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libertà di informazione: già eravamo agli ultimi posti...

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2020 16:26
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12/03/2010 16:16
 
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L’indagine di Trani coinvolge il premier, Innocenzi (Agcom) e il direttore del Tg1. Santoro nel mirino: “Chiudere tutto”

Silvio Berlusconi voleva "chiudere" Annozero. Un membro dell'Agcom – dopo aver parlato con il premier - sollecitava esposti contro Michele Santoro. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini – al telefono con il capo del governo – annunciava d'aver preparato speciali da mandare in onda sui giudici politicizzati. E le loro telefonate sono finite in un fascicolo esplosivo. Berlusconi, Minzolini e il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi: sono stati intercettati per settimane dalla Guardia di Finanza di Bari, mentre discutevano della tv pubblica delle sue trasmissioni. E nel procedimento aperto dalla procura di Trani - per quanto risulta a Il Fatto Quotidiano – risulterebbero ora indagati. Lo scenario da “mani sulla Rai” vien fuori da un'inchiesta partita da lontano. L'indagine .- condotta dal pm Michele Ruggiero – in origine riguardava alcune carte di credito della American Express. È stata una “banale” inchiesta sui tassi d'usura, partita oltre un anno fa, ad alzare il velo sui reali rapporti tra Berlusconi, il direttore generale della Rai Mauro Masi (che non risulta tra gli indagati), il direttore del Tg1 e l'Agcom. Quelle carte di credito, in gergo, le chiamavano “revolving card”. Sono marchiate American Express e, secondo l'ipotesi accusatoria, praticano tassi usurai sui debiti in mora. In altre parole: il cliente, che non restituisce il debito nei tempi previsti, rischia di pagare cifre altissime d'interessi. E così Ruggiero indaga. Per mesi e mesi. Sin dagli inizi del 2009.

Fino a quando una traccia lo porta su un'altra pista. Il pm e la polizia giudiziaria scoprono che qualcuno – probabilmente millantando – è certo di poter circoscrivere la portata dello scandalo: qualcuno avrebbe le conoscenze giuste, all'interno dell'Agcom, che è Garante anche per i consumatori. Qualcuno vanta – sempre millantando – di avere le chiavi giuste persino al Tg1: è convinto di poter bloccare i servizi giornalistici sull'argomento, intervendo sul suo direttore, Augusto Minzolini. Le telefonate s'intrecciano. I sospetti crescono. L'inchiesta fa un salto. E la sorte è bizzarra: Minzolini, il servizio sulle carte di credito revolving, lo manderà in onda. Ma nel frattempo, la Guardia di Finanza scopre la rete di rapporti che gravano sull'Agcom e sulla Rai. Telefonata dopo telefonata si percepisce il peso di Berlusconi sulle loro condotte. Gli investigatori si accorgono che il presidente del Consiglio è ciclicamente in contatto con il direttore del Tg1. La procura ascolta in diretta le pressioni del premier sull'Agcom. Registra la fibrillazione per ogni puntata di Annozero. Sente in diretta le lamentele del premier: il cavaliere non ne può più. Vuole che Annozero e altri “pollai” - come pubblicamente li chiama lui - siano chiusi. E l'Agcom deve fare qualcosa. Berlusconi al telefono è esplicito: quando compulsa Innocenzi - che dovrebbe garantire lo Stato, in tema di comunicazione - parla di chiusura. E Innocenzi non soltanto lo asseconda. Ma cerca di trovare un modo: per sanzionare Santoro e la sua redazione servono degli esposti. E quindi: si cerca qualcuno che li firmi.

I ruoli si capovolgono: è l'Agcom che cerca qualcuno disposto a firmare l'esposto contro Santoro. Innocenzi è persino disposto, in un caso, a fornire, all'avvocato di un politico, la consulenza dei propri funzionari. La catena si rovescia: un membro dell'Agcom (che svolge un ruolo pubblico), intende offrire le competenze dei propri funzionari (pagati con soldi pubblici), a vantaggio di un politico, per poter poi sanzionare Santoro (giornalista del servizio pubblico). In qualche caso si cerca persino di compulsare, perchè presenti un esposto, un generale dei Carabinieri. L’immagine di Berlusconi che emerge dall’indagine è quella di un capo di governo allergico a ogni forma di critica e libertà d’opinione. Si lamenta persino della presenza del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, a Parla con me: Serena Dandini, peraltro, è recidiva. Ha da poco invitato, come sottolinea il premier, anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari. Il premier si scompone: nello studio della Dandini, due giornalisti (del calibro di Mauro e Scalfari), l'hanno attaccato. Chiede se - e come - l'Agcom possa intervenire. Innocenzi ci ragiona. Sopporta telefonate quotidiane. Berlusconi incalza Innocenzi, ripetutamente, fino al punto di dirgli che l'intera Agcom, visto che non riesce a fermare Santoro, dovrebbe dimettersi.

Il premier intercettato dimostra di non distinguere tra il ruolo dell'Agcom e il suo ruolo di capo del Governo. Pare che l'Autorità garante debba agire a sua personale garanzia. Gli sfugge anche che, l'Agcom, può intervenire soltanto dopo, la trasmissione di Annozero. Non prima. E infatti – dopo aver raccolto lo sfogo telefonico di Innocenzi sulle lamentele di Berlusconi – un giorno, il dg della Rai Mauro Masi, è costretto ad ammettere: certe pressioni non si ascoltano neanche nello Zimbabwe.

Il parossismo, però, si raggiunge a fine anno. Quando Santoro manda in onda due puntate che faranno audience da record e toccano da vicino il premier. La prima: quella sul processo all'avvocato inglese Mills, all'epoca indagato per corruzione, reato oggi prescritto. La seconda: quella sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra, dove Santoro si soffermerà sulle deposizioni di Spatuzza, in merito ai rapporti tra la mafia e la nascita di Forza Italia. Non si devono fare, in tv, i processi che si svolgono nelle aule dei tribunali, tuona Berlusconi con il solito Innocenzi. Secondo il premier – si sfoga Innocenzi con Masi – si potrebbe dire a Santoro che non può parlare del processo Mills in tv. Non è così che funziona, ribadice Masi. Non funziona così neanche nello Zimbabwe. Comunque Masi non risparmia le diffide.

Per il presidente della Rai non mancano le occasioni di minacciare la sospensione di Santoro e della sua trasmissione. A ridosso della trasmissione su Spatuzza, al telefono di Innocenzi, si presenta anche Marcello Dell'Utri. Tutt'altra musica, invece, quando il premier parla con Minzolini, che Berlusconi chiama direttorissimo. Sulle vicende palermitane, Minzolini fa sapere di essere pronto a intervenire, se altri dovessero giocare brutti scherzi. E il giorno dopo, puntuale, arriva il suo editoriale sul Tg1: Spatuzza dice “balle”. Tutte queste telefonate, confluite ora in un autonomo fascicolo, rispetto a quello di partenza, dovranno essere valutate sotto il profilo giudizario. Se esistono dei reati, dovranno essere vagliati, e se costituiscono delle prove, avranno un peso nel procedimento. È tutto da vedersi e da verificare, ovviamente, ma è un fatto che queste telefonate sono “prove” di regime. Dimostrano la impercettibile differenza tra i ruoli del controllato e del controllore, del pubblico e del privato.

Le parole di Berlusconi che, mentre è capo del Governo e capo di Mediaset, parla da capo anche a chi non dovrebbe, Giancarlo Innocenzi, dimostrano che viene meno la separazione tra i due poteri. Altrettanto si può dire delle parole deferenti di Innocenzi che anziché declinare gli inviti esibisce telefonicamente la propria obbedienza e rassicura Berlusconi: presto sarà aperto lo scontro con Santoro. Dietro le affermazioni sembra delinearsi un piano. È soltanto un'impressione. Ma il premier sostiene che queste trasmissioni debbano essere chiuse, sì, su stimolo dell'Agcom, ma su azione della Rai. Tre mesi dopo questi dialoghi, assistiamo alla sospensione di Annozero, Ballarò, Porta a porta e Ultima parola proprio per mano della par condicio Rai, nell'intero ultimo mese di campagna elettorale. E quindi: la notizia di cronaca giudiziaria è che Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, sono coinvolti in un'indagine.

La notizia più interessante, però, è un'altra: il “regime” è stato trascritto. In migliaia di pagine. Trasuda dai brogliacci delle intercettazioni telefoniche. Parla le parole del “presidente”. Il territorio di conquista è la Rai: il conflitto d'interesse del premier Silvio Berlusconi – grazie a questi atti d'indagine - è oggi un fatto “provato”. Non è più discutibile.


«Non ho ricevuto nulla e non mi è arrivato alcun avviso di garanzia. In ogni caso dov'è il reato?», ha commentato Minzolini, che denuncia però «la fumosità e l'assenza di chiarezza dell'articolo».


a Minzolì il reato lo commetto io se t'incontro per strada [SM=g27996]
[Modificato da lucolas999 12/03/2010 16:49]
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17/03/2010 16:01
 
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intanto alcuni testi di intercettazioni:
www.repubblica.it/politica/2010/03/17/news/inchiesta_rai_nelle_telefonate_compare_letta_gianni_il_premier_vuole_che_fermiamo_santoro-...


fa tutto molto piangere. per riderci su mi soffermo su alcuni passaggi riguardanti Letta:

"GIANNI SCUSA, SONO GIANCARLO..."
È il 3 dicembre 2009. Innocenzi, che ha già ricevuto decine di telefonate di Berlusconi che lo accusa di non avere fatto nulla per bloccare Santoro, chiama Letta.

Innocenzi: "Gianni, scusa sono Giancarlo".
Letta: "Si, eccomi".
Innocenzi: "Allora io ti risparmio, quando con calma ti racconto tutto... Insomma, per essere più veloce tutte le documentazioni, quali carte ho dato agli uni e agli altri, sanno tutto quelli della Vigilanza, sa tutto... Masi, sa tutto l'Autorità, ho fatto fare da un gruppo di due amici magistrati tutta l'analisi, anche perché siano gli strumenti per quella storia di questa sera di Mills. Secondo le valutazioni di questi due amici magistrati, lui stasera non potrebbe parlare di Mills essendoci il processo in corso". Letta risponde con una parola incomprensibile.

Innocenzi: "Ho dato queste carte a Mauro (presumibilmente Masi-ndr). Mauro vuole la pezza forte, ci vorrebbe che sostanzialmente Calabrò (presidente dell'Agcom-ndr) gli dicesse (a Santoro-ndr): "Tu non puoi fare la trasmissione questa sera parlando di Mills". Io non so più a che aggrapparmi, tutto quello che potevo fare l'ho fatto. Adesso Mauro mi chiama e mi dice: "Se Calabrò dice 'guarda che tu la trasmissione su Mills non puoi farla', io vado con questa e non gliela faccio fare... tu (Gianni Letta ndr) sei l'ultima spiaggia...".

Letta pronuncia altri commenti incomprensibili. Poi aggiunge: "Proverò a cercarlo, grazie , ciao ciao".


[SM=g27993] [SM=g27987]

insomma, un personaggio già enigmatico, inquietante, dal volto quasi... plastico..., che tira tutti i fili e quasi nessuno ha mai sentito parlare.
mi è venuto in mente Daitarn 3, e il capo dei nemici:

Don Zauker:
il primo meganoide creato. Nella storia non fa altro che emettere dei suoni atoni, Koros li interpreta e comunica con lui. Ha un aspetto orribile, simile al mostro di Frankenstein, con una sorta di cervello sistemato in una cupola trasparente.


E' LUI CAZZO!
[SM=g27990]
[Modificato da giove(R) 17/03/2010 16:03]


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19/03/2010 12:39
 
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intanto uscendo dai confini italiani, pare che Google abbandonerà la Cina dopo le note questioni.

se sarà così applaudirò. non capita molto spesso che una multinazionale pensi prima alla finalità del suo servizio che al proprio profitto.

applauso e mail di appoggio e solidarietà, se la notizia sarà confermata.


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26/03/2010 19:12
 
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Successone ieri sera per "Rai per una notte"...per quanto non apprezzi Santoro percome si pone, non posso che congratularmi per quello che ha messo su
Tante belle testimonianze, senza peli sulla lingua; peccato che resti, anche se fa 2.000.000 di spettatori, un evento di nicchia in un paese di buoi
......
"In my 23 years working in England there is not a person I would put an inch above Bobby Robson."
Sir Alex Ferguson.
07/04/2010 09:50
 
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AL GORE IN ESCLUSIVA SU “A”:
«Per questo ho fondato Current tv»
«Italia e Stati Uniti hanno lo stesso problema: la manipolazione delle news»
«Non siamo contro i governi. Siamo contro la censura. Noi non abbiamo paura»

MILANO - Gli americani li chiamano «comeback» e li adorano. Sono, letteralmente, quelli capaci di tornare, di risollevarsi dopo una brutta botta, quelli capaci di reinventarsi, di diventare addirittura meglio di come venivano percepiti prima. Arrivo a Nashville per intervistare uno di loro, anzi, al momento, il politico che più di ogni altro rappresenta i «comeback» del mondo, questa speciale categoria da «polvere e da altar» per dirla col Cinque maggio e con Alessandro Manzoni. Al Gore mi incontra nella città dove vive, Nashville appunto, nel giorno in cui negli Stati Uniti tutti parlano della riforma sanitaria appena approvata dal Congresso, mentre in Italia i giornali annunciano che a Bologna, in quella stessa sera, Michele Santoro, Daniele Luttazzi e molti altri parteciperanno al live Raiperunanotte, evento organizzato per protestare contro la chiusura dei talk show politici durante la campagna elettorale per le regionali. Entrambe le cose riguardano da vicino l’ex vicepresidente degli Stati Uniti. Era alla Casa Bianca, numero due di Bill Clinton, quando i democratici, e segnatamente Hillary Clinton, proprio sulla riforma sanitaria incassarono una cocente sconfitta destinata a influenzare i successivi anni del mandato presidenziale. Quanto a Santoro e al suo Raiperunanotte, sono andati in diretta il 25 marzo su Current, la tv creata da Al Gore in questa sua seconda, stupefacente rinascita, una specie di film con la trama da sogno americano.

Questo è successo ad Al Gore dopo che nel novembre del 2000, al termine di un lungo, drammatico e forse poco convincente conteggio dei voti scrutinati in Florida, perse la Casa Bianca a vantaggio di George W. Bush. Il suo destino, a quel punto, sembrava segnato: sarebbe malinconicamente invecchiato macinando rancore per il complotto (o la sorte) che gli aveva sottratto una carica praticamente già conquistata. Per alcuni mesi, in effetti, le cose andarono proprio in quella direzione. L’ex vicepresidente si fece crescere la barba, si concesse quel dolcetto o quel whisky in più che, in certi casi, sembrano compensare le delusioni, ingrassò molto. Passarono i mesi e, di colpo (anche per merito della sua bionda e simpatica moglie, Tipper), si presentò agli occhi degli americani, e non solo, un nuovo Al Gore: il campione mondiale dell’ambientalismo (tema che aveva seguito anche quando era alla Casa Bianca), il difensore della libertà di stampa, il fondatore di una tv giovane, diversa e transnazionale, Current tv.

Gli americani - ve l’ho detto - adorano i “comeback”, quelli capaci di risorgere. Negli anni in cui Bush lanciava la guerra in Iraq e Michael Moore spopolava con i suoi film, Al Gore ha cancellato l’immagine del perdente, ha vinto un Premio Nobel, è diventato il paladino dei giovani e della causa ambientalista, un richiestissimo speaker di dibattiti internazionali, il consulente di molte società, nonché un imprenditore in proprio. «Non conta tanto quel che ti succede, ma come reagisci a quel che ti succede», mi dirà verso la fine del nostro incontro. È anche uno dei due soli momenti in cui la sua educazione da Wasp (white, anglosaxon, protestant. Insomma: ragazzo di buona famiglia) un po’ rigido e parecchio autocontrollato gli permette un minimo di compiacimento. L’altro momento arriva quando gli ricordo la lunga, emotiva ed emozionante ovazione che lo accolse nello stadio di Denver, agosto 2008, nel finale della convention democratica che incoronò Barack Obama candidato alla Casa Bianca. Quella sera, al tramonto, Al Gore avanzò nella scenografia di un red carpet da grande evento di Hollywood, accolto dall’entusiasmo commosso di centinaia di migliaia di americani. Fu emozionante per noi che eravamo lì, si emozionò anche lui, ripreso dai megaschermi piazzati in tutti gli angoli dello stadio: «Ho avuto l’applauso più lungo insieme a quello tributato ad Obama» ricorda ora con un sorriso soddisfatto. Siamo in un albergo un po’ fuori città, lui arriva, impeccabile nell’abito grigio con camicia bianca, accolto dal nostro fotografo, l’inglese Nigel Parry che ama ritrarre i politici americani e che l’ha già fotografato anni fa, proprio nel fatale 2000. «Good to see you again, sir. Lei meritava di vincere e m’è spiaciuto che sia andata com’è andata» gli dice Nigel che, a distanza di dieci anni, non ha dimenticato quella storia. Al Gore invece non sembra desideroso di rispolverarla. Commentiamo subito, naturalmente, la prima, significativa vittoria di Obama, il sì del Congresso alla riforma sanitaria. D’altra parte siamo a Nashville, simbolo del Tennessee, città nota per tre cose: è la culla del country, la sede centrale della Nissan e la capitale dell’industria farmaceutica americana. Non tutti festeggiano, signor Gore. Il Wall Street Journal, per esempio, scrive che la riforma sanitaria renderà ancor meno competitivi gli Usa: «Invece di gareggiare agilmente con la Cina, andremo a ingrassare il Welfare», osserva uno dei suoi autorevoli commentatori. «È la tipica posizione della destra» risponde l’ex vicepresidente quasi facendo spallucce.

Da quando ha creato Current tv, lei segue molto da vicino il ruolo dei media negli Stati Uniti e nel mondo. Pensa che giornali e televisioni abbiano stiracchiato i contenuti della riforma sanitaria da una parte o dall’altra, a seconda dei loro interessi?
«Un conto sono i giornali, un altro la tv. Negli Usa abbiamo una stampa libera, naturalmente, ma è la tv a dominare i media e in generale la comunicazione. Sia qui che in Italia la tv ha una proprietà concentrata in poche mani. Il flusso dell’informazione viene incanalato in una sorta di collo di bottiglia orientato dalle corporation. In tv la pubblicità si intreccia ai programmi e alle stesse news in maniera molto diversa rispetto a quel che accade per i giornali: le corporation possono rovesciare sulla tv, attraverso gli spot, enormi quantità di denaro, ed ecco che un tema nevralgico come la riforma sanitaria può essere manipolato molto più di quando esisteva solo la carta stampata. Assicurazioni, società che possiedono ospedali, aziende farmaceutiche possono usare i loro enormi mezzi finanziari per far risaltare con maggiore visibilità i punti di vista a loro favorevoli. Gli individui, le famiglie che non hanno la tutela sanitaria, di solito non leggono giornali, si affidano alla sola informazione televisiva».
L’opinione pubblica è stata più influenzata dalle lobby questa volta o quando tentaste voi, nel primo mandato di Bill Clinton, la riforma sanitaria?
«Allora le lobby giocarono certamente un ruolo, ma credo che questa volta sia stato molto più pronunciato. Quando, per fare un esempio, le compagnie farmaceutiche o le assicurazioni decidono di spendere centinaia di milioni di dollari per influenzare l’opinione pubblica rispetto a una proposta di legge in discussione, è chiaro che l’investimento ha un enorme impatto. Allo stesso tempo queste lobby giocano un ruolo determinante nel finanziare le campagne dei candidati, con l’identico obiettivo di ottenere poi leggi a loro favorevoli. E i candidati vincono o perdono grazie alla quantità di spot passati in tv».
Insomma, un circolo vizioso.
«La metafora del circolo vizioso implica che non vi sia via di fuga e non corrisponde alla mia visione di questa complessa dinamica in evoluzione. Viviamo un periodo di transizione nel quale tre diversi media si muovono simultaneamente sulla scena. La carta stampata e i quotidiani non hanno più quel ruolo centrale tradizionalmente svolto in passato. Internet si è affacciato alla ribalta ma non ha ancora un’influenza tale da giocare con un peso determinante e a metà di questi due percorsi c’è la tv. Questa è ancora l’era della televisione anche se lentamente Internet si sta muovendo con la stessa relazione tra mezzo e pubblico che avevano i giornali. Con Internet tu puoi partecipare, dire come la pensi, ma è sempre la tv che gioca la parte del leone. E in tv si stanno consolidando due tendenze: da un lato si riducono le risorse per fare del vero giornalismo, dall’altro si abbattono sempre di più le barriere tra informazione e intrattenimento, cosa che aumenta ulteriormente l’influenza degli spot, della pubblicità. Internet è ancora nella sua fase infantile, per questo abbiamo puntato sulla tv: Current è stata pensata con l’obiettivo di connettere la cultura di Internet al mezzo televisivo, per dare alla gente la possibilità di accedere a un media dominante come la tv».
Questa libertà di accesso da dove deriva? Perché Current sarebbe più libera di altre tv?
«Current nasce con l’impegno di non dipendere da alcuna parte politica, da alcuna ideologia. Raccontare la realtà in assoluta autonomia».
È il 25 marzo e questa sera in Italia, Current (insieme a Skytg24) si prepara a mandare in onda la trasmissione Raiperunanotte. Uno dei più popolari anchorman italiani, Michele Santoro, e altri hanno rifiutato la decisione della Rai di non mandare in onda talk show politici in campagna elettorale…
«E perché questi talk show non vanno in onda?».
La motivazione è che dovrebbero in ogni momento garantire la stessa partecipazione a tutte le forze politiche…
Al Gore sorride: «Inconvenient truth», dice, citando il titolo del suo libro, best seller internazionale. «Capisco… Negli Stati Uniti una cosa del genere sarebbe impensabile. Ecco, Current rifiuta di essere sotto il controllo di qualcuno. Non siamo contro i governi, non siamo né a favore né contro le loro politiche. Non abbiamo un’agenda politica. Però nessuno può imporci autocensure. Noi non restiamo in silenzio. E non abbiamo paura».
Da qualche tempo è in corso un dibattito tra intellettuali di vari Paesi. Guardando alla corsa al benessere di certe nuove potenze, la Russia, la Cina, ci si chiede se ai popoli interessi ancora la democrazia, o se siano disposti a scambiarla con la possibilità di diventare ricchi. Meno libertà e più benessere, insomma.
«Respingo nettamente l’ipotesi. Non conosco una sola persona che potrebbe dire: ”Per diventare ricco rinuncio a respirare. O a bere acqua”. In definitiva, anche la libertà di mercato dipende dalla libertà della comunicazione».
Quindi lei pensa che nel braccio di ferro in corso tra Google e il governo cinese, alla fine vincerà Google?
«Lo spero. Ci sono tecnologie che possono aggirare il divieto di accesso a un’informazione libera e spero possano essere utilizzate».
Strano che un politico si dedichi tanto alla libertà di stampa. Di solito voi detestate i giornalisti. Dica la verità, quanto li ha odiati quando era alla Casa Bianca?
Sorride: «La stampa ha questo ruolo: deve criticare quando sente il bisogno di farlo. Abbiamo letto che succedeva anche ai tempi dei romani e oggi è ancor più necessario».
Secondo un sondaggio di Vanity Fair America, gli americani non potrebbero mai perdonare Bernard Madoff.
«Lo credo bene. Lo scandalo Madoff è strettamente correlato a tutto quel che abbiamo detto finora. Le lobby di potere hanno usato la loro influenza per orientare le decisioni dei governi e ovviamente questo ha poi consentito il genere di abusi che il caso Madoff rappresenta».
Siamo alla fine della nostra conversazione nel corso della quale Al Gore ha bevuto metà di una Diet coke, non è stato interrotto da alcuna telefonata né dai collaboratori che sono con lui, ha sorriso poco e quasi senza muovere un muscolo.
Mr. Gore lei è un “comeback”, uno capace di reinventarsi dopo aver incassato un duro colpo. “A” è letta da molti ventenni, potrebbe essere interessante, per loro e non solo, capire come ci si rialza dopo una brutta botta.
«Non sarò molto originale. Avrà già sentito dire che nella vita non pesa tanto quel che ti succede ma “come” reagisci a quel che ti succede. Se credi negli obiettivi che persegui, quanto è successo in passato è meno rilevante. Se lavori sodo, con onestà e concentrazione su quanto ti sembra giusto, i risultati arrivano. Certo, ci vuole anche un po’ di fortuna».
In Italia c'è un giovane scrittore, Roberto Saviano, che dopo essere stato minacciato di morte dalla camorra si è trovato a vivere una seconda vita. Sempre sotto scorta. Ma non per questo ha smesso di scrivere e di parlare.
«So chi è. Non l’ho ancora incontrato, ma spero di farlo presto. In Italia».

Maria Latella




[Modificato da faberhood 07/04/2010 09:52]
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allucinante... [SM=g27993]
e ai livelli del peggior marione quando parla del film della guzzanti..
è proprio vero che so' sempre i peggiori quelli che restano... [SM=g28001]
[Modificato da gianpaolo77 10/05/2010 16:13]
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comunque...
il delegato del governo francese, appresa la notizia dell'assenza e del suo perchè, da parte di Bondi, ha commentato: "non è venuto per protestare contro un film? Bondi deve avere un'opinione davvero particolare della libertà".

detta a uno del Popolo della Libertà...

e Saviano "rompe i coglioni agli italiani". che sono tutti contro la malavita..sanno tutto e nond evono informarsi ulteriormnente.
gli italiani lo sanno? e quindi basta parlarne. questa è la mentalità di Fede e di quella parte lì. naturalmente quando si tratta di cose che interessano loro, se ne parla ogni minuto.

le minacce di morte a Saviano, e la conseguenze decisione di metterlo sotto scorta, non sono dovute al fatto che Saviano, come dice Fede "va in tv ha i titoli dei giornali, ecc"..
altrimenti la camorra vorrebbe uccidere pure Totti, o Simona Ventura, o Frizzi...

è la camorra che lo ha "condannato" e non certo perchè va in troppe tv, ma per quello che dice e racconta.

qualcuno pensa che fede sia un fenomeno marginale, "tanto parla a quelli con i paraocchi e politicamente schierati da quella parte", dicono in molti.

invece no. mia madre guarda Fede, è una brava donna, ma non sa un cazzo, si informa così. e come lei tante altre ancora peggio, dal punto di vista del peso che danno all'informazione, e che capitano su TG4 solo perchè sta tra una televonela e l'altra.

e così tanti innocenti e innocui italiani diventano artefici della mattanza della democrazia.



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fai qualcosa per tua madre Gio , salvala ... almeno rompigli il televisore
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Fede come Ferrara.Da socialisti a fan di silvio.Loro e altre centinaia.
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Santoro soddisfatto, il suo 'popolo' no
Sul web la protesta dei sostenitori che gli chiedono spiegazioni dopo la 'separazione consensuale' con la Rai

ROMA - Il 'popolo' di Santoro non l'ha presa bene: la notizia della 'separazione consensuale' tra il conduttore e la Rai getta nello sconforto quanti hanno fatto di Santoro un punto di riferimento televisivo, eleggendolo a simbolo di una tv libera e protagonista della battaglia contro la censura e lo strapotere dei partiti nel servizio pubblico. Lui oggi si dice 'soddisfatto' aspettando di firmare l'accordo ma i fan - sul web - esigono soprattutto risposte e chiarimenti su una decisione che non comprendono. Dissenso, sgomento, confusione: sono questi infatti i sentimenti ricorrenti che gli 'amici di Santoro' affidano alla Rete lasciando i loro commenti sulla pagina ufficiale di Annozero e su quella di Sandro Ruotolo su Facebook.

"Il profumo dei soldi - scrive Filippo Fricchi - è irresistibile Michele? Eh Michele?? Michele, Michele mi hai deluso, lasceremo l'Italia in balia di Minzolini e di false verità, è stata una mossa sbagliata... Mi hai deluso Michele, mi hai deluso". Pina Officioso è attende spiegazioni e fatti prima di dire la sua. Esterina Esposito si appella a Ruotolo: "Sandro però non ci lasciare soli. Solo tu puoi dare forza e voce alla nostra rabbia. Solo tu ci capisci e sai come affrontare certi argomenti. Fino ad ora sapevo che c'era qualcuno che poteva difendermi. Ora mi sento orfana. Non ci abbandonare". "Santoro, chi ha combattuto per 'Raiperunanotte', merita almeno una risposta!", gridano in tanti capitanati da Umberto Capurso, il più arrabbiato. Più morbido il commento di 'Pimpa la Meticcia': "Forse Santoro ha fatto bene perché se ha voglia di dire, con i suoi colleghi, quello che gli va e quello che pensa sia giusto dire non è per forza all'interno della Rai che lo deve fare, soprattutto se, all'interno della Rai, non glielo permettono. Forse così sarà più libero e ancora più incisivo?". "Caro Sandro - scrive Gigi Ciargiaglini - io ho grossa stima di Voi...Te, Michele, Marco, Giulia, Vauro, ecc.... e sono fiducioso...come sempre, del resto. Da stamane ne ho spulciati di link. Dopo avere letto che è prevista una 'non competitivita' con la Rai per almeno 2 annì son rimasto un po' basito. Che gioco sta giocando Michele ??".

"L'esperimento 'RAI per una notte' - osserva con un certo ottimismo Nicola Campobasso - sta (secondo me) prepotentemente maturando, anche prevenendo i prossimi, imminenti accadimenti che vedono il berlusconismo sul viale del tramonto. Una nota stonata: il commento di Vespa che, rammaricandosi del fatto che il suo servilismo non gli abbia portato i frutti sperati, ha perso... un'altra occasione per restare in un dignitoso silenzio". Si sente tradito un quindicenne Gianmarco Diurno, appartenente quindi a quella 'generazione Zero' tanto cara a Santoro: "Ho 15 anni ... ogni giovedì sera dopo una giornata di merda a farmi in 4 a spiegare ai miei compagni che Berlusconi é un maiale, vedevo Annozero e non mi sentivo più il solo combattente di una guerra occultata. Ogni giovedì sera trovavo la forza di studiare, di combattere per andare avanti contro questo regime anch'esso occultato. Ogni giovedì sera vedevo i miei punti di riferimento: tu, Santoro, Travaglio , Vauro, tutta gente con le palle a mio parere. Da Combattente Tradito".
[Modificato da Sound72 19/05/2010 18:46]
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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21/05/2010 17:25
 
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La giornalista Marialuisa Busi ha chiesto di essere sollevata dalla conduzione del Tg1 con una lettera inviata al direttore della testata Augusto Minzolini e ai vertici della Rai.
"Caro direttore, ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali", dice la lettera scritta ieri dalla Busi e indirizzata, oltre che a Minzolini, anche al presidente della Rai Paolo Garimberti e al direttore generale Mauro Masi.
La Busi spiega la sua decisione sostenendo che l'informazione del Tg1 sia ora parziale e di parte.
"Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori", scrive la Busi nella lettera.

CDR: SOLIDARIETA' ALLA BUSI
Il Comitato di redazione (Cdr) del Tg1 ha diffuso in seguito una nota dicendosi preoccupato per la rinuncia ed esprimendo solidarietà allo storico volto del Tg delle 20.

"Alla collega Busi, che per il coraggio e la coerenza con cui ha sempre esercitato il diritto di critica è stata fatta oggetto in questi mesi di inaccettabili e denigratori attacchi da parte di alcuni giornali, esprimiamo affetto e solidarietà. Il suo è un gesto di rispetto anche per i telespettatori", si legge nella nota del Cdr, facendo anche riferimento al fatto che Minzolini nei mesi scorsi ha tolto dal video altri volti storici del tg.
"Un gesto che, dopo le rimozioni e i demansionamenti di tanti colleghi non "omogenei" alla linea editoriale del direttore, testimonia ulteriormente il rischio che si chiuda ogni spazio di dialettica all'interno del Tg1", aggiunge la nota.
Negli ultimi mesi, il cdr si era schierato contro il direttore a causa di alcuni controversi editoriali sul tema della riforma della giustizia e sulla manifestazione per la libertà di stampa.

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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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22/05/2010 19:25
 
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ieri alla manifestazione contro la legge sulle intercettazioni eravamo pochini [SM=g27994]


25/05/2010 13:51
 
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Repressione di attività di apologia o istigazione... COMPIUTA A MEZZO INTERNET
Attenzione, APPROVATO IERI: articolo 50-bis/Repressione di attività di apologia o istigazione... COMPIUTA A MEZZO INTERNET
Sunday at 4:44pm Ieri alle 12.58


NESSUN TELEGIORNALE HA AVUTO IL PERMESSO DI DIFFONDERE QUESTA NOTIZIA
Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC) identificato dall'articolo 50-bis: "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet"; la prossima settimana Il testo approderà alla Camera come articolo nr. 60.

Questo senatore NON fa neanche parte della maggioranza al Governo... il che la dice lunga sulle alleanze trasversali del disegno liberticida della Casta.
In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog (o un profilo su fb, o altro sulla
rete) a disobbedire o a ISTIGARE (cioè.. CRITICARE..??!) contro una legge che ritiene ingiusta, i providers DOVRANNO bloccarne il blog o il sito.

Questo provvedimento può far oscurare la visibilità di un sito in Italia ovunque si trovi, anche se è all'ESTERO; basta che il Ministro dell'Interno disponga con proprio decreto l'interruzione dell'attività del blogger, ordinandone il blocco ai fornitori di connettività alla rete internet. L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro 24 ore; pena, per i provider, sanzioni da 50.000 a 250.000 euro.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'ODIO (!) fra le classi sociali. MORALE: questa legge può ripulire immediatamente tutti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta.

In pratica sarà possibile bloccare in Italia (come in Iran, in Birmania e in Cina) Facebook, Youtube e la rete da tutti i blog che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.

ITALIA: l'unico Paese al mondo in cui una media company (Mediaset) ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.

Con questa legge non sarà più necessario, nulla sarà più di ostacolo anche in termini PREVENTIVI.


Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra meno di 60 giorni dovrà presenterà al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di "normalizzare" con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni che finora non riusciva a dominare.

Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet, l'Italia prende a modello la Cina, la Birmania e l'Iran.
Oggi gli UNICI media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati la rivista specializzata "Punto Informatico" e il blog di Grillo.

documentazione diffusa da Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
www.perlapace.it




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28/06/2010 13:49
 
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Là dove c'era destra
ora c’è la misticanza


Nella galassia finiana nasce "Caffeina", magazine culturale che punta a coinvolgere gli intellettuali di sinistra

ROMA
Diventano ogni giorno più eclettici e spiazzanti i messaggi emessi dalla galassia politico-culturale che un tempo era post-fascista, missina ed evoliana e che oggi potrebbe definirsi «finiana»: nei prossimi giorni sarà in distribuzione (ma solo in abbonamento), una nuova rivista, Caffeina magazine, che in copertina si fregia di un motto chiamato a riassumerne il senso: «Meglio la misticanza della militanza». In tempi politici nei quali l'altro ha sempre e comunque torto, in una stagione che esalta l'attitudine degli intellettuali italiani a schierarsi organicamente da una parte o dall'altra, Filippo Rossi - direttore della nuova rivista e personaggio di punta dell'universo che fa capo al presidente della Camera Gianfranco Fini - propone un capovolgimento della visuale: «Le culture ripartano da zero, si liberino degli orpelli tromboneschi», «non esistano più eserciti irreggimentati contro un nemico oramai scomparso», «tutti parlino con tutti», si conquisti «il coraggio del mettersi in discussione», «nessuno imponga il proprio pensiero», in modo che ci si possa «guardare negli occhi senza paura, perché la misticanza è meglio della militanza».

Un programma davvero originale, dati i tempi, che la nuova rivista coerentemente declina con un sommario culturalmente «multietnico»: Antonio Scurati, scrittore che una volta si è tranquillamente definito «di sinistra», racconta come e perché «la dittatura della cronaca distrugge ogni senso e prospettiva»; un personaggio certo non di destra come Roberto Saviano si lascia intervistare sui «nostri eroi quotidiani»; Vladimir Luxuria, già parlamentare di Rifondazione Comunista, rivendica che «tutti siamo transgender del pensiero»; una «liberalcomunista» come Giovanna Nuvoletti si produce in un «breve corso di misoginia». E i contributi di intellettuali senza etichette come Gianluca Nicoletti e Giuseppe Conte si alternano a quelli di personalità più schierate, come Sofia Ventura, una delle penne più acuminate della Fondazione Farefuturo, il laboratorio dei «finiani». E la destra? Epurata. Nel senso che, nei tanti articoli, la fatidica parola compare soltanto in chiave utilitaristica, in alternativa alla sua opposta, sinistra. Un caso? Per niente, ribatte Rossi, anzi quella assenza in qualche modo è voluta «perché è ora di parlare di contenuti culturali nel merito, senza etichette, in una sorta di melting pot» di linguaggi e tradizioni.

Un approccio, quello delle mescolanze, che parte da lontano, dal «fascismo di sinistra», antiborghese e socializzatore delle origini, anche se poi quelle radici sempre più secche vengono innaffiate negli Anni Settanta dagli insegnamenti della «Nouvelle droite» di Alain de Benoist, che propugnava un terreno culturale «al di là della destra e della sinistra». Da noi, qualche volta, tutto questo si è tradotto a destra in aperture immediate e poco motivate a icone della sinistra, in un complesso di inferiorità che Rossi nega: «Noi speriamo di poter annullare le differenze di ieri per trovarne di nuove», perché «è necessario incamminarsi in territori nei quali non esistono idee di riferimento, in cui le biblioteche e le idee siano “condivise”».

Nell'operazione Caffeina nulla c'entrano né Gianfranco Fini né Farefuturo, la fondazione del presidente della Camera alla quale fa capo anche Ff, webmagazine, il quotidiano online diretto proprio da Filippo Rossi e che a getto continuo produce acuminate polemiche di giornata, via via destinate ad animare il dibattito all'interno del centro-destra. La nuova rivista culturale, invece, prova a lanciare ponti, soprattutto dall'altra parte della barricata, e nel primo numero di Caffeina l'operazione riesce in particolare con Roberto Saviano. Rivisitando la vicenda di Leonida e dei suoi trecento spartani, lo scrittore napoletano dice nel corso di un'intervista: «Quel sacrificio consente di riappropriarsi della parola "onore", quasi impronunciabile in Italia. Ora vedrà che, per aver detto questo, qualcuno mi darà del fascista». E ai suoi critici di sinistra controbatte: «Ho lettori di destra e di sinistra e per chi ha sempre creduto che garanzia di purezza fosse parlare solo tra chi la pensa allo stesso modo, diventa fondamentale dimostrare che sono un fascista».

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28/06/2010 15:16
 
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Giornalista stupido che invece di sbeffeggiare certe iniziative,le commenta entusiasta dando pure informazioni sbagliate.
I fascisti di sinistra(che erano quelli veri poi) non entrarono mai in AN ed erano acerrimi nemici di Fini e di quel gruppetto di altri giovani entrati nel partito col fine di raggiungere il potere(cosa avvenuta con Fiuggi e la fusione coi dc e pli che portò ala nascita di una destra liberale).Come si può tirare in ballo il fascismo di sinistra,dunque la vecchia fiamma,e fare al tempo stesso i liberisti e i filoamericani?Tarchi,che si rifaceva a Benoist,era un acerrimo nemico di Fini e mai avrebbe fatto lo zerbino di berlusconi piegandosi alel sue decisioni.
Un semplice richiamo alle tematiche multietniche per darsi un'altra identità e raccatare due voti dalla sinistra.
Come se regolamentare le immigrazioni fosse razzismo.
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28/06/2010 15:24
 
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l'articolo è tratto da La Stampa.
Spiazza un pò cmq il fatto che Saviano si infili in questi contesti, quasi come una sorta di garanzia o legittimazione all'esordio per la pubblicazione.
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Umberto Eco: "A piccoli passi verso il regime"

giovedì 10 giugno 2010

Le norme sulle intercettazioni. Il controllo dei tg della tv pubblica. E prima il lodo Alfano, i tagli alla scuola... Berlusconi trasforma le istituzioni un passo dopo l'altro, con lentezza. Perché i cittadini assorbano i cambiamenti come naturali. Così al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato

È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia.

Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire "La pupa e il secchione" a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l'enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l'Africa.


In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l'assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell'aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l'appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale ("Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti") ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche ("Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore").

In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. Recentemente leggevo un giornalista governativo (ma non era il solo ad usare quell'argomento) che, nell'ironizzare sul caso Santoro (bersaglio ormai felicemente bipartisan), diceva che costui aveva la curiosa persuasione che la maggioranza degli italiani si fosse piegata di buon grado a essere sodomizzata da Berlusconi. Ora non credo che Berlusconi abbia mai sodomizzato qualcuno, ma è certo che una consistente quantità di italiani consente con lui senza accorgersi che il loro beniamino sta lentamente erodendo le loro libertà. Erodere le libertà di un paese significa di solito mettere in atto un colpo di Stato e instaurare violentemente una dittatura. Se questo avviene, gli elettori se ne accorgono e, se pure non hanno la forza di zione di colpo di Stato che è con lui cambiata. Al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. All'idea di una trasformazione delle strutture dello Stato attraverso l'azione violenta il genio di Berlusconi è stato ed è quello di attuarle con estrema lentezza, passettino per passettino, in modo estremamente lubrificato.

Pensate alla inutile violenza con cui il fascismo, per fare tacere la voce scomoda di Matteotti, ha dovuto farlo ammazzare. Cose da medioevo. Non sarebbe bastato pagargli una buona uscita megagalattica (e tra l'altro non con i soldi del governo ma con quelli dei cittadini che pagano il canone)? Mussolini era davvero uomo rozzissimo. Quando una trasformazione delle istituzioni del Paese avviene passo per passo, e cioè per dosi omeopatiche, è difficile dire che ciascuna, presa di per sé, prefiguri una dittatura - e infatti quando qualche cassandra lo fa viene sbertucciata. Il fatto è che per un nuovo populismo mediatico la stessa dittatura è un sistema antiquato che non serve a nulla. Si possono modificare le strutture dello Stato a proprio piacere e secondo il proprio interesse senza instaurare alcuna dittatura.

Si può dire che il lodo Alfano prefiguri una tirannia? Sciocchezze. E calmierare le intercettazioni attenta davvero alla libertà d'informazione? Ma suvvia, se qualcuno ha delitto lo sapranno tutti a giudizio avvenuto, e l'evitare di parlare in anticipo di delitti solo presunti rispetta se mai la privatezza di ciascuno di noi. Vi piacerebbe che andasse sui giornali la vostra conversazione con l'amante, così che lo venisse a sapere la vostra signora? No, certo. E se il prezzo da pagare è che non venga intercettata la conversazione di un potente corrotto o di un mafioso in servizio permanente effettivo, ebbene, la nostra privatezza avrà bene un prezzo. Vi pare nazifascismo ridurre i fondi per la scuola pubblica? Ma dobbiamo risparmiare tutti, e bisogna pur dare l'esempio a cominciare dalle spese collettive. E se questo consegna il paese alle scuole private? Non sarà la fine del mondo, ce ne sono delle buonissime. È stalinismo rendere inguardabili i telegiornali delle reti pubbliche? No, se mai le vecchie dittature facevano di tutto per rendere la radio affettuosissima. Ma se questo va a favore delle reti private? Beh, vi risulta che Stalin abbia mai favorito le televisioni private?

Ecco, la funzione dei colpi di Stato striscianti è che le modificazioni costituzionali non vengono quasi percepite, o sono avvertite come irrilevanti. E quando la loro somma avrà prodotto non la seconda ma la terza Repubblica, sarà troppo tardi. Non perché non si potrebbe tornare indietro, ma perché la maggioranza avrà assorbito i cambiamenti come naturali e si sarà, per così dire, mitridatizzata. Un nuovo Malaparte potrebbe scrivere un trattato superbo su questa nuova tecnica dello struscio di Stato. Anche perché di fronte a essa ogni protesta e ogni denuncia perde valore provocatorio e sembra che chi si lamenta dia corpo alle ombre.

Pessimismo globale, dunque? No, fiducia nell'azione benigna del tempo e della sua erosione continua. Una trasformazione delle istituzioni che procede a piccoli passi può non avere tempo per compiersi del tutto, a metà strada possono avvenire smandrappamenti, stanchezze, cadute di tensione, incidenti di percorso. È un poco come la barzelletta sulla differenza tra inferno tedesco e inferno italiano. In entrambi bagno nella benzina bollente al mattino, sedia elettrica a mezzogiorno, squartamento a sera. Salvo che nell'inferno italiano un giorno la benzina non arriva, un altro la centrale elettrica è in sciopero, un altro ancora il boia si è dato malato… Tagliare la testa al re o occupare il Palazzo d'Inverno è cosa che si fa in cinque minuti. Avvelenare qualcuno con piccole dosi d'arsenico nella minestra prende molto tempo, e nel frattempo chissà, vedrà chi vivrà. Per il momento, resistere, resistere, resistere.




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.L’ultima frontiera dell’informazione libera
è il videoblogger. Parola di Steve Garfield



ilfattoquotidiano.it -E'uno dei maestri di questo nuovo metodo di rendere pubbliche le notizie. Americano, consulente di 500 brand commerciali, la sua ricetta è quella di "essere veloi e postare i video usando i social network”
Blog, facebook e twitter per fare informazione, da migliaia di battute fino ai link da 140 caratteri. Ma grazie ai siti di condivisione video, da YouTube a Vimeo, la notizia assume più vigore, forza. Il citizen journalist che comunica con le immagini anche amatoriali riesce ad essere più efficace della parola linkata. Strategie di comunicazione fatte di videocamere tascabili o semplici webcam, che danno vita a laboratori di videomaker dal bacino di Al Gore di Current tv, fino al nostrano Byoblu. Tecniche di ottimizzazione dell’immagine, di montaggio e dettagli sulle attrezzature a cui il mondo dell’informazione sta prestando sempre più attenzione, con canali dedicati a minireportage, come insegnano, ad esempio, i contributi di “IoReporter” su SkyTg24 . Cresce insomma l’interesse dei media mainstream a cogliere le segnalazioni che redazioni e collaboratori non riescono a intercettare, a sondare gli umori senza il filtro del taccuino. Nel mondo in cui il giornalismo che sopravvive è quello delle opinioni, l’audience ricerca sempre più il taglio emozionale, la prospettiva dell’autore. Anche se, al momento, la passione raramente viene ricompensata dal denaro.

Oltreoceano essere videoblogger è diventata una professione in grado di creare veri e propri guru. Nel gotha dei maestri spicca Steve Garfield, consulente di oltre 500 brand commerciali da Kodak a Nokia fino ai network CBS, NBC e PBS e corrispondente da Boston per il pionieristico progetto di videopodcast Rocketboom. Garfield è autore del manuale “Get seen. Online video secrets to building your business” (Wiley), non ancora tradotto in Italia. Una bibbia di dos and dont’s che gli ha consentito di approdare anche alla CNN. “Ho deciso di aprire un videoblog nel 2004. Visto che un blog funzionava pensavo potesse valere lo stesso con le immagini”. La svolta per Steve ha a che fare con Obama e la campagna delle primarie. “In quei mesi ho pensato alla creazione di quello che definisco happenstance journalism, un hic et nunc della notizia filtrato dalla mia sensibilità autoriale. Sono andato in New Hampshire per captare momenti e umori e la CNN mi ha selezionato tramite la piattaforma iReport che raccoglie quanto inviato dagli utenti. Quando Obama arrivò a Boston lo mandai in diretta web con Qik, software gratuito che dal cellulare consente lo streaming”.

Certo, con le presidenziali sarà stato più semplice attirare l’attenzione. “Sì, ma non credo che oggi sia necessaria un’occasione speciale. Come dice Greg Verdino è il pubblico che pensa a diffondere i video. Indispensabile quindi costruire la propria comunità”. Come? “Gli spettatori non sono passivi, è bene usare i commenti per capire e creare una conversazione. E’ quanto mi è successo con Jimmy Fallon, videoblogger. Dalla critica è scaturita una reciproca crescita professionale”. E YouTube in tutto questo che ruolo gioca? “Non è detto che sia la piattaforma principale sulla quale fidelizzare i propri utenti. Justine Ezarik di iJustine, ad esempio, autrice di un reality blog su Justin.tv, non ne ha bisogno [avvantaggiata da un look da modella che nel 2010 l’ha fatta rientrare tra le “Hot 100” di Maxim, Ezarik è anche un’ esperta di Internet. Così riesce ad attrarre sia utenti intrigati dal suo aspetto che appassionati di web, ndr]”.

Se dovessi suggerire qualche segreto? “Siate autentici, provocatori, attenti alla notizia. Postate i video rapidamente e usate i social network per diffonderli”. E se un videoblogger volesse ottenere visibilità nei media tradizionali? “Essere sul pezzo quando tv e radio non riescono. Io lo faccio nel mio quartiere, ad esempio. Come citizen journalist cerco storie locali interessanti su scala nazionale”. Ma non si vive di soli video, bisogna monetizzare. Le tv che usano il materiale inviato dagli utenti, però, non pagano. Che fare allora? “Qualcuno deve chiederti di lavorare per lui, devi avere un contratto. E’ quanto è accaduto a Jeff Cutler, arruolato da EDRnet per un reportage sul disastro della British Petroleum. Con i committenti arrivano i soldi”. A latere esiste anche il mondo del business, per cui il videoblogger viene remunerato dalle aziende. Ma questa non è informazione da citizen journalist. Insomma, la strada del pagamento è tutta in salita. Ma la passione e l’attenzione del videoblogger su quanto accade intorno a lui, come è stato per Steve Garfield con Obama, contribuiscono alla svolta.
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19/09/2010 11:42
 
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TG1 vs Repubblica
Il falso del Tg1 su Repubblica


IMPIEGANDO uno degli scarsi spazi che l'ossequio permanente al potere berlusconiano gli consente il Tg1 ha usato ieri il servizio pubblico e il denaro dei contribuenti per un attacco diretto a "Repubblica", ossessione privata del suo direttore.

Un attacco che non aveva nessuna giustificazione nella cronaca e nei fatti, confermando come l'una e gli altri non abbiano alcuna rilevanza nelle aree più militarizzate dell'apparato berlusconiano di controllo dell'informazione. Una ritorsione spaventata alle notizie sul calo di ascolti registrato di fronte all'avvio del nuovo TgLa7: a dimostrazione che l'irruzione della pura normalità nel mondo ammalato dei notiziari televisivi rende coscienti i cittadini-spettatori dell'anormalità informativa in cui viviamo immersi, e li spinge ad aprire gli occhi.

Ma questa piccola vicenda, in realtà, rivela ancor più i tratti di regime che riscontriamo ogni giorno: una televisione di Stato, tenuta all'obiettività e in questo senso al pubblico servizio, attacca un'azienda privata per colpirla di fronte al mercato falsificando i suoi dati di vendita, pur di annunciare una notizia negativa fasulla, già propagandata dal presidente del Consiglio, che invitava ripetutamente le sue platee plaudenti a boicottare "Repubblica". Tutto questo non accade nelle normali democrazie, non è mai accaduto in Rai. Non vale nemmeno la pena ricordare la verità dei fatti a chi fa un uso quotidianamente parziale sia della verità che dei fatti.

Ma il Tg1 può rassegnarsi: le vendite in edicola di "Repubblica" sono in crescita nell'ultimo periodo certificato dall'Ads, giugno 2009-maggio 2010, dunque anche in un anno in cui si è ridotta la diffusione dei giornali, perché abbiamo abolito le copie promozionali e quelle distribuite nelle scuole, sostituite da un progetto informatico. Il distacco in edicola con i quotidiani concorrenti cresce, e soprattutto "Repubblica" è il primo giornale d'informazione per numero di lettori da nove rilevazioni consecutive dell'Audipress: nell'ultima, i lettori erano 3 milioni e 209 mila, con una crescita del 4,6 per cento, e un distacco di 339 mila unità dal secondo giornale.

Dunque? "Repubblica" e la sua community di lettori - su carta, su internet, sull'iPad - non solo crescono ma testimoniano un'idea dell'Italia diversa da quella dominante, non importa se oggi di minoranza. L'uso politico e privato del tg di Stato per colpire un libero giornale conferma soltanto che il mondo di Berlusconi e dei suoi seguaci è al declino: a ben guardarli, sono più spaventati che spaventosi.

( repubblica.it )
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