esempio, diventavano oltre 100 chilometri al giorno, oggi il sacrificio è più sopportabile. Sarà una delle chiavi per crescere ancora di più. Inoltre anche per i tecnici e i dirigenti che sono con noi è tutto molto più semplice”.

Qual è il tuo rapporto con i genitori? Spesso sono sempre più invadenti nella vita sportiva dei loro figli. Ti aiuta essere stato “Giannini” da questo punto di vista?
“Penso sia naturale che il mio passato abbia il suo peso, non lo nascondo, ma sono convinto che la differenza la faccia il fatto che sono una persona molto diretta, forse anche troppo. Inoltre ho fatto l'allenatore, il calciatore, ho provato a fare il procuratore, sono stato anche proprietario dell'Atletico 2000, quindi i genitori li ho conosciuti sotto tutti i punti di vista e quando mi chiedono un colloquio so già dove vogliono andare a parare, a seconda del caso. L'importante è parlare chiaro senza illudere nessuno, anche se c'è da dire qualcosa di spiacevole".

È più difficile lavorare con gli adulti o con i ragazzi?
“Con i ragazzi, devi stare attento a più dettagli: il linguaggio, la gestualità, la sensibilità caratteriale e a come approcci con ognuno di loro. Quelli grandi hanno già esperienza sulle spalle, sono caratteri formati sotto tutti i punti di vista, per me è più semplice”.

Il tuo passato in panchina ti aiuta tanto anche con i tenici.
“La forza di una società è quella di stare vicino agli allenatori. Ci parlo molto, cerco spesso il confronto dopo allenamenti e partite e cerco di consigliarli anche dal punto di vista dei rapporti. A volte in campo non ti accorgi di come ti comporti, se vai oltre le righe. Avrei voluto averlo io un supporto che analizzava il mio operato, anche dal punto di vista comportamentale, oltre che tecnico-tattico. Mi avrebbe aiutato molto”.

A volte non ti viene voglia di prendere una squadra e allenarla?
“Sì, a volte sì (sorride, ndr), però mi piacciono le emozioni che vivo nel nuovo ruolo. A Viareggio è stato come vedere un bambino piccolo che si alza e cammina. Poi è chiaro, ci sono situazioni di panchina che sono uniche, ma da questa prospettiva ti immedesimi anche nella testa dei ragazzi, sei un po' tecnico e un po' calciatore. Devi stargli vicino, consigliarli. È un ruolo che mi appaga a trecentosessanta gradi”.

Ti sento ambizioso, lo sei sempre stato: quali sono gli obiettivi per il 2023/24?
“Vogliamo fare bene. Non voglio passare per presuntuoso, ma sono sempre stato consapevole di ciò che posso raggiungere. Anche quando giocavo sapevo quello che potevo dare e come poterlo dare, oggi non posso dire vinciamo, anche perché vince una sola squadra in tutta Italia, ma vogliamo centrare i play off con tutti i gruppi”.

Ci aspettano tante novità in entrata?
"Vediamo, abbiamo lavorato tantissimo, visto tanti ragazzi e organizzato tanti raduni. Il prossimo il 3 luglio, riservato ai 2010. Sarà un open day per l'Under 14, il primo anno di agonistica e anche il più delicato. In questa fascia di età ci sono tantissimi prospetti in ogni angolo di Roma e del Lazio, vediamo se ci siamo persi qualcosa. Poi certo, dobbiamo essere anche bravi a chiudere le trattative e creare un rapporto proficuo con le dilettanti che vada a genio anche a loro".

La strada è tracciata.
"Siamo pronti, vogliamo crescere e stupire. Vogliamo che il Monterosi diventi un punto di riferimento, una vetrina per i talenti del futuro e un trampolino di lancio verso il calcio che conta”.


gazzettaregionale.it
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/06/2023 19:55
 
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Lui, Sebino, Bruno ecc ecc sò fatti di un altra pasta, non c'è niente da fare.. ❤️
[Modificato da er.principe77 22/06/2023 19:55]




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“L’autorità che aveva Fabio Capello all’interno del centro sportivo. In particolare, quando la squadra scendeva in campo per gli allenamenti, i giardinieri dovevano allontanarsi perché al mister davano fastidio i rumori. Doveva esserci il più assoluto silenzio e lui voleva il totale controllo su
ogni situazione. Queste persone che curavo il terreno di gioco, come lo vedevano arrivare, sparivano in pochi secondi"
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27/10/2023 15:15
 
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Guendalina Galdi per il “Corriere della Sera” - Estratti

Chi è Giuseppe Giannini ora? «Un aspirante intenditore di calcio». Così si autodefinisce oggi il «Principe» del calcio italiano degli anni ’80 e ’90, romano e romanista con il numero 10 sulle spalle, elegante in campo e genuino fuori. Un «Principe» che con la Nazionale avrebbe potuto ottenere di più e che, una volta chiuso con il calcio giocato, ha voluto provare ruoli ed esperienze diverse. Come chiamare Giannini adesso? Direttore? Mister? «Facciamo Beppe e basta. Sono “direttore” sì, ma è una parola che non mi fa proprio impazzire...».



Si sente ancora «Principe»?

«A volte questo soprannome ha condizionato chi mi giudicava, ma se si pensa ai miei 22 anni di carriera è stato positivo. Non ce ne erano altri in giro. Mi piaceva. All’epoca davanti a me c’era Falcao che era “Il Divino”, io essendo arrivato dopo sono diventato “Principe”. Scelta azzeccata. Certo a guardarmi oggi...».



Come si vede?

«Faccio fatica a rivedere vecchie immagini. Sono cambiato tantissimo e mi “rode” adesso che sono senza capelli. Mi dà un po’ fastidio sinceramente, quindi evito di guardarmi. La gente neanche mi riconosce per strada».



Quanto le manca il calcio?

«Ormai ho smesso da talmente tanti anni che non ho più quel desiderio di tornare dove ero. Lo penso da qualche anno. Io se tronco qualcosa non torno indietro».

(...)

Lei è stato un giovane che ce l’ha fatta. Poi la carriera con la maglia numero 10, la più difficile da assegnare...

«Alla Roma l’hanno indossata da Di Bartolomei a Totti, oltre me. Giocatori che hanno lasciato qualcosa al calcio italiano. Ancora la “10” non si rivede in campo ma ritornerà perché ha un fascino senza paragoni. È un peccato che in questo momento non ci sia».



Cosa le ha tolto il calcio?

«Non rifletto su quanto avrei potuto ottenere in più. Se fai così non vivi. O vivi male. In quel momento io ero quello, la Roma era quella, ho dato ciò che potevo dare».

Da giocatore avrebbe ceduto a un’offerta dall’Arabia Saudita?

«Ho sempre detto che avrei voluto chiudere la carriera a Roma ma non è potuto accadere per tanti motivi. Allora ho voluto iniziare a conoscere altre realtà e culture. Se avessi ricevuto una richiesta così l’avrei presa in considerazione come mi capitò con il Marsiglia, il Siviglia, con la Fiorentina l'ultimo anno ma che non accettai. Ora guardando le cifre e le età in cui Ronaldo e altri si sono spostati...».



Un suo «grande rifiuto»?

«Io e Viola rifiutavamo qualsiasi offerta. In Nazionale ricevevo sempre i complimenti di Boniperti. Si avvicinava (era capo delegazione allora), faceva qualche battuta, diceva “Ti voglio alla Juve”. Per me finiva lì. Alla fine andai allo Sturm Graz pur di non restare in Italia. La situazione è cambiata quando è arrivato Sensi. Poi sono tornato al Napoli, ma solo perché mi chiamò Mazzone».

È stato Ct del Libano per due anni: rifarebbe quell’esperienza?

«Sì e la consiglierei. Sono stato bene a livello lavorativo, ne è valsa la pena. È stato un peccato non aver partecipato alla Coppa d’Asia per un gol. Mi avrebbero fatto una statua in piazza a Beirut se ci fossimo qualificati... è una città splendida anche se quando c’ero io era pericolosa, c’era un attentato dietro l’altro. Qualche volta ho temuto».

Ci racconti.

«A volte quando passeggiavamo sul lungomare avevamo il timore che qualche macchina fosse piena di ordigni. Era normale pensarci visto quello che accadeva. Ma feci quella scelta in maniera consapevole. Volevo far vedere le mie competenze, farmi conoscere per poi magari andare in nazionali più importanti».

La delusione più grande?

«La semifinale del Mondiale del ‘90 a Napoli non è paragonabile ad altro per importanza».

Ha avuto poca fortuna con la maglia azzurra?

«Se penso a quella sera...basta una svista per segnare una carriera. Un conto è se arrivi in finale, un altro conto se perdi prima...».


E con la Roma?

«I “se”, i “ma”... quanto contano nel calcio? Tornare indietro e pensare a cosa avrei potuto vincere non mi piace.Ho dato quello che potevo dare, ho ricevuto quello che potevo ricevere».

Aspettava una chiamata?

«Il primo pensiero, una volta smesso col calcio, è stato quello di tornare nell’ambiente in cui ho sempre vissuto per 15 anni. Da casa mia sarei arrivato sempre a Trigoria, anche bendato. Sono dodici minuti. Conosco ogni curva e ogni buca del tragitto. Il desiderio era di iniziare un percorso da dirigente o allenatore nella Roma. Non è stato possibile e ho guardato avanti. Ora sono contento qui al Monterosi».


L’anno prossimo compirà 60 anni, con chi le mancherà festeggiare?

«Mi mancheranno gli auguri dei miei genitori. E quelli di altre persone con cui ho condiviso esperienze, penso a Vialli e a Mihajlovic che sono scomparsi da poco. E poi di qualche capo della tifoseria giallorossa che non c’è più e con cui ho condiviso trasferte, momenti belli e meno belli».
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
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27/10/2023 18:13
 
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lascia un'amarezza quest'intervista, no?
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27/10/2023 18:34
 
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ma pure tanto amore💘
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27/10/2023 20:54
 
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Beppe? Avrà detto Peppe.
Triste che nel settore giovanile nostro siano entrati porci e cani e lui adesso stia al Monterosi Tuscia.
Un post carriera sfortunato, tolta l'annata di Gallipoli, anche se devo dire che mi è sempre sembrato molto sereno nelle varie interviste e apparizioni mediatiche.
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29/10/2023 01:25
 
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Avrebbe meritato molto di più sia da giocatore che da allenatore(delle giovanili)/dirigente...
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Post: 29.401
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31/10/2023 10:27
 
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Purtroppo non si prese con Sensi, non si meritava quel benservito.
A Gallipoli fece molto bene ma lì iniziarono i suoi problemi da allenatore perchè tutte le scelte successive si sono rivelate fallimentari. E'sempre stato un pò schivo, penso che in fondo per lui sia meglio starsene fuori da Trigoria.

Comunque giorni fa ho rivisto una sintesi dello spareggio Uefa con la Fiorentina a Perugia in cui Landucci le prese tutte e Pezzella ci fu ostile dal primo minuto tanto da vedere nervosissimo pure Voeller solitamente tranquillo.
Il principe fu espulso per proteste nei minuti finali, poco prima aveva fatto "liberare" un tifoso invasore di campo prendendolo sotto braccio e riaccompagnandolo sotto al settore per tenere buoni i gruppi che lanciavano di tutto e minacciavano di fare altri casini.
Poi cmq mi pare che ci diedero tre partite a porte chiuse.
Grande capitano il Principe.
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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11/11/2023 15:12
 
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Se rimane nella società del Monterosi probabilmente il principe lo vedremo spesso a Guidonia perchè il proprietario del club Fusano ha ottenuto affidamento del Comunale e dall'anno prossimo porterà il titolo qui.
Fusano è il proprietario di Maury's che ha la sede operativa a Guidonia ed è entrato subito in "sinergia" con l'amministrazione comunale. Canone annuo da 25mila euro per 9 anni e contributi vari per il restyling dello stadio. Lui porta la squadra che si chiamerà Guidonia e il titolo..da vedere se in C dove sono ora all'ultimo posto o in D.
[Modificato da Sound72 11/11/2023 15:13]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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